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venerdì 4 dicembre 2020

Salerno / RETROSPETTIVA di MAURO MOLINARI “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”

 


SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

RETROSPETTIVA di MAURO  MOLINARI

“TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”

 Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007

a cura di Sandro Bongiani

Preview:  4 dicembre 2020

dal  5 dicembre 2020  al 14 marzo 2021

L’evento partecipa alla giornata del contemporaneo

promossa da AMACI

Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani


Vernissage:  5 dicembre, ore 18.00

Visit 

Galleria Virtuale: http://www.collezionebongianiartmuseum.it/  

#GiornataDelContemporaneo

 




S’inaugura sabato  5 dicembre 2020, alle ore 18.00, la mostra Retrospettiva “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, che cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.

Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza  che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.  

A partire dagli anni 90, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete.

Sandro Bongiani nella presentazione in catalogo scrive: “Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione.

Libri teatro di  carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri  d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà  tutta contemporanea.

Una lunga  e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità  e soprattutto  essenza concreta di assoluto”.    

 









SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

RETROSPETTIVA di MAURO MOLINARI

“TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”

 Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007

a cura di Sandro Bongiani


La mostra Retrospettiva “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.

Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Insomma, una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza  che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.  Su tali temi trattati nel corso degli anni ha prodotto carte, tele, grandi installazioni, tavole, sculture dipinte e persino  artistamps d’autore. Un autore decisamente originale tra i protagonisti  fondatori  della Fiber Art italiana. Le ricerche iniziali degli anni sessanta  dell’informale e della poesia visiva si evolvono negli anni novanta ad un  repertorio di motivi tessili; dai lampassi broccati ai damaschi, dal tessuto italiano antico (fiorentino, comasco, genovese, veneziano, lucchese, siciliano), al  motivo tessile spagnolo, inglese, indiano e cinese della seta a garza. Una vasta varietà di motivi tessili che abbracciano svariati periodi storici; dal tessuto cinese del III sec. a.C. ai motivi europei che vanno dall’XI sec. fino al XIX secolo. Da essi recupera con i disegni su carta, con gli acquerelli e gli acrilici, frammenti di figure, animali, alberi  e qualsiasi sorta di “immaginario fantastico” che poi inserisce su tavole di legno o su tela. Cicli di opere “gentili” come la serie di pianete, le scarpe, le sculture ricoperte di carte dipinte, i libri d’artista rivisitati e interpretati come “appunti,  variazioni, racconti di figure”, con altrettanti sorprendenti titoli, come per esempio, “giardino, paesaggio spagnolo, Mashan,  India,  mediterraneo, rinascimento”, in cui affiorano “lacerti di giardino, maschere, guardiani e fantasmi immaginari del presente”, con una insolita carica espressiva in cui il segno e la velatura degli acquerelli fanno affiorare  misteri e frammenti di storia passata.

Tutto inizia agli inizi degli anni 90. Una passione che già covava da tempo, il padre era un commerciante di tessuti e poi proprietario con la moglie di un atelier di moda, non ha caso, Mauro  Molinari fin da bambino ha sempre vissuto tra rotoli di stoffe e colori stampati fino a conoscerli e amarli. Poi, anche l'incontro in una galleria di via Giulia a Roma, con i prodotti della Tessitura di Rovezzano, realizzati utilizzando pregiati motivi figurativi e tecniche dei secoli trascorsi.  Per diversi anni, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete. Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione. Dal connubio con il tessile nascono i libri d’artista ad acquerello segnati da tracce di materia trasparente e fragili segni di memorie incise come quelli realizzati nel 2007, (Racconti con figure, 2007, carte dipinte su legno da un motivo tessile di fattura inglese del primo trecento Piviale di Pio II), di cui un importante esemplare è presente in permanenza nella Collezione del  Bongiani Ophen Art Museum  di Salerno.

Si diceva, libri teatro di  carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri  d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà  tutta contemporanea.

Mirella Bentivoglio, presentandolo  nel 1998 a Lugano scrive: “nel lavoro di Molinari sui tessuti è implicito un allargamento, dalla visione individuale, all’immaginario collettivo; un prelievo di dati filtrati da tradizioni anonime rielaborati individualmente, riportati alla loro essenza e dignità di “espressione”. Nello stesso anno anche Alberto Veca, sottolinea che “l’operazione è a un tempo un recupero della memoria e la soglia inaugurale di un viaggio, in cui le coordinate della collocazione geografica e cronologica perdono le loro caratteristiche per un più libero e fantasioso percorso, capace di accostare nuove e incognite traiettorie”.

Davvero una lunga  e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità  e soprattutto  essenza concreta di assoluto.    

