VINCENZO NUCCI
"dipingere è un’esigenza dell’anima"
VINCENZO NUCCI
RICORDANDO
IL MIO AMICO E MAESTRO
VINCENZO NUCCI
Sabato 8 agosto 2015, presso il Teatro Samonà, a Sciacca, dalle ore 19, avrà luogo una serata di commemorazione del pittore Vincenzo Nucci con una mostra nel foyer del Teatro fino a sabato 22 agosto.
Nato a Sciacca nel 1941 e
scomparso il 25 aprile di questo 2015, Nucci si è distinto nel panorama della
pittura italiana contemporanea per una attenzione cromatica e stilistica
peculiare, che ha portato i suoi paesaggi ad essere apprezzati, ricercati,
esposti e collezionati fra gli intenditori di tutta Europa.
L’omaggio che la città di
Sciacca gli dedica, con la cura della famiglia dell’artista, è stato pensato da
Marco Goldin, curatore di fama internazionale che ha dedicato nell’ultimo
ventennio grande attenzione critica alla pittura di Nucci. La serata vedrà
succedersi ai microfoni per un breve ricordo, una suggestione, una lettura
dell’opera, lo stesso Marco Goldin, Aldo Gerbino e Calogero Mannino, che ricorderà
anche l’impegno di Vincenzo Nucci come animatore culturale della città nei
primi anni ’80. In qualità di assessore alla cultura prima e consigliere
comunale poi, Nucci infatti diede vita a una stagione nella quale Sciacca
riuscì a imporsi all’attenzione nazionale, per la qualità degli artisti
invitati ad esporvi e dei critici chiamati a presentarli.
In occasione della serata
dell’8 agosto saranno esposti, nel foyer del Teatro Samonà, simbolicamente, gli
ultimi cinque paesaggi dipinti da Nucci.
I quadri dell’anima, recita il titolo della manifestazione, parafrasando un appunto del
pittore fissato all’asse del cavalletto: dipingere
è un’esigenza dell’anima.
La mostra proseguirà nel
foyer del Teatro fino a sabato 22 agosto.
Visiona
le ultime opere
create da Vincenzo Nucci
Vincenzo Nucci, paesaggio del Belice 2014
Vincenzo Nucci, dal mio studio 2014
Vincenzo Nucci, paesaggio 2014.
Vincenzo Nucci, giardino mediterraneo, 2015
Vincenzo Nucci, giardino mediterraneo, 2015
“Tra Luce, Malinconia
e Memoria”
Presentazione di Giovanni Bonanno
11 giugno - 27 novembre 2011
ILLUMINAZIONI:
“Tra Luce, Memoria e Malinconia”
Vincenzo Nucci da circa un quarantennio di ricerca dipinge
ossessivamente i luoghi della memoria, della malinconia, con antiche ville
secolari dove il tempo si è apparentemente rappreso e fermato. I
suoi primi lavori negli anni Sessanta hanno avuto come tema centrale la
guerra in Vietnam e il terremoto in Sicilia con una pittura pienamente
aggiornata rispetto l’esperienze culturali e artistiche che si svolgevano
in quel tempo in campo internazionale. Dopo circa un decennio di attività,
di colpo, ha visto l’artista siciliano allontanarsi dalle vicende prettamente
sociali e il tema ricorrente della sua pittura è diventato
soltanto la sua Sicilia. Per diversi anni Vincenzo Nucci ha
continuato a osservare curioso il paesaggio della sua fascinosa
Sciacca con la casa padronale e le inquiete buganvillee fiorite dai
colori vellutati che si arrampicano avidi a scrutare il mare Mediterraneo
e l’orizzonte immacolato dell’Africa araba. Per molti anni l’artista ha
dipinto in modo ossessivo solo paesaggi, quei paesaggi del
Belice con gli orizzonti dati come “logos indefinito”, come superamento
del dato provvisorio del reale e del visibile. Un visibile che s’incarna nella
figurazione ma nel contempo la trascende e la proietta in una dimensione
soffusa, intima in cui l’apparire si trasforma in essenza malinconica
carica di silenzio e di cose non completamente svelate. L’artista ormai lavora
sul crinale ossessivo di una figurazione in cui le immagini vivono la
dimensione sospesa e impalpabile del momento.
