domenica 15 febbraio 2009

LA POLEMICA IN CORSO






 Padula e l'Arte Contemporanea






La Certosa di San Lorenzo - Padula



LA POLEMICA A P/ARTE

“PADULA E LA CERTOSA
DEL GRANDE DOMATORE DI PULCI”



Dopo l’articolo di Rino Mele pubblicato su Cronache del Mezzogiorno il 5 luglio del 2009 e i due articoli da noi pubblicati sul nostro blog di Exibart, si accende improvvisamente a fine estate il dibattito sulla malaugurata questione della Certosa di Padula. Lo stesso Rino Mele confessa: “da alcuni anni la Certosa diventata spettacolo di se stessa, artificio luminoso, è stata occupata nella sua parte più nobile ed essenziale, quella che gira intorno al grande chiostro - le sue ventiquattro celle come le ventiquattro ore del giorno - dall’adolescenziale iattanza di un critico che, avendo permesso a molti suoi artisti di pensare in quelle celle le loro opere, decide di non muoverle più di lì, di mettere a queste opere piedi di pietra e d’infeudare quelle celle alla sua vanagloria”. Dopo Rino Mele è la volta del polemico Vittorio Sgarbi che se la prende giustamente con l’artefice di questa brutta storia, Achille Bonito Oliva, che con arroganza tutta sua, ha ridotto questo spazio storico noto per soddisfare il raccoglimento e la preghiera, ad un aggrovigliato e confuso deposito di opere d’arte d’avanguardia di poco valore. Dall’avvicinamento a Dio attraverso la preghiera e il silenzio si è passati a l’urlo meschino di un profanatore come è Achille Bonito Oliva, tipico menestrello salernitano, disposto a tutto purché possa mettere in mostra le sue doti di affabulatore di pulci. Il quotidiano Cronache del Mezzogiorno a firma di Peppe Rinaldi ha provato a chiedere recentemente un parere a Vittorio Sgarbi che come sua abitudine si è manifestato, con un fare alquanto indignato, dicendo: “pensavo fosse risolto il problema, è uno schifo affidare un posto così ad un magliaro”, riferendosi ovviamente al critico A. B. Oliva. Dopo Francesco Sisinni, Rino Mele e poi anche noi che avevamo evidenziato il fatto allo scopo di non farlo passare nel silenzio più totale, oggi, il problema della Certosa di Padula sta diventando un dibattito a carattere nazionale. Noi ne siamo contenti. ” L’anno scorso - aggiunge Sgarbi - facemmo un esposto contro quello scandalo, quello schifo, quella vergogna che stravolge un luogo come la Certosa concepito con un gran senso dell’ordine frutto di una secolare cultura ed ora rovinato dall’ incompetenza.”, e poi, “ la verità è che s’inquina un posto meraviglioso con prodotti di un mercato, tra l’altro singolare e grottesco”, riferendosi ai provvisori simulacri proposti da diversi artisti di area sperimentale. Con il caldo e l’afa di quest’estate, all’improvviso si accendono i riflettori su questa bella e grandiosa Certosa, forse per tentare di salvarla dalle grinfie feroci e indegne di questo avvoltoio e domatore di pulci poco rispettoso del passato e anche del nostro presente. Giovanni Bonanno




Dibattito: Bonito Oliva e la Certosa come dessert
Di Rino Mele
Pubblicato il 5 luglio 2009 in “Cronache del Mezzogiorno” (prima e terza di pagina)

Scrive Rino Mele: “ Ho appena letto l’intervista di Bonito Oliva pubblicata ieri da" La Stampa", a cura di Lea Mattarella. Bonito Oliva parla dl se, giovane, come fosse Leopardi, il borgo selvaggio che l’opprimeva, e gli dava il senso estremo del vuoto. L’ho incontrato in quegli anni - dal suo paese al mio puoi parlare solo gridando, tanto sono vicini, ...mangiavamo ogni domenica insieme ma non amavo giocare con lui, non sapeva giocare, solo vincere. Altro che Leopardi. Si nutriva, dice Rino Mele, allora del suo “io” esattamente come fa oggi, con l’incosciente voglia di creare un piccolo mito nel quale collocare la sua nevrosi di appartenenza divina”. Mele confessa di aver avuto un grande affetto e cara stima per Achille Benito Oliva, ” per la sua tagliente capacità analitica, il gusto dello spiazzamento, la capacità di mostrare le cose nello specchio capovolto dl una positiva negazione, ma non lo riconosco nell’intestardirsi in un cinismo che forse non gli appartiene e che lui esalta e dietro cui nasconde la sua anima vecchia e adolescenziale. E’ bravissimo, certo, e costruisce corridoi nuovi dell’arte, ma poi confonde se stesso con l’oggetto della sua ricerca, crede di essere la gioconda ma dimentica di farsi uno sberleffo, di mettere i baffi al suo cattivo sorriso. Intanto a Padula, proprio nei luoghi della sua infanzia - lui che certo non ha bisogno di nuovi spazi - si è divorato la Certosa” – aggiungiamo noi- da bravo e certosino costruttore di fantasmi napoletani.



Chi è Rino Mele?Rino Mele è nato a sant’Arsenio, Sa, il 4-2-1938, insegna Storia del Teatro nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Salerno. Ha avuto incarichi di supplenze in Storia della Critica, Comunicazione visiva. Sociologia della Letteratura, Retorica e Stilistica.
Tra i suoi libri, Morte a Venezia (K Teatro,1972), Ken Russell (La Nuova Italia,1975), Il teatro di Memè Perlini (Edizioni 10/17, 1978), Scena oscena. Rappresentazione e spettacolo (Officina edizioni,1983), La casa dello specchio. Modelli di sperimentazione nel teatro degli anni Settanta (Ripostes, 1984), La scacchiera del tempo (Taide, 1985), Il corpo e l'anima. Il teatro di Pirandello (Avagliano, 1990), Tropici di carta. La fotografia (10/17, 1991), Teatro anatomico (Avagliano,1992), Agonia (Avagliano, 1994), Via della stella (Avagliano, 1994), Separazione di sera (Sottotraccia, 1994), Il sonno e le vigilie (Sottotraccia, 2000), L'incendio immaginato (10/17, 2000) dedicato alla visione del mondo e alla morte per fuoco di Giordano Bruno, Il corpo di Moro (10/17, 2001), Una montagna aspra (Plecticà, 2002), Apocalisse di Giovanni (traduzione, saggio introduttivo, Il teatro di Dio, Edizioni 10/17, 2002), La lepre del tempo e l’imperatore Federico II (Sottotraccia, 2004).

Tra gli innumerevoli saggi pubblicati, da ricordare almeno Radiofonia, l'incantesimo organizzato (1984), Le sei visioni. Spazio narrativo e testo grafico (1987), Drammaturgia sanguinetiana (1991), Il grido del cieco (1992), Il mare muto di Seneca (1994), Il corpo nudo e la macchina (1995), Il teatro di carta. Pasolini (1995), La confessione e la scena, esercizi di retorica (1996), Illato lumine. Dalle incendiate tenebre di Ovidio al silenzio bianco della Mirra di Alfieri (1998), Le mani spezzate del teatro (2002), Album di famigla di Pirandello (2002), Dove può nascondersi un attore sulla scena? (2002), Le feci, il sangue e l’azzurro fuoco del Vesuvio (2006), Nel giallo della rosa sempiterna, sulla teatralità di Dante (2006), Sanguineti, le parole col volto di cose e l’universo in miniatura (2006).


LA POLEMICA
Padula e l’incertezza della Certosa

Ancora un altro appello sofferto da parte di Sisinni, ex dirigente generale del Ministero per i Beni Culturali contro le installazioni di Arte Contemporanea nella splendida Certosa di San Lorenzo di Padula, rispolverando l’antica e spinosa questione dell’uso inappropriato del complesso monumentale utilizzato, a suo parere, in modo improprio con mostre di arte dal fiato corto, come per esempio “Natura e Arte in Certosa: Ortus Artis e fresco bosco”, manifestazione ideata e curata da Achille Bonito Oliva, terminata l’ 8 gennaio 2009, occupando gli spazi interni e il suo parco secolare con sculture, opere pittoriche, fotografie, installazioni, performance, mettendo in scena eventi di grande spettacolarità teatrale poco confacente allo spazio espositivo utilizzato. Opere che per certi versi offendono la dignità di questo monumento celebre, profanato diverse volte con proposte “aculturali". Bisogna -dice Sisinni- restituire alla Certosa, (la più bella d’Europa) il suo vero valore, inoltre, auspica che il territorio di questa zona del Salernitano ritorni ad essere Lucano, infatti, da sempre Sisinni è favorevole ad un passaggio del Cilento e Vallo di Diano nei confini della Basilicata, tornando alla “Grande Lucania”, aggiungendo, “la Certosa ci appartiene”.

http://www.comune.padula.sa.it/davedere/certosa/certosa.htm


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Amo, per stupirti ti uso " Il Condom sul Crocifisso".





"Un'altra grande porcata al silicone"

Polemica a Napoli: “ Pan !!! per stupirti ti uso il Condom sul crocifisso “
Stato di emergenza, esposta un’altra pseudo arte contestata da eiculatio precocis.“Quando manca l'ispirazione artistica, si tenta di far parlare di sé anche con operazioni artistiche di pessimo gusto". E' il commento del sindaco di Napoli, Rosa Iervolino Russo parlando dell'opera esposta, un crocifisso velato da un condom, al museo Pan che ha suscitato aspre polemiche. Un pezzo bollato come «uno sconcio». L'assessore Oddati chiamato in causa si giustifica ingenuamente dicendo: sono del parere che un'opera d'arte non si giudica moralmente, come dice Achille Bonito. Caro B.O.A. Ormai troppi personaggi vivono nella completa confusione giustificando tutto ciò che si produce. L'opera incriminata si chiama "Sacred Love", creata da “XXXXXXXXXX XXXX” (per non fargli ulteriore pubblicità), nessuna censura, ma qui manca proprio l'arte, mentre regna sovrano il pessimo gusto.

Pan, primo piano, sezione Emergency Room. Qui, appoggiato al battiscopa c'è il crocifisso avvolto nel condom.Una immagine proiettata sulla parete, in un quadratino, a dieci centimetri di altezza dal pavimento. Eccolo il Cristo della discordia. L'opera intitolata «Sacred Love » quasi invisibile nel grande salone dedicato all'arte Emergenziale o all’ arte “abortista”partorita in tutta fretta e destinata a non sopravvivere, proprio perché manca la creatività e l’invenzione. Inoltre, al Pan vi sono esposte, sotto un cartello con una scritta «The more they are mentioned the more their powers multiply» (più lo dici più il potere aumenta» ci sono tre statue a grandezza naturale. Statue in gesso, come quelle che si vendono dai grossisti nei pressi dei cimiteri. C'è Padre Pio trasformato in uno degli «Incredibili », c'è la Madonna-Batman e c'è Gesù-Superman. Il pseudo artista napoletano di oggi, utilizza il video sia come medium privilegiato che come una delle possibili vie di elaborazione in termini estetici della realtà.

“ Sacred Love” è un’altra porcata creata sfruttando la religione e l’inganno. L’artista, per farsi pubblicità ha cercato di provocarci, ma l’arte non è provocazione ma visione e poetica personale. L’arte può essere ironica ma mai semplicemente polemica, perché denuncia la sua “impotenza” e l’impossibilità di svelarsi in senso compiuto. Questi sono i giovani artisti di oggi che sono stati allevati con la pubblicità, i pannolini sempre asciutti e una overdose al giorno di cartoni animati alla corte delle tivù commerciali e nazional-popolari; questi credono che basti utilizzare un preservativo per preservarsi. Sciocchezze, quando manca la poesia e la capacità di sognare nascono le riduttive provocazioni di oggi e le inutili brutture infantili di questi sedicenti burattinai da luna park.

Sandro Bongiani

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relitti ancora dimenticati in quella civilissima Parma.



Le sue opere sono presenti in molte piazze di Milano

Dopo un'esposizione in piazza Duomo nel 1974 le sculture di Carlo Ramous vennero danneggiate durante il trasporto. L'autore fece causa al Comune di Parma. Da 35 anni i relitti delle opere giacciono ancora abbandonati nei magazzini comunali in queste condizioni.





Carlo Ramous. è stato uno dei protagonisti dell’arte d’avanguardia italiana del Novecento come lo sono stati scultori come Arnaldo e Giò Pomodoro, Andrea e Pietro Cascella, Alik Cavaliere, Luciano Minguzzi, Marino Marini, Agenone Fabbri e il grande Francesco Somaini . Le sue opere sono esposte al Moma di New York, a Roma, a Venezia, in Giappone. Le sue forme in metallo abbelliscono piazza Miani e piazza della conciliazione a Milano, oltre ad altre numerose vie del capoluogo lombardo. Creazioni di Ramous anche negli ospedali di Pordenone e di Como e tante scuole in Italia. Sono da 35 anni, purtroppo, nei magazzini comunali di Parma diversi relitti ferrosi, quelle che furono un tempo sculture, giacciono ora abbandonati e ammassati in un’area all’aperto dietro il cimitero della Villetta. Dal 1974, quando un’esposizione di Ramous venne ospitata nel cuore della città ducale: in piazza Duomo vennero allestite, imponenti, alcune gigantesche strutture. Tra le pietre millenarie di cattedrale e battistero, forme metalliche da avanguardia , le uniche opere plastiche, che si integravano perfettamente con l’architettura Gotica della Piazza Duomo di Milano. Grandi sculture cariche di fascino e struggente bellezza; forse il periodo più importante e creativo di questo grande artista ancora non perfettamente considerato e valutato. Poi venne il momento di spostarle. Arrivarono le gru, le caricarono su appositi mezzi e le portarono ai magazzini comunali. Ma qualcosa andò storto: le sculture subirono danneggiamenti durante il trasporto. Non si sa di quale entità, ma l’autore considerò responsabile il Comune di Parma e intentò una causa contro l’amministrazione, chiedendo il risarcimento dei danni. Più di una volta mi parlò di questo scempio perpetrato alla sua scultura . La delusione diventava affronto, ingiustizia, inaspettata tristezza. Da allora sono passati 35 anni. Carlo Ramous , morto nel 2003, le sue opere, ancora, giacciono come relitti arrugginiti, considerati di alcun valore tra le erbacce del posto. Non si riconoscono più le singole sculture, in quell’ammasso di ferrivecchi. Purtroppo, non ho saputo come è finita questa triste storia. Sicuramente all’Italiana come tutte le cose che succedono in questo piccolo e malandato paese provinciale. Pensate, queste opere, oggi, potevano essere nei più grandi musei del mondo, come fanno sfoggio, per esempio, le opere di Calder, e si ritrovano abbandonate, mal ridotte e disconosciute , in attesa dell’ultimo viaggio in discarica o forse in fonderia.
L’ultimo omaggio che gli hanno dedicato risale al giorno della sua morte pubblicato sul il Corriere della Sera con un testo di Pierluigi Panza:
“ Dopo una lunga malattia è morto lo scultore Carlo Ramous. Nato a Milano il 2 giugno del 1926, aveva studiato al liceo artistico di Bologna e poi all' Accademia di Brera nella scuola di Marino Marini. La sua avventura artistica si è sviluppata in gran parte sotto la Madonnina, sebbene sue opere siano conservate anche al Moma di New York, a Roma, Venezia e in vari musei d' arte moderna in Italia. Con Pomodoro, Sassu, Cascella e Mirò fu tra i protagonisti della scultura italiana del Novecento. La sua prima personale risale al 1956, alla Galleria «Il Milione». Partecipò poi a Biennali di Venezia e Quadriennali di Roma. Nel 1972, in via Sassetti, costruì un parallelepipedo di granito sormontato da alcune bandiere di metallo brunito, simboli della vittoria per la libertà. E' «I caduti dell' Isola», monumento per i partigiani del vecchio quartiere. La scultura all' aperto più nota e riuscita resta «Il gesto per la libertà» di piazza Conciliazione: ben ideato, si giustappone linguisticamente alle facciate eclettiche dei palazzi. Realizzò poi «Il gesto della mano» in viale Marche, la «Finestra nel cielo» in piazza Miani e la «Ballata nel plenilunio» in via Forze Armate. Scolpì anche la facciata di alcune chiese e aveva progettato la nuova porta per il tempio civico di via Torino. Il suo sogno era che Milano gli realizzasse uno spazio museale.”

Il nipote dell'artista: "Ora le rivoglio"Il nipote dello scultore Carlo Ramous, che si occupa dell'opera dello zio, dice: "Avevo ormai rinunciato a cercarle, ore le rivorrei perché abbiano giusta collocazione". Sono sempre rimaste abbandonate nei magazzini comunali.

Antonio Ramous sta facendo una ricerca in Internet per trovare libri sull’opera di suo zio. E’ il nipote di Carlo Ramous, uno dei protagonisti dell’avanguardia artistica italiana del Novecento. Così, per caso, incappa in un articolo appena pubblicato su Repubblica Parma. E non crede ai propri occhi: le sculture di suo zio perdute da più di trent’anni, che aveva ormai rinunciato a cercare, sono state ritrovate. “Non potevo crederci, quando l’ho visto mi è andato il sangue il cervello. Ma non sto incolpando nessuno – dice Antonio Ramous, violoncellista che vive a Roma e si occupa della tutela dell’arte dello zio - E’ solo che sono anni che le cerco e ho sempre sbattuto contro un muro di gomma. Nessuno aveva idea di dove fossero, ho contattato davvero un sacco di persone. Tutti gli assessori, in completa buona fede, mi dicevano che se ne erano occupate le giunte precedenti. Alla fine, ci avevo davvero rinunciato”. Ma come è possibile che gigantesche strutture in metallo siano cadute nell’oblio? Nel 1974. Il Comune di Parma organizza un’esposizione di Carlo Ramous in piazza Duomo, dove vengono esposte grandi sculture di metallo poste su pesanti piedistalli di cemento. Poi, qualcosa va storto e nasce un contenzioso tra l’artista e l’amministrazione comunale. Le versioni sulle cause sono discordanti: c’è chi ricorda che le sculture avessero subito danneggiamenti durante il trasporto e per questo Ramous avesse chiesto il risarcimento dei danni.

Carlo Ramous è morto nel 2003. Negli ultimi cinque anni il nipote Antonio e la curatrice dell’opera dell’artista hanno cercato in ogni modo quelle sculture che sapevano disperse a Parma. “Tutto inutile, non c’è stato verso – dice Antonio – adesso che le avete trovate vorrei riaverle. Ora tornerò alla carica . Sia chiaro, voglio solo che quelle sculture abbiano la giusta collocazione, che sia riconosciuto il loro valore, che non rimangano lì abbandonate. Mi piacerebbe che venissero restaurate e magari esposte proprio a Parma. Certo, una grande mostra a Parma, potrebbe essere il giusto modo per farsi perdonare . Sicuramente, si dovrà fare qualcosa per far conoscere meglio questo grande artista al grande pubblico dei non addetti ai lavori, perchè, Ramous è una delle figure più importanti nel panorama internazionale della scultura moderna.
Giovanni Bonanno

L'OPERA SCELTA PER VOI




LA PALA D'ALTARE PETROBELLI
San Michele, Blanton Museum di Austin


Paolo Veronese: La pala d'altare Petrobelli.



Il Caso:
” L’arte tagliata a pezzi come carne da macello ”
Alla Lisson Gallery, dopo più due secoli viene riunita una Pala del Veronese

Dal 10 febbraio al 3 maggio 09 in una mostra allestita alla Dulwich Picture Gallery di Londra è possibile visitare e ammirare ( per la prima volta dal 1780), un dei più importanti lavori del grande Paolo Veronese, la Pala Petrobelli, opera dipinta per i fratelli Petrobelli dall’artista veneto attorno al 1565. la Pala, era stata portata fuori dall’Italia durante le guerre napoleoniche e poi, sciaguratamente fatta a pezzi e divisa in quattro parti. Un pezzo era finito alla National Gallery di Edimburgo, una alla National Gallery di Ottawa, una alla Dulwich Gallery di Londra. L’ultima è stata la raffigurazione di San Michele (foto) conservata al Blanton Museum di Austin. Questa è l’occasione giusta per vedere l’opera tutta intera e ricomposta come prima.


San Michele





















LA PALA PETROBELLI DI PAOLO VERONESE RICOSTRUITA




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IL CRISTO VELATO DI G. SANMARTINO



Napoli/ Il Museo Cappella Sansevero
Cristo velato






MUSEO CAPPELLA SANSEVERO
Riapre la Cappella Sansevero



Situato nel cuore del centro antico di Napoli, il Museo Cappella Sansevero è un gioiello del patrimonio artistico internazionale. Creatività barocca e orgoglio dinastico, bellezza e mistero s’intrecciano creando qui un’atmosfera unica, quasi fuori dal tempo.



Tra capolavori come il celebre Cristo velato, la cui immagine ha fatto il giro del mondo per la prodigiosa “tessitura” del velo marmoreo, meraviglie del virtuosismo come il Disinganno ed enigmatiche presenze come le Macchine anatomiche, la Cappella Sansevero rappresenta uno dei più singolari monumenti che l’ingegno umano abbia mai concepito.






Chi è l'autore dell'opera?


Giuseppe Sanmartino (Napoli, 1720Napoli, 1793) è stato un scultore italiano
è una delle maggiori personalità artistiche del Settecento italiano, ricordato principalmente per il Cristo velato, scultura in marmo realizzata nel 1753 per la cappella dei principi di Sangro di Sansevero a Napoli, Santa Maria della Pietà, meglio nota come Cappella Sansevero o "Pietatella". Capolavoro della scultura europea del Settecento (tanto che Antonio Canova avrebbe voluto esserne l'autore), la statua rappresenta Cristo che giace esanime su un giaciglio e poggia il capo su due cuscini; il suo corpo appare mirabilmente velato da un tessuto finissimo (da cui il nome della scultura), talmente ben reso da non sembrare scolpito nel marmo ma reale. La magistrale resa del velo, che si deve al virtuosismo fuori del comune dell'artista, ha nel corso dei secoli dato adito ad ipotesi, popolari e non (e comunque non verificate), secondo cui il principe committente, il famoso scienziato e alchimista Raimondo di Sangro, avrebbe insegnato allo scultore la calcificazione del tessuto in cristalli di marmo.




VISITA IL MUSEO CAPPELLA SANSEVERO

-Visita il Museo
http://www.museosansevero.it/cappellasansevero.html

-Photo Gallery
http://www.museosansevero.it/photogallery.html

-Web Tv
http://www.museosansevero.it/webtv.html

Museo Cappella SanseveroVia Francesco De Sanctis, 19/2180134 – NapoliTel./fax: +39 081.5518470

(info@museosansevero.it
http://www.museosansevero.it/





IL DIBATTITO IN CORSO

















IL DIBATTITO IN CORSO

Il Mercato, l’arte e gli artisti mancati

L’ultima idea geniale del momento è di Charles Saatchi, quella di cercare il prossimo artista da scoprire attraverso un reality show sulla Bbc il nuovo Michelangelo dalla trovata a tutti i costi, dopo il decadente imbalsamatore in formaldeide (Damien Hirst) e il ludico lunaparchista Jeff Koons, che dubitiamo assai sull’intensità e la profondità del lavoro prodotto in questi anni, ma completamente d’accordo sulle grandi qualità manageriali di questi due personaggi, visto che con oggetti poco significativi e decisamente banali arrivano a venderli a suon di milioni di euro, (16 per l’esattezza per J. Koons). Non male. Anche Damien Hist con il vitello d’oro, “The Golden Cald” che consiste in un esemplare di vitello immerso nella formaldeide, incoronato da un cerchio d’oro massiccio, con le corna e gli zoccoli gettati nell’oro a 18 carati, incassato in un acciaio senza macchia e placcato in oro e scatola di vetro. Venduto il 16 settembre a Londra a 13 milioni, prima della controversa mostra a Versailles. Certamente il vitello d’oro è per chi l’ha venduto e non per l’acquirente. Hirst, alcuni mesi prima di questa crisi finanziaria aveva capito qualcosa più di noi e si era fatto programmare in tutta fretta una mega asta di oltre 200 opere, incassando 111 milioni di sterline, vendendo gran parte dei cadaveri in mostra. Di certo aveva capito che la situazione stava cambiando e che non si potevano più ottenere prezzi eccessivi come prima. Ormai siamo in piena emergenza, la crisi economica sta disarmando quasi tutti, credo che non ci sarà più un mercato dell’arte drogato. Il mercato dell’arte per diversi anni è stato come quello finanziario; corrotto, adulterato, senza regole e spesso con proposte deboli. Un’arte programmata , nata morta che la propaganda e la pubblicità l’ha resa attraente e desiderabile, proprio come certe donnine di strada che vanno a battere con il vestito della festa. Anche i curatori, (curatori e non più critici) e i media, si sono comportati in questi anni pressappoco come certe società finanziarie che oggi si trovano al tracollo e grattano ossessivamente i rimasugli del barile. Per anni, si è omesso volutamente la vigilanza dei prodotti artistici, di controllare cosa si produce e se sono di qualità; tutti erano d’accordo, galleristi, curatori e collezionisti. Direi una grande famiglia di idolatri votati al vitello d’oro. In questi anni questa macchina infernale ha triturato di tutto e dal niente ha prodotto ricchezza e potere. Ora con la crisi si ritorna a qualche decennio prima, alla selezione e il controllo del mercato, (si spera), un mercato più interessante rispetto a quello sclerotizzato di alcuni mesi fa. Robert Hughes nei suoi “Art essay” trasmessi da Channel 4 ha attaccato Hirst, accusandolo per il suo lavoro alquanto banale e anche per un rapporto fittizio e superficiale con la natura, affermando che le opere di questo pseudo artista sono state gonfiate in modo esagerato allo scopo di produrre ricchezza, perché le sue trovate, non sono opere ma semplici carcasse di animali già nate morte e che stanno letteralmente marcendo nella putrida formaldeide . Hughes, non se la prende soltanto con l’artista/mercante di se stesso (Hirst). Di sicuro, questo sarà un anno difficile, l’anno cinese della mucca e non proprio della mucca pazza, sicuramente problematico e incerto, ma farà emergere i veri valori che ci sono in campo e la qualità dell’opera che prevarrà di certo sulle trovate e sui successi effimeri del momento. E’ proprio nei periodi di recessione e di povertà che i migliori artisti emergono prospettando visioni nuove che in prospettiva si consolideranno vincenti.

Quali saranno gli artisti che emergeranno?
Saranno, forse quelli “di partito preso” che invocano ripetutamente il ritorno alla pittura o quelli che ripetono formule e visioni già collaudate, e poi, emergerà un nuovo grande artista come auspica C. Saatchi, visto che da qualche anno ne siamo orfani, ovvero, ci sarà un altro grande P. Picasso che catalizzerà l’attenzione e metterà a scompiglio il sistema dell’arte, e inoltre, sarà in grado di attivare campi di ricerca ancora non indagati? Già qualche rampante gallerista, fa dei nomi di possibili e futuri nuovi personaggi dell’arte. Noi, stiamo con i piedi per terra, aspettando giustamente di vedere ciò che faranno gli stessi artisti. Anche Massimiliano Gioni, curatore degli eventi della Fondazione Trussardi di Milano è convinto che in questo periodo di austerity planetaria ci sarà un ritorno; non alla pittura ma ai materiali poveri, che secondo lui, ben rappresentata dalle sculture viventi fatte di soli gesti di Tino Sehgal, la crisi della finanza immateriale rappresentata da un’arte ovviamente immateriale. Noi non siamo completamente daccordo con Gioni, non siamo per un ritorno alla pittura e alla figurazione se nasce dal recupero nostalgico, come non siamo disposti ad assecondare in senso estremistico l’improvvisazione tout court e la provocazione più bieca. La convinzione che abbiamo è che se non si ha niente da dire, se non vi è alla base del lavoro un bisogno personale e una nuova visione di ricerca, ciò che si fa diventa inutile e sarà relegato nella peggior pattumiera tutto ciò che di stupido e di banale abbiamo prodotto. Sandro Bongiani