MOSTRA
RETROSPETTIVA
“RYOSUKE
COHEN / FRACTAL PORTRAIT
PROJECT 2001 – 2015
“Inside and outside the body/dentro e fuori il corpo”
La Mail Art
è nata più di 50 anni fa, nel 1962, da
quando l'artista americano Ray Johnson, fondò la “New York Corrispondance
School of Art” occasionalmente in contemporanea con il movimento “ Fluxus” del lituano-americano George Maciunas
(1961) e la Pop Art di Leo Castelli a New York (1962). Una
sorta di scuola d’arte per corrispondenza nella quale gli elaborati grafici con
l’inserimento di timbri e collage venivano per la prima volta spediti per posta
a conoscenti e persino ignari destinatari, dando completa autonomia alla comunicazione e
rendendo questo nuovo modo di espressione totalmente libero e al di fuori di
qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza dal
mercato ufficiale dell’arte. Dopo Ray
Johnson, anche Gugliemo Achille
Cavellini, nei primi anni 70 (1971), aveva inventato “l'autostoricizzazione”, realizzando delle mostre a domicilio e utilizzando
i cataloghi che inviava in visione agli
artisti del Network.
Questi
due artisti, per primi,
avevano solo accennato a
questa nuova e possibile strategia di
messa in crisi del sistema culturale che non permetteva nessuna intrusione se
non avvalorato da un potere forte che condizionava e controllava le
proposte e le scelte al fine di regolarne il flusso e ossigenare il
mercato dell’arte. E’ stato soprattutto
Cavellini (GAC), a compiere “il
grande passo”; quello di contrapporsi ad un sistema ormai monotono; un
ulteriore sviluppo verso la messa in crisi del tradizionale sistema dell’arte.
Negli anni 80, precisamente nel giugno
del 1985, l’artista giapponese Ryosuke
Cohen rimette ancora una volta in gioco le carte della
sperimentazione, in un sistema culturale
antiquato che preferisce l’opera creata appositamente per essere
commercializzata. Lo fa proponendo un
particolare progetto “Brian Cell” (Cervello Cellula), che lo ha visto coinvolto
per 30 lunghi anni, assieme a migliaia di membri sparsi in oltre 80 paesi, in cui i singoli
artisti collaborano inviando per posta a Cohen disegni, francobolli, timbri,
adesivi o altro. Egli utilizzando un
vecchio sistema serigrafico, chiamato
ciclostile (ormai fuori produzione) fa 150 copie A3 (30x42). E’ un progetto
ancora attivo che viene stampato ogni 10 giorni e rispedito ai
rispettivi collaboratori, allegando un
elenco di indirizzi di collaboratori provenienti da alcuni paesi (quindici per
opera). Tra 2-3 anni è previsto il lavoro per completare la stampa “Brain Cell
n° 1.000. Ormai, l’artista Cohen rifiuta
l’opera unica e concetti consueti come
l’originalità, preferendo maggiormente il gioco, la ricerca e la libertà dell’artista volutamente collocato
ai margini di un sistema culturale antiquato e passatista.
Nella pratica dell’arte postale non esiste
un’unica ideologia o “ism” ben solida capace di sopravvivere e prevalere
sulle altre. Secondo Ray Johnson,
“Mail Art is not a single art
movement, but is quite a megatrend that insists that we change our
consciousness”, quindi, non è un
unico movimento artistico ma piuttosto un grande movimento “trasversale” a tutte le altre proposte ed esperienze
artistiche che ci sollecita concretamente a prendere coscienza di noi stessi.
Di conseguenza, si condividono i
frammenti di idee con altri artisti in una relazione libera da
“copyright”, utilizzando e trasformando
persino le opere di altri autori in un incessante “add and send by mail” collettivo. Nella pratica
elitaria attuata dal sistema istituzionale ufficiale dell’arte si
preferisce la concorrenza piuttosto che la cooperazione e la sperimentazione. Nella
Mail Art questi concetti scompaiono per dare spazio alla creatività e alla
ricerca spontanea svolta in campo in
modo paritario.