Sono magiche visioni che si
posizionano metaforicamente tra natura e storia, tra coscienza e
sofferta aspirazione. La tela di Nucci non è altro che il “sudario della
memoria”, dei ricordi rappresi, del passato trascorso che affiora come dolce
ricordo e si condensa in materia più concreta e lirica. La visione
dell’artista saccense nasce quindi da questa particolare
capacità di trasportarci in un altrove praticabile in cui sentiamo persino i
suoni, gli odori e i profumi delle diverse stagioni isolane; l’odore di terra
dopo un temporale, il profumo del basilico, le cicale sospese all’ombra di una
palma gentilizia a cantare e ricordarci i memorabili momenti di
vita trascorsi accanto ad un solitario casolare di campagna.
Insomma, la pittura di Enzo Nucci è intrisa di insolite
memorie cariche di nostalgia e di profondo e assorto silenzio.
Il paesaggio per l’artista siciliano non è semplice descrizione o pura
sensazione percettiva ma inesorabile ossessione, struggente apparizione di
memorie di luce non del tutto corporee ma che lasciano comunque tracce
sostanziali ancora visibili. Tutta la sua pittura è
intrisa di passato, di ricordi sedimentati in una
dimensione alquanto provvisoria ma immediata.
Per il pittore siciliano, l’arte è essenzialmente
evocazione, sortilegio, vertigine. Forse il suo mistero sta tutto
racchiuso nel suo magico studio arroccato tra tante fitte case
arabe pressate a dismisura sopra il porto che formano la parte
antica e più vera della città di Sciacca. Lì prendono forma i
ricordi e nascono le architetture e i giardini con insoliti paesaggi svuotati
di ogni presenza umana; solo la memoria della natura nella sua mitica
essenza e nel silenzio più maestoso. Una
visione decisamente “sospesa”, di confine, dilatata a dismisura
che si concede ai flussi illogici dell’anima per diventare aria, vento
africano, apparizione e anche superba emozione poetica. Da lì,
l’artista scruta gli umori del giorno e elabora le sue
misteriose visioni dai colori tenui che si trasformano per incanto
in tonalità di colore alquanto ricercati. Come dice Philippe
Daverio, “quell’architettura siciliana che proviene dal profondo della
storia e sembra sempre sul punto di disfarsi, pezzi di paesaggio, quel
paesaggio di Sicilia che si annulla nell'infinito della luce e della percezione,
pezzi di natura, quel verde impenetrabile nelle sue contorsioni e negli spini
che lo difendono, portatore di fiori che gridano al sole il colore della loro
identità mediterranea”. Secondo Nucci, Il percorso pittorico di un artista
è fatto di sentimenti, di emozioni, di ricerca infinita, di dubbi, e poi
d’immagini, di silenzio assorto e anche di interminabili viaggi che l’occhio
compie in cerca di qualche autentica certezza.
Quella di Nucci è la percezione poetica che nasce dal profondo
dei ricordi e diventa memoria collettiva, metafora di un paesaggio senza tempo,
convincimento di ciò che ormai siamo diventati. Quasi
un’ossessione continua, interminabile che rilascia flussi di ricordi
provvisori, in cui la natura prende il sopravvento con le palme secolari
che ingentiliscono il creato e con la buganvillea che mostra
di voler recuperare l’antico contatto con il tempo
passato. Una natura orgogliosa che svetta adagiandosi alle pareti del
vecchio nudo tufo ormai ingiallito dalle tante stagioni trascorse nel
muto silenzio. Nel paesaggio di Nucci la luce è l’unica
certezza, lavera presenza che può tentare di svelare la natura
dell’anima, la soffusa malinconia, l’intima visione in cui il sale
per strano sortilegio s’impasta con i delicati ricordi del
passato e con il sole caldo del Mediterraneo per materializzarsi in
apparizioni misteriose, sfuggenti. I ricordi di luce impressi
nella tela attraverso la pittura non posseggono una forma definita e
definitiva, sono solo presenze che condividono la dimensione di chi è
diseredato e tenta invano di resistere, di esserci ancora, “dove la natura - come dice Aldo Gerbino - si stempera nella
grazia di un estenuato ricordo, come sopraffatto da quella lacerazione
nostalgica che concede quel tanto che basti al passato”.
