GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI
SPAZIO OPHEN
VIRTUAL ART GALLERY
“CAVELLINI ARTISTAMP /
MOSTRA A
DOMICILIO”
a cura di
Sandro Bongiani
Presentazione
critica di Piero Cavellini
(In collaborazione con l’Archivio Cavellini
di Brescia)
Dal 22 dicembre 2017 al 31 marzo 2018
Inaugurazione: venerdì
22 dicembre
2017, ore 18.00
Via S. Calenda, 105/D - Salerno
Salerno Tel/Fax 089 5648159
e-mail:
bongiani@alice.it
Web Gallery: http://www.collezionebongianiartmuseum.it
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
Francobollo GAC ARTISTAMP creato da Domenico Ferrara Foria
in occasione della mostra personale a Salerno.
S’inaugura venerdì
22 dicembre 2017, alle ore 18.00, la mostra
Personale dal titolo “CAVELLINI ARTISTAMP / MOSTRA A
DOMICILIO” a cura di Sandro
Bongiani che lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno dedica
all’artista italiano Guglielmo Achille
Cavellini, presentando, in
collaborazione con l’Archivio Cavellini di Brescia la serie di 77 francobolli, alcuni ancora inediti, in una mostra volutamente “virtuale”,
come logico sviluppo delle mostre realizzate dall’artista a domicilio, tra opere ad acrilico, intarsio, carbone,
legno, collage, pennarello, serigrafia,
fotografia e studi grafici preparatori creati nel corso degli anni 70’ e 80’ sotto
forma di Artistamp, con il fine d’indagare una parte
significativa del lavoro di
Cavellini ancora non del tutto conosciuto.
Nella sua ininterrotta navigazione nel territorio dell’arte GAC ha ricercato
senza sosta segnali chiarificatrici che
rendessero esplicito la condizione dell’artista e le sue ambizioni molto spesso
frustrate dal conflitto con la dinamica sociale. In tale contesto nascono i
primi francobolli, nella seconda metà degli anni Sessanta, essenzialmente
riproduzioni in legno ad intarsi di opere degne di essere eternizzate con il
mezzo più semplice ed immediato che la comunicazione sociale ha per dare lustro
ad un’attività umana: quello di inserirla nella iconografia postale.
Una vita dedita totalmente all’autostoricizzazione, diffusa ampiamente dal
1970 in poi con mostre e cataloghi a
domicilio, manifesti, spille, stickers, cimeli, francobolli, performance, happening,
attendendo e programmando la celebrazione ufficiale del 2014 in concomitanza
con il centenario dalla sua nascita, nel veneziano Palazzo Ducale e nei musei
più prestigiosi del mondo.
Scrive Piero Cavellini nella presentazione alla mostra: “ E’ nei primi anni Settanta che,
appropiandosi di una dilagante espressione concettuale, questi suoi giudizi in
qualche modo esplodono. Nel 1971 conia il termine “autostoricizzazione” ed
inizia un lavoro espanso ed insistito ponendosi in prima persona come paladino della
condizione dell’artista portando su se stesso il compito di fornirgli le
modalità per superare lo stato dell’esclusione. Lo fa essenzialmente col
concetto di “Centenario” come strategia anticipatoria della propria
celebrazione e con le “Mostre a domicilio”, veicolo espositivo postale che gli
permette di esporre il proprio lavoro in diecimila luoghi in tutto il mondo.
Queste attività lo inseriscono in un circuito di arte postale internazionale
che già si stava diffondendo da qualche anno nelle dinamiche espressive del
periodo. E’ all’interno di questa fuga
in avanti che rientra in gioco il “Francobollo” come elemento essenziale di
questo tipo di circolazione artistica. Nella parte finale del suo lavoro, gli
anni Ottanta, quando la sua presenza nel mondo dell’arte diventa estesa e
partecipata, questo espediente sintattico della comunicazione diviene sempre
più “opera dipinta” esso stesso dando sfogo ad una creatività senza freni, un
produrre con soggetti svariati ed eclettici una grande quantità di opere come
“Progetto di Francobollo per il mio Centenario”. E’ in questo periodo,
quindi, che usa un suo particolare “stile” per dare sostanza al corpus di
lavori che avrebbero dovuto supportare le esposizioni museali del 2014 . Ne
risulta la composizione di un universo
sia intimo che sociale con cui da corpo ad una visione di se stesso rapportato
agli altri in cui il francobollo diviene il territorio privilegiato con cui
tenta di eternizzare il proprio stato.
