giovedì 21 dicembre 2017

Salerno / CAVELLINI ARTISTAMP, Mostra a domicilio

GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI 


SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
“CAVELLINI ARTISTAMP / MOSTRA A DOMICILIO”
a cura di Sandro  Bongiani
Presentazione critica di Piero Cavellini
(In collaborazione con l’Archivio Cavellini di Brescia)
Dal 22 dicembre 2017  al  31 marzo 2018

Inaugurazione:  venerdì  22  dicembre  2017,  ore 18.00
Via S. Calenda, 105/D  - Salerno
Salerno Tel/Fax 089 5648159    
e-mail:  bongiani@alice.it     



Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00



Francobollo GAC ARTISTAMP creato da Domenico Ferrara Foria 
in occasione della  mostra personale a Salerno.

S’inaugura  venerdì  22  dicembre 2017,  alle ore 18.00,  la mostra  Personale dal titolo “CAVELLINI ARTISTAMP / MOSTRA  A  DOMICILIO” a cura di Sandro  Bongiani  che lo Spazio  Ophen Virtual Art Gallery di Salerno dedica all’artista italiano Guglielmo Achille Cavellini, presentando,  in collaborazione con l’Archivio Cavellini di Brescia  la serie di 77  francobolli, alcuni ancora inediti,  in una mostra  volutamente  “virtuale”,  come logico sviluppo delle mostre  realizzate dall’artista a domicilio,  tra opere ad acrilico, intarsio, carbone, legno, collage,  pennarello, serigrafia, fotografia e studi grafici preparatori creati nel corso degli anni 70’ e 80’ sotto forma di Artistamp, con il fine d’indagare  una parte  significativa del lavoro  di Cavellini ancora non  del tutto conosciuto. Nella sua ininterrotta navigazione nel territorio dell’arte GAC ha ricercato senza sosta segnali  chiarificatrici che rendessero esplicito la condizione dell’artista e le sue ambizioni molto spesso frustrate dal conflitto con la dinamica sociale. In tale contesto nascono i primi francobolli, nella seconda metà degli anni Sessanta, essenzialmente riproduzioni in legno ad intarsi di opere degne di essere eternizzate con il mezzo più semplice ed immediato che la comunicazione sociale ha per dare lustro ad un’attività umana: quello di inserirla nella iconografia postale.
Una vita dedita totalmente all’autostoricizzazione, diffusa ampiamente dal 1970 in poi  con mostre e cataloghi a domicilio, manifesti, spille, stickers, cimeli, francobolli, performance, happening, attendendo e programmando la celebrazione ufficiale del 2014 in concomitanza con il centenario dalla sua nascita, nel veneziano Palazzo Ducale e nei musei più prestigiosi del mondo.

Scrive Piero Cavellini nella presentazione alla mostra: “ E’ nei primi anni Settanta che, appropiandosi di una dilagante espressione concettuale, questi suoi giudizi in qualche modo esplodono. Nel 1971 conia il termine “autostoricizzazione” ed inizia un lavoro espanso ed insistito ponendosi in prima persona come paladino della condizione dell’artista portando su se stesso il compito di fornirgli le modalità per superare lo stato dell’esclusione. Lo fa essenzialmente col concetto di “Centenario” come strategia anticipatoria della propria celebrazione e con le “Mostre a domicilio”, veicolo espositivo postale che gli permette di esporre il proprio lavoro in diecimila luoghi in tutto il mondo. Queste attività lo inseriscono in un circuito di arte postale internazionale che già si stava diffondendo da qualche anno nelle dinamiche espressive del periodo.  E’ all’interno di questa fuga in avanti che rientra in gioco il “Francobollo” come elemento essenziale di questo tipo di circolazione artistica. Nella parte finale del suo lavoro, gli anni Ottanta, quando la sua presenza nel mondo dell’arte diventa estesa e partecipata, questo espediente sintattico della comunicazione diviene sempre più “opera dipinta” esso stesso dando sfogo ad una creatività senza freni, un produrre con soggetti svariati ed eclettici una grande quantità di opere come “Progetto di Francobollo per il mio Centenario”. E’ in questo periodo, quindi, che usa un suo particolare “stile” per dare sostanza al corpus di lavori che avrebbero dovuto supportare le esposizioni museali del 2014 .   Ne risulta  la composizione di un universo sia intimo che sociale con cui da corpo ad una visione di se stesso rapportato agli altri in cui il francobollo diviene il territorio privilegiato con cui tenta di eternizzare il proprio stato.






BREVE BIOGRAFIA  di  GUGLIEMO ACHILLE CAVELLINI  

GAC (Guglielmo Achille Cavellini)  è stato un importante studioso e collezionista dell'arte astratta europea. Dalla metà degli Anni '40 esordisce con disegni e ritratti. Nel '60, si dedica invece alla sperimentazione: alcuni esempi del suo lavoro sono spesso legati a citazioni, vere e proprie elaborazioni di celebri opere che ne fanno un autentico attore nella messa in scena dell'arte. GAC mette in pratica la sua teoria dell'autostoricizzazione: il fare da sé nel costruirsi attorno l'alone del successo, mettendo in disparte i processi canonici che il sistema utilizza a tale scopo. Non è un atto di megalomane autorappresentazione, bensì l'innescarsi di una procedura alternativa: una rivoluzione all'interno della comunicazione artistica. Andy Warhol si mette a ritrarre Cavellini, e il geniaccio GAC rende omaggio a Andy con il francobollo "Le Marilyn di Warhol" (1984). L’utilizzo dei materiali di recupero (negli oggetti assemblati, negli intarsi in legno, nei carboni), è lo strumento del suo operare. Nascono i Teatrini e i  francobolli d’artista attraverso i quali viene reso omaggio ai geni della pittura: Picasso, Lèger, Matisse, Braque e nasce, anche, l’amore per la Mail Art, movimento libero  e democratico che permette a GAC di avere  contatti e confronti importanti con tanti artisti sparsi su tutto il pianeta.






