Comunicato Stampa
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
RYOSUKE COHEN
“Attesa
tra relazione e partecipazione condivisa”
a
cura di Sandro Bongiani
Dal 3
luglio 2024
al 10 agosto 2024
Inaugurazione: Mercoledì 3
luglio 2024, ore 18.00
Pavilion Lautania Valley / Stranieri Qui
e Altrove -
Foreigners Here And Elsewhere
Mostra Personale di Ryosuke Cohen “Attesa tra relazione e partecipazione
condivisa”
A cura di Sandro
Bongiani in
collaborazione con l’Archivio Ryosuke Cohen di Ashiya-City Hyogo - Giappone.
La Galleria Sandro Bongiani Arte
Contemporanea, dopo
la retrospettiva dell’artista americano
pre-pop Ray Johnson, e la retrospettiva di Guglielmo Achille Cavellini è lieta di inaugurare in
coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque la mostra personale dal titolo: “Attesa tra
relazione e partecipazione condivisa”.dell’artista
giapponese Ryosuke Cohen.
Una mostra a cura di Sandro Bongiani in
contemporanea con la 60. Biennale di
Venezia 2024, incentrata sul
tema dello straniero ovunque. Una sorta
di rilettura delle proposte in atto presentate per l’occorrenza in un
padiglione del tutto virtuale, con
un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley. Quella
di Ryosuke Cohen, è un’altra proposta
decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale. Vengono presentate per l’occasione 69 opere Brain
Cell Coronavirus eseguite dall’artista giapponese tra il 2020 e il 2022.
Un progetto che nasce da una costola dei “Brain Cell” iniziato nel
1985, quasi quarant’anni fa. L’idea
fondante è stata nell’assenza dell’essere di una positiva e fattiva connessione
umana tra artista e opera atta a
riflettere sul tormentato momento Covid
tra attesa e distanziamento forzato che il virus Coronavirus ha imposto per
qualche interminabile anno al mondo intero cercando di far riflettere sul
concetto di partecipazione e condivisione da parte degli artisti relegati
duramente a vivere in una quarantena forzata.
Nell’assenza di un contatto e di una
relazione fisica con l’altro l’invio
postale ha fornito agli artisti l’opportunità di comunicare, ciascuno secondo
il suo particolare pensiero e sofferenza il proprio punto di vista, con
un’esperienza unica che si riconcilia al raccordo d’insieme che fa Cohen
nell’elaborazione finale dell’opera. Quello che ha fatto Ryosuke Cohen per due
anni è assemblare pazientemente i
pensieri degli artisti e riunirli ogni
10/15 giorni sotto un unico tetto collettivo.
Partecipazione, provvisorietà
e condivisione sono le cose che da tempo interessano Cohen, sono il
segno distintivo che caratterizzano anche queste 69 opere. Tutto ciò non
sarebbe stato possibile senza l’orchestrazione
e la grande capacità di un
artista come Cohen capace di correlare le urgenze e i diversi momenti del
vivere ora cristallizzate in un canto
corale, sotto lo sguardo vigile e partecipe dell’artista giapponese.
Nonostante le ristrettezze
imposte, l’artista ci vuol far riflettere sul potere dell’arte come forza
propulsiva e collettiva capace di generare un insieme poetico. Cohen è oggi
l’artista contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera
d’arte secondo le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il
ruolo di mediatore e di intermediario tra la realizzazione di un’idea
progettuale (la sua) e coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli
si fa promotore di un “fare” diventando regista di un intervento provvisorio
che nasce dal contributo degli altri e si materializza nella
collaborazione collettiva in cui tutti possono partecipare ed essere
positivamente coinvolti. Le varie stampe del progetto Brain Cell realizzate da
Cohen non possono essere considerate opere “finite”, intese come opere
che si completano nella realizzazione della copia grafica, ma di un’opera
caratterizzata dall’indeterminatezza e provvisorietà del proprio esistere
insito nel suo DNA.
Di certo, se il risultato
finale di ogni stampa fosse davvero “un’opera compiuta”, credo che
Cohen smetterebbe di colpo di realizzare altre copie di “Brain
Cell”, proprio perché svuoterebbe pesantemente il senso e la filosofia
generatrice di questa particolare pratica
artistica. Nelle opere presenti a questo evento vi è una sorta di
naturale senso di leggerezza e di sospensione che per la cultura
giapponese è un elemento distintivo
pregno di significati simbolici nascosti: la presenza, il vuoto (ku), lo spazio (ma), l’incompletezza indefinita,
sono concetti profondamente radicati
nella spiritualità orientale,
tra buddismo e il pensiero zen e
anche il "trait d'union" in cui
viene concepita espressamente questa inedita e particolare
esposizione.
Si ringrazia l’Archivio Ryosuke
Cohen di Ashiya-City Hyogo (Giappone)
per la fattiva collaborazione alla realizzazione in Italia di questo importante
evento.
BIOGRAFIA DI RYOSUKE COHEN
Ryosuke Cohen, nato nel 1948, Osaka, in Giappone. Il nome della famiglia
è Kouen ma su consiglio di Byron Black, ha adottato il
nome inglese 'Cohen' come in ebraico. Cohen scoprì la
mail art in Canadà. Ryosuke è il figlio di un noto scrittore di
haiku in Giappone, Jyunichi Koen. I primi lavori di Cohen sono il risultato di
un misto di tradizione e immaginario giapponese, numeri e icone
contemporanee così com’è la sua firma, la lettera
"C". L’artista giapponese per lungo
tempo è stato interessato al movimento Dada e Fluxus, in
contatto con Shozo Shimamoto e i membri del gruppo Gutai condividendo
in modo spontaneo e naturale un nuovo modo di fare arte contemporanea. Ryosuke
non è il primo artista postale e marginale giapponese, ma sicuramente è
l’autore giapponese più interessante
oggi nel network internazionale. Dopo Ray Johnson
e Guglielmo Achille Cavellini, anche Ryosuke Cohen rimette ancora
una volta in gioco le carte della sperimentazione in un sistema
culturale antiquato che preferisce l’opera creata appositamente per essere
mercificata. Lo fa proponendo un particolare suo progetto “Brain
Cell” (Cellula celebrale), iniziato nel giugno 1985 con migliaia di membri sparsi
in oltre 80 paesi. Un lavoro che raccoglie ogni 7-10
giorni circa le immagini di tanti artisti su un'unica pagina allegando un
elenco di indirizzi di collaboratori, 55 in media per opera, che lo ha visto
coinvolto per tanti anni. Nell’agosto 2001 ha iniziato in Italia il
progetto “Fractal Portrait”, facendo ritratti e silhouette del corpo ai suoi
amici artisti in occasione dei vari Meeting svolti in diverse
parti del mondo; Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Irlanda del Nord, Spagna,
Jugoslavia, Germania, Olanda, Corea, Italia e Francia. Cohen è l’artista
contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo
le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore
e di intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e
coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un
“fare” diventando regista di un intervento provvisorio, che nasce
dal contributo degli altri e si materializza insieme nella
collaborazione collettiva in cui tutti possono partecipare ed essere
positivamente e appassionatamente coinvolti nella creazione
dell’opera, rifiutando l’opera unica e
concetti consueti come l’originalità e quindi, preferendo
maggiormente il gioco, la ricerca e la libertà concreta dell’artista
volutamente collocato ai margini dell’attuale sistema culturale. Per questo
modo di fare, egli è il più interessante e attivo artista nella rete
di chiunque altro per la capacità organizzativa del progetto e per la
diffusione capillare dell’arte marginale. In
quasi 40 anni di lavoro ha esposto con mostre e svolto performance e
incontri in diverse aree geografiche del mondo. Vive a Ashiya-City
Hyogo in Giappone.
Le opere:
Pavilion Lautania Valley
“Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation Everywhere”
Mostra n°3 /
Personale di Ryosuke Cohen
“Attesa tra relazione e partecipazione
condivisa”
Presentazione di 69 opere Coronavirus eseguite tra il 2020 e il 2022
con un testo critico di Sandro Bongiani
da mercoledì 3
luglio al 10 agosto 2024
Salerno, opening
Venerdì 3 luglio 2024 ore 18:00
ORARI: tutti i
giorni dalle 00.00 alle 24.00
In collaborazione
con l’Archivio Ryosuke Cohen di Ashiya-City Hyogo, (Giappone)
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/
E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com
TELEFONO PER
INFORMAZIONI: +39 3937380225
Ufficio Stampa Archivio Ophen Virtual Art di Salerno
Credits: Archivio Ryosuke
Cohen - Giappone
Ryosuke
Cohen, “Attesa tra relazione e
partecipazione condivisa”
Presentazione a cura di Sandro Bongiani
Salerno, 10
giugno 2024
Una
mostra a cura di Sandro Bongiani in contemporanea
con la 60. Biennale di Venezia 2024, incentrata sul tema
dello straniero ovunque Una sorta di rilettura delle proposte in atto
presentate per l’occorrenza in un padiglione
del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion
Lautania Valley.
Quella di
Ryosuke Cohen, è un’altra proposta
decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale. Vengono presentate per l’occasione tutte le 69 opere
Brain Cell Coronavirus eseguite dall’artista giapponese tra il 2020 e il 2022.
Un progetto che nasce da una costola dei “Brain Cell” iniziato nel 1985,
quasi quarant’anni fa. L’idea fondante
è stata nell’assenza dell’essere di una positiva e fattiva connessione
umana tra artista e opera atta a
riflettere sul tormentato momento Covid
tra attesa e distanziamento forzato che il virus Coronavirus ha imposto per
qualche interminabile anno al mondo intero cercando di far riflettere sul
concetto di partecipazione e condivisione da parte degli artisti relegati
duramente a vivere in una quarantena
forzata.
Nell’assenza di un contatto e di una
relazione fisica con l’altro l’invio
postale ha fornito agli artisti l’opportunità di comunicare, ciascuno secondo
il suo particolare pensiero e sofferenza il proprio punto di vista, con
un’esperienza unica che si riconcilia al raccordo d’insieme che fa Cohen
nell’elaborazione finale dell’opera. Quello che ha fatto Ryosuke Cohen per due
anni è assemblare pazientemente i
pensieri degli artisti e riunirli ogni
10/15 giorni sotto un unico tetto collettivo.
Partecipazione, provvisorietà
e condivisione sono le cose che da tempo interessano Cohen, sono il
segno distintivo che caratterizzano anche queste 69 opere. Tutto ciò non
sarebbe stato possibile senza l’orchestrazione
e la grande capacità di un
artista come Cohen capace di correlare le urgenze e i diversi momenti del
vivere ora cristallizzate in un canto
corale, sotto lo sguardo vigile e partecipe dell’artista giapponese”.
Nonostante le ristrettezze imposte,
l’artista ci vuol far riflettere sul potere dell’arte come forza propulsiva e
collettiva capace di generare un insieme poetico. Cohen è oggi l’artista
contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo
le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore
e di intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e
coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un
“fare” diventando regista di un intervento provvisorio che nasce dal
contributo degli altri e si materializza nella collaborazione collettiva
in cui tutti possono partecipare ed essere positivamente coinvolti. Le varie
stampe del progetto Brain Cell realizzate da Cohen non possono essere
considerate opere “finite”, intese come opere che si completano nella
realizzazione della copia grafica, ma di un’opera caratterizzata
dall’indeterminatezza e provvisorietà del proprio esistere insito nel suo
DNA.
Di certo, se il risultato finale di ogni stampa fosse
davvero “un’opera compiuta”, credo che Cohen smetterebbe di
colpo di realizzare altre copie di “Brain Cell”, proprio perché
svuoterebbe pesantemente il senso e la filosofia generatrice di questa
particolare pratica artistica. Nelle
opere presenti a questo evento vi
è una sorta di naturale senso di leggerezza e di sospensione che per la cultura
giapponese è un elemento distintivo
pregno di significati simbolici nascosti: la presenza, il vuoto (ku), lo spazio (ma), l’incompletezza indefinita,
sono concetti profondamente radicati
nella spiritualità orientale,
tra buddismo e il pensiero zen e
sono anche il "trait d'union" in cui
viene concepita espressamente questa inedita e particolare
esposizione.
La marginalità Attiva & Swarm Art
come partecipazione condivisa
La
Mail Art è nata più di 50 anni fa, nel 1962, da quando l'artista
americano Ray Johnson, fondò la “New York Corrispondance School of Art”
occasionalmente in contemporanea con il movimento “ Fluxus” del
lituano-americano George Maciunas (1961) e la Pop Art di Leo
Castelli a New York (1962). Una sorta di scuola d’arte per corrispondenza nella
quale gli elaborati grafici con l’inserimento di timbri e collage venivano per
la prima volta spediti per posta a conoscenti e persino ignari destinatari,
dando completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo
di espressione totalmente libero e al di fuori di qualsiasi schema imposto e
prefissato dal potere culturale e di conseguenza dal mercato ufficiale
dell’arte. Dopo Ray Johnson, anche Guglielmo Achille Cavellini, nei
primi anni 70 (1971), aveva inventato
“l'autostoricizzazione”,realizzando delle mostre a domicilio e
utilizzando i cataloghi che inviava in visione agli artisti del
Network. Questi due artisti, per primi, avevano solo accennato
a questa nuova e possibile strategia di messa in crisi del sistema
culturale che non permetteva nessuna intrusione se non avvalorato da un
potere forte che condizionava e controllava le proposte e le scelte al fine di
regolarne il flusso e ossigenare il mercato dell’arte. E’ stato
soprattutto Cavellini (GAC), a compiere “il grande passo”; quello
di contrapporsi ad un sistema ormai monotono; un ulteriore sviluppo verso la
messa in crisi del tradizionale sistema dell’arte. Negli anni 80, precisamente
nel giugno del 1985, l’artista giapponese Ryosuke Cohen
rimette ancora una volta in gioco le carte della sperimentazione, in
un sistema culturale antiquato che preferisce l’opera creata
appositamente per essere commercializzata. Lo fa proponendo un
particolare progetto “Brain Cell” (Cervello Cellula), che lo ha visto coinvolto
per oltre 30 lunghi anni, assieme a migliaia di membri sparsi in oltre 80
paesi, in cui i singoli artisti collaborano inviando per posta a Cohen disegni,
francobolli, timbri, adesivi o altro. Egli utilizzando un vecchio
sistema serigrafico, chiamato ciclostile (ormai fuori produzione) fa 150 copie
A3 (29,7x42). E’ un progetto ancora attivo che viene stampato ogni
7-10 giorni e rispedito ai rispettivi collaboratori, allegando un elenco
di indirizzi di collaboratori provenienti da alcuni paesi (55 in media per
opera). Dal 1985 sono passati già quasi 40 anni ed è stato superato
il 15 giugno del 2024 il “Brain Cell” n° 1215. Da diverso tempo
l’artista Cohen rifiuta l’opera unica e concetti consueti
come l’originalità, preferendo maggiormente il gioco, la ricerca e la
libertà dell’artista volutamente collocato ai margini di un sistema culturale
antiquato e passatista.
Nella pratica
dell’arte postale non esiste un’unica ideologia o “ism” ben solida capace di
sopravvivere e prevalere sulle altre. Secondo Ray Johnson,
“Mail Art is not a single art movement, but is quite a megatrend that insists
that we change our consciousness”, quindi, non è un unico movimento
artistico ma piuttosto un grande movimento “trasversale” a tutte le altre
proposte ed esperienze artistiche che ci sollecita concretamente a prendere
coscienza di noi stessi. Di conseguenza, si condividono i frammenti
di idee con altri artisti in una relazione libera da “copyright”,
utilizzando e trasformando persino le opere di altri autori in un
incessante “add and send by mail” collettivo. Nella pratica
elitaria attuata dal sistema istituzionale ufficiale dell’arte si preferisce la
concorrenza piuttosto che la cooperazione e la sperimentazione. Nella Mail Art
questi concetti scompaiono per dare spazio alla creatività e alla ricerca
spontanea svolta in campo in modo paritario.
Nato nel 1948 a
Osaka, in Giappone, Ryosuke non è il primo e unico artista postale
giapponese, prima di lui anche Shozo Shimamoto aveva condiviso la Mail Art,
tuttavia, è certamente l’autore giapponese più longevo e per certi versi, anche
il più interessante e attivo oggi nel network internazionale di chiunque
altro per la diffusione capillare della pratica Mail artistica.
Dopo “Brain Cell”, nell'agosto 2001 ha iniziato anche un altro progetto
chiamato “Fractal Portrait Project”, iniziato in Italia al fine di
realizzare più proficuamente il concetto di “Brain Cell”, facendo ritratti e
Silhouette (face and body) agli amici artisti incontrati in questi anni nei in
diversi incontri (Meetings) in tutto il mondo. Secondo Cohen, “Brain Cell” è
come la struttura di un cervello visto al microscopio, ci appare come lo
schema delle rete con migliaia di neuroni accumulati e
ramificati insieme proprio come il Network dell’arte postale. La Mail art -
scrive l’artista - “is dynamic", because you can be more of an individual
free to create works of art with a new mind, being fragments of the entire
network and sharing snippets of many other artists", e poi, “la rete
si espande da A a B, da B a C, da C a D, da D a A, da C a A e così
via, è come un corpo unico con una costruzione cerebrale fatta di un gran
numero di cellule nervose strutturate e complesse, sistemate in un ordine non
lineare. Ecco perché ha definito questo tipo di esperienza “Brain Cell (cellule
del cervello)”. Praticamente è il risultato di un complesso intreccio di
cellule nervose del cervello, un progetto senza fine, aggiungendo, “ciò che
nasce dal “flusso” Dada, Fluxus e Mail Art è l’unico modo per realizzare la
nuova arte del domani”.
Fractal
(frattale), letteralmente significa figure simili fra loro, il nuovo
concetto è stato utlizzato per prima dal matematico francese
B. Mandelbrot all’Istituto Watson IBM. La caratteristica principale dei
frattali è “l’auto similarità”, la ripetizione sino all'infinito di uno stesso
motivo caratterizzato dall’indeterminatezza temporanea e provvisoria del
suo esistere, come per esempio, gli alberi della foresta Amazzonica del
Sud America che si compone di numerose specie che convivono insieme. Nel 2006
Ryosuke Cohen, scrive: “Nowadays I have come to realize that we are all part of
a fractal, and that I can be a piece of that fractal, and that I can create
art, in a way that extends beyond myself as an individual, in communication
with infinite mail artists' ideas”, (oggi mi sono reso conto che siamo
tutti parte di un frattale e che posso essere un pezzo di quel frattale
estendendomi come individuo al di là di me stesso in una infinita comunicazione
di idee con gli artisti postali).
Questa particolare
concezione personalmente preferisco chiamarla “swarm
intelligence” traducibile come: “intelligenza dello sciame”, è un
termine più vicino a tutti gli esseri viventi coniato per la prima volta
nel 1988 in seguito a un progetto ispirato ai sistemi robotici. Esso prende in
considerazione lo studio dei sistemi auto-organizzati, nei quali un'azione
complessa deriva da un fare collettivo, come accade in natura nel caso di
colonie di insetti, stormi di uccelli, branchi di pesci oppure mandrie di
mammiferi. Secondo la definizione di Beni e Watt la swarm intelligence
può essere definita come: “Proprietà di un sistema in cui il comportamento
collettivo interagisce in modo collaborativo producendo risposte
funzionali al sistema”, sia ben chiaro, non inteso in senso speculativo e in
funzione di un risultato economico, bensì, di una risposta partecipativa in
funzione di un concreto apporto creativo “non autoritario”, proprio come
avviene nella prassi collaborativa e democratica del movimento
della Mail art.
Una considerazione
doverosa da fare sul lavoro di Cohen è quella di aver messo, “fuori
gioco”, ancora una volta, il vecchio sistema ufficiale dell’arte,
relegando fuori dalla porta personaggi equivoci come i galleristi, i critici
d’arte e persino i collezionisti di opere d’arte dal momento che lo
scambio delle opere prodotte avviene tra gli artisti del Network. Quindi, le opere
realizzate non vengono trattenute e conservate dall’artista in vista di
un consueto profitto ma inviate ai rispettivi collaboratori. Con la
spedizione postale delle stampe i collaboratori, utilizzano i propri
archivi, diventando altresì collezionisti delle opere ricevute Spesso, con i
lavori “Brian Cell” realizzati nei vari tour che ogni
anno l’artista fa in giro per il mondo si organizzano
delle mostre come per esempio la mostra realizzata nel 2018 a Pontassieve in
occasione della “XXVII Rassegna internazionale “Incontri d’Arte”. Risulta
ancora quanto mai complicato e difficile organizzare tradizionali mostre con i
“Fractal Portrait Project” proprio per la reale difficoltà a reperire e
raccogliere concretamente le diverse opere donate nel tempo agli amici artisti
rappresentati, tuttavia qualcosa di concreto si è fatto già. Per quando
riguarda i progetti “Fractal Portrait” svolti da Cohen in quasi 24 anni
nel campo della performance vogliamo evidenziare un lato ancora poco
conosciuto, soprattutto alla conoscenza delle opere “Body” e della serie delle
slhouette del corpo create a partire dal 2001 in poi fino a oggi,
realizzate dall’artista giapponese in particolari momenti
collettivi unendo insieme diversi fogli Brain Cell in cui i soggetti, gli amici
incontrati nei vari tour vengono invitati a farsi fare un ritratto da Cohen o
a distendersi a terra sopra questi fogli Brain Cell, con
l’artista impegnato per l’occasione a disegnare e rilevare il
contorno immediato del corpo. Una sorta di “performance estemporanea e collettiva”,
prima di procedere alla consueta realizzazione dell’opera. Una
performance “provvisoria” in funzione della realizzazione dell’opera. Tutto
ciò, seppur con le dovute differenze di lavoro, lo lega indissolubilmente al
suo caro amico Shozo Shimamoto, divenendo il naturale attivo
continuatore dell’arte di ricerca oggi in Giappone. Per questa mostra
personale dell’artista giapponese sono presenti in mostra 69 opere della
serie “Brain Cell Coronavirus” realizzate tra il 2020 e il 2022.
Evento segnalato da Ufficio Stampa Archivio Ophen Virtual Art di Salerno