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lunedì 4 agosto 2025

Retrospettiva di Caroline Demangel, “Indagare l’emozione tra impulso e tensione visionaria”.

 Caroline Demangel, “Indagare l’emozione tra impulso e tensione visionaria”

SANDRO BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA   

Mostra Retrospettiva di Caroline Demangel

Dal 2 al 30 agosto 2025

56 opere del periodo 2011-2022


 

Dopo la retrospettiva dell’artista indonesiano Noviadi Angkasapura, continua  il ciclo di mostre dedicate all’Art Brut proponendo questa volta un’artista outsider francese come Caroline Demangel che pare rievocare un insolito mondo sommerso di entità figurative umane caratterizzate da grovigli e da intensi colori che toccano le corde emotive più profonde dell’animo umano, catturano e nel contempo  ingannano lo sguardo lasciando un intrigante dubbio di ciò che siamo. Caroline Demangel è un’artista autodidatta e non ha alcuna formazione artistica, nata nel 1972 a Remiremont, nei Vosgi, in Francia. Attualmente vive a Parigi. Ha iniziato a disegnare nel 2008 durante un ricovero in ospedale in cui l'arteterapia gli fece scoprire mondi inesplorati, spazi incontaminati in cui poter raccordare la realtà  con emotività dell’essere. Sedici anni dopo Demangel si è dedicata totalmente alla pittura come se la sua vita dipendesse da questo.

Il suo indagare è caratterizzato da un assiduo lavoro di scavo in profondità, alle origini in cui raccogliere tracce di memorie personali dell’infanzia disvelate con il disegno e la pratica della pittura. Un viaggio davvero solitario e profondo  nei ricordi e nelle emozioni a lungo dimenticate. Una sorta di primordiale ‘work in regress’, ovvero, interrogare l’origine delle cose e regredire in un’epoca in cui il concetto di futuro e di progresso appare sempre più fragile e labile l’opera di Demangel rileva margini di riflessione e di lettura alternativa rispetto alla realtà monotona  del nostro presente. Un impulso davvero forte, insistente e oscuro  che suggerisce corpi, grovigli di segni, viscere e persino parole scritte che si raccordano nello spazio visionario della rappresentazione e che fa lievitare in superficie  presenze sospese e sovrapposte che si aggregano e si sdoppiano nello spazio  prossime al cambiamento.

Da questo mondo oscuro  sono nati nel tempo, attraverso il pastello e l'acrilico, personaggi  inascoltati carichi di un malessere che si fa sempre più presenza ossessiva. Una espressione  e una visionarietà davvero forte e ignota che raccoglie e aggrega frammenti di emozioni come la rabbia, la paura e altresì come atto urgente di riflessione sulla nostra precaria e monotona esistenza caratterizzata dall’incomunicabilità ormai diffusa e dirompente  destinata a una tragica solitudine. L’arte è sempre lo specchio della vita, quella autentica raccoglie frammenti di battiti  e di emozioni contraddittorie di verità nascoste, di pulsazioni primordiali e di  conflitti interiori che l’occhio spesso non vede. Questa è la riflessione straordinaria e profonda che accoglie il visitatore in questo secondo appuntamento espositivo presso la galleria Sandro Bongiani Vrspace.

  


La presentazione di Sandro Bongiani

Retrospettiva di Caroline  Demangel, “Indagare l’emozione tra impulso e tensione visionaria”. Presentazione di Sandro Bongiani, Salerno 9 luglio 2025

Dopo la retrospettiva dell’artista indonesiano Noviadi Angkasapura, continua  il ciclo di mostre dedicate all’Art Brut proponendo questa volta un’artista outsider francese come Caroline Demangel che pare rievocare un insolito mondo sommerso di entità figurative umane caratterizzate da grovigli e da intensi colori che toccano le corde emotive più profonde dell’animo umano, catturano e nel contempo  ingannano lo sguardo lasciando un intrigante dubbio di ciò che siamo.