Sandro Bongiani  19 nov. 2020

 



      BIOGRAFIA


Mauro Molinari Nato a Roma, vive a Velletri (RM). La sua ricerca artistica si è svolta per cicli che vanno dai registri informali degli anni ’60 alla pittura scritta e alle geometrie modulari del ventennio successivo. Nel 1974 personale alla galleria d’Arte Internazionale di Roma, pres. S. Giannattasio. Nel 1975 le sue opere sono presenti alla X Quadriennale di Roma. Dal 1974 all’81 partecipa alle rassegne internazionali sul disegno della Fundació Joan Miró di Barcellona. Nel 1979 personale alla galleria Il Grifo di Roma , pres. D. Micacchi. Nel 1982 personale alla galleria Il Luogo di Roma, pres. M. Lunetta e C. Paternostro. Nel 1983 e 1985 partecipa all’International Drawing Biennale di Cleveland. Nel 1987 personale alla galleria Incontro d’Arte di Roma, pres. I. Mussa. Negli anni ’90 si dedica alla rielaborazione pittorica dei motivi tessili avviando un ciclo che dura più di 15 anni. Nel 1995 nasce la collana di Orditi & Trame, di cataloghi editi in proprio. Il primo illustra la mostra itinerante promossa dalla Tessitura di Rovezzano e presentata a Roma alla galleria Pulchrum, pres. L. de Sanctis. Nel 1998 personale allo Spazio de la Paix e alla Biblioteca Cantonale di Lugano, pres. A. Veca. Dal 2000 al 2014 partecipa ai Rencontres Internationales di Marsiglia. Dal 2000 al 2008 collabora con la rassegna internazionale Miniartextil che si tiene a Como ogni anno. Nel 1999-2000 crea il ciclo Stellae Errantes sculture dipinte ispirate ai tessuti sacri, che è stato ospitato in numerosi musei italiani in occasione del Giubileo. Nel 2001 personali alla galleria Il Salotto di Como e al Museo Didattico della Seta di Como, pres. M. De Stasio. Nel 2001 personale al Museo dell’Infiorata di Genzano, pres. C. F. Carli. Nel 2002 personale al Museo S. Maria di Cerrate Lecce, pres. L. Caramel. Nel 2003 sala personale al Musèe de l’Impression sur Ètoffes di Mulhouse, pres. L. Caramel. Nel 2004 personale a Oman Caffè di Como, pres. L. Caramel. Nel 2005 esposizione allo Spazio Mantero di Como e al Salons de l’Hôtel de Ville di Montrouge, pres. L. Caramel. Nel 2006 Salone d’Arte Moderna di Forlì, pres. F. Gallo, e sala personale al Museo di Palazzo Mocenigo di Venezia, pres. L. Caramel. Nel 2007 personale alla Fondazione Venanzo Crocetti di Roma, pres. C. F. Carli e C. Paternostro. Nel 2008 sala personale alla VI Triennale Internazionale di Tournai, e personale alla Biblioteca Angelica di Roma, pres. E. Di Raddo. Dal 2008 sviluppa un ciclo pittorico dove è centrale la figurazione, che si pone come naturale evoluzione del suo percorso creativo. Nel 2009 personale alla galleria Renzo Cortina di Milano, pres. A. Veca. Nel 2010 personale al Museo Carlo Bilotti di Roma, pres. A. Arconti e L. Canova. Dal 2011 al 2016 e 2019 partecipa al Festival del Libro d’Artista di Barcellona, pres. E. Pellacani. Nel 2012 e 2015 Galleria Gallerati Roma primo e secondo progetto mixed media. Nel 2013 due personali alla galleria Baccina Techne di Roma, pres. G. Evangelista e personale allo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno, pres. G. Bonanno. Nel 2014 personale allo Spazio COMEL di Latina, pres. M. Cozzuto e a Roma presso il Municipio Roma III, Aula Consiliare, pres. G. Evangelista. Nel 2016 Dante e i Papi nella Divina Commedia Fondazione Pescabruzzo a cura di Giorgio Di Genova, donazione delle opere. Dal 2014 al 2019 Artisti per Nuvolari Casa Museo Sartori Castel d’Ario (MN). Nel 2017 Museo Jean Lurçat Angers Francia, donazione bozzetto originale. Personale Spazio Medina e AF CasaDesign pres. F. Farachi. Antologica 1990/2006 Museo Diocesano e Sala Angelucci Velletri, pres. Sara Bruno e Claudia Zaccagnini, donazione di sei sculture. Nel 2018 donazione di un’opera al costituendo museo di arte contemporanea SAmac di Benevento, Antologica 2007/2017 Tibaldi Arte Contemporanea Roma a cura di Carlo Fabrizio Carli. Nel 2019 il Museo Comunale di Praia a Mare ha acquisito l’opera “White and Brown. Nel 2020 Retrospettiva “Textures - Racconti e trame per un immaginario gentile” , Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007 - Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno a cura di Sandro Bongiani

 Studio: Interno 5, via Paolina 25, 00049 Velletri (RM) Italia, info: cell. 328 6947561 www.facebook.com/mauro.molinari.73 e-mail: arte@mauromolinari.it web: www.mauromolinari.it sito web storico: www.caldarelli.it/molinari.htm









SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY - SALERNO

COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM

 http://www.collezionebongianiartmuseum.it 

Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=14

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=89




SANDRO  BONGIANI  ARTE  CONTEMPORANEA

ARCHIVIO OPHEN VIRTUAL ART di SALERNO


Sandro Bongiani (Alias di Giovanni Bonanno) è nato nel 1954 in Sicilia, nella Valle dei Templi tra Selinunte e Agrigento. Artista, gallerista  e Critico d’Arte Contemporanea, ha scritto saggi e recensioni su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Paolo Scirpa, Giuliano Mauri, Gabriele Jardini, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi, Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Varlin, Wols, Vincenzo Nucci, Omar Galliani e importanti interviste ad artisti contemporanei come Ruggero Maggi, Paolo Scirpa,  Francesco Somaini e Ryosuke Cohen.