BREVE BIOGRAFIA di GUGLIEMO ACHILLE CAVELLINI
GAC (Guglielmo Achille
Cavellini) è stato un importante
studioso e collezionista dell'arte astratta europea. Dalla metà degli Anni '40
esordisce con disegni e ritratti. Nel '60, si dedica invece alla
sperimentazione: alcuni esempi del suo lavoro sono spesso legati a citazioni,
vere e proprie elaborazioni di celebri opere che ne fanno un autentico attore
nella messa in scena dell'arte. GAC mette in pratica la sua teoria
dell'autostoricizzazione: il fare da sé nel costruirsi attorno l'alone del
successo, mettendo in disparte i processi canonici che il sistema utilizza a
tale scopo. Non è un atto di megalomane autorappresentazione, bensì
l'innescarsi di una procedura alternativa: una rivoluzione all'interno della
comunicazione artistica. Andy Warhol si mette a ritrarre Cavellini, e il
geniaccio GAC rende omaggio a Andy con il francobollo "Le Marilyn di
Warhol" (1984). L’utilizzo dei materiali di recupero (negli oggetti
assemblati, negli intarsi in legno, nei carboni), è lo strumento del suo
operare. Nascono i Teatrini e i francobolli d’artista attraverso i quali
viene reso omaggio ai geni della pittura: Picasso, Lèger, Matisse, Braque e
nasce, anche, l’amore per la Mail Art, movimento libero e
democratico che permette a GAC di avere contatti e confronti importanti
con tanti artisti sparsi su tutto il pianeta.
GAC E
L’EPICA DEL FRANCOBOLLO
Nella
sua navigazione ininterrotta nel territorio dell’arte GAC esprime un giudizio
sul sistema che la sottende.
Lo
ha fatto da artista abbandonando la sua produzione per raccogliere attorno a sé
una nuova generazione senza altra speranza di trovare luce per uscire da una
diatriba sterile e passatista.
Continua
poi producendo opere come artista attivo ricercando senza sosta segnali che
rendessero esplicito il suo argomento: la condizione dell’artista e le sue
ambizioni molto spesso frustrate dal conflitto con la dinamica sociale.
Dapprima
agendo sul suo stesso lavoro, incassettando le proprie opere precedenti
distrutte o proponendole come opere bruciate, in seguito iniziando a ragionare
sul consenso riservato alle opere degne di celebrazione.
In
questo contesto nascono i primi francobolli, nella seconda metà degli anni
Sessanta, essenzialmente riproduzioni in legno ad intarsi di opere degne di
essere eternizzate con il mezzo più semplice ed immediato che la comunicazione
sociale ha per dare lustro ad un’attività umana: quello di inserirla nella
iconografia postale.
Sorge
così un suo codice estetico speciale che lo accompagnerà in seguito in gran
parte del suo lavoro.
E’
nei primi anni Settanta che, appropiandosi di una dilagante espressione
concettuale, questi suoi giudizi in qualche modo esplodono.
Nel
1971 conia il termine “autostoricizzazione” ed inizia un lavoro espanso ed
insistito ponendosi in prima persona come paladino della condizione
dell’artista portando su se stesso il compito di fornirgli le modalità per
superare lo stato dell’esclusione.
Lo
fa essenzialmente col concetto di “Centenario” come strategia anticipatoria
della propria celebrazione e con le “Mostre a domicilio”, veicolo espositivo
postale che gli permette di esporre il proprio lavoro in diecimila luoghi in
tutto il mondo.
Queste
attività lo inseriscono in un circuito di arte postale internazionale che già
si stava diffondendo da qualche anno nelle dinamiche espressive del periodo.
E’
all’interno di questa fuga in avanti che rientra in gioco il “Francobollo” come
elemento essenziale di questo tipo di circolazione artistica.
Nella
parte finale del suo lavoro, gli anni Ottanta, quando la sua presenza nel mondo
dell’arte diventa estesa e partecipata, questo espediente sintattico della
comunicazione diviene sempre più “opera dipinta” esso stesso dando sfogo ad una
creatività senza freni, un produrre con soggetti svariati ed eclettici una
grande quantità di opere come “Progetto di Francobollo per il mio Centenario”.
E’
in questo periodo quindi che usa un suo particolare “stile” per dare sostanza
al corpus di lavori che avrebbero dovuto supportare le esposizioni museali del
2014.
Osservandone
la varietà si trovano riassunte gran parte delle sue tensioni dove compaiono la
raffigurazione geografica dell’Italia ricomposta attraverso elementi naturali
come foglie, pigne, segmenti di tronchi d’albero, oppure sociali come la sua
minuziosa scrittura o gli stessi elementi comunicativi che usava negli invii
mailartistici. Non manca la sua riflessione sulla pittura del recente passato
tra cui appare Andy Warhol con le sue iconografie popolari a cui si sente
particolarmente vicino.
Ne
risulta quindi la composizione di un universo sia intimo che sociale con cui da
corpo ad una visione di se stesso rapportato agli altri in cui il francobollo
diviene il territorio privilegiato con cui tenta di eternizzare il proprio
stato.
BIOGRAFIA / GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI
Brescia 1914-1990
Guglielmo Achille Cavellini (o GAC, come
si firmava) è stato un personaggio multiforme e geniale che per circa un
cinquantennio ha vissuto, come fosse un arbitro speciale, l’arte contemporanea,
dal secondo dopoguerra fino al 1990, anno della sua morte.
Sta forse qui il cardine per capirlo. Non
è stato un artista come tanti altri, con la sua piccola o grande innovazione.
Non è stata una questione di stile la sua, ma una specie di giudizio illuminato
che ha ricondotto giustamente all’individuo ed al suo pensiero i balbettii di
un sistema che si stava sbriciolando in mille rivoli di potere dove l’arte e
l’artista rischiavano di rimanere nell’ombra. Non è poco si dirà, eppure sembra
che tutto ciò ancora ai più non sia chiaro.
La storia ha inizio sul finire degli anni
quaranta quando GAC, messi da parte i suoi primi tentativi espressivi, scopre
una nuova arte europea che, chiamandosi astratta, coniuga un fronte nuovo della
pittura. Ne diviene uno dei maggiori collezionisti, se ne innamora come pittore
e offre il suo primo giudizio all’arte. Per molti sembra che il suo valore
termini qui, invece quella non fu altro che la scintilla iniziale, un modo per
mettere in piedi un’idea dell’arte come scelta individuale che è stata
l’elemento conduttore della sua esistenza d’artista.
Nel 1960 ha ripreso il lavoro con forza,
dapprima sul versante dell’astrattismo pittorico che tanta parte aveva avuto
nei suoi interessi del decennio precedente, ma con un gesto, un segno nuovi che
appaiono ora come anticipatori del suo lavoro sulla scrittura che prenderà
corpo più tardi.
La sperimentazione continua e nel 1965
sforna un gruppo di lavori che sono un’ulteriore tappa verso un uso
diversificato dei materiali. Recupera dal quotidiano oggetti, soprattutto
giocattoli, soldatini, lamette da barba ecc. che uniti a materiali di discarica
vanno a formare una sorta di teatrino carico di memoria e anche di denuncia
sociale.
E’ quindi la volta delle cassette che
contengono opere distrutte (1966-1968) in cui ingabbia i suoi tentativi di
lavoro precedente ed anche, e qui appare per la prima volta l’elemento
citazione-appropriazione, opere di artisti di cui stima maggiormente il lavoro.
Citazione-appropriazione che prende corpo più chiaramente (1967-1968) con
opere formate da intarsi in legno dipinto in cui gioca con i
personaggi della storia dell’arte, ed anche con i primi francobolli, dando il
via ad una ricognizione sulla celebrazione che sarà poi sempre
presente nel suo lavoro.
Nei carboni (1968-1971), che per un certo periodo sono stati un vero e
proprio simbolo del suo lavoro, dove bruciare significa creare il nuovo
purificandosi, coniuga più apertamente i concetti appena accennati nei lavori
precedenti, dalla pittura all’oggetto, dalla citazione all’appropriazione fino
a far assumere a certe icone la valenza di opera propria, usando opere di altri
autori oppure l’immagine dell’Italia in innumerevoli situazioni e
contesti.
Nel 1970 produce una serie di opere,
intitolate Proposte, in cui l’azzardo di appropriazione
iconoclasta lo porta a sezionare tele di altri autori di importante valore
storico ed artistico. Il gioco e l’ironia prendono ancora più spazio lasciando
posto anche al dubbio che ci si trovi di fronte ad un gesto estremo e
lesionista (era sì o no Cavellini in tempi passati un famoso collezionista?).
Nel 1971 c’è una svolta cruciale nel suo lavoro: decide di rivolgere
attenzione unicamente a se stesso per segnalare la deformazione di un sistema
permeato da invidie e chiusure invalicabili. Conia il termine Autostoricizzazione, che
fu una vera e propria puntualizzazione, un modo per mettere in pratica il suo
giudizio. Il termine può sembrare a prima vista un escamotage brillante
e narcisista per mettersi in mostra, ma è tanto forte l’idea da intrufolarsi
nel sistema dell’arte e straripare nei suoi gangli più vitali mettendone in
luce ogni contraddizione.
Le sue Mostre a domicilio furono una specie di vessillo
per tanti giovani artisti con cui ebbe un fitto scambio di arte postale, tanto
da creare uno degli archivi-museo tra i più cospicui ed interessanti di questo
tipo di opere provenienti da ogni parte del mondo. Museo che egli, a più
riprese, disse di considerare “la sua opera più importante”.
Produce quindi i manifesti che innumerevoli musei di tutto il mondo
dovranno usare per celebrare il suo centenario, abbinando al
suo nome la sigla 1914-2014.
A questo punto la fantasia dell’artista, liberata da ogni pudore verso
l’autocelebrazione, si scatena. Nei francobolli entra lui con la sua mimica
votata allo sberleffo.
Scrive una Pagina dell’Enciclopedia partendo da una
semplice cronaca autobiografica fino a sfociare in una vera e propria iperbole
del culto della personalità. La sua scrittura diviene quindi una cifra
pittorica usata con maniacale insistenza su tutti i supporti possibili:
colonne, manichini, tele e drappi di dimensioni enormi.
E’ questa la realtà che vede Cavellini come autentico innovatore, ed
anticipatore anche negli aspetti di una nuova comunicazione nell’arte,
scavalcando i canonici rapporti che sembrano una base inscalfibile del sistema,
dando una risposta concreta e carica di vitalità al suo messaggio di provocante
giudice del territorio dell’arte. (Archivio Cavellini di Brescia).
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