Per Caroline Demangel, l’amore per l’arte è nato per caso, un incontro folgorante, nato per urgenza intorno al 2008  durante un ricovero ospedaliero in cui l'arteterapia  gli fece scoprire mondi inesplorati,  spazi incontaminati in cui poter raccordare la realtà  con emotività dell’essere. Ci confessa: "Quando sono stata recentemente (ri)coverata, i pazienti, con tutte le loro stranezze e idiosincrasie mi hanno ispirata profondamente senza che nemmeno me ne rendessi conto” – aggiungendo –    durante i mesi successivi a questa scoperta mi sono costantemente isolata per rivivere e materializzare visioni che non avrei potuto immaginare un secondo prima.”  Una sorta di regressione e un ritorno alle origini che non è fuga nostalgica ma  riflessione critica. Un ricercare di  mondi diversi rispetto la realtà oggettiva e monotona  del nostro presente. Si direbbe un assiduo lavoro di scavo in profondità in cui raccogliere tracce di memorie personali dell’infanzia disvelate con il disegno e la pratica della pittura. Un viaggio davvero solitario e profondo  nei ricordi e nelle emozioni a lungo dimenticate. Una sorta di primordiale ‘work in regress’, ovvero, interrogare l’origine delle cose e regredire in un’epoca in cui il concetto di futuro e di progresso appare sempre più fragile e labile l’opera di Demangel ricerca una forma espressiva di resistenza simbolica lasciatoci margini di riflessione e di lettura alternativa al nostro inquieto presente.

Da questo mondo oscuro  sono nati nel tempo, attraverso il pastello e l'acrilico, personaggi inascoltati carichi di un malessere che si fa sempre più presenza ossessiva. Per Demangel rappresentare i personaggi figurativi sono sempre molto importanti perché le permettono di non sentirsi sola. Insomma, é come creare una presenza, un altro sé, un doppio che possa farle anche compagnia. il disegno per lei è un mezzo perfetto che le permette di catturare gli stati d'animo e l’emozioni fugaci  di esseri che si intrecciano tra loro, si duplicano creando  molteplici associazioni e sfaccettature che permettono di far affiorare in superficie nascoste emozioni e le contraddizioni che si raccordano con il presente inquieto  della vita. Infatti, quando disegna o dipinge vi è in lei qualcosa di insolito e trascendente che le permette di connettersi con un altrove, al di fuori del reale e del visibile. Un impulso forte, insistente e oscuro  che suggerisce corpi, grovigli di segni, viscere e persino parole scritte che si raccordano nello spazio visionario della rappresentazione. Una espressione  davvero potente e ignota  che fa lievitare in superficie  presenze solitarie aggrovigliate e sovrapposte che si aggregano e si sdoppiano sospese nello spazio e  prossime al cambiamento. Sospensione e trascendenza caratterizzano da sempre il suo lavoro di ricerca con frammenti di ricordi che per strano sortilegio affiorano improvvisamente in una accumulazione visionaria  apparentemente caotica e in verità accorta e struggente di presenze leggere e insostanziali che  occupano lo spazio assorto della rappresentazione.

Caroline Demangel indaga l’esistenza inquieta dell’uomo attingendo alla sfera emotiva e simbolica con presenze in rapido e contraddittorio mutamento  come i pensieri lungamente inascoltati che tentano di associarsi per definirsi in figure e in scenari del tutto innaturali. Un groviglio di linee e stesure piatte di colore fortemente espressive, tramutate nell’indeterminatezza e sospensione in presenze beffarde in cui spicca la deformazione espressiva e caricaturale dei corpi, la presenza assidua delle mani e dei piedi, caratterizzate da un’ossessione urgente quasi violenta e ignota. Una  visionarietà che raccoglie e aggrega frammenti di emozioni come la rabbia, la paura e altresì come atto di riflessione profonda sulla nostra precaria e inquieta  esistenza caratterizzata dall’incomunicabilità ormai diffusa destinata a una tragica solitudine.

Chissà se gli insetti quando dormono hanno la capacità di sognare? L'arte dell’uomo é un potente strumento per esplorare la memoria e l'immaginazione, tuttavia, solo gli artisti con la loro creatività hanno la possibilità di evocare emozioni e ricordi attraverso il loro vissuto, trasportarci in mondi nuovi e farci rivivere esperienze di mondi unici. È come se avessero una chiave assoluta per accedere a dimensioni diverse della realtà. L’arte è sempre lo specchio della vita, quella autentica, sa raccogliere frammenti di battiti  d’ali  e di emozioni, di verità nascoste, di pulsazioni primordiali e di  conflitti interiori che l’occhio spesso non vede. Questa è la riflessione straordinaria e profonda che accoglie il visitatore in questo secondo appuntamento espositivo presso la galleria Sandro Bongiani Vrspace. 