Dopo   aver creato nel 1989, in provincia di Como l’Archivio Ophen Virtual Art, dal 1996  ha coordinato l\'attività espositiva dello Spazio Media Immagine di Turate (CO) con esposizioni personali e collettive di importanti artisti contemporanei. Nel 2009  inizia l\'attività espositiva virtuale con lo Spazio "OPHEN VIRTUAL ART GALLERY" una delle prime e più importanti gallerie virtuali al mondo di arte contemporanea presentando importanti artisti internazionali. Nel 2011 crea il "Bongiani Ophen Art Museum", Museo Virtuale e contenitore di Arte Contemporanea. Docente Ordinario di Storia dell’Arte, ha vissuto dal 1977 al 2002 in provincia di Como, attualmente vive e opera a Salerno e scrive per vari Blog d'arte contemporanea e moderna.

 

L’intervista di Francesca Salvato a Giovanni  Bonanno  (Alias Sandro Bongiani).

La Ophen Virtual Art Gallery è la prima galleria virtuale in cui l’arte contemporanea diviene virtuale e interattiva. Nessun muro e nessuna sala bensì solo il web per accogliere le opere, un luogo in perenne evoluzione dove si alternano i lavori di artisti più e meno noti. Ciò permette agli artisti emergenti di usufruire gratuitamente di una vetrina costante e consente, a quelli con maggiore esperienza nel settore, di rendersi sempre più internazionali. L'Ophen Virtual Art Gallery è sempre pronta a spalancare le sue porte proponendosi come ponte tra l’arte in senso stretto e l’innovazione della rete internet. Senza dubbio si tratta, allo stato attuale, della prima e più importante galleria on-line a livello mondiale che si occupa di arte contemporanea

 

Ci dica come è nata l’idea di una galleria virtuale?

Lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery, nasce nel 2009 ed è uno dei primi contenitori espositivi virtuali internazionali al mondo con l’arte a portata di mouse. Durante questi ultimi decenni avevo notato che il pubblico era sempre meno. Probabilmente davanti ad una galleria privata, si palesa l’insofferenza e la paura di pagare persino l’ingresso. Solo le grandi mostre con un grosso battage pubblicitario permettono di avere un numero considerevole di visitatori; penso alle mostre dedicate a Van Gogh, agli Impressionisti o alla rassegna della Biennale di Venezia. Il fruitore molto spesso rimane indifferente a tante importanti proposte culturali, per cui, un’altra ragione in più per cercare una nuova possibilità e sfidare la “pigrizia” del pubblico nei confronti dell’arte contemporanea. La crisi economica e culturale del sistema Italia. In questi ultimi anni il vento ha spazzato via in un solo colpo non solo le imprese ma anche le gallerie d’arte, tanti spazi espositivi. La crisi ha insabbiato il potere d’acquisto della classe media che, pur entro certi limiti, aveva investito in questo settore. È un momento davvero difficile, le spese di gestione sono alte, si fa fatica a trovare qualche sponsor e gli investimenti puntano sul sicuro, cioè su “autori storici”. Non ci si sta dietro alle spese, si vende ormai pochissimo. Chi non ha le spalle larghe e coperte di sicuro chiude. Come tante altre realtà, si chiude a Modena come a Milano o a Parigi. Questa è l’aria, purtroppo, che si respira oggi. Consapevole di questa nuova realtà ho voluto realizzare compiutamente un mio progetto curatoriale ed espositivo di tipo sperimentale, alternativo e innovativo rispetto all’attività consueta delle gallerie d’arte, assorbendo di fatto tutte le strategie acquisite e utilizzate dalle gallerie tradizionali e nel contempo usando le nuove tecnologie che avevo a disposizione…

 

Evento segnalato da ARCHIVIO OPHEN VIRTUAL ART DI SALERNO


domenica 4 agosto 2019

RETROSPETTIVA DI VINCENZO NUCCI A SCIACCA




RETROSPETTIVA DI  VINCENZO  NUCCI A SCIACCA





VINCENZO   NUCCI
"dipingere è un’esigenza dell’anima"



Alla “Casa Museo Scaglione” di Sciacca, dal 4 agosto al 30 settembre (con il patrocinio di: Regione Siciliana, Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Agrigento e Comune di Sciacca) si svolge la mostra “Nucci. Una retrospettiva, opere 1985-2015”. Essa segna, con decisione, la presenza di questo artista saccense, nato nel 1941 e scomparso nel 2015, come cantore di una atmosfera mediterranea perfusa di mito e di storia.

Curatori della mostra Tanino Bonifacio e Aldo Gerbino i quali mettono in evidenza i momenti creativi di tale fruttuoso percorso. Bonifacio sottolinea come “La luce dipinta da Nucci rischiari la bellezza che sosta nascosta fra le cose della nostra esistenza, tutte le sue opere sono il regno governato dalle sostanze della luce concepita anche come simbolo, luce come atto del divenire, il venire fuori dal buio, il venire alla luce della vita. Aldo Gerbino coglie, in Nucci, il valore di pigmenti rintracciabili “nell’obiettivo di tale cauta Retrospettiva, per poi spostarsi e ricollocarsi gradualmente, nel prosieguo dell’indagine, in quel fading inserito a piene mani dall’artista in ciò che è stata la sua più recente scrittura. Mutamenti, tra Nouvelle Figuration e il commosso guardare all’intensità dell’amico Piero Guccione”. Agli scritti dei curatori si affianca, in catalogo, il testo di Rita Ferlisi che riferisce della “bellezza dell’arte di Vincenzo Nucci”, “un dialogare con la pittura creando un universo diaristico capace di raccontare la vita attraverso l’anima delle cose”.