GAC E L’EPICA DEL FRANCOBOLLO

Nella sua navigazione ininterrotta nel territorio dell’arte GAC esprime un giudizio sul sistema che la sottende.
Lo ha fatto da artista abbandonando la sua produzione per raccogliere attorno a sé una nuova generazione senza altra speranza di trovare luce per uscire da una diatriba sterile e passatista.
Continua poi producendo opere come artista attivo ricercando senza sosta segnali che rendessero esplicito il suo argomento: la condizione dell’artista e le sue ambizioni molto spesso frustrate dal conflitto con la dinamica sociale.
Dapprima agendo sul suo stesso lavoro, incassettando le proprie opere precedenti distrutte o proponendole come opere bruciate, in seguito iniziando a ragionare sul consenso riservato alle opere degne di celebrazione.
In questo contesto nascono i primi francobolli, nella seconda metà degli anni Sessanta, essenzialmente riproduzioni in legno ad intarsi di opere degne di essere eternizzate con il mezzo più semplice ed immediato che la comunicazione sociale ha per dare lustro ad un’attività umana: quello di inserirla nella iconografia postale.
Sorge così un suo codice estetico speciale che lo accompagnerà in seguito in gran parte del suo lavoro.
E’ nei primi anni Settanta che, appropiandosi di una dilagante espressione concettuale, questi suoi giudizi in qualche modo esplodono.
Nel 1971 conia il termine “autostoricizzazione” ed inizia un lavoro espanso ed insistito ponendosi in prima persona come paladino della condizione dell’artista portando su se stesso il compito di fornirgli le modalità per superare lo stato dell’esclusione.
Lo fa essenzialmente col concetto di “Centenario” come strategia anticipatoria della propria celebrazione e con le “Mostre a domicilio”, veicolo espositivo postale che gli permette di esporre il proprio lavoro in diecimila luoghi in tutto il mondo.
Queste attività lo inseriscono in un circuito di arte postale internazionale che già si stava diffondendo da qualche anno nelle dinamiche espressive del periodo.
E’ all’interno di questa fuga in avanti che rientra in gioco il “Francobollo” come elemento essenziale di questo tipo di circolazione artistica.
Nella parte finale del suo lavoro, gli anni Ottanta, quando la sua presenza nel mondo dell’arte diventa estesa e partecipata, questo espediente sintattico della comunicazione diviene sempre più “opera dipinta” esso stesso dando sfogo ad una creatività senza freni, un produrre con soggetti svariati ed eclettici una grande quantità di opere come “Progetto di Francobollo per il mio Centenario”.
E’ in questo periodo quindi che usa un suo particolare “stile” per dare sostanza al corpus di lavori che avrebbero dovuto supportare le esposizioni museali del 2014.
Osservandone la varietà si trovano riassunte gran parte delle sue tensioni dove compaiono la raffigurazione geografica dell’Italia ricomposta attraverso elementi naturali come foglie, pigne, segmenti di tronchi d’albero, oppure sociali come la sua minuziosa scrittura o gli stessi elementi comunicativi che usava negli invii mailartistici. Non manca la sua riflessione sulla pittura del recente passato tra cui appare Andy Warhol con le sue iconografie popolari a cui si sente particolarmente vicino.
Ne risulta quindi la composizione di un universo sia intimo che sociale con cui da corpo ad una visione di se stesso rapportato agli altri in cui il francobollo diviene il territorio privilegiato con cui tenta di eternizzare il proprio stato.

Piero Cavellini,   Dicembre 2017






BIOGRAFIA / GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI
 Brescia 1914-1990
 Guglielmo Achille Cavellini (o GAC, come si firmava) è stato un personaggio multiforme e geniale che per circa un cinquantennio ha vissuto, come fosse un arbitro speciale, l’arte contemporanea, dal secondo dopoguerra fino al 1990, anno della sua morte.
 Sta forse qui il cardine per capirlo. Non è stato un artista come tanti altri, con la sua piccola o grande innovazione. Non è stata una questione di stile la sua, ma una specie di giudizio illuminato che ha ricondotto giustamente all’individuo ed al suo pensiero i balbettii di un sistema che si stava sbriciolando in mille rivoli di potere dove l’arte e l’artista rischiavano di rimanere nell’ombra. Non è poco si dirà, eppure sembra che tutto ciò ancora ai più non sia chiaro.
 La storia ha inizio sul finire degli anni quaranta quando GAC, messi da parte i suoi primi tentativi espressivi, scopre una nuova arte europea che, chiamandosi astratta, coniuga un fronte nuovo della pittura. Ne diviene uno dei maggiori collezionisti, se ne innamora come pittore e offre il suo primo giudizio all’arte. Per molti sembra che il suo valore termini qui, invece quella non fu altro che la scintilla iniziale, un modo per mettere in piedi un’idea dell’arte come scelta individuale che è stata l’elemento conduttore della sua esistenza d’artista.
 Nel 1960 ha ripreso il lavoro con forza, dapprima sul versante dell’astrattismo pittorico che tanta parte aveva avuto nei suoi interessi del decennio precedente, ma con un gesto, un segno nuovi che appaiono ora come anticipatori del suo lavoro sulla scrittura che prenderà corpo più tardi.
 La sperimentazione continua e nel 1965 sforna un gruppo di lavori che sono un’ulteriore tappa verso un uso diversificato dei materiali. Recupera dal quotidiano oggetti, soprattutto giocattoli, soldatini, lamette da barba ecc. che uniti a materiali di discarica vanno a formare una sorta di teatrino carico di memoria e anche di denuncia sociale.
 E’ quindi la volta delle cassette che contengono opere distrutte (1966-1968) in cui ingabbia i suoi tentativi di lavoro precedente ed anche, e qui appare per la prima volta l’elemento citazione-appropriazione, opere di artisti di cui stima maggiormente il lavoro.
Citazione-appropriazione che prende corpo più chiaramente (1967-1968) con opere formate da intarsi in legno dipinto in cui gioca con i personaggi della storia dell’arte, ed anche con i primi francobolli, dando il via ad una ricognizione sulla celebrazione che sarà poi sempre presente nel suo lavoro.
Nei carboni (1968-1971), che per un certo periodo sono stati un vero e proprio simbolo del suo lavoro, dove bruciare significa creare il nuovo purificandosi, coniuga più apertamente i concetti appena accennati nei lavori precedenti, dalla pittura all’oggetto, dalla citazione all’appropriazione fino a far assumere a certe icone la valenza di opera propria, usando opere di altri autori oppure l’immagine dell’Italia  in innumerevoli situazioni e contesti.
 Nel 1970 produce una serie di opere, intitolate Proposte, in cui l’azzardo di appropriazione iconoclasta lo porta a sezionare tele di altri autori di importante valore storico ed artistico. Il gioco e l’ironia prendono ancora più spazio lasciando posto anche al dubbio che ci si trovi di fronte ad un gesto estremo e lesionista (era sì o no Cavellini in tempi passati un famoso collezionista?).
Nel 1971 c’è una svolta cruciale nel suo lavoro: decide di rivolgere attenzione unicamente a se stesso per segnalare la deformazione di un sistema permeato da invidie e chiusure invalicabili. Conia il termine Autostoricizzazione, che fu una vera e propria puntualizzazione, un modo per mettere in pratica il suo giudizio. Il termine può sembrare a prima vista un escamotage brillante e narcisista per mettersi in mostra, ma è tanto forte l’idea da intrufolarsi nel sistema dell’arte e straripare nei suoi gangli più vitali mettendone in luce ogni contraddizione.
Le sue Mostre a domicilio furono una specie di vessillo per tanti giovani artisti con cui ebbe un fitto scambio di arte postale, tanto da creare uno degli archivi-museo tra i più cospicui ed interessanti di questo tipo di opere provenienti da ogni parte del mondo. Museo che egli, a più riprese, disse di considerare “la sua opera più importante”.
Produce quindi i manifesti che innumerevoli musei di tutto il mondo dovranno usare per celebrare il suo centenario, abbinando al suo nome la sigla 1914-2014.
A questo punto la fantasia dell’artista, liberata da ogni pudore verso l’autocelebrazione, si scatena. Nei francobolli entra lui con la sua mimica votata allo sberleffo.
Scrive una Pagina dell’Enciclopedia partendo da una semplice cronaca autobiografica fino a sfociare in una vera e propria iperbole del culto della personalità. La sua scrittura diviene quindi una cifra pittorica usata con maniacale insistenza su tutti i supporti possibili: colonne, manichini, tele e drappi di dimensioni enormi.
E’ questa la realtà che vede Cavellini come autentico innovatore, ed anticipatore anche negli aspetti di una nuova comunicazione nell’arte, scavalcando i canonici rapporti che sembrano una base inscalfibile del sistema, dando una risposta concreta e carica di vitalità al suo messaggio di provocante giudice del territorio dell’arte.   (Archivio Cavellini di  Brescia).



    

mercoledì 20 dicembre 2017

Mostra "Lucente Spirito" - Galleria di Arti Visive dell'Università del Melo a Gallarate




VENERDI' 22 DICEMBRE dalle 16 alle 19 ultimo giorno della mostra"Lucente Spirito" a cura di Ruggero Maggi presso Officina Open il nuovo progetto culturale ed espositivo condiviso dall'Assessorato alla Cultura, dal Melo e dal Museo MAGA, con sede presso la Galleria di Arti Visive dell'Università del Melo a Gallarate in via Magenta 3.




Secondo appuntamento di questo stimolante e particolare percorso espositivo ed emozionale il progetto "Lucente Spirito" a cura di Ruggero Maggi costituito da una selezione di opere dal profondo contenuto spirituale e concettuale come "The Quest" vero e proprio work in progress di due artisti: Carla Bertola e Alberto Vitacchio protagonisti congelati nell'atto fotografico insieme con le pietre megalitiche, divenendo anch'essi elementi immobili e silenziosi del paesaggio e sottolineandone i mutamenti della luce, dell'oscurità e dello scorrere del tempo. Silenti performances che hanno costituito il tema centrale del loro progetto.
Il percorso di "Lucente Spirito" si articola in modo giocoso e fluttuante con le opere verbo-visive titolate "Fiabe al vento" di Marcello Diotallevi che traggono ispirazione direttamente dal vento della poesia e dalla naturale inclinazione dell'artista verso un'ironica interpretazione della realtà e della vita. Elementi leggeri che potrebbero (il condizionale è d'obbligo) a tutti gli effetti fluttuare al vento ma che, per loro stessa natura, rappresentano veicoli poetici, strutture con una propria chiave di lettura cromatica, articolata ed affascinante.
Le evocative immagini fotografiche dal potente impatto emozionale di Anna Maria Di Ciommo che coniugano tecnica e lirico afflato spirituale che si crea nel momento in cui i Lama Tibetani realizzano in modo sapiente splendidi mandala di polvere dalla inevitabile impermanenza. Immagini che vengono sintetizzate in una frase di S.S. il Dalai Lama : "Ero intelligente e volevo cambiare il mondo. Ora sono saggio e sto cambiando me stesso".
Le opere-oggetto di Roberto Testori che nel loro biancore riflettono soluzioni concettuali ricche di significati spirituali e poetici. Poesia visiva che si alterna ad una sedimentata descrizione di tracce, di piccoli oggetti che ritrovano il loro spazio in una decontestualizzazione intelligente e raffinata, immersi in un risplendente mare bianco. Elementi il cui significato viene garbatamente ma senza indugi rimosso per lasciare il posto ad una nuova e più espressiva chiave dì lettura.
Video di Rovena Bocci.


Le opere.









Lucente spirito 
a cura di Ruggero Maggi 
Università del Melo – Galleria di Arti Visive 
1 dicembre - 22 dicembre 2017 
Orari: da lunedì a domenica 16.00|19.00 
Ingresso libero


Università del Melo
Via Magenta 3 
21013 Gallarate (VA)
0331 708224

domenica 17 dicembre 2017

58. Biennale Internazionale di Venezia 2019


La Biennale di Venezia

Ralph Rugoff è il curatore della Biennale Arte 2019

Venezia, 15 dicembre 2017 - Il Cda della Biennale di Venezia si è riunito giovedì 14 dicembre e, su proposta del Presidente Paolo Barattaha deliberato di nominare Ralph Rugoff Direttore del Settore Arti Visive con lo specifico incarico di curare la 58. Esposizione Internazionale d’Artedel 2019.

foto di Mark Atkins 2006

Ralph Rugoff dal 2006 è Direttore della Hayward Gallery di Londra. Aperta nel 1968, la Hayward Gallery è considerata fra le gallerie d’arte pubbliche più importanti del Regno Unito; fa parte del Southbank Centre, il più grande centro d’arte in Europa che riceve importanti finanziamenti dall’Arts Council of England. Nel 2015 Rugoff è stato il Direttore artistico della XIII Biennale di Lione intitolata La vie moderne. Inizia la sua carriera come critico e saggista: tra il 1985 e il 2002 scrive numerosi articoli per il Financial Times, The Los Angeles Times, The Los Angeles Weekly e diversi scritti per riviste d’arte come Artforum, Artpresse, FlashArt, Frieze, Parkett e Grand Street e pubblica una raccolta di saggi, Circus Americanus (1995), dove esplora fenomeni culturali dell’occidente americano. Nello stesso periodo inizia a lavorare come curatore indipendente organizzando mostre come Just Pathetic (1990) e Scene of the Crime (1997). Già Direttore del CCA Wattis Institute (2000-06), galleria del California College of the Arts di San Francisco, ha curato numerose mostre collettive alla Hayward Gallery negli ultimi 11 anni, tra cui The Painting of Modern Life (2007), seguita da Psycho Buildings(2008), esposizione che include installazioni interattive e immersive di artisti come Mike Nelson, Gelitin e Do-ho Suh e The Infinite Mix (2016); ha curato inoltre importanti retrospettive e personali di Ed Ruschka, Jeremy Deller, Carsten Holler e George Condo.


Il Presidente Baratta ha dichiarato che “l’incarico a Ralph Rugoff conferma l’intenzione della Biennale di qualificare la Mostra come luogo di incontro tra il visitatore, l’arte e gli artisti. Una Mostra che impegni i singoli visitatori in un diretto confronto con le opere nel quale la memoria, l’inatteso, l’eventuale provocazione, il nuovo e diverso possano sollecitare lo sguardo, la mente e l’emozione di chi osserva, dandogli l’occasione di una intensa e diretta esperienza.”

Il Cda ha deliberato anche le date della 58. Esposizione Internazionale d’Arte che si terrà dall’11 maggio al 24 novembre 2019vernice 8, 9 e 10 maggioinaugurazione al pubblico sabato 11 maggio.



CONTATTI
Ufficio Stampa Arti Visive | La Biennale di Venezia | Tel. +39 041 5218 - 846/849/716 infoartivisive@labiennale.org | www.labiennale.org
Facebook: La Biennale di Venezia | Twitter: @la_Biennale | Instagram: @labiennale | #BiennaleArte2019




RALPH RUGOFF, curriculum vitae Ralph Rugoff,  
- ad oggi Direttore della Hayward Gallery di Londra 2000-2006 Direttore del CCA Wattis Institute for Contemporary Arts di San Francisco 

Attività di curatore 
(una selezione) 2016 The Infinite Mix, mostra collettiva di installazioni video contemporanee. Mostra della Hayward Gallery presentata a The Store, 180 Strand, Londra. 2015 Direttore artistico della XIII Biennale de Lyon: La Vie Moderne Carsten Holler: Decision. Hayward Gallery. 2014 The Human Factor, Hayward Gallery. Mostra collettiva sulla scultura contemporanea legata alla figura umana. 2013 The Alternative Guide to the Universe, Hayward Gallery. Mostra collettiva di ‘outsiders’ tra cui artisti, scienziati, urbanisti, architetti e tecnologi che prevedono scenari alternativi. 2012 Invisible: Art about the Unseen, 1957-2012, Hayward Gallery. Mostra con 26 artisti tra cui Yves Klein, Yoko Ono, Robert Barry e Chris Burden. Wide Open School, Hayward Gallery. Oltre 100 artisti provenienti da 40 paesi hanno ideato e condotto esperimenti pubblici nel campo dell’apprendimento. Jeremy Deller: Joy In People, Hayward Gallery. Retrospettiva itinerante tra il Wiels Centre di Bruxelles, l’ICA di Philadelphia e il St. Louis Contemporary Art Museum. 2011 George Condo: Mental States. Retrospettiva presentata al New Museum di New York, al Museum Boijmans van Beuningen di Rotterdam, alla Hayward Gallery di Londra e alla Schirn Kunsthalle di Francoforte. Tracey Emin: Love Is What You Want (co-curatore), Hayward Gallery 2010 The New Décor, mostra collettiva di 33 scultori internazionali. Presentata alla Hayward Gallery e successivamente a The Garage di Mosca. 2009 Ed Ruscha: 50 Years of Painting. Presentata alla Hayward Gallery, all’Haus der Kunst di Monaco e al Moderna Museet di Stoccolma. 2008 Psycho Buildings, mostra collettiva alla Hayward Gallery di 10 artisti che esplorano come gli spazi costruiti funzionano come ambienti sociali, psicologici e percettivi. 2007 The Painting of Modern Life, mostra collettiva che esplora l’utilizzo dei materiali fotografici sin dagli anni '60 da parte di artisti come Warhol, Richter, Tuymans e Dumas. Presentata alla Hayward Gallery di Londra e al Castello di Rivoli di Torino. Co-curatore della mostra Antony Gormley: Blind Light. Hayward Gallery 2006 Shoot the Family, mostra internazionale di artisti concettuali e post-concettuali che ritraggono i propri partner e le proprie famiglie. Presentata al CCA Wattis Institute, al Cranbrook Museum of Art (Bloomfield Hills, Michigan) e al Knoxville Museum of Art (Knoxville, Tennessee). 2005 Thomas Hirschhorn, UTOPIA, UTOPIA = ONE WORLD, ONE WAR, ONE ARMY, ONE DRESS. Mostra co-curata con Nicholas Baume. Presentata al Boston ICA e al CCA Wattis Institute. Monuments for the USA, con proposte di oltre 63 artisti internazionali. Mostra al CCA Wattis Institute e poi al White Columns di New York. Irreducible: Contemporary Short Form Video, 1995-2005. CCA Wattis Institute, al Bronx Museum of Art e al Miami Art Central. 2003 Co-curatore/publication editor, Baja to Vancouver: The West Coast and Contemporary Art. La prima grande antologica sulla costa occidentale del Nord America. Presentata al Seattle Art Museum, al San Diego MCA, alla Vancouver Art Gallery e al CCA Wattis Institute. 2000 The Greenhouse Effect, co-curatore. Presentata alla Serpentine Gallery e al Natural History Museum di Londra. 1997 Scene of the Crime, antologica sullo sviluppo di una "estetica forense" dagli anni '60 ad oggi. Armand Hammer Museum, Los Angeles. 

PUBBLICAZIONI & SAGGI CRITICI 
Oltre a curare saggi per i cataloghi di tutte le mostre di cui sopra, ha contribuito ai principali saggi di libri e cataloghi di artisti come David Hammons, Mike Kelley, Paul McCarthy, Luc Tuymans, Andreas Gursky, Jean-Luc Mylayne, Raymond Pettibon e Jason Rhoades e ha contribuito con i suoi scritti critici a numerose antologie. 

Dal 1985 al 2002 ha scritto testi di arte e critica per numerosi periodici e pubblicato diversi articoli e saggi su quotidiani e riviste d’arte tra cui The Financial Times, The Los Angeles Times, The LA Weekly, Artforum, Artpresse, FlashArt, Frieze, Parkett e Grand Street. Nel 1996 Verso ha pubblicato una raccolta dei suoi saggi intitolata Circus Americanus. PREMI, ADVISORY POSITIONS, BOARD & COMMITTEE MEMBERSHIPS 2016 Membro della giuria Illuminated River, Rothschild Foundation 2013 Membro del comitato di selezione del Tate Gallery Turner Prize 2012 Membro del comitato consultivo alla Biennale di Kiev 2009-15 Presidente del London Visual Arts Strategy Group 2010 Membro del comitato di selezione del British Council per il Padiglione Gran Bretagna alla Biennale Architettura 2010 2008-10 Membro del comitato direttivo per l’Art Fund International, iniziativa da 5 milioni di sterline per assistere le gallerie del Regno Unito nell'acquisizione di opere d’arte a livello internazionale Membro della giuria del Paul Hamlyn Foundation Arts Prize 2005-08 Membro del consiglio della Louis Comfort Tiffany Foundation 2006-08 Founding Director, Curatorial Studies Program al CCA di San Francisco 2005 Vincitore di un premio da 100.000 $ alla Penny McCall Foundation per la curatela e la critica Curatorial adviser alla Triennale d’Arte Contemporanea di Torino 2002 Curatorial Adviser alla Biennale di Sydney FORMAZIONE 1980 B.A. in Semiotica (Laurea in semiotica) alla Brown University di Rhode Island (Stati Uniti). 


domenica 10 dicembre 2017

Salerno, Dadodu&Co, materiali d’archivio 1977-2017









IBRIDIFOGLI
DADODU&CO.

materiali d’archivio 1977-2017
minimalia, ephemera, collezioni e libri d’artista
a cura di Antonio Baglivo e Vito Pinto

ARCHIVIO DI STATO di SALERNO
piazza Abate Conforti
  

dal 15 dicembre 2017 al 30 gennaio 2018

Dal 15 dicembre 2017 al 30 gennaio 2018 l’Archivio di Stato di Salerno ospiterà la mostra “DADODU&CO.” a cura di Antonio Baglivo e Vito Pinto. L’iniziativa, che è inserita negli eventi in programma per la celebrazione del bicentenario della fondazione dell’Archivio di Stato, vuole, attraverso documenti, opere di piccolo formato, collezioni e soprattutto una selezione corposa di libri d’artista, riproporre i passaggi più significativi di un percorso di lavoro e di impegno, iniziato quarant’anni or sono dall’ex Laboratorio Dadodue e proseguito poi, fino ad oggi, dall’archivio di libri d’artista IbridiFogli. Una cellula creativa particolarmente attiva e propositiva che nella persona dell’artista Antonio Baglivo, che ne è stato il fondatore e il coordinatore, ha tracciato nel tempo un percorso di esperienze e di progetti che hanno promosso collaborazioni e scambi con centri culturali e singoli artisti in tutta Europa e non solo. Notevole la quantità e la qualità dei materiali esposti, oggetti, libri, opere e testimonianze di importanti artisti italiani e stranieri tra cui alcuni nomi di spicco come: Bruno Munari, Carlo Belloli, Giosetta Fioroni, Heinz Gappmayr, Mirella Bentivoglio, Ernesto Treccani, Jurgen O.Olbrich, Elio Pagliarani, Lamberto Pignotti, Antonio Porta e tanti altri. Notevole anche la selezione di artisti operanti sul territorio provinciale che hanno condiviso questo lungo percorso di esperienze e di progetti tra i quali ci piace ricordare: Ugo Marano, Gaetano Bevilacqua, Antonio Petti, Gelsomino D’ambrosio, Antonio Della Gaggia, Cosimo Budetta, Pio Peruzzini, Pino Latronico e così via.



Autori presenti nella mostra:
Marina Abramovic, Lucio Afeltra, Vincenzo Agnetti, Paolo Aita, Bruno Aller, Getulio Alviani, Carl Andre, Salvatore Anelli, Enzo Angiuoni, Vincenzo Aulitto, Vittorio Baccelli, Antonio Baglivo, John Baldessari, Vittore Baroni, Stephan Barron, Romeo Basso, John M. Bennet, Mirella Bentivoglio, Carla Bertola, Joseph Beuys, Gaetano Bevilacqua, Xu Bing, Tomaso Binga, Julien Blaine, Peter Blake’s, Irma Blank, Mariella Bogliacino, Boka, Christian Boltanski, Giovanni Bonanno, Adriano Bonari, Sergio Borrini, Jean-Francois Bory, Cosimo Budetta, George Bures Miller, Pol Bury, Enzo Cacace, John Cage, Sophie Calle, Giovanni Canton, Antonio Duke Caporaso, Bruno Caputi, Carmine Caputo di Roccanova, Janet Cardif, Alvaro Carmenes, Emanuela Carone, Ugo Carrega, Luciano Caruso, M. Luisa Casertano, Carlo Caso, Marosia Castaldi, Francesca Cataldi, Carlo Catuogno, Gianfranco Cavaliere, Guglielmo Achille Cavellini, Giuseppe Chiari, Domingo Cisneros, Lorenzo Cleffi, Augusto Concato, Bruno Conte, Carmela Corsitto, Anna Crescenzi, Angelo D’Amato, Gelsomino D’Ambrosio, Francesco D’Episcopo, Olga Danelone, Betty Danon, Umberto De Angelis, Salvatore De Curtis, Lucrezia De Domizio, Luigi De Luca, Salvatore De Nicola, Mariella De Tommaso, Gianni De Tora, Guillermo Deisler, Antonio Della Gaggia, Luigi Dellatorre, Alfonso Di Muro, Ennio Di Pierro, Laura Di Pierro, Jim Dine, Marcello Diotallevi, Budy Durini, Gianfranco Duro, Epeo, Alberto Faietti, Vito Falcone, Pietro Falivena, Maria Pia Fanna Roncoroni, Fernanda Fedi, Bartolomè Ferrando, Vincenzo Ferrari, Luc Fierens, Giosetta Fioroni, Wanda Fiscina, Franco Flaccavento, Antonio Fomez, Giovanni Fontana, Heinz Gappmayr, Alfonso Gatto, Antonello Gentile, Mauro Giancaspro, Tommaso Mario Giaracuni, Loredana Gigliotti, Gino Gini, Luigi Giordano, Rubina Giorgi, Gianni Grattacaso, Giuseppe Grattacaso, Laura Grisi, Pina Guida, Elisabetta Gut, Silvia Hansmann, Dick Higgins, Damien Hirst, Roni Horn, Joseph W. Huber, Edoardo Iaccheo, Antonio Izzo, La Chimera (Maria Teresa Schiavino, Roberto Lombardi, Claudio Forziati), Gianpaolo Lambiase, Liliana Landi, Mario Lanzione, Domenico Latronico , Pino Latronico, Alfonso Lentini, Antonello Leone, Sinibaldi Leone, Sol LeWitt, Osvaldo Liguori, Sara Liguori, Oronzo Liuzzi, Franco Loi, Andrea Longega, Carmine Lubrano, Mario Lunetta, Christopher Macos, Ruggero Maggi, Gerardo Malangone, Ugo Marano, Lucia Marcucci, Gabriele Marino, Maurizio Marotta, Stelio Maria Martini, Gianni Martinucci, Franco Massanova, Luciano Matera, Rosario Mazzeo, Rino Mele, Emanuele Mennitti Paraito, Mario Mercogliano, Mario Merz, Annette Messager, Silvio Micciariello, Diana Michener, Rolando Mignani, Elinor Milchan, Enzo Minarelli, Arcangelo Moles, Mauro Molinari, Massimo Molino, Fernando Montà, Emilio Morandi, Bruno Munari, Magdalo Mussio, Jacopo Naddeo, Keiichi Nakamura, Marcello Napoli, Nadia Nava, Rossella Nicolò, Gerardo Nigro, Angelo Noce, Yoshin Ogata, Jurgen O.Olbrich, Claes Oldenburg, El Olivare, Yoko Ono, Ruggero Orlando,  Gerardo Palmieri, Adriano Paolelli, Gaetano Paraggio, Geremia Paraggio Mercedes Pardo, Mario Parentela, Vincenzo Passa, Giancarlo Pavanello, Gerardo Pedicini, Michele Perfetti, Pio Peruzzini, Giuseppe Pesce, Antonio Petti, Antonio Picardi, Augusto Piccioni, Lamberto Pignotti, Vito Pinto, Carmine Piro, Ugo Piscopo, Bruno Pollacci, Teresa Pollidori, Antonio Porta, Richard Prince, Antonio Pujia Veneziano, Luciano Puzzo, Alfredo Raiola, Mario Ranieri, Ruth-Wolf Rehfeldt, Gianni Rodari, Gian Paolo Roffi, Paolo Romano, Gianni Rossi, Dieter Roth, Jacques Roubaud, Cesare Ruffato, Ed Ruscha, Lucio Saffaro, Alba Savoi, Arturo Schwarz, Paolo Scirpa,  Cindy Sherman, Fulgor Silvi, Eugenio Siniscalchi, Eve Sonneman, Franco Sortini, Adriano Spatola, M. Luisa Spaziani, Nicola Spezzano, Fausta Squatriti, Gaspara Stampa, Lucilla Stellato, Cristina Tafuri, Bruno Talpo, Giovanni Tariello, Ernesto Terlizzi, Joe Tilson, Aniello Torretta, Gian Pio Torricelli, Ernesto Treccani, Valeriano Trubbiani, Ilia Tufano, Franco Vaccari, Rosario Vairo, Sergio Vecchio, Alberto Vitacchio, Rita Vitali Rosati, Rosa Chiara Vitolo, Wolf Vostell, Andy Warhol, Lawrence Weiner, Oreste Zevola
I nomi evidenziati in rosso si riferiscono alle nuove acquisizioni.