 

Biografia di Caroline Demangel


Caroline Demangel è nata nel 1972 a Remiremont, nei Vosgi, in Francia. Ha iniziato a disegnare nel 2008 durante un ricovero ospedaliero. L'atto di creare arte le ha dato una nuova libertà di espressione creativa ed emotiva. Demangel racconta quanto segue: Quando sono stata recentemente (ri)ricoverata, i pazienti, con tutte le loro stranezze e idiosincrasie, mi hanno ispirata profondamente senza che nemmeno me ne rendessi conto. I personaggi figurativi sono sempre molto importanti per me, perché mi permettono di non sentirmi sola. Ad esempio, creo un "uomo in piedi", un po' come creare una presenza, un altro sé, un amico, un doppio. Anche la messa in scena nel mio lavoro è molto importante. Si tratta di ballare a ritmo di musica e, a seconda del ritmo, lasciarla prendere il sopravvento fino a trovare il gesto giusto. L'opera mi aiuta molto. È anche una questione di messa in scena materiale, poiché la disposizione ordinata di matite, pastelli e tubetti acrilici è importante per me. Perché più di ogni altra cosa, c'è l'impulso, che non può essere preparato, non può essere intellettualizzato, non può essere espresso a parole e non può essere rappresentato in alcun modo. C'è l'urgenza e la necessità del linguaggio pittorico, una sorta di ribambelle (moltitudine) di segni, nodi, viscere, nuclei (l'interno del corpo è molto presente) e a volte mi vengono parole che si frappongono tra il foglio e me, chiedendomi di inscriverle. Quando lavoro, c'è davvero qualcosa di trascendente, qualcosa di "più grande di me", un grande spirito che permette il gesto "perfetto", giusto. Mi connetto a ciò che non conosco altrove, al di fuori del luogo di lavoro, e questo mi guida. A volte ho l'impressione di realizzare un'opera che non proviene interamente da me. Un messaggio da recapitare. Sedici anni dopo, nonostante le battute d'arresto, Demangel ha continuato a dipingere come se la sua vita dipendesse da questo. Il disegno è per lei un mezzo perfetto, che le permette di catturare stati d'animo e stati d'animo, anche fugaci. I personaggi si intrecciano, si duplicano. Le sue linee creano molteplici sfaccettature, portando in superficie emozioni spesso contraddittorie contemporaneamente. Le immagini, ricche di colori, producono scintille e si impongono con un'espressione libera e potente.

Caroline Demangel espone regolarmente alla Galleria Polad-Hardouin di Parigi e alla Galleria Cavin-Morris dal 2015. Le sue opere sono state esposte alla Halle St. Pierre di Parigi e sono state incluse in dRAW, una mostra di Intuit organizzata da Jan Petry nel 2015


Si ringrazia l’Archivio personale di  Caroline Demangel di Parigi  per aver permesso per la prima volta in Italia  la realizzazione di questa  importante retrospettiva che riassume con 56 opere  12 anni di assiduo lavoro  (2011-2022).

 

 

 

 


Sandro Bongiani Vrspace

Opening  sabato 2 agosto 2025  h. 18:00

EVENTO:  Retrospettiva dal 2 al 30 agosto 2025

TITOLO: Caroline Demangel “Indagare l’emozione tra impulso e tensione visionaria”

LUOGO: Salerno (Italy).

CURATORI:  Sandro  Bongiani

 

INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D – Salerno

 

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

 

SITO UFFICIALE: https://www.sandrobongianivrspace.it/

 

 

venerdì 28 giugno 2024

Salerno / Ryosuke Cohen, “Attesa tra relazione e partecipazione condivisa” Spazio Ophen Virtual Art Gallery

 Comunicato Stampa

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

RYOSUKE  COHEN

“Attesa tra relazione e partecipazione condivisa

 

 

a cura di Sandro  Bongiani

Dal  3 luglio 2024 al 10 agosto 2024

Inaugurazione:  Mercoledì  3 luglio  2024, ore 18.00

 

 


Pavilion Lautania Valley / Stranieri Qui e Altrove - 

Foreigners Here And Elsewhere

Mostra Personale di Ryosuke Cohen  Attesa tra relazione e partecipazione condivisa

A cura di Sandro Bongiani in collaborazione con l’Archivio Ryosuke Cohen di Ashiya-City Hyogo - Giappone.

La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea, dopo la retrospettiva dell’artista americano  pre-pop Ray Johnson, e la retrospettiva di Guglielmo Achille Cavellini è lieta di inaugurare  in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque  la mostra personale dal titolo: “Attesa tra relazione e partecipazione  condivisa”.dell’artista giapponese Ryosuke Cohen.

Una mostra a cura di Sandro Bongiani  in contemporanea con la  60. Biennale di Venezia 2024, incentrata  sul tema  dello straniero ovunque. Una sorta di rilettura delle proposte in atto presentate per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley. Quella di Ryosuke Cohen,  è un’altra proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale. Vengono presentate per l’occasione 69 opere Brain Cell Coronavirus eseguite dall’artista giapponese tra il 2020 e il 2022.

 

Un progetto che nasce   da una costola dei “Brain Cell” iniziato nel 1985, quasi   quarant’anni fa. L’idea fondante è stata nell’assenza dell’essere di una positiva e fattiva connessione umana  tra artista e opera atta a riflettere  sul tormentato momento Covid tra attesa e distanziamento forzato che il virus Coronavirus ha imposto per qualche interminabile anno al mondo intero cercando di far riflettere sul concetto di partecipazione e condivisione da parte degli artisti relegati duramente a vivere in una  quarantena forzata.

Nell’assenza di un contatto e di una relazione fisica con l’altro  l’invio postale ha fornito agli artisti l’opportunità di comunicare, ciascuno secondo il suo particolare pensiero e sofferenza il proprio punto di vista, con un’esperienza unica che si riconcilia al raccordo d’insieme che fa Cohen nell’elaborazione finale dell’opera. Quello che ha fatto Ryosuke Cohen per due anni è  assemblare pazientemente i pensieri degli artisti e riunirli  ogni 10/15 giorni sotto un unico tetto collettivo.

Partecipazione,  provvisorietà  e condivisione sono le cose che da tempo interessano Cohen, sono il segno distintivo che caratterizzano anche queste 69 opere. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’orchestrazione  e la grande capacità  di un artista come Cohen capace di correlare le urgenze e i diversi momenti del vivere ora  cristallizzate in un canto corale, sotto lo sguardo vigile e partecipe dell’artista giapponese.

Nonostante le ristrettezze imposte, l’artista ci vuol far riflettere sul potere dell’arte come forza propulsiva e collettiva capace di generare un insieme poetico. Cohen è oggi l’artista contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e di intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un “fare” diventando regista di un intervento provvisorio che nasce  dal contributo degli altri e  si materializza  nella collaborazione collettiva in cui tutti possono partecipare ed essere positivamente coinvolti. Le varie stampe del progetto Brain Cell realizzate da Cohen non  possono essere considerate opere “finite”, intese come opere che si completano nella realizzazione della copia grafica, ma di un’opera caratterizzata dall’indeterminatezza e provvisorietà del proprio esistere insito nel suo DNA. 

Di certo, se  il risultato finale di ogni stampa fosse  davvero “un’opera compiuta”,  credo che Cohen smetterebbe  di colpo  di realizzare altre copie di “Brain Cell”, proprio perché svuoterebbe pesantemente il senso e la filosofia generatrice di questa  particolare pratica artistica.  Nelle  opere  presenti a questo evento vi è una sorta di naturale senso di leggerezza e di sospensione che per la cultura giapponese  è un elemento distintivo pregno di significati simbolici nascosti: la presenza, il vuoto (ku),  lo spazio (ma), l’incompletezza indefinita, sono concetti profondamente radicati  nella spiritualità orientale,  tra  buddismo e il pensiero zen e anche il "trait d'union" in cui  viene concepita espressamente questa inedita e particolare esposizione. 

Si ringrazia l’Archivio Ryosuke Cohen di Ashiya-City Hyogo (Giappone) per la fattiva collaborazione alla realizzazione in Italia di questo importante evento.

 

 

BIOGRAFIA  DI RYOSUKE  COHEN  

 


Ryosuke Cohen, nato nel 1948, Osaka, in Giappone. Il nome della famiglia è Kouen  ma su consiglio di Byron Black, ha adottato  il nome  inglese  'Cohen' come in ebraico. Cohen scoprì la mail art in Canadà.  Ryosuke è il figlio di un noto scrittore di haiku in Giappone, Jyunichi Koen. I primi lavori di Cohen sono il risultato di un misto di tradizione e immaginario giapponese, numeri  e icone contemporanee  così com’è la sua firma, la lettera "C". L’artista giapponese per lungo tempo è stato interessato al movimento  Dada e Fluxus,  in contatto con Shozo Shimamoto e i membri del gruppo Gutai  condividendo in modo spontaneo e naturale un nuovo modo di fare arte contemporanea. Ryosuke non è il primo artista postale e marginale giapponese, ma sicuramente è l’autore giapponese più interessante  oggi nel network internazionale.  Dopo Ray Johnson e  Guglielmo Achille Cavellini, anche Ryosuke Cohen  rimette  ancora una volta in gioco le carte della sperimentazione in  un sistema culturale antiquato che preferisce l’opera creata appositamente per essere mercificata. Lo fa  proponendo un particolare suo progetto “Brain Cell” (Cellula celebrale), iniziato nel giugno 1985 con  migliaia di membri  sparsi in oltre 80 paesi.  Un lavoro che raccoglie  ogni 7-10 giorni circa le immagini di tanti artisti su un'unica pagina allegando un elenco di indirizzi di collaboratori, 55 in media per opera, che lo ha visto coinvolto per tanti anni.  Nell’agosto 2001 ha iniziato in Italia  il progetto “Fractal Portrait”, facendo ritratti e silhouette del corpo ai suoi amici artisti in occasione dei  vari Meeting   svolti in diverse parti del mondo; Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Irlanda del Nord, Spagna, Jugoslavia, Germania, Olanda, Corea, Italia e Francia.  Cohen è l’artista contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e di intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un “fare” diventando regista di un intervento provvisorio,  che nasce  dal contributo degli altri e  si materializza insieme  nella collaborazione collettiva in cui tutti possono partecipare ed essere positivamente e  appassionatamente coinvolti nella  creazione dell’opera,   rifiutando l’opera unica e concetti  consueti come l’originalità e quindi, preferendo maggiormente il gioco, la ricerca  e la libertà concreta dell’artista volutamente collocato ai margini dell’attuale sistema culturale. Per questo modo di fare, egli è il più  interessante e attivo artista nella rete di chiunque altro per la capacità organizzativa del progetto e per la diffusione capillare dell’arte marginale. In quasi 40 anni di lavoro ha esposto con mostre e svolto performance  e incontri  in diverse aree geografiche del  mondo. Vive a Ashiya-City Hyogo in Giappone.

 

Le opere:

 








Pavilion Lautania Valley 

“Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation Everywhere”

Mostra n°3 / Personale di Ryosuke Cohen

Attesa tra relazione e partecipazione condivisa

Presentazione di 69 opere Coronavirus eseguite tra il 2020 e il 2022 

con un testo critico di Sandro Bongiani

da mercoledì 3 luglio al 10 agosto 2024

Salerno, opening  Venerdì  3 luglio 2024  ore 18:00  

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

In collaborazione con l’Archivio Ryosuke Cohen di Ashiya-City Hyogo, (Giappone)

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39  3937380225

Ufficio Stampa Archivio Ophen Virtual  Art di Salerno 

Credits: Archivio Ryosuke Cohen - Giappone

 

 


Ryosuke Cohen, “Attesa tra relazione  e partecipazione condivisa”

Presentazione  a cura di Sandro Bongiani 

Salerno, 10 giugno 2024

 

Una mostra a cura di Sandro Bongiani  in contemporanea con la  60. Biennale di Venezia 2024, incentrata  sul tema  dello straniero ovunque Una sorta di rilettura delle proposte in atto presentate per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley.

Quella di Ryosuke Cohen,  è un’altra proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale. Vengono presentate per l’occasione tutte le 69 opere Brain Cell Coronavirus eseguite dall’artista giapponese tra il 2020 e il 2022. Un progetto che nasce da una costola dei “Brain Cell” iniziato nel 1985, quasi   quarant’anni fa. L’idea fondante è stata nell’assenza dell’essere di una positiva e fattiva connessione umana  tra artista e opera atta a riflettere  sul tormentato momento Covid tra attesa e distanziamento forzato che il virus Coronavirus ha imposto per qualche interminabile anno al mondo intero cercando di far riflettere sul concetto di partecipazione e condivisione da parte degli artisti relegati duramente a vivere in una  quarantena forzata.

Nell’assenza di un contatto e di una relazione fisica con l’altro  l’invio postale ha fornito agli artisti l’opportunità di comunicare, ciascuno secondo il suo particolare pensiero e sofferenza il proprio punto di vista, con un’esperienza unica che si riconcilia al raccordo d’insieme che fa Cohen nell’elaborazione finale dell’opera. Quello che ha fatto Ryosuke Cohen per due anni è  assemblare pazientemente i pensieri degli artisti e riunirli  ogni 10/15 giorni sotto un unico tetto collettivo.

Partecipazione,  provvisorietà  e condivisione sono le cose che da tempo interessano Cohen, sono il segno distintivo che caratterizzano anche queste 69 opere. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’orchestrazione  e la grande capacità  di un artista come Cohen capace di correlare le urgenze e i diversi momenti del vivere ora  cristallizzate in un canto corale, sotto lo sguardo vigile e partecipe dell’artista giapponese”.

Nonostante le ristrettezze imposte, l’artista ci vuol far riflettere sul potere dell’arte come forza propulsiva e collettiva capace di generare un insieme poetico. Cohen è oggi l’artista contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e di intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un “fare” diventando regista di un intervento provvisorio che nasce  dal contributo degli altri e  si materializza  nella collaborazione collettiva in cui tutti possono partecipare ed essere positivamente coinvolti. Le varie stampe del progetto Brain Cell realizzate da Cohen non  possono essere considerate opere “finite”, intese come opere che si completano nella realizzazione della copia grafica, ma di un’opera caratterizzata dall’indeterminatezza e provvisorietà del proprio esistere insito nel suo DNA.  

Di certo, se  il risultato finale di ogni stampa fosse  davvero “un’opera compiuta”,  credo che Cohen smetterebbe  di colpo  di realizzare altre copie di “Brain Cell”, proprio perché svuoterebbe pesantemente il senso e la filosofia generatrice di questa  particolare pratica artistica.  Nelle  opere  presenti a questo evento vi è una sorta di naturale senso di leggerezza e di sospensione che per la cultura giapponese  è un elemento distintivo pregno di significati simbolici nascosti: la presenza, il vuoto (ku),  lo spazio (ma), l’incompletezza indefinita, sono concetti profondamente radicati  nella spiritualità orientale,  tra  buddismo e il pensiero zen e sono anche il "trait d'union" in cui  viene concepita espressamente questa inedita e particolare esposizione. 

 

La marginalità Attiva & Swarm Art come partecipazione condivisa

 La Mail Art è nata  più di 50 anni fa, nel 1962, da quando l'artista americano Ray Johnson, fondò la “New York Corrispondance School of Art” occasionalmente in contemporanea con il movimento “ Fluxus”  del lituano-americano George Maciunas (1961)  e la  Pop Art di Leo Castelli a New York (1962). Una sorta di scuola d’arte per corrispondenza nella quale gli elaborati grafici con l’inserimento di timbri e collage venivano per la prima volta spediti per posta a conoscenti e persino ignari destinatari, dando  completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo di espressione totalmente libero e al di fuori di qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza dal mercato ufficiale dell’arte.  Dopo Ray Johnson, anche  Guglielmo Achille Cavellini, nei primi anni 70 (1971),  aveva  inventato “l'autostoricizzazione”,realizzando  delle mostre a domicilio  e utilizzando i cataloghi che inviava  in visione agli artisti del Network.  Questi  due artisti, per primi,  avevano  solo accennato a questa  nuova e possibile strategia di messa in crisi del sistema culturale che non permetteva nessuna intrusione se non avvalorato da un  potere forte che condizionava e controllava le proposte e le scelte al fine di regolarne il flusso  e ossigenare il mercato dell’arte. E’ stato soprattutto  Cavellini (GAC), a  compiere “il grande passo”; quello di contrapporsi ad un sistema ormai monotono; un ulteriore sviluppo verso la messa in crisi del tradizionale sistema dell’arte. Negli anni 80, precisamente nel  giugno del 1985,  l’artista giapponese Ryosuke Cohen  rimette  ancora una volta in gioco le carte della sperimentazione, in  un sistema culturale antiquato che preferisce l’opera creata appositamente per essere commercializzata. Lo fa  proponendo un particolare progetto “Brain Cell” (Cervello Cellula), che lo ha visto coinvolto per oltre 30 lunghi anni, assieme a migliaia di membri  sparsi in oltre 80 paesi, in cui i singoli artisti collaborano inviando per posta a Cohen disegni, francobolli, timbri, adesivi o altro.  Egli utilizzando un vecchio  sistema serigrafico, chiamato ciclostile (ormai fuori produzione) fa 150 copie A3 (29,7x42). E’ un  progetto  ancora attivo che viene stampato ogni 7-10 giorni e rispedito ai rispettivi collaboratori,  allegando un elenco di indirizzi di collaboratori provenienti da alcuni paesi (55 in media per opera). Dal 1985 sono passati già  quasi 40 anni ed  è stato superato il 15 giugno del 2024 il “Brain Cell” n° 1215.  Da diverso tempo  l’artista Cohen  rifiuta l’opera unica e concetti  consueti come l’originalità, preferendo maggiormente il gioco, la ricerca  e la libertà dell’artista volutamente collocato ai margini di un sistema culturale antiquato e passatista.

Nella pratica dell’arte postale non esiste un’unica ideologia o “ism” ben solida capace di sopravvivere  e prevalere  sulle altre. Secondo Ray Johnson,  “Mail Art is not a single art movement, but is quite a megatrend that insists that we change our consciousness”, quindi,   non è un unico movimento artistico ma piuttosto un grande movimento “trasversale”  a tutte le altre proposte ed esperienze artistiche che ci sollecita concretamente a prendere coscienza di noi stessi. Di conseguenza, si condividono  i frammenti  di idee con  altri artisti in una relazione libera da “copyright”,  utilizzando e trasformando persino le opere di altri autori in un incessante  “add and send by mail” collettivo.  Nella pratica  elitaria attuata dal sistema istituzionale ufficiale dell’arte si preferisce la concorrenza piuttosto che la cooperazione e la sperimentazione. Nella Mail Art questi concetti scompaiono per dare spazio alla creatività e alla ricerca  spontanea svolta in campo in modo paritario.

Nato nel 1948 a Osaka, in Giappone, Ryosuke non è il primo  e unico artista postale giapponese, prima di lui anche Shozo Shimamoto aveva condiviso la Mail Art, tuttavia, è certamente l’autore giapponese più longevo e per certi versi, anche il più  interessante e attivo oggi nel network internazionale di chiunque altro per la diffusione  capillare della pratica Mail artistica.  Dopo “Brain Cell”, nell'agosto 2001 ha iniziato anche un  altro progetto chiamato “Fractal  Portrait Project”, iniziato in Italia  al fine di realizzare più proficuamente il concetto di “Brain Cell”, facendo ritratti e Silhouette (face and body) agli amici artisti incontrati in questi anni nei in diversi incontri (Meetings) in tutto il mondo. Secondo Cohen, “Brain Cell” è come  la struttura di un cervello visto al microscopio, ci appare come lo schema  delle rete  con migliaia di neuroni accumulati  e ramificati insieme proprio come il Network dell’arte postale. La Mail art - scrive l’artista - “is dynamic", because you can be more of an individual free to create works of art with a new mind, being fragments of the entire network and sharing snippets of many other artists", e poi,  “la rete si espande da A a B,  da B a C, da C a D, da D a A, da C a A e così via,  è come un corpo unico con una costruzione cerebrale fatta di un gran numero di cellule nervose strutturate e complesse, sistemate in un ordine non lineare. Ecco perché ha definito questo tipo di esperienza “Brain Cell (cellule del cervello)”. Praticamente è il risultato di un complesso intreccio di cellule nervose del cervello, un progetto senza fine, aggiungendo, “ciò che nasce dal “flusso” Dada, Fluxus e Mail Art è l’unico modo per realizzare la nuova arte del domani”.

Fractal (frattale),  letteralmente significa figure simili fra loro, il nuovo concetto  è  stato utlizzato per prima dal matematico francese  B. Mandelbrot all’Istituto Watson IBM. La caratteristica principale dei frattali è “l’auto similarità”, la ripetizione sino all'infinito di uno stesso motivo  caratterizzato dall’indeterminatezza temporanea e provvisoria del suo esistere,  come per esempio, gli alberi della foresta Amazzonica del Sud America che si compone di numerose specie che convivono insieme. Nel 2006 Ryosuke Cohen, scrive: “Nowadays I have come to realize that we are all part of a fractal, and that I can be a piece of that fractal, and that I can create art, in a way that extends beyond myself as an individual, in communication with infinite mail artists' ideas”,  (oggi mi sono reso conto che siamo tutti parte di un frattale e che posso essere  un pezzo di quel frattale estendendomi come individuo al di là di me stesso in una infinita comunicazione di idee con gli artisti postali).

Questa particolare concezione personalmente  preferisco chiamarla  “swarm intelligence”  traducibile come: “intelligenza dello sciame”,  è un termine  più vicino a tutti gli esseri viventi coniato per la prima volta nel 1988 in seguito a un progetto ispirato ai sistemi robotici. Esso prende in considerazione lo studio dei sistemi auto-organizzati, nei quali un'azione complessa deriva da un fare collettivo, come accade in natura nel caso di colonie di insetti, stormi di uccelli, branchi di pesci oppure mandrie di mammiferi.  Secondo la definizione di Beni e Watt la swarm intelligence può essere definita come: “Proprietà di un sistema in cui il comportamento collettivo interagisce  in modo collaborativo producendo risposte funzionali al sistema”, sia ben chiaro, non inteso in senso speculativo e in funzione di un risultato economico, bensì, di una risposta partecipativa in funzione di un concreto apporto creativo  “non autoritario”, proprio come avviene  nella prassi collaborativa e democratica del movimento della  Mail art.

Una considerazione doverosa da fare sul lavoro di Cohen è quella di aver messo,  “fuori gioco”, ancora una volta,  il vecchio sistema ufficiale dell’arte,  relegando fuori dalla porta personaggi equivoci come i galleristi, i critici d’arte e persino i collezionisti di opere d’arte dal momento che  lo scambio delle opere prodotte avviene tra gli artisti del Network. Quindi, le opere realizzate non vengono trattenute e conservate dall’artista in vista di un  consueto profitto ma inviate ai rispettivi collaboratori. Con la spedizione postale  delle stampe i collaboratori, utilizzano i propri archivi, diventando altresì collezionisti delle opere ricevute Spesso, con i lavori “Brian Cell” realizzati  nei vari tour che ogni anno    l’artista fa in giro per il mondo  si organizzano delle mostre come per esempio la mostra realizzata nel 2018 a Pontassieve in occasione della “XXVII Rassegna internazionale “Incontri d’Arte”. Risulta ancora quanto mai complicato e difficile organizzare tradizionali mostre con i “Fractal Portrait Project” proprio per la reale difficoltà a reperire e raccogliere concretamente le diverse opere donate nel tempo agli amici artisti rappresentati, tuttavia qualcosa di concreto si è fatto già. Per quando riguarda i progetti “Fractal Portrait” svolti  da Cohen in quasi 24 anni nel campo della performance vogliamo evidenziare un lato ancora poco conosciuto, soprattutto alla conoscenza delle opere “Body” e della serie delle slhouette del corpo create a partire dal 2001 in poi fino a oggi, realizzate  dall’artista giapponese  in particolari momenti collettivi unendo insieme diversi fogli Brain Cell in cui i soggetti, gli amici incontrati nei vari tour vengono invitati a farsi fare un ritratto da Cohen o a  distendersi a terra sopra questi fogli Brain Cell,  con l’artista  impegnato  per l’occasione a  disegnare e rilevare il contorno immediato del corpo. Una sorta di “performance estemporanea e collettiva”, prima di procedere alla  consueta realizzazione dell’opera. Una performance “provvisoria” in funzione della realizzazione dell’opera. Tutto ciò, seppur con le dovute differenze di lavoro, lo lega indissolubilmente al suo  caro amico Shozo Shimamoto, divenendo  il naturale  attivo continuatore  dell’arte di ricerca oggi in Giappone.  Per questa mostra personale dell’artista giapponese  sono  presenti in mostra 69 opere della serie “Brain Cell Coronavirus” realizzate tra il 2020 e il 2022.

 

Evento segnalato da Ufficio Stampa Archivio Ophen Virtual  Art di Salerno