venerdì 30 marzo 2018

Bongiani Museum Project 2018, Museo Marino Marini di Firenze




Bongiani Museum

 Virtual and interactive Art


Idealmente dedicato al Museo Marini di Firenze




Logo del Progetto
Il Museo Virtuale 
con l'arte in punta di mouse







Un nuovo modo di intendere  e percepire il Museo



 Premessa: 


un Museo evoluto e innovativo di arte deve mettere necessariamente insieme i campi della tecnologia e dell’arte, tra innovazione tecnologica e il potenziale artistico. Non soltanto l’utilizzo dello spazio fisico  ma la diffusione della realtà virtuale  che di fatto ha creato una rivoluzione visiva modificando radicalmente sia la nostra percezione delle immagini, sia la nostra relazione con la realtà. Gli spazi  virtuali possono suggerire mondi immersive  sperimentabili direttamente. I visitatori si immergono nella percezione del dato virtuale e in tal modo vengono coinvolti fisicamente tramite elementi interattivi che modellano già  il nostro presente e  sicuramente il nostro prossimo futuro. In un progetto  di un museo immaginario virtualità e realtà sono quindi strettamente collegati tra loro, con l’esigenza di mettere in collegamento  spazi fisici con gli spazi immaginari.



La descrizione: 


Per tale motivo, partendo idealmente come prototipo base dalla mappa del piano terra del Museo Marino Marini di Firenze  è stato ideato  un percorso espositivo  immaginario di opere con 12 mostre già svolte da noi  in 12 spazi che possono essere ulteriormente divisi anche in  tre rispettive sale ciascuno, al fine di rendere la complessa relazione tra spazi virtuali e fisici del museo materialmente percettibile per il pubblico. In una società che fa affidamento sull'innovazione tecnologica i musei e l’ esposizioni come questa sono necessari per  far conoscere  in modo interattivo a 360° l’arte in tutto il pianeta terra. Il Progetto Bongiani Museum da noi  ideato con  una piattaforma online, si rivolge proprio  alle fondazioni  e ai musei oltre che agli utenti dell’arte, ben sapendo di dover investire  sulle nuove tecnologie.  Il gioco e la visita  interattiva è destinata a un pubblico italiano e internazionale di tutte le età con lo scopo essenziale di incuriosire  e invogliare a visitare concretamente  il museo.



L’interfaccia Virtuale:

Con l’attuale  interfaccia  interattiva preposta tra startup e cultura, il museo del futuro risulta uno spazio virtuale veloce capace di rispondere alle esigenze concrete degli utenti del web e far conoscere l’arte in modo semplice,  diretto e “democratico” ad un pubblico sempre più vasto e interessato. Uno spazio sempre aperto; non ha una superficie fisica ma  solo virtuale, ed è visibile 24 ore su 24 in tutto il mondo.  Questa nuova straordinaria realtà  sperimentale che usa  al meglio le tecnologie esistenti per innovare, crediamo, possa essere concretamente di aiuto alla diffusione e alla conoscenza degli eventi  e delle proposte culturali attivate in qualsiasi  museo reale. Del resto, un progetto come questo risulta  innovativo non solo perché fa cose nuove ma anche e soprattutto perché fa cose in modo nuovo applicando nuovi paradigmi e una nuova filosofia culturale.   




Ingresso Virtuale


Home Page



Le sale del Museo Virtuale







L’idea di un Flipper-museo

Come ipotesi di base abbiamo immaginato di utilizzare l’idea del gioco di un flipper, con una pallina metallica dal significato ludico e nello stesso tempo altamente tecnologico che diventa il simbolo ideale di un percorso espositivo  museale.  Utilizzando come ipotesi progettuale la mappa reale del piