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lunedì 4 agosto 2025

Retrospettiva di Caroline Demangel, “Indagare l’emozione tra impulso e tensione visionaria”.

 Caroline Demangel, “Indagare l’emozione tra impulso e tensione visionaria”

SANDRO BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA   

Mostra Retrospettiva di Caroline Demangel

Dal 2 al 30 agosto 2025

56 opere del periodo 2011-2022


 

Dopo la retrospettiva dell’artista indonesiano Noviadi Angkasapura, continua  il ciclo di mostre dedicate all’Art Brut proponendo questa volta un’artista outsider francese come Caroline Demangel che pare rievocare un insolito mondo sommerso di entità figurative umane caratterizzate da grovigli e da intensi colori che toccano le corde emotive più profonde dell’animo umano, catturano e nel contempo  ingannano lo sguardo lasciando un intrigante dubbio di ciò che siamo. Caroline Demangel è un’artista autodidatta e non ha alcuna formazione artistica, nata nel 1972 a Remiremont, nei Vosgi, in Francia. Attualmente vive a Parigi. Ha iniziato a disegnare nel 2008 durante un ricovero in ospedale in cui l'arteterapia gli fece scoprire mondi inesplorati, spazi incontaminati in cui poter raccordare la realtà  con emotività dell’essere. Sedici anni dopo Demangel si è dedicata totalmente alla pittura come se la sua vita dipendesse da questo.

Il suo indagare è caratterizzato da un assiduo lavoro di scavo in profondità, alle origini in cui raccogliere tracce di memorie personali dell’infanzia disvelate con il disegno e la pratica della pittura. Un viaggio davvero solitario e profondo  nei ricordi e nelle emozioni a lungo dimenticate. Una sorta di primordiale ‘work in regress’, ovvero, interrogare l’origine delle cose e regredire in un’epoca in cui il concetto di futuro e di progresso appare sempre più fragile e labile l’opera di Demangel rileva margini di riflessione e di lettura alternativa rispetto alla realtà monotona  del nostro presente. Un impulso davvero forte, insistente e oscuro  che suggerisce corpi, grovigli di segni, viscere e persino parole scritte che si raccordano nello spazio visionario della rappresentazione e che fa lievitare in superficie  presenze sospese e sovrapposte che si aggregano e si sdoppiano nello spazio  prossime al cambiamento.

Da questo mondo oscuro  sono nati nel tempo, attraverso il pastello e l'acrilico, personaggi  inascoltati carichi di un malessere che si fa sempre più presenza ossessiva. Una espressione  e una visionarietà davvero forte e ignota che raccoglie e aggrega frammenti di emozioni come la rabbia, la paura e altresì come atto urgente di riflessione sulla nostra precaria e monotona esistenza caratterizzata dall’incomunicabilità ormai diffusa e dirompente  destinata a una tragica solitudine. L’arte è sempre lo specchio della vita, quella autentica raccoglie frammenti di battiti  e di emozioni contraddittorie di verità nascoste, di pulsazioni primordiali e di  conflitti interiori che l’occhio spesso non vede. Questa è la riflessione straordinaria e profonda che accoglie il visitatore in questo secondo appuntamento espositivo presso la galleria Sandro Bongiani Vrspace.

  


La presentazione di Sandro Bongiani

Retrospettiva di Caroline  Demangel, “Indagare l’emozione tra impulso e tensione visionaria”. Presentazione di Sandro Bongiani, Salerno 9 luglio 2025

Dopo la retrospettiva dell’artista indonesiano Noviadi Angkasapura, continua  il ciclo di mostre dedicate all’Art Brut proponendo questa volta un’artista outsider francese come Caroline Demangel che pare rievocare un insolito mondo sommerso di entità figurative umane caratterizzate da grovigli e da intensi colori che toccano le corde emotive più profonde dell’animo umano, catturano e nel contempo  ingannano lo sguardo lasciando un intrigante dubbio di ciò che siamo.

Per Caroline Demangel, l’amore per l’arte è nato per caso, un incontro folgorante, nato per urgenza intorno al 2008  durante un ricovero ospedaliero in cui l'arteterapia  gli fece scoprire mondi inesplorati,  spazi incontaminati in cui poter raccordare la realtà  con emotività dell’essere. Ci confessa: "Quando sono stata recentemente (ri)coverata, i pazienti, con tutte le loro stranezze e idiosincrasie mi hanno ispirata profondamente senza che nemmeno me ne rendessi conto” – aggiungendo –    durante i mesi successivi a questa scoperta mi sono costantemente isolata per rivivere e materializzare visioni che non avrei potuto immaginare un secondo prima.”  Una sorta di regressione e un ritorno alle origini che non è fuga nostalgica ma  riflessione critica. Un ricercare di  mondi diversi rispetto la realtà oggettiva e monotona  del nostro presente. Si direbbe un assiduo lavoro di scavo in profondità in cui raccogliere tracce di memorie personali dell’infanzia disvelate con il disegno e la pratica della pittura. Un viaggio davvero solitario e profondo  nei ricordi e nelle emozioni a lungo dimenticate. Una sorta di primordiale ‘work in regress’, ovvero, interrogare l’origine delle cose e regredire in un’epoca in cui il concetto di futuro e di progresso appare sempre più fragile e labile l’opera di Demangel ricerca una forma espressiva di resistenza simbolica lasciatoci margini di riflessione e di lettura alternativa al nostro inquieto presente.

Da questo mondo oscuro  sono nati nel tempo, attraverso il pastello e l'acrilico, personaggi inascoltati carichi di un malessere che si fa sempre più presenza ossessiva. Per Demangel rappresentare i personaggi figurativi sono sempre molto importanti perché le permettono di non sentirsi sola. Insomma, é come creare una presenza, un altro sé, un doppio che possa farle anche compagnia. il disegno per lei è un mezzo perfetto che le permette di catturare gli stati d'animo e l’emozioni fugaci  di esseri che si intrecciano tra loro, si duplicano creando  molteplici associazioni e sfaccettature che permettono di far affiorare in superficie nascoste emozioni e le contraddizioni che si raccordano con il presente inquieto  della vita. Infatti, quando disegna o dipinge vi è in lei qualcosa di insolito e trascendente che le permette di connettersi con un altrove, al di fuori del reale e del visibile. Un impulso forte, insistente e oscuro  che suggerisce corpi, grovigli di segni, viscere e persino parole scritte che si raccordano nello spazio visionario della rappresentazione. Una espressione  davvero potente e ignota  che fa lievitare in superficie  presenze solitarie aggrovigliate e sovrapposte che si aggregano e si sdoppiano sospese nello spazio e  prossime al cambiamento. Sospensione e trascendenza caratterizzano da sempre il suo lavoro di ricerca con frammenti di ricordi che per strano sortilegio affiorano improvvisamente in una accumulazione visionaria  apparentemente caotica e in verità accorta e struggente di presenze leggere e insostanziali che  occupano lo spazio assorto della rappresentazione.

Caroline Demangel indaga l’esistenza inquieta dell’uomo attingendo alla sfera emotiva e simbolica con presenze in rapido e contraddittorio mutamento  come i pensieri lungamente inascoltati che tentano di associarsi per definirsi in figure e in scenari del tutto innaturali. Un groviglio di linee e stesure piatte di colore fortemente espressive, tramutate nell’indeterminatezza e sospensione in presenze beffarde in cui spicca la deformazione espressiva e caricaturale dei corpi, la presenza assidua delle mani e dei piedi, caratterizzate da un’ossessione urgente quasi violenta e ignota. Una  visionarietà che raccoglie e aggrega frammenti di emozioni come la rabbia, la paura e altresì come atto di riflessione profonda sulla nostra precaria e inquieta  esistenza caratterizzata dall’incomunicabilità ormai diffusa destinata a una tragica solitudine.

Chissà se gli insetti quando dormono hanno la capacità di sognare? L'arte dell’uomo é un potente strumento per esplorare la memoria e l'immaginazione, tuttavia, solo gli artisti con la loro creatività hanno la possibilità di evocare emozioni e ricordi attraverso il loro vissuto, trasportarci in mondi nuovi e farci rivivere esperienze di mondi unici. È come se avessero una chiave assoluta per accedere a dimensioni diverse della realtà. L’arte è sempre lo specchio della vita, quella autentica, sa raccogliere frammenti di battiti  d’ali  e di emozioni, di verità nascoste, di pulsazioni primordiali e di  conflitti interiori che l’occhio spesso non vede. Questa è la riflessione straordinaria e profonda che accoglie il visitatore in questo secondo appuntamento espositivo presso la galleria Sandro Bongiani Vrspace. 

 

Biografia di Caroline Demangel


Caroline Demangel è nata nel 1972 a Remiremont, nei Vosgi, in Francia. Ha iniziato a disegnare nel 2008 durante un ricovero ospedaliero. L'atto di creare arte le ha dato una nuova libertà di espressione creativa ed emotiva. Demangel racconta quanto segue: Quando sono stata recentemente (ri)ricoverata, i pazienti, con tutte le loro stranezze e idiosincrasie, mi hanno ispirata profondamente senza che nemmeno me ne rendessi conto. I personaggi figurativi sono sempre molto importanti per me, perché mi permettono di non sentirmi sola. Ad esempio, creo un "uomo in piedi", un po' come creare una presenza, un altro sé, un amico, un doppio. Anche la messa in scena nel mio lavoro è molto importante. Si tratta di ballare a ritmo di musica e, a seconda del ritmo, lasciarla prendere il sopravvento fino a trovare il gesto giusto. L'opera mi aiuta molto. È anche una questione di messa in scena materiale, poiché la disposizione ordinata di matite, pastelli e tubetti acrilici è importante per me. Perché più di ogni altra cosa, c'è l'impulso, che non può essere preparato, non può essere intellettualizzato, non può essere espresso a parole e non può essere rappresentato in alcun modo. C'è l'urgenza e la necessità del linguaggio pittorico, una sorta di ribambelle (moltitudine) di segni, nodi, viscere, nuclei (l'interno del corpo è molto presente) e a volte mi vengono parole che si frappongono tra il foglio e me, chiedendomi di inscriverle. Quando lavoro, c'è davvero qualcosa di trascendente, qualcosa di "più grande di me", un grande spirito che permette il gesto "perfetto", giusto. Mi connetto a ciò che non conosco altrove, al di fuori del luogo di lavoro, e questo mi guida. A volte ho l'impressione di realizzare un'opera che non proviene interamente da me. Un messaggio da recapitare. Sedici anni dopo, nonostante le battute d'arresto, Demangel ha continuato a dipingere come se la sua vita dipendesse da questo. Il disegno è per lei un mezzo perfetto, che le permette di catturare stati d'animo e stati d'animo, anche fugaci. I personaggi si intrecciano, si duplicano. Le sue linee creano molteplici sfaccettature, portando in superficie emozioni spesso contraddittorie contemporaneamente. Le immagini, ricche di colori, producono scintille e si impongono con un'espressione libera e potente.

Caroline Demangel espone regolarmente alla Galleria Polad-Hardouin di Parigi e alla Galleria Cavin-Morris dal 2015. Le sue opere sono state esposte alla Halle St. Pierre di Parigi e sono state incluse in dRAW, una mostra di Intuit organizzata da Jan Petry nel 2015


Si ringrazia l’Archivio personale di  Caroline Demangel di Parigi  per aver permesso per la prima volta in Italia  la realizzazione di questa  importante retrospettiva che riassume con 56 opere  12 anni di assiduo lavoro  (2011-2022).

 

 

 

 


Sandro Bongiani Vrspace

Opening  sabato 2 agosto 2025  h. 18:00

EVENTO:  Retrospettiva dal 2 al 30 agosto 2025

TITOLO: Caroline Demangel “Indagare l’emozione tra impulso e tensione visionaria”

LUOGO: Salerno (Italy).

CURATORI:  Sandro  Bongiani

 

INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D – Salerno

 

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

 

SITO UFFICIALE: https://www.sandrobongianivrspace.it/

 

 

domenica 14 aprile 2024

Pavilion Lautania Valley Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere Retrospettiva di Ray Johnson “NOTHING / NOIHTNG”

 

Pavilion Lautania Valley

Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere

Retrospettiva di Ray Johnson  “NOTHING / NOIHTNG”

Presentazione a cura di Sandro Bongiani 

con la collaborazione dell'Archivio Ray Johnson di Coco Gordon, Colorado (USA).

 

Vengono presentate  6 mostre Retrospettive in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque”e in contemporanea con la 60. Biennale Internazionale di Venezia 2024

 

La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea  è lieta di inaugurare  in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque”e in contemporanea con la 60. Biennale Internazionale di Venezia 2024, presso il Pavilion Lautania Valley a cura di Sandro Bongiani le mostre retrospettive  di 6 artisti selezionati per questo particolare evento che inizia ufficialmente il 16 aprile con l’artista americano pre-pop Ray Johnson e proseguirà  di mese in mese  fino al 24 novembre 2024 con Guglielmo Achille Cavellini, Ryosuke Cohen, Reid Wood e infine con gli italiani Gabi Minedi e Raffaele Boemio presentando per ognuno artista significative opere scelte appositamente per questo particolare evento a loro dedicato.  Dopo la mostra del progetto internazionale dal titolo LiberaMente / Is Contemporary Art a Prison?” a cura di Sandro Bongiani, presentato ufficialmente il 2 ottobre 2023 presso la Galleria Sandro Bongiani Vrspace ecco una serie di altri importanti appuntamenti sul tema  dello straniero ovunque, ovvero “Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere”, in cui viene segnalata la condizione  di diversi artisti marginali attivi che in modo originale e solitario hanno continuato a lavorare nell’isolamento  collettivo, alcuni anche per diversi decenni non curandosi  minimamente del mercato e del sistema ufficiale dell’arte producendo nel tempo opere per certi versi non conformi ai dettami imposti dal mercato e proseguendo in un cosciente viaggio solitario e personale.  Saranno presentati, inoltre,  dal 16 aprile fino al 24 novembre 2024 presso il Pavilion Lautania Valley le retrospettive di sei artisti contemporanei:  Ray Johnson / da martedì 16 aprile a giovedì 23 maggio 2024, Guglielmo Achille Cavellini / da venerdì 24 maggio a martedì 2 luglio, 2024, Ryosuke Cohen / dal 3 luglio a sabato 10 agosto 2024 Reid Wood / da domenica 11 agosto a sabato 14 settembre 2024, Gabi Minedi / da domenica 15 settembre a venerdì 19 ottobre 2024 e infine Raffaele Boemio / da sabato 20 ottobre a sabato 24 novembre 2024. Ad un tema  generico scelto da  questa biennale abbiamo preferito segnalare la condizione difficile e marginale attiva di 6 artisti di diverse generazioni e  latitudini del mondo costretti a vivere  da “straniero sempre”, non semplicemente nel senso geografico del termine  ma soprattutto  umano e esistenziale.  Ecco una sorta di convinta rilettura delle proposte in atto presentati per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley in cui sono stati coinvolti 6 artisti in altrettanti mostre retrospettive in un lucido e suggestivo percorso, ognuno con la propria specifica personalità e intensità creativa per una condivisione globale via web  a 360 gradi in tutto il mondo a basso contenuto di emissioni CO2.

 


Quella di Ray

Johnson da autentico “stranger” rimane una proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale e diffusa ad ampio raggio, grazie alla capillarità del mezzo postale in diversi paesi del mondo. Per lungo tempo è stato considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York” e un pioniere della performance nell'uso della lingua scritta nell'arte visuale. Una ricerca che accoglie persino frammenti di oggetti di vita. Ray è stato un  assiduo raccoglitore di cose “trovate e recuperate” per essere rimesse nel circuito della comunicazione e nell’arte  restituendo a loro una nuova vita.  Le associazioni delle cose e i processi in cui accadono realmente erano alla base della comunicazione visiva, una sorta d’indagine intesa come un “work in progress” assolutamente del tutto provvisorio, che non  può avere mai una definitiva conclusione.

 

 

Una pratica per certi versi trasversale e nel contempo deviante e poco credibile agli occhi del sistema dell’arte ufficiale, basata essenzialmente sulla contaminazione tra i diversi strumenti espressivi:  collage, fotografia, oggetti recuperati, disegno, performance, happening e testi scritti, utilizzando frequentemente  il gioco oscuro delle parole con una sorta di   operazione, in cui “i giochi di parole non sono solo un fatto ludico” fine a se stesso, ma un’altra diversa possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti e  affidarsi all’invenzione e alla  creatività della parola, avvalorata anche  dalle collaborazioni attraverso l’invio postale.

Johnson ha sempre preferito lavorare su piccoli formati, precludendo così l’appoggio del grande mercato dell’arte ufficiale,  rifiutando  spesso di esporre o vendere il  proprio lavoro. Del resto,  il mercato dell’arte preferisce le grandi dimensioni e una produzione creata  appositamente per essere “mercificata” in senso commerciale. Si direbbe,  una ricerca del tutto “trasversale” rispetto alle proposte svolte in quel periodo da altri autori, che accoglie diversi mezzi espressivi con interventi che di fatto hanno creato attrito come del resto ha fatto, quasi nello stesso periodo, anche Guglielmo Achille Cavellini in Italia utilizzando la scrittura, il comportamento,  la concettualità e persino l'ironia ben sapendo che  questa era l’unica strada possibile da percorrere. Secondo lui l’arte è vita, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, e un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 29 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi  è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana di Leo Castelli.

 

 


Ray Johnson (1927-1995)

Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel Michigan, i suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit Art Institute e un'estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo Black Mountain College in North Carolina. Durante i suoi tre anni nel programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers, Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. Trasferitosi a New York nel 1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns, sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art. Nei decenni successivi, Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo assieme  la pratica artistica con la vita. Il 13 gennaio 1995 Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando in mare e annegando. Nel 2002, un documentario sulla vita dell'artista chiamato How to Draw a Bunny,  ci fa capire il suo lavoro di ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art.

 

 

Pavilion Lautania Valley 

“Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation Everywhere”

da Lunedì  16 aprile 2024 a sabato 24 novembre 2024

Retrospettiva di Ray Johnson  “NOTHING / NOIHTNG”

Presentazione di 48 opere inedite di Ray Johnson

da martedì 16 aprile a giovedì 23 maggio 2024

a cura di Sandro Bongiani 

Opening  lunedì  16 aprile 2024  ore 18:00  

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

Credits: Collezione Bongiani Art Museum

 

 

La Presentazione 

 

Pavilion Lautania Valley

Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere

Retrospettiva di Ray Johnson  “NOTHING / NOIHTNG

Presentazione a cura di Sandro Bongiani 

con la collaborazione dell'Archivio Ray Johnson di Coco Gordon, Colorado (USA).

Salerno, 5 aprile 2024

 

 


Quella di Ray Johnson da autentico “stranger” rimane una proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale diffusa ad ampio raggio, grazie alla capillarità del mezzo postale in diversi paesi del mondo. Per lungo tempo è stato considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York” e un  pioniere della performance nell'uso della lingua scritta nell'arte visuale. Una ricerca che accoglie persino frammenti di oggetti di vita. Ray è stato “un assiduo raccoglitore di cose trovate e recuperate” per essere rimesse nel circuito della comunicazione e nell’arte  restituendo a loro una nuova vita.  Le associazioni delle cose e i processi in cui accadono realmente erano alla base della comunicazione visiva, una sorta d’indagine intesa come un “work in progress” assolutamente del tutto provvisorio, che non  può avere mai una definitiva conclusione.

Una pratica per certi versi trasversale e nel contempo deviante e poco credibile agli occhi del sistema dell’arte ufficiale, basata essenzialmente sulla contaminazione tra i diversi strumenti espressivi:  collage, fotografia, oggetti recuperati, disegno, performance, happening e testi scritti, utilizzando frequentemente  il gioco oscuro delle parole, come per esempio, “SEND” riorganizzato come “ENDS”, oppure, “NO THINGS” diventato “NOTHINGS”, con una sorta di   operazione, in cui “i giochi di parole non sono solo un fatto ludico”, fine a se stesso, ma un’altra diversa possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti e  affidarsi all’invenzione e alla  creatività della parola, avvalorata anche  dalle collaborazioni attraverso dall’invio postale.

Nella parolaNothing” come nel collage di Jeff - scrive Coco Gordon - non c’è la lettera “I”, in cui sotto le dita del piede c’è scritto “Martin Friedman”,  a volte non scrive per tre volte la lettera “I”, oppure aggiunge “No I”  come quello spedito a  Chuck Welch. Nella mia personale esperienza con Ray  il "NO I “' l’aveva scritto in occasione della mia mostra alla CHA SOHO Gallery nel 1982 sull’invito all'opera trap per pianoforte, scrivendo su un piccolo foglietto di carta la parola “noihtng”, opponendola come regalo di compleanno per John Cage con 70 rossi pistacchi sanguinanti in carta sulla parete della Galleria. Forse provava a comunicare  nascostamente  la sua scomparsa con un “i” scrivendo “Noihtng” anche dietro la mia tshirt dicendo di  non perderla perché era molto importante… In questo modo nascosto  annunciava  già sommessamente agli amici la sua prematura scomparsa che poi realmente ha  realizzato  nel 1995 gettandosi in mare da un ponte a Sag Harbor, New York, e che la critica ha valutato come  ultima opera testimoniale e finale di questo importante artista americano.