Nato nel 1948 a Osaka, in Giappone, Ryosuke non è il primo e unico artista postale giapponese, prima di
lui anche Shozo Shimamoto aveva condiviso la Mail Art, tuttavia, è certamente
l’autore giapponese più longevo e per certi versi, anche il più interessante e attivo nel network
internazionale di chiunque altro per la diffusione capillare della pratica Mail artistica. Dopo “Brain Cell”, nell'agosto 2001 ha iniziato anche un altro progetto chiamato “Fractal Portrait Project”, iniziato in Italia al fine di realizzare più proficuamente il
concetto di “Brain Cell”, facendo ritratti e Silhouette (face and body) agli
amici artisti incontrati in questi anni nei in diversi incontri (Meetings) in
tutto il mondo. Secondo Cohen, “Brain Cell” è come la struttura di un cervello visto al
microscopio, ci appare come lo schema
delle rete con migliaia di
neuroni accumulati e ramificati insieme
proprio come il Network dell’arte postale. La Mail art - scrive l’artista - “is dynamic", because you can be more of
an individual free to create works of art with a new mind, being fragments of
the entire network and sharing snippets of many other artists", e poi, “la rete si espande da A a
B, da B a C, da C a D, da D a A, da C a
A e così via, è come un corpo unico con
una costruzione cerebrale fatta di un gran numero di cellule nervose
strutturate e complesse, sistemate in un ordine non lineare. Ecco perché ha
definito questo tipo di esperienza “Brain Cell (cellule del cervello)”. Praticamente è il risultato di un
complesso intreccio di cellule nervose del cervello, un progetto senza fine, aggiungendo, “ciò che nasce dal “flusso” Dada, Fluxus e
Mail Art è l’unico modo per realizzare la nuova arte del domani”.
Fractal (frattale), letteralmente significa figure simili fra
loro, il nuovo concetto è stato utlizzato per prima dal matematico
francese B. Mandelbrot all’Istituto
Watson IBM. La caratteristica principale dei frattali è “l’auto
similarità”, la ripetizione sino all'infinito di uno stesso motivo
caratterizzato dall’indeterminatezza temporanea e provvisoria del suo
esistere, come per esempio, gli alberi
della foresta Amazzonica del Sud America che si compone di numerose specie che
convivono insieme. Nel 2006 Ryosuke Cohen, scrive: “Nowadays I have come to realize that we are all part of a fractal, and
that I can be a piece of that fractal, and that I can create art, in a way that
extends beyond myself as an individual, in communication with infinite mail
artists' ideas”, (oggi mi sono reso conto che siamo tutti
parte di un frattale e che posso essere
un pezzo di quel frattale estendendomi come individuo al di là di me
stesso in una infinita comunicazione di idee con gli artisti postali).
Questa particolare concezione personalmente
preferisco chiamarla “swarm
intelligence” traducibile come: intelligenza dello sciame,
è un termine più vicino a tutti
gli esseri viventi coniato per la prima volta nel 1988 in seguito a un progetto
ispirato ai sistemi robotici. Esso prende in considerazione lo studio dei
sistemi auto-organizzati, nei quali un'azione complessa deriva da un fare
collettivo, come accade in natura nel caso di colonie di insetti, stormi di
uccelli, branchi di pesci oppure mandrie di mammiferi. Secondo la definizione di Beni e Watt la
swarm intelligence può essere definita come: “Proprietà di un sistema in cui il comportamento collettivo
interagisce in modo collaborativo
producendo risposte funzionali al sistema”, sia ben chiaro, non inteso in senso
speculativo e in funzione di un risultato economico, bensì, di una risposta
partecipativa in funzione di un concreto apporto creativo “non autoritario”, proprio come avviene nella prassi collaborativa del movimento della
Mail art.
Cohen è oggi l’artista contemporaneo che non
rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo le vecchie idee
classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e di
intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che
partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un “fare”
diventando regista di un intervento provvisorio che nasce dal contributo degli altri e si materializza nella collaborazione collettiva in cui tutti
possono partecipare ed essere positivamente coinvolti. Le varie stampe del
progetto Brain Cell realizzate da Cohen non
possono essere considerate opere “finite”, intese come opere che si
completano nella realizzazione della copia grafica, ma di un’opera
caratterizzata dall’indeterminatezza e provvisorietà del proprio esistere insito
nel suo DNA. Di certo, se il risultato finale di ogni stampa fosse davvero “un’opera compiuta”, credo che Cohen smetterebbe di colpo
di realizzare altre copie di “Brain Cell”, proprio perché svuoterebbe pesantemente
il senso e la filosofia generatrice di questa
particolare pratica artistica.
Una considerazione sul lavoro di Cohen che è doveroso fare è quella di aver messo, “fuori gioco”, ancora una volta, il vecchio sistema ufficiale dell’arte, relegando fuori dalla porta personaggi equivoci
come i galleristi, i critici d’arte e persino i collezionisti di opere d’arte
dal momento che lo scambio delle opere
prodotte avviene tra gli artisti del Network. Quindi, le opere realizzate non
vengono trattenute e conservate dall’artista in vista di un consueto profitto ma inviate ai rispettivi
collaboratori. Con la spedizione postale
delle stampe i collaboratori, utilizzano i propri archivi, diventando altresì
collezionisti delle opere ricevute Spesso, con i lavori “Brian Cell”
realizzati nei vari tour che ogni
anno l’artista fa in giro per il
mondo si organizzano delle mostre. Tuttavia,
risulta quanto mai complicato e difficile organizzare tradizionali mostre
con i “Fractal Portrait Project” proprio per
la reale difficoltà a reperire e raccogliere concretamente le diverse opere donate
nel tempo agli amici artisti rappresentati.
Nella seconda mostra contemporanea
parallela a questa viene
presentata nell’altro spazio, virtuale “www.ophenvirtualart.it” una particolare
sezione didattica dal titolo “INSIDE AND OUTSIDE THE BODY”, (dentro e fuori il corpo), comprendente
l’analisi Fractal Portrait tra Face,
Body e Work svolta lungamente da Cohen nel campo della performance. In
particolare vogliamo evidenziare un lato ancora nascosto e quindi poco conosciuto;
mi riferisco soprattutto alle opere “Body”, alla serie delle slhouette del corpo create dal 2001 in poi fino a oggi,
realizzate dall’artista giapponese in particolari momenti collettivi unendo
insieme diversi fogli Brian Cell in cui i soggetti, gli amici incontrati nei
vari tour vengono invitati a distendersi sopra questi fogli, con l’artista
impegnato per l’occasione a disegnare e rilevare il contorno immediato del
corpo. Una sorta di “performance collettiva”, prima di procedere alla consueta realizzazione dell’opera. Insomma, una
performance “provvisoria” in funzione della realizzazione dell’opera. Tutto
ciò, seppur con le dovute differenze di lavoro, lo lega indissolubilmente al
suo amico Shozo Shimamoto, divenendo il
naturale attivo continuatore dell’arte di ricerca oggi in Giappone.
Per ultimo, vogliamo
ancora una volta ribadire il rifiuto di
Ryosuke Cohen a “commercializzare” qualsiasi opera da lui prodotta. In una
interessante intervista del 2012, John Held Jr. chiese a Cohen se dopo aver completato la silhouette frattale salvava magari qualche opera per se
stesso magari per una possibile e futura
mostra dei lavori. In quella
occasione Cohen confessava che risultava difficile raccogliere tutto il materiale da esporre,
visto che ogni opera realizzata viene
regalata agli amici. Di sicuro, una
mostra del genere fino a qualche anno fa risultava improponibile se non
impossibile per un artista come Cohen. Ora con le nostre due “gallerie virtuali”
tutto il lavoro realizzato nei vari Meeting
dall’artista nipponico, mi riferisco soprattutto ai “Fractal Portrait” presenti in questa retrospettiva comprendente
15 anni di lavoro può essere visto in un vernissage virtuale collettivo
e contemporaneo in tutto il pianeta. Questo è il doveroso apporto che
abbiamo voluto dare al grande artista
giapponese Ryosuke Cohen. Giovanni Bonanno