Il corredo critico è testimoniato, in sintesi, da interventi di Philippe Daverio, Valentina Di Miceli, Aldo Gerbino, Marco Goldin e Vittorio Sgarbi.
Aprono il catalogo gli interventi istituzionali di Michele Benfari, Soprintendente per i Beni Culturali e Ambientali di Agrigento, e di Francesca Valenti, Sindaco di Sciacca.




Giardino mediterraneo olio su tela cm 100 x cm 95 anno 2015




Ricordi di luce olio su tela cm 79 x cm 55 anno 2009




Paesaggio olio su tela cm 55 x cm 80 anno 2009









Dopo la mostra del 2015 al Teatro Samonà, a Sciacca,  ritornano  i grandi lavori di Enzo Nucci in una retrospettiva che comprende il periodo che va dal 1985 al 2015,  una grande stagione intima e poetica del paesaggio siciliano con le case patronali e l'aria della grande pittura in cui l'uomo quasi mai rappresentato come del resto anche il mare che vedeva ogni giorno dalla sua finestra dello studio, eppure presente nel silenzio assolato e solitario delle sue intime visioni. Mi diceva di amare il grande pittore francese impressionista Pierre Bonnard. Credo che bisogna partire proprio da qui per capire la grande lezione poetica di Enzo Nucci.  Nato a Sciacca nel 1941 e scomparso il 25 aprile di questo 2015, Nucci si è distinto nel panorama della pittura italiana contemporanea per una attenzione cromatica e stilistica peculiare, che ha portato i suoi paesaggi ad essere apprezzati, ricercati, esposti e collezionati fra gli intenditori di tutta Europa.    Sandro  Bongiani




mercoledì 13 giugno 2018

“SHOZO SHIMAMOTO / SPAZIO NEL TEMPO” Retrospettiva Fondazione Sant’Elia | PALERMO





PALERMO OSPITA MANIFESTA 12
dal 16 giugno  al 4 novembre  2018

Al via la 12ma edizione di MANIFESTA ospitata a  Palermo come importante evento culturale. Dodici edizioni  dal 1996 a oggi, di una biennale nomade ospitata ogni volta  in altrettanti città  d’Europa in cui ha saputo trattare  in modo collettivo, interdisciplinare e culturale  i problemi  sociali. Palermo capitale dell’arte contemporanea: Con il titolo: "Il Giardino Planetario. Coltivare la coesistenza"  la biennale nomade d'arte e cultura dal 16 giugno  al 4 novembre  2018 dialogherà con 20 luoghi della città, con oltre 50 progetti  tra installazioni  pubbliche,  interventi urbani  e performance. Una dodicesima edizione ispirata alle riflessioni del botanico francese   Gilles  Clément che nel 1997 ha teorizzato il mondo come  un giardino   di cui l’umanità ha il compito di essere giardiniere. Manifesta 12 ha voluto  indagare con  le sue indagini artistiche e culturali il tema della  migrazione e del cambiamento  climatico scegliendo come punto di osservazione la città di Palermo  e la   società palermitana, che come  Napoli,  rivela  essere un’interessante  punto di osservazione  per guardare più da vicino  i cambiamenti  e i problemi di  questa nostra società. Manifesta nasce nei primi anni ’90 con un progetto culturale fondato ad Amsterdam dalla storica dell’arte olandese Hedwig Fijen, in risposta al  cambiamento politico, economico e sociale avviatosi alla fine della guerra fredda.




SHOZO SHIMAMOTO / SPAZIO NEL TEMPO
Retrospettiva
Fondazione Sant’Elia | PALERMO
Dal 13 giugno al 6 agosto 2018
Palazzo Sant’Elia

Un colore senza materia non esiste. Se in procinto di creare non si getta via il pennello, non c’è speranza di emancipare le tinte. Senza pennello le sostanze coloranti prenderanno vita per la prima volta. Al posto del pennello si potrebbe usare con profitto qualsivoglia strumento. Per iniziare, le nude mani o la spatola da pittura. E poi ci sono gli oggetti adoperati dai membri del gruppo Gutai: annaffiatoi, ombrelli, vibratori, pallottolieri, pattini, giocattoli. E poi ancora i piedi, o le armi da fuoco, o altro. E in tutto ciò potrebbe anche ricomparire il pennello, perché non vi è dubbio che in simili elaborazioni innovatrici qualcosa del passato torna in essere.
                                                                                                                    (Shozo Shimamoto, Bollettino 
«Gutai», n.6 Ōsaka, 1957).





