lunedì 3 agosto 2015

56 Biennale Di Venezia / TULKU, LE INCARNAZIONI MISTICHE DEL TIBET - Padiglione Tibet 2015




EVENTI ARTISTICI
PADIGLIONE TIBET, 6 LUGLIO



Pad. Tibet  2015





 Tulku, le incarnazioni mistiche del Tibet
di Piero Verni e Giampietro Mattolin

I tulku sono quei maestri spirituali che scelgono di ritornare nel mondo, esistenza dopo esistenza, per essere di aiuto agli esseri viventi.
La tradizione di queste reincarnazioni mistiche è una caratteristica peculiare del Buddhismo vajrayana, la forma  dell’insegnamento del Buddha diffusa in Tibet, regione himalayana e Mongolia.
Profondamente radicata nelle culture di questi Paesi, fuori però dall’universo tibetano questa usanza è stata spesso fraintesa.
Scopo di “Tulku, le incarnazioni mistiche del Tibet” è quello di fornire al lettore, attraverso un linguaggio semplice e chiaro, un quadro  esauriente di cosa effettivamente sia la tradizione dei tulku e di come interagisca con le società nelle quali è presente.
Grazie anche alle numerose interviste concesse agli autori dal Dalai Lama e da altri importanti lama buddhisti, questo libro ricostruisce la storia, l’orizzonte religioso ed etnico, l’attuale condizione e il futuro di questa fondamentale componente della civiltà tibetana.
Di particolare interesse inoltre, i capitoli dedicati alla vita del VI Dalai Lama (il più eterodosso di tutto il lignaggio) e all’infanzia dell’attuale quattordicesima reincarnazione, prima che venisse riconosciuta e insediata a Lhasa in qualità di massima autorità del Tibet.
Da segnalare infine come dalle pagine di questo volume (sia grazie al testo sia all’imponente apparato fotografico di cui si avvale) emerga anche una nitida immagine del Tibet e dei luoghi in cui i tulku esercitano la loro funzione spirituale.




PADIGLIONE TIBET, 6 LUGLIO
EVENTI ARTISTICI ED INTERCULTURALI
 di Angela Zenato

La serata del 6 luglio il Padiglione Tibet ha festeggiato gli ottant'anni del Dalai Lama all'interno di uno spazio presto rivelatosi un magico tavolo rotondo.
La sorpresa di un ambiente tanto eclettico mi ha inserita in contesti sempre mutevoli, passando dalle rappresentazioni quasi metafisiche della performance di danza di Ksette, sul calar della sera, alle note incise e potenti di Alberto Fortis all'interno, attorno al quale ho visto trasformarsi un piccolo teatro greco dove la bellezza dell'arte e gli animi tutti hanno espresso un'incredibile, palpabile energia dagli echi antichissimi.

La linea conduttrice - cultura Tibetana e riflessioni interculturali - ha seguito sentieri ed espressioni di libertà artistica significativi, portati alla ribalta in un contesto architettonico minimale e sacro, quale perfetto spazio di continuità tra oriente ed occidente, insomma, un perfetto padiglione per un paese che non c'è, laboratorio di idee, riflessioni ed esperienze da condividere!

Portare nel nostro al di qua immagini reali etniche e proporre un confronto artistico costante ha gettato le basi per porre l'arte quale mezzo di comunione transcontinentale, quasi fosse una preghiera di salvezza. Tra le elaborazioni artistiche più meditative, i passi di danza calati nell'oscurità della sera, come domande inespresse, lungo un futuro tutto da percorrere, si muovevano accompagnati da un'entità muta, simile nei gesti ad una sofferente creatura, estenuata, costretta alla violenta ripetizione dei movimenti. Che in quell'acqua possano esser cadute lacrime? Che sia una sorta di passione, di corpo, di sacrificio scaraventato, crudo, nella petrosa realtà, in serpeggiante silenzio, sferzando sulla pietra la vita come una frusta?

La performance ha tramutato in gesto i passi, i movimenti in piccolo teatro, teso, racchiuso in un essenziale piazzale tinto di blu, tinto dal cielo, dal tramonto, dal blu dell'acqua, ombreggiando e disegnando la parete, a moltiplicarne i gesti…


Un'altra ripetizione, un'altra, identica, storia.…





Visiona l'evento del 6 luglio 2015 
del Padiglione Tibet  
evento parallelo alla 56 Biennale di Venezia


performance di danza 
di Ksette


Tulku (foto di Angela Zenato)



Tulku (foto di Angela Zenato)




Ksette Orizzonte (frame video Cristian Michelini)




Ksette Orizzonte (frame video Cristian Michelini)




Ksette Orizzonte (frame video Cristian Michelini)




Ksette Orizzonte (frame video Cristian Michelini)




Ksette Orizzonte (frame video Cristian Michelini)







Tulkus, the mystic incarnations of Tibet
by Piero Verni and Giampietro Mattolin

Tulkus are those spiritual teachers who choose to return to the world, lifetime after lifetime, in order to help living beings.  This tradition of mystic reincarnation is peculiar to Vajrayana Buddhism, the form of Buddha's teaching found in Tibet, the Himalayan regions and Mongolia.  Although it has deep roots in the culture of these countries, outside of the Tibetan sphere this tradition has often been misunderstood.
The aim of “Tulkus, the mystic incarnations of Tibet” is to give the reader, using clear and simple language, a comprehensive picture of what the tulku tradition actually involves and how it interacts with the societies in which it is found.  Also drawing on  numerous interviews granted to the authors by the Dalai Lama and other important Buddhist lamas, this book reconstructs the history, the religious and ethnic context, the current state and the future of this fundamental component of Tibetan civilisation.
Of particular interest are the chapters dedicated to the life of the sixth Dalai Lama (the most unorthodox of the entire lineage) and to the childhood of the current fourteenth incarnation, before he was recognised and enthroned in Lhasa as the highest authority in Tibet.  A clear picture of Tibet and the places in which tulkus exercise their spiritual function emerges from both the text of this book and the impressive collection of photographs enhancing it.


TIBET PAVILION, 6th OF JULY 2015
ARTISTIC AND INTERCULTURAL EVENTS
by Angela Zenato

The evening of July 6th, the Tibet Pavilion celebrated the eightieth birthday of the Dalai Lama, in a space soon revealed as a magical round table. I found myself in a ever changing context, hosting eclectic artistic events: from the metaphysical dance performance by Ksette, at sunset, to the deep and powerful notes by Alberto Fortis, transforming the inner space in a small greek theatre, where the beauty of the souls remind me an incredible ancient universal energy. The leading line -
the Tibetan heritage and the inter cultural reflections - was focused on the repression and freedom needs, expressed through contemporary art, videos, performance and meetings, brought to the fore in a minimalist and holy architecture.
The Tibet Pavilion,“the never-never country's pavilion”, represents the perfect connection between East and West culture, a laboratory of ideas and a place in which sharing thoughts. Thanks to these purposes, art becomes a transcontinental language, bringing us images of different livings almost it was a prayer talking about Salvation. One of the most significant performance was the contemporary dance elaboration, surrounded by the evening lights out of the Pavilion, where the movements looked like unexpressed questions, slowly dancing on the stone square, speaking about repetition, forced actions and violence. Is that Water composed by tears? Does it refer to the Passion, or to a tired, sacrificed body, which is lashed against the raw reality? Such a silent performance was not only a dance exhibition, but also a theatre, out of the church, acted on a blue square, painted by a deep nocturnal sky and the blue water a round. The movements found their shadows repeated on the stonewall, multiplying the unspoken questions.






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