  


venerdì 8 dicembre 2017

LE OPERE DI ENZO NUCCI ALLA “ART GALLERY DI CATANIA


VINCENZO NUCCI 




TUTTO PARLA DI TE
Poema Visivo  di Giovanni  Bonanno
dedicato a Vincenzo Nucci.


Ho attraversato   antiche valli siciliane,
 luoghi solitari  e vecchi viali di campagna,
 ho odorato l’essenze profumate delle passate stagioni,
le terre aspre e  i sottili incanti con la Bougainville 
che si arrampica generosa su vecchi muri di tufo bruciati dal sale
  a vedere curiosa l’orizzonte africano che ancora incanta.
Tutto parla di te.

Ho scrutato l’acqua del Carboi che pare d’argento e seta fine
 sdraiarsi  come un vecchio  stanco  accanto ad una palma araba
che lascia ombre sottili di silenzio
che sanno di ruggine e di   profumi  antichi.
Tutto parla di te.

Dalla terra d’Abruzzo  c’è chi scruta ancora curioso la finestra del porto di Sciacca  
e continua a incantarsi per le sottili alchimie che nascono dall’anima,  
di come suo figlio sa trasformare il piombo più nero del cielo d’inverno
e il rovente rame d’estate in verdi brillanti, in ocre preziose africane
e struggenti lacche di garanza  che sanno di malva, di miele e di sulla fiorita a primavera.
Tutto parla di te.

Solo la nostalgia, quella più sottile e inquieta
sa colmare il vuoto di un’intera stagione,
sa carpire l’essenza più autentica dell’esserci ancora,  
emulando i favolosi ritmi e le antiche cadenze di tempo passato
nella penombra più vera di un’antica e solitaria casa padronale siciliana.

Natura, tutto parla ancora di te.
Giovanni Bonanno © 2010





L'OPERA  DI ENZO NUCCI A CATANIA

Sabato 9 dicembre alle ore 17,30 alla ART GALLERY di Catania si inaugurerà la mostra collettiva di Arte contemporanea FIVE 65 artisti-65 opere. Tra gli artisti invitati Vincenzo Nucci, artista saccense deceduto nel 2015,  presente con l’opera Selinuntea del 1993. La mostra è curata da A. Gerbino ed E. Mandarà e rimarrà aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2018.




L’artista saccense è rimasto nei cuori dei saccensi, ma non solo. La sua arte è stata apprezzata a livello internazionale e nei confronti di Nucci i critici d’arte hanno sempre riservato apprezzamenti di alto valore.

A Caserta la "Magica Concettualità" di Tino Stefanoni


                                         
     

TINO STEFANONI
PITTURA OLTRE LA PITTURA
a cura di Vincenzo Mazzarella, Nicola Pedana e Luca Palermo
testo critico di Valerio Dehò
        intervento di Enzo Battarra,
già curatore della mostra personale dell’artista a Caserta “Magica concettualità"

REGGIA DI CASERTA
Appartamenti storici, retrostanze del ‘700
Vernissage giovedì 7 dicembre 2017 ore 17
Durata: 8 dicembre 2017 | 7 gennaio 2018
Orario: 8,30 – 19,30 - chiusura martedì






La Reggia di Caserta dal 7 dicembre 2017 al 7 gennaio 2018 dedica a Tino Stefanoni (Lecco, 1937) una mostra antologica dal titolo “Pittura oltre la pittura” che si svolgerà negli Appartamenti storici, retrostanze del ‘700 della Reggia di Caserta. Il vernissage è in programma per giovedì 7 dicembre alle ore 17. La mostra è a cura di Vincenzo Mazzarella, Nicola Pedana e Luca Palermo con testo critico di Valerio Dehò. Sarà Enzo Battarra, già curatore della personale dell’artista alla galleria Nicola Pedana di Caserta “Magica concettualità”, a ricordare la figura del maestro. Sarà questa, infatti, la prima mostra che si va a realizzare dopo la recentissima scomparsa del grande artista internazionale, avvenuta sabato 2 dicembre mentre era in corso l’allestimento nella Reggia. Tino Stefanoni era innamorato del Palazzo vanvitelliano e delle sontuose sale, chiedendo lui stesso di potervi esporre. Sarebbe ora felice di poter partecipare al suo vernissage.
Grazie ai prestiti da parte dei collezionisti, l’antologica proporrà per lo più opere inedite mai presentate prima in spazi pubblici. L’esposizione resterà aperta fino al 7 gennaio 2018 tutti i giorni dalle ore 8,30 alle 19.30, martedì chiusa.
Il percorso espositivo cronologico si apre con i lavori nei quali si avvertono le suggestioni della Metafisica di Carlo Carrà che Stefanoni predilige rispetto a quella di Giorgio de Chirico, per la sua capacità di far scoprire la bellezza nascosta nella vita quotidiana. Nel ciclo dei Riflessi (1965-1968), i piccoli rilievi tondi diventano la base per dipingere dei paesaggi in miniatura, in cui già si percepisce la cura al dettaglio che diventerà nel tempo una delle cifre più caratteristiche dell’artista lecchese. A cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, Stefanoni intuisce per primo la possibilità di utilizzare la segnaletica stradale nella rappresentazione della realtà, in maniera ironica e distaccata. Nascono così i Segnali stradali regolamentari, al cui interno sono inseriti oggetti-icona che rispondono all’esigenza linguistica, propria di quegli anni, di far conquistare all’elemento visivo territori che appartenevano alla parola. Queste immagini ritornano protagoniste nelle tele degli anni ’70 che mostrano una “metafisica senza mitologia” con oggetti comuni come matite, mestoli, scope, flaconi, giacche e altro, disposti su ordinate fila, sovrapposti o affiancati gli uni agli altri che dialogano con lo spazio vuoto o segnato da linee geometriche. È il caso del ciclo delle Piastre, guida per la ricerca delle cose (1971), sculture che rispettano la bidimensionalità del disegno o della pittura, o delle Memorie (1975-1976) dove le tracce degli oggetti sono replicati dai segni lasciati dalla carta carbone. In questi lavori, il richiamo alla Pop Art svanisce a favore del rigore dell’arte concettuale, alla quale Stefanoni si avvicina già alla fine degli anni ‘70 con Elenco di cose (1976-1983), una serie quadri realizzati con la lente d’ingrandimento, dove soggetti minimali e quotidiani, estranei alla tradizione della pittura come una cucina a gas o una pinza, diventano protagonisti di una ritrattistica quasi maniacale. A questa seguirà quella delle Apparizioni (1983-1984) in cui domina l’essenzialità della linea e la distanza dal colore, con immagini impalpabili come colte attraverso un cielo nebbioso. Come afferma Valerio Dehò, autore del testo in catalogo, “Tino Stefanoni non adopera dei simboli, non vuole far aprire le porte all’ignoto o dell’inconoscibile. La sua apparente freddezza racchiude una passione per tutto ciò che di semplice l’uomo sia riuscito a creare, la sua arte ha pochi coinvolgimenti emotivi in questa fase proprio per l’essenzialità della disciplina platonico-cartesiana ma presuppone la complicità dello spettatore, la sua capacità di farsi sorprendere dall’ovvietà come strada per rileggere l’intera realtà. Il lavoro di Stefanoni è cristallo di rocca da scaldare con lo sguardo”. Dal 1984, con Senza titoloil colore racchiuso dalla linea nera caratterizza le nature morte e le vedute, mai la figura umana. Sono ambientazioni nelle quali Stefanoni recupera, senza mitizzarla, la Metafisica, ma in cui è sempre presente la memoria della lezione di eleganza e rarefazione del Beato Angelico, al quale spesso Stefanoni si richiama per la passione per l’osservazione, legata alla rivelazione delle geometrie segrete tra gli oggetti e gli elementi del paesaggio. Le sue casette, i suoi alberi sono oggetti ridotti all’essenziale, alla semplicità di una forma riconoscibile, quasi illustrativa. Sono elementi della storia dell’arte italiana che diventano icone, per questo devono essere comprensibili, proprio perché hanno dei valori diversi dalla semplice rappresentazione.  I paesaggi o le nature morte che costituiscono gran parte del lavoro di Stefanoni non vogliono spiegare o raccontare, quanto rappresentare uno stato delle cose. 
Anche le sue più recenti Sinopie, richiamando la tecnica dell’affresco, riflettono questo suo inserimento nella classicità del dipingere e aprono a delle forme di azzeramento del colore e dei contorni dei paesaggi, fino a diventare semplice pittura, sempre alla ricerca dell’essenzialità. Accompagna la mostra un catalogo edito dal Comune di Lecco con, oltre ai testi istituzionali, un saggio critico di Valerio Dehò.





TINO STEFANONI, nato nel 1937 a Lecco, dove si è spento il 2 dicembre 2017, aveva studiato al Liceo Artistico Beato Angelico e alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano. Dopo alcune mostre fra il ‘63 e il ‘66, la sua vera e propria attività artistica è iniziata nel 1967 con il conseguimento del 1° Premio San Fedele di Milano, importante rassegna per giovani artisti, della cui giuria facevano parte anche il conte Panza di Biumo e Palma Bucarelli. Da allora ha esposto in numerose gallerie private italiane e straniere, spazi pubblici e museali, manifestazioni internazionali (Biennale di Venezia 1970 e 2011).
Spazi pubblici e Musei: 1977 Palazzo dei Diamanti, Ferrara; 1979 Castello di Portofino; 1981 Museo ICC, Anversa; 1990 Museo Koekkoek, Kleve; 1992 Stadtgalerie, Sundern; 1994 Museo di San Marino e Villa Manzoni, Lecco; 1996 Palazzo Civico, Sarzana e Istituto Italiano di Cultura, Parigi; 1997 Istituto Italiano di Cultura, Chicago; 1999 Chiostri di San Domenico, Reggio Emilia e Galleria San Fedele, Milano e XIII Quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni, Roma; 2000 Museo di Tortolì; 2002 Palazzo Forti, Verona; 2003 Trevi Flash Art Museum; 2005 XIV Quadriennale di Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; 2006 Palazzo Pubblico Magazzini del Sale, Siena, unito alla creazione del Drappellone del Palio del 16 agosto  2006; 2007 Casa del Console, Calice Ligure; 2008 Galleria d’Arte Moderna di Valdagno; 2011 Galleria Civica Ezio Mariani, Seregno; 2013 Galleria Gruppo Credito Valtellinese Refettorio delle Stelline, Milano; 2014 Università Bocconi, Milano e Palazzo Parasi, Cannobio.