Saranno ben 62  gli eventi collaterali di Manifesta  12, tra questi l’importante mostra retrospettiva dedicata  a Shozo Shimamoto, dal titolo "SPAZIO NEL TEMPO”, a cura di Achille Bonito Oliva,  che  sarà inaugurata oggi alle ore 18:00 alla Fondazione Sant’Elia, per concludersi il  6 agosto. Per la prima volta in Italia, verranno esposti anche i lavori su carta degli anni Cinquanta. L’artista giapponese Shozo Shimamoto [Osaka, 22 gennaio 1928 – 25 gennaio 2013], nella piccola città di Ashiya (Hyogo), Negli anni ‘50 Shimamoto inizia a lavorare come pittore e proprio in nome di un nuovo modo di concepire e praticare la pittura, inizia a dedicarsi all’azione realizzando opere di tipo  performativo. Un’ampia retrospettiva sull’artista giapponese, a cura di Achille Bonito Oliva,  e della della Fondazione Morra di Napoli e dall’Associazione Shozo Shimamoto. Un particolare sguardo attento e completo sul percorso dell’artista giapponese, dalle prime innovative sperimentazioni degli anni ‘40 e ’50, fino alle performance degli ultimi anni. Sono in mostra i lavori del periodo storico, dalle prime opere con il gruppo Gutai alle esplosioni di colore dei lavori realizzati in Campania nel 2000. 

Gutai, è una corrente artistica giapponese fondata nel 1954 ad Osaka da Jiro Yoschihara e di cui Shimamoto è uno degli interpreti più importanti è una parola che in giapponese significa conflitto tra materia e spirito, e di fatto, Gutai ha prodotto una  evidente rottura con la tradizione e l'arte spirituale  giapponese introducendo  la materia nel rapporto con la vita in un momento storico  condizionato fortemente dai tragici eventi bellici  come quelli di Hiroshima e Nagasaki.  Una spiritualità concretizzata nella materia. Il termine “Gutai”,  significa anche  “concreto”. Una decisa volontà di creare forme espressive nuove, diverse, libere da qualsiasi tipo di proposta consueta di tipo accademico, come il  disegno, la bella pittura  fatta con  il pennello. Insomma,  l’artista nipponico cambia il  concetto consueto di creazione artistica grazie alla ricerca e alla sperimentazione, anticipando esperienze importanti  come l’ Action Painting  e  il movimento Fluxus americano sorto  circa dieci anni dopo ad opera di George Maciunas.  Attraverso la dimensione sofferta e lacerata dei tempi, attraverso la forte frattura con la tradizione,  l'arte intesa come la mediazione della mente  cerca di mettere in mostra le qualità intime, la  libertà e l’energia insostanziale della materia. Tutto ciò che era  prima tradizione ora è materia sciolta e fluida che inizia a  rivivere. Per cui, il rapporto fra artista e materia appare invertito: sono gli artisti a porsi al servizio dell’opera, anziché dominarla con la propria  arroganza e prepotente  sensibilità poetica. 

Shozo Shimamoto  alcuni anni prima del 1950 aveva già realizzato una serie di opere aprendo uno squarcio  concreto sulla superficie della pittura. Anche queste opere, sono nate come  risultato di un`azione casuale.  In quel periodo, per risparmiare sui materiali, Shimamoto usava come base carta di giornali incollati, tuttavia,  un giorno per sbaglio fini`  per fare un buco su una superficie   di carta fragile. D`istinto Shimamoto  si accorse che si trattava comunque di un`espressione. E` interessante sottolineare come circa nello stesso periodo in Italia, Fontana tentava di aprire dei fori sulla tela e successivamente  i  tagli, tuttavia,  bisogna notare come i primi buchi e tagli di Fontana risalgono al 1949, come sono testimoniate dai cataloghi e  dalle mostre  svolte, mentre Shimamoto, di certo,  ha iniziato a fare i primi buchi nel 1946, praticamente tre anni prima di Fontana. La retrospettiva su Shozo Shimamoto è tra gli eventi di punta del grande cartellone di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018.      Sandro  Bongiani







SHOZO SHIMAMOTO,  note biografiche: 

Shozo  Shimamoto nasce ad Osaka, in Giappone, nel 1928. In anticipo alla straordinaria apertura e Co-fondatore del gruppo Gutai con Jiro Yoshihara, Shimamoto è stato uno degli artisti più sperimentatori del secondo dopoguerra. Il Gutai, primo movimento artistico radicale del Giappone, si sviluppa dagli anni ’50 con l’intento di rinnovare la tradizione artistica giapponese. L’opera non è più un semplice supporto ma diviene trasposizione fisica dei gesti dell’artista che, come nell’action painting, fa dell’opera un’azione. Shimamoto, figura cardine del movimento, avverte l’esigenza di nuovi segni espressivi che trova nel gesto e nella materia. Le prime sperimentazioni artistiche, gli Ana (Buchi), risalenti agli anni ‘40, consistono in una serie di fogli di carta, coperti da uno strato bianco di colore, sui quali crea dei buchi. Dopo aver frequentato assiduamente lo studio di Yoshihara decide, con il maestro, di fondare il gruppo Gutai – Movimento d’Arte Concreta, nel 1954. In occasione della prima apparizione ufficiale del gruppo, avvenuta nel 1955 nella pineta della città di Ashiya, Shimamoto realizza una lamiera dipinta da un lato bianco e dall’altro blu che, frammentata in piccoli buchi, crea al buio l’effetto di un cielo stellato grazie ad una lampada. A questi primi esperimenti seguono Prego, camminate qui sopra (1956), una passerella di legno montata su un sistema di molle attraverso la quale il fruitore sperimenta attivamente la precarietà del camminare esistenziale, e Cannon Work, in cui il colore è sparato sulla tela attraverso un piccolo cannone, opera che costituisce l’inizio del percorso dedicato alla liberazione casuale dell’espressività della materia. Da lì a poco Shimamoto sviluppa la tecnica del bottle crash, che consiste nel lanciare bottiglie piene di colore sulla tela. L’opera diviene il risultato di un processo di relazione tra gesto e materia, tra azione e colore, il cui leitmotiv è la casualità e l’artista è attore e interprete di un’azione performativa che viene condivisa con il pubblico, testimone e completamento dello scenario di colore costruito dall’artista. Nel 1957 partecipa alla prima esposizione “Arte Gutai sulla scena" al Center Sankei di Osaka, dove mette in mostra i suoi lavori video e sonori. Sono anni in cui inizia a tenere mostre anche fuori dal Giappone in importanti istituzioni e gallerie, come lo Stedelijk Museum di Amsterdam e il Musée Cantonal des Beaux Arts di Losanna. Nel 1972, con la morte di Yoshihara, il Gruppo Gutai si scioglie e Shimamoto s’interessa alla Mail Art, pratica d’avanguardia che consta di invii di lettere, cartoline, buste e simili, innalzati al grado di artisticità da manipolazioni ad hoc e recapitati a uno o a più destinatari tramite posta. Shimamoto ne sviluppa una concezione personale: la sua testa rasata diviene il mezzo su cui scrivere, dipingere o apporre oggetti. Nel 1987 viene invitato dal Museo di Dallas a celebrare il centenario della nascita di Duchamp, per il quale proietta messaggi di pace e spezzoni di film sulla sua testa. Negli anni Novanta recupera la tecnica del Bottle Crash, riempiendola di nuovi significati, e realizza una serie di performance in America e in tutta Europa. Nel 1998 viene scelto come uno dei quattro più grandi artisti nel mondo del dopoguerra, assieme a Jackson Pollock, John Cage e Lucio Fontana, per un'esposizione al MOCA di Los Angeles e l’anno successivo partecipa alla 48a Biennale di Venezia con David Bowie e Yoko Ono. Nel 2004 realizza una performance in elicottero come anticipazione della successiva Biennale di Venezia del 2005. Nel maggio 2006 la Fondazione Morra di Napoli ospita una sua antologica “Shozo Shimamoto. Opere anni '50-'90” inaugurata da una performance, nella storica Piazza Dante, in cui lancia sfere piene di colori su una tela, sollevato dal braccio di una gru e accompagnato al pianoforte da Charlemagne Palestine. Sue opere si trovano, tra le tante, nella collezione della Tate Gallery, del Centre Pompidou, della Galleria di arte moderna di Roma, oltre a essere presenti in quasi tutti i musei giapponesi e in moltissimi archivi privati  sparsi in tutto il mondo.  Muore ad Osaka nel 2013.


SHOZO SHIMAMOTO. Spazio nel tempo
A cura di Achille Bonito Oliva
Fondazione Sant’Elia
Via Maqueda 81 | Palermo
13 GIUGNO > 6 AGOSTO 2018
Orari: martedì | venerdì 9,30 > 18,30
sabato | domenica 10 > 13 e 15,30 > 18,30. Chiuso il lunedì
Biglietti: Intero € 5 | ridotto € 4
Organizzazione: Fondazione Morra | Fondazione Sant’Elia
con il supporto logistico dell’Associazione Shozo Shimamoto
http://shozoshimamoto.org/it/
Sito http://www.fondazionesantelia.it | Pagina FB: /Fondazione Sant’Elia
Info: Fondazione Sant’Elia | 39.091.6162520 | fondazionesantelia@gmail.com Agenzia The New Place
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Mostra segnalata da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno.

venerdì 11 settembre 2015

RYOSUKE COHEN / Presentazione di Giovanni Bonanno


MOSTRA  RETROSPETTIVA
“RYOSUKE COHEN /  FRACTAL  PORTRAIT  PROJECT  2001 – 2015



“Inside and outside the body/dentro e fuori il corpo”

La Mail Art è nata  più di 50 anni fa, nel 1962, da quando l'artista americano Ray Johnson, fondò la “New York Corrispondance School of Art” occasionalmente in contemporanea con il movimento “ Fluxus”  del lituano-americano George Maciunas (1961)  e la  Pop Art di Leo Castelli a New York (1962). Una sorta di scuola d’arte per corrispondenza nella quale gli elaborati grafici con l’inserimento di timbri e collage venivano per la prima volta spediti per posta a conoscenti e persino ignari destinatari, dando  completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo di espressione totalmente libero e al di fuori di qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza dal mercato ufficiale dell’arte.  Dopo Ray Johnson, anche  Gugliemo Achille Cavellini, nei primi anni 70 (1971),  aveva  inventato “l'autostoricizzazione”, realizzando  delle mostre a domicilio  e utilizzando i cataloghi che inviava  in visione agli artisti del Network. 
Questi  due artisti, per primi,  avevano  solo accennato a questa  nuova e possibile strategia di messa in crisi del sistema culturale che non permetteva nessuna intrusione se non avvalorato da un  potere forte che condizionava e controllava le proposte e le scelte al fine di regolarne il flusso  e ossigenare il mercato dell’arte. E’ stato soprattutto  Cavellini (GAC), a  compiere “il grande passo”; quello di contrapporsi ad un sistema ormai monotono; un ulteriore sviluppo verso la messa in crisi del tradizionale sistema dell’arte. Negli anni 80, precisamente nel  giugno del 1985,  l’artista giapponese Ryosuke Cohen  rimette  ancora una volta in gioco le carte della sperimentazione, in  un sistema culturale antiquato che preferisce l’opera creata appositamente per essere commercializzata. Lo fa  proponendo un particolare progetto “Brian Cell” (Cervello Cellula), che lo ha visto coinvolto per 30 lunghi anni, assieme a migliaia di membri  sparsi in oltre 80 paesi, in cui i singoli artisti collaborano inviando per posta a Cohen disegni, francobolli, timbri, adesivi o altro.  Egli utilizzando un vecchio  sistema serigrafico, chiamato ciclostile (ormai fuori produzione) fa 150 copie A3 (30x42). E’ un  progetto  ancora attivo che viene stampato ogni 10 giorni e rispedito ai rispettivi collaboratori,  allegando un elenco di indirizzi di collaboratori provenienti da alcuni paesi (quindici per opera). Tra 2-3 anni è previsto il lavoro per completare la stampa “Brain Cell n° 1.000. Ormai, l’artista Cohen  rifiuta l’opera unica e concetti  consueti come l’originalità, preferendo maggiormente il gioco, la ricerca  e la libertà dell’artista volutamente collocato ai margini di un sistema culturale antiquato e passatista.
Nella pratica dell’arte postale non esiste un’unica ideologia o “ism” ben solida capace di sopravvivere  e prevalere  sulle altre. Secondo Ray Johnson,  “Mail Art is not a single art movement, but is quite a megatrend that insists that we change our consciousness”, quindi,   non è un unico movimento artistico ma piuttosto un grande movimento “trasversale”  a tutte le altre proposte ed esperienze artistiche che ci sollecita concretamente a prendere coscienza di noi stessi. Di conseguenza, si condividono  i frammenti  di idee con  altri artisti in una relazione libera da “copyright”,  utilizzando e trasformando persino le opere di altri autori in un incessante  “add and send by mail” collettivo.  Nella pratica  elitaria attuata dal sistema istituzionale ufficiale dell’arte si preferisce la concorrenza piuttosto che la cooperazione e la sperimentazione. Nella Mail Art questi concetti scompaiono per dare spazio alla creatività e alla ricerca  spontanea svolta in campo in modo paritario.
Nato nel 1948 a Osaka, in Giappone, Ryosuke non è il primo  e unico artista postale giapponese, prima di lui anche Shozo Shimamoto aveva condiviso la Mail Art, tuttavia, è certamente l’autore giapponese più longevo e per certi versi, anche il più  interessante e attivo nel network internazionale di chiunque altro per la diffusione  capillare della pratica Mail artistica.  Dopo “Brain Cell”, nell'agosto 2001 ha iniziato anche un  altro progetto chiamato “Fractal  Portrait Project”, iniziato in Italia  al fine di realizzare più proficuamente il concetto di “Brain Cell”, facendo ritratti e Silhouette (face and body) agli amici artisti incontrati in questi anni nei in diversi incontri (Meetings) in tutto il mondo. Secondo Cohen, “Brain Cell” è come  la struttura di un cervello visto al microscopio, ci appare come lo schema  delle rete  con migliaia di neuroni accumulati  e ramificati insieme proprio come il Network dell’arte postale. La Mail art - scrive l’artista - “is dynamic", because you can be more of an individual free to create works of art with a new mind, being fragments of the entire network and sharing snippets of many other artists", e poi,  “la rete si espande da A a B,  da B a C, da C a D, da D a A, da C a A e così via,  è come un corpo unico con una costruzione cerebrale fatta di un gran numero di cellule nervose strutturate e complesse, sistemate in un ordine non lineare. Ecco perché ha definito questo tipo di esperienza “Brain Cell (cellule del cervello)”. Praticamente è il risultato di un complesso intreccio di cellule nervose del cervello, un progetto senza fine, aggiungendo, “ciò che nasce dal “flusso” Dada, Fluxus e Mail Art è l’unico modo per realizzare la nuova arte del domani”.

Fractal (frattale),  letteralmente significa figure simili fra loro, il nuovo concetto  è  stato utlizzato per prima dal matematico francese  B. Mandelbrot all’Istituto Watson IBM. La caratteristica principale dei frattali è “l’auto similarità”, la ripetizione sino all'infinito di uno stesso motivo  caratterizzato dall’indeterminatezza temporanea e provvisoria del suo esistere,  come per esempio, gli alberi della foresta Amazzonica del Sud America che si compone di numerose specie che convivono insieme. Nel 2006 Ryosuke Cohen, scrive: “Nowadays I have come to realize that we are all part of a fractal, and that I can be a piece of that fractal, and that I can create art, in a way that extends beyond myself as an individual, in communication with infinite mail artists' ideas”,  (oggi mi sono reso conto che siamo tutti parte di un frattale e che posso essere  un pezzo di quel frattale estendendomi come individuo al di là di me stesso in una infinita comunicazione di idee con gli artisti postali).

Questa particolare concezione personalmente preferisco chiamarla  “swarm intelligence traducibile come: intelligenza dello sciame,  è un termine  più vicino a tutti gli esseri viventi coniato per la prima volta nel 1988 in seguito a un progetto ispirato ai sistemi robotici. Esso prende in considerazione lo studio dei sistemi auto-organizzati, nei quali un'azione complessa deriva da un fare collettivo, come accade in natura nel caso di colonie di insetti, stormi di uccelli, branchi di pesci oppure mandrie di mammiferi.  Secondo la definizione di Beni e Watt la swarm intelligence può essere definita come: “Proprietà di un sistema in cui il comportamento collettivo interagisce  in modo collaborativo producendo risposte funzionali al sistema”, sia ben chiaro, non inteso in senso speculativo e in funzione di un risultato economico, bensì, di una risposta partecipativa in funzione di un concreto apporto creativo  “non autoritario”, proprio come avviene  nella prassi collaborativa del movimento della  Mail art.

Cohen è oggi l’artista contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e di intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un “fare” diventando regista di un intervento provvisorio che nasce  dal contributo degli altri e  si materializza  nella collaborazione collettiva in cui tutti possono partecipare ed essere positivamente coinvolti. Le varie stampe del progetto Brain Cell realizzate da Cohen non  possono essere considerate opere “finite”, intese come opere che si completano nella realizzazione della copia grafica, ma di un’opera caratterizzata dall’indeterminatezza e provvisorietà del proprio esistere insito nel suo DNA.  Di certo, se  il risultato finale di ogni stampa fosse  davvero “un’opera compiuta”,  credo che Cohen smetterebbe  di colpo  di realizzare altre copie di “Brain Cell”, proprio perché svuoterebbe pesantemente il senso e la filosofia generatrice di questa  particolare pratica artistica.   

Una considerazione sul lavoro di Cohen che  è doveroso fare è quella di aver messo,  “fuori gioco”, ancora una volta,  il vecchio sistema ufficiale dell’arte,  relegando fuori dalla porta personaggi equivoci come i galleristi, i critici d’arte e persino i collezionisti di opere d’arte dal momento che  lo scambio delle opere prodotte avviene tra gli artisti del Network. Quindi, le opere realizzate non vengono trattenute e conservate dall’artista in vista di un  consueto profitto ma inviate ai rispettivi collaboratori. Con la spedizione postale  delle stampe i collaboratori, utilizzano i propri archivi, diventando altresì collezionisti delle opere ricevute Spesso, con i lavori “Brian Cell” realizzati  nei vari tour che ogni anno    l’artista fa in giro per il mondo  si organizzano delle mostre.  Tuttavia,  risulta quanto mai complicato e difficile organizzare tradizionali mostre con i “Fractal Portrait Project” proprio per la reale difficoltà a reperire e raccogliere concretamente le diverse opere donate nel tempo agli amici artisti rappresentati.

Nella seconda mostra contemporanea  parallela a  questa viene presentata nell’altro spazio, virtuale “www.ophenvirtualart.it” una particolare sezione didattica  dal titolo “INSIDE AND OUTSIDE THE BODY”, (dentro e fuori il corpo), comprendente l’analisi Fractal  Portrait tra Face, Body e Work svolta lungamente da Cohen nel campo della performance. In particolare vogliamo evidenziare un lato ancora nascosto e quindi poco conosciuto; mi riferisco soprattutto alle opere “Body”, alla serie delle slhouette del corpo create dal 2001 in poi fino a oggi, realizzate  dall’artista giapponese  in particolari momenti collettivi unendo insieme diversi fogli Brian Cell in cui i soggetti, gli amici incontrati nei vari tour vengono invitati a distendersi sopra questi fogli,  con l’artista  impegnato  per l’occasione a  disegnare e rilevare il contorno immediato del corpo. Una sorta di “performance collettiva”, prima di procedere alla  consueta realizzazione dell’opera. Insomma, una performance “provvisoria” in funzione della realizzazione dell’opera. Tutto ciò, seppur con le dovute differenze di lavoro, lo lega indissolubilmente al suo amico Shozo Shimamoto, divenendo  il naturale  attivo continuatore  dell’arte di ricerca oggi in Giappone.

Per ultimo, vogliamo ancora una volta  ribadire il rifiuto di Ryosuke Cohen a “commercializzare” qualsiasi opera da lui prodotta. In una interessante intervista del 2012, John Held Jr. chiese a Cohen  se dopo aver completato  la silhouette frattale salvava  magari qualche opera per se stesso magari per una possibile e futura  mostra dei lavori.  In quella occasione Cohen  confessava  che risultava difficile raccogliere tutto il  materiale da esporre, visto  che ogni opera realizzata viene regalata agli amici.  Di sicuro, una mostra del genere fino a qualche anno fa risultava improponibile se non impossibile per un artista come Cohen. Ora con le nostre due “gallerie virtuali” tutto il lavoro  realizzato nei vari Meeting dall’artista nipponico, mi riferisco soprattutto ai “Fractal Portrait”  presenti in questa retrospettiva  comprendente  15 anni di lavoro può essere visto in un vernissage virtuale  collettivo  e contemporaneo in tutto il pianeta. Questo è il doveroso apporto che abbiamo voluto dare al  grande artista giapponese Ryosuke Cohen.          Giovanni  Bonanno