Diceva Ray: “ho semplicemente dovuto accettare che per una necessità di vita ho scritto molte lettere e dato via molto materiale e informazioni, ed è stata una mia azione compulsiva, e mentre l'ho fatto, è diventato storia. È il mio curriculum, è la mia biografia, è la mia storia, è la mia vita”. I suoi progetti includono prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini formali, diceva: "sono interessato a cose e cose che si disintegrano o si disgregano, cose che crescono o hanno aggiunte, cose che nascono da cose e processi del modo in cui le cose mi accadono realmente. Secondo  Coco Gordon, “i suoi lavori non sono mai singole  operazione assestanti di mail art, ma nascono da piccole storie, da incontri  con le altre persone, da relazioni e  riflessioni  spontanee capaci di innescare  nuovi apporti e nuove azioni al pensiero creativo” dando così completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo di espressione  totalmente libero, al di fuori  di qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza  dal  mercato ufficiale dell’arte.

Spesso viene  associato al gruppo  Fluxus per il carattere  solitamente  minimal-concettuale dei suoi progetti; il gruppo Fluxus è stato un vivace movimento internazionale che  in quel periodo si distinse per una serie di azioni e interventi  a carattere neodadaista. Dobbiamo  segnalare che  Ray Johnson non ha mai fatto parte del  “Fluxus”,  ma ha comunque condiviso le  stesse problematiche e ”l’underground”  prettamente sperimentale con molti artisti di questo raggruppamento. Precursore  e convinto individualista. presenza enigmatica e nel contempo trasgressiva dell’arte contemporanea americana, nel 48, si era trasferito  a New York iniziando una produzione di opere geometriche  aderendo così  al  “Gruppo degli Artisti Astratti Americani”, per poi a metà degli anni '50 dedicarsi al collage, producendo centinaia di piccoli lavori che chiamò  "moticos", quasi una sorta di “Pop Art”  anticipatrice delle ricerche che a distanza di  qualche anno verranno messe in campo  con successo da Leo Castelli con il gruppo  storico americano. Non sappiamo  se era cosciente fino in fondo della portata innovativa e rivoluzionaria  che stava  apportando   all’interno dell’arte  . Oggi, a distanza di diversi anni ci appare uno dei personaggi più  originali e influenti,  e nel contempo, un  grande pioniere solitario dell’arte visuale, influenzando il futuro dell'arte e  divenendo altresì il punto di riferimento per  nuove generazioni di giovani artisti.  

Johnson ha sempre preferito lavorare su piccoli formati, precludendosi  così l’appoggio del grande mercato dell’arte ufficiale,  rifiutando  spesso di esporre o vendere il  proprio lavoro. Del resto,  il mercato dell’arte preferisce le grandi dimensioni e una produzione creata  appositamente per essere “mercificata” in senso commerciale, e quindi, poco interessato a tale situazione. Si direbbe,  una ricerca del tutto “trasversale” rispetto alle proposte svolte in quel periodo da altri autori, che accoglie diversi mezzi espressivi con interventi che di fatto hanno creato attrito come del resto ha fatto, quasi nello stesso periodo, anche Guglielmo Achille Cavellini in Italia utilizzando la scrittura, il comportamento,  la concettualità e persino l'ironia ben sapendo che  questa era l’unica strada possibile da percorrere. Ray, non amava tanto essere chiamato un mail artista, e neanche essere considerato il pioniere della  Mail Art, ma pensava di poter creare un nuovo gruppo  di lavoro “Pre Pop Shop”  tra Black Mountain e Pop Art. Secondo lui l’arte è vita, del resto, anche la parola “Moticos” utilizzata molto spesso deriva dalla parola osmotic, una specifica qualità caratterizzata da una reciproca influenza, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, atteggiamenti e realtà culturali, insomma, un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 29 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi  è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana.

 

Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno