Mostra: Giardino d’inverno
Autore: Vincenzo Nucci
Curatore: Andrea Guastella
Organizzazione: Comune di Ragusa
Rassegna: Palazzi aperti (Natale Barocco 2014-2015, seconda edizione)
Catalogo: Aurea Phoenix Edizioni
Luogo: Civica Raccolta “Carmelo Cappello”, Palazzo Zacco, via San Vito 158,
Ragusa
Recapito telefonico: 0932 682486 (Centro Servizi Culturali, Ragusa)
Inaugurazione: 13 dicembre 2014, ore 18.00
Durata: 13 dicembre 2014- 17 gennaio 2015
Orario: ore 10.00 – 12.00, 16.00 – 20.00
soffio di
primavera 2012 olio su tela cm120xcm 95
Si inaugura sabato 13 dicembre 2014,
alle ore 18.00, presso la Civica Raccolta “Carmelo Cappello” di Palazzo Zacco a
Ragusa, la mostra Giardino d’inverno,
catalogo Aurea Phoenix Edizioni, a
cura di Andrea Guastella. L’esposizione, compresa nella rassegna “Palazzi
aperti”, organizzata dal Comune di Ragusa in cartellone al Natale Barocco
2014-2015, raccoglie una selezione di opere recenti, oli e pastelli, del
maestro Vincenzo Nucci.
Vincenzo Nucci, La palma e
l'azzurro 2011. Olio su Tela
Dal testo in catalogo di Andrea
Guastella: “Sono milioni i curiosi che dedicano ogni giorno un po’ di tempo a
un’azione tanto insolita quanto naturale: osservare. In pochissimi, però,
possiedono il dono di dipingere lo sgretolarsi di un muro, il guizzare di un
ramo, lo scintillio di un sole abbacinante o il timido e pungente pulsare delle
stelle. Occorre tornare per decenni nei medesimi luoghi, fissarli nella
memoria, farli propri. C’è, ad esempio, tra i soggetti preferiti da Vincenzo
Nucci, la facciata di una casa in rovina che sorge davanti il suo studio, da
cui è possibile scrutarla dall’alto, sorvolando una parete che racchiude, come
una siepe leopardiana, un cortile e delle palme. Quella casa Vincenzo non l’ha
mai visitata. Eppure gli appartiene. Abbandonata per decenni, si è
cristallizzata in una sorta di limbo paragonabile al non luogo di Ritorno, uno
splendido testo di Caproni: “Sono tornato là / dove non ero mai stato. / Nulla,
da come non fu, è mutato. / Sul tavolo (sull’incerato / a quadretti) ammezzato
/ ho ritrovato il bicchiere / mai riempito. Tutto / è ancora rimasto quale /
mai l’avevo lasciato. / Tutti i luoghi che ho visto, / che ho visitato, / ora
so – ne sono certo: / non ci sono mai stato”. Oggi la facciata di quella casa,
dopo un lungo restauro, ha cambiato aspetto. Ma anch’io sono certo che Vincenzo
continuerà a dipingerla come l’ha da sempre vista e immaginata. I soggetti
della pittura di Nucci, infatti, non esistono: non ci sono in Sicilia campi
gialli o cieli azzurri come i suoi. Non ci sono perché Vincenzo li ha guardati
con gli occhi, ma ancor prima col cuore. Ha camminato sulle gambe, ma coi piedi
tra le nuvole. Ha sognato un paesaggio familiare che la reiterazione in cicli
ha reso noto, ma non certo immutabile, anzi continuamente variato. Lo
proverebbe, se lo interrogassimo, il canto dei colori delle sue ultime prove.
Qui, messo da parte il reticolo di colpi di pennello – o tratti di pastello –
dei lavori più famosi, il bianco dell’imprimitura si insinua liberamente tra
l’uno e l’altro tocco, simulando una luce proveniente dall’interno, come un’aura.
L’esito è di una brillantezza che fa pensare a un concerto di uccelli, a un
tripudio di odori, alle sensazioni sinestetiche di una passeggiata in un
giardino che non è un giardino. Semmai un giardino d’inverno, una limonaia
adibita ad accogliere agrumi e piante rare. Un prodigio di fantasia e natura,
ma anche di tecnica, di sapienza creativa. Vincenzo, uno dei pochi maestri del
colore ancora attivi, sa bene che il suo dono, per esprimersi al meglio, deve
essere protetto e coltivato. Sa che la somma spontaneità coincide col massimo
artificio. Perciò, nel suo hortus conclusus, niente è lasciato al caso.
“Soggetto principe”, come era solito asserire Bonnard, il pittore cui si sente
più vicino, “è la superficie, che ha il suo colore, le sue leggi, al di là degli
oggetti”. E, al di là degli oggetti, tutti i quadri di Nucci sono costruiti
attorno a un centro su cui la “superficie” si squaderna in un perenne accumulo
di tagli, sfocature, contrasti di colore. Non si tratta, si è ormai capito, di
osservare le cose, ma di animarle dal di dentro impersonandone ogni angolo,
ogni aspetto. Anche a costo di rimanere incatenati a un’illusione. Del resto,
lo aveva compreso Neruda in un libro che – guarda un po’ – ha il medesimo
titolo della mostra di Vincenzo, “Non c’è libertà per noi che siamo / frammento
dello stupore / non c’è uscita per questo ritornare / a se stessi, alla pietra
di se stessi”. Non c’è altra meta che la palma, altro orizzonte che il mare”.
finestra
sul mediterraneo olio su tela cm 94xcm 65
Vincenzo Nucci nasce a Sciacca, in
provincia di Agrigento, nel 1941. Le sue prime personali, nel decennio fra il
1960 e il 1970, all’insegna dell’impegno, lo vedono affrontare temi drammatici
e di grande impatto sociale come la guerra del Vietnam e il terremoto del
Belice. Sono questi gli anni nei quali Nucci diventa una presenza costante
nelle principali rassegne nazionali e internazionali dedicate alla pittura. Ma
già a partire dal decennio successivo, la sua ricerca, allontanatasi
gradualmente dal sociale, si orienta in una precisa direzione: dipingerà solo
paesaggi, anzi il paesaggio siciliano; e, del paesaggio siciliano, le case
padronali, le mura di cinta, dove si arrampicano rigogliose buganvillee, le
rovine di Agrigento e Selinunte e infine la palma, protagonista e simbolo della
Sciacca araba da lui tanto amata. Tutta la sua ricerca a venire sarà
caratterizzata dal tentativo di catturare sulle tele o nei pastelli le emozioni
suscitate dalla luce. Nel 1989 è invitato alla XXXI Biennale Nazionale d’Arte
Città di Milano, Palazzo della Permanente. Nel 1990 conosce Philippe Daverio,
che lo invita ad esporre alla rassegna Anni Ottanta in Italia all’ex Convento
di San Francesco a Sciacca e, successivamente, in una sua personale alla
Galleria Daverio a Milano. Nel 1994 Marco Goldin gli organizza un’antologica a
Palazzo Sarcinelli di Conegliano, mentre l’anno successivo una sua mostra si
tiene presso la Galleria Forni di Bologna. Nel 1996 espone con una personale
alla Galleria Etienne de Causans, a Parigi. Nel 1998 Aldo Gerbino lo invita
alla mostra L’Isola dipinta. Sicilia: cinquant’anni di natura e paesaggio,
1948-1998, presso il Palazzo del Vittoriano di Roma. Del 1999 è l’antologica
Pastelli 1981-1999, a Treviso nella Casa dei Carraresi. Nel 2001 si tiene una
sua personale allo Stadtmuseum di Tubinga, in Germania. Nel 2003-2004 la
Provincia di Palermo promuove una sua antologica nel Loggiato San Bartolomeo di
Palermo, Opere 1981-2003, a cura di Aldo Gerbino. Nel 2006 è invitato al LVII
Premio Michetti Francavilla a Mare (Chieti), a cura di Philippe Daverio. Sempre
nel 2006, su invito di Marco Meneguzzo, partecipa alla mostra Sicilia! alla
Galleria Credito Siciliano di Acireale. Nel 2007 è invitato alla mostra ideata
da Vittorio Sgarbi Arte Italiana, 1968-2007. Pittura al Palazzo Reale di
Milano. Del 2008 è l’antologica Opere 1984-2008, all’ex Convento di San
Francesco, Sciacca. Sempre nello stesso anno, è invitato alla mostra Pittura
d’Italia. Paesaggi veri e dell’anima, a cura di Marco Goldin, nel Castel
Sismondo a Rimini. Nel 2011 partecipa a Padiglione Italia, LIV Biennale di
Venezia, Regione Sicilia, nella Civica Galleria d’Arte Montevergini di Siracusa
e all’esposizione Artisti nella luce di Sicilia, nel Palazzo della Cultura di
Catania. Nel 2014 è invitato da Marco Goldin alla mostra Attorno a Veermer
presso il Palazzo Fava di Bologna; partecipa inoltre alla mostra itinerante
Artisti di Sicilia. Da Pirandello a Iudice, a cura di Vittorio Sgarbi. Vincenzo
Nucci vive e lavora a Sciacca.
paesaggio
del Belice 2013 olio su tela cm 63xcm 94