Una natura ritrovata che nasce da un assiduo contatto con
artisti del suo tempo come Ruggero Savinio, Piero Guccione, Carlo
Mattioli, legati da profonde affinità di come poter trattare e
intendere il visibile e anche dal continuo approfondimento con il passato,
come Pierre Bonnard che Nucci ama più di tutti per la rara capacità che ha
il pittore francese di trattare la dolce materia e farla vibrare in
delicate e ricercate intensità cromatiche.
Nella pittura di Vincenzo Nucci le antiche
ville padronali dal tufo macerato dal tempo appaiono come
presenze sfuggenti, quasi apparizioni metafisiche. La densa materia
del colore ad olio o del pastello a contatto con la luce sembra che
si sfarini trasformandosi improvvisamente in essenza
malinconica, in delicata e soffusa presenza onirica con il
vento maestoso e prepotente del Carboi che di notte, all’ombra di
una palma araba africana, sembra che sibili malinconici ricordi di un
tempo ormai trascorso e intanto di giorno accarezza compiaciuta l’aspra e
selvaggia radura ancora non domata del selvaggio Belice. Questa è
l’emozione che si respira guardando
gli insoliti scorci paesaggistici in cui la luce siciliana si
distende beffarda come timida apparizione. Paesaggi della memoria che
incarnano provvisoriamente il mistero della vita, paesaggi
in/cantati rilevati nella dimensione più intima e sofferta dell’anima.
Questa è la pittura di Vincenzo Nucci. Giovanni Bonanno
Biografia
Vincenzo Nucci è nato a Sciacca (Ag) nel 1941 e qui ha sempre lavorato.
Frequenta l’Istituto d’Arte di Palermo e l’Accademia di Belle Arti di Agrigento.
Le sue prime personali, nel decennio fra il 1960 ed il 1970 in varie città
italiane, lo vedono impegnato nei temi sociali e drammatici come la guerra del
Vietnam e il terremoto del Belice. Dal 1980 Nucci dipingerà solo paesaggi, anzi
il paesaggio Siciliano, la casa padronale, le mura di cinta dove si arrampicano
rigogliose bouganville fiorite di lacche rosse, le antiche rovine di Selinunte
e, infine, lei, la palma, protagonista e simbolo della fascinosa Sciacca araba
che egli ama. Nel 1989 è invitato alla Biennale Nazionale Città di Milano,
Palazzo della Permanente. Nel 1991 conosce Philippe Daverio che lo invita ad
esporre alla rassegna d’arte “Anni Ottanta in Italia” all’Ex Convento di San
Francesco di Sciacca e successivamente organizza una sua personale alla
galleria Daverio a Milano. Nel 1992 conosce Marco Goldin che gli organizzerà
nel 1994 una mostra antologica a Palazzo Sarcinelli di Conegliano con scritti
in catalogo dello stesso Goldin, di Guido Giuffrè e di Marco Vallora. A
Conegliano, Palazzo Sarcinelli esporrà ancora nella rassegna “Da Fattori a
Burri, Roberto Tassi e i pittori”, nella mostra “Una donazione per un nuovo
museo”, e ancora nel 1998 “Elogio del pastello, da Morlotti a Guccione”. Sempre
su invito di Marco Goldin, nel 1999 terrà una mostra antologica del pastello
“Opere 1981-1999″, a Treviso nella Casa dei Carraresi, con testi di
Marco Goldin ed Enzo Siciliano. Nel 2003-2004 la Provincia Regionale di Palermo
organizza una sua mostra antologica al Loggiato San Bartolomeo, “Opere 1981-2003″,
con scritto in catalogo di Aldo Gerbino. Nel 2006 è invitato da
Philippe Daverio alla LVII edizione del Premio Michetti di Francavilla al Mare.
Nel 2007 è presente alla mostra “Arte Italiana 1968-2007. Pittura”, curata da
Vittorio Sgarbi al Palazzo Reale di Milano. Del 2008 la mostra personale
“Impressioni di luce” alla Galleria 61 di Palermo e l’antologica “Opere 1984 –
2008” presso l’ex Convento di San Francesco a Sciacca con testo in catalogo di
Philippe Daverio. Del 2010 la personale “Gli uomini del paesaggio” alla
Galleria Spazio Forni di Ragusa e la collettiva “Mare Nostrum” alla Galleria
Forni di Bologna. Nel 2011 viene invitato alla 54° Biennale di Venezia,
Padiglione Italia. Ci ha lasciato il 25 aprile del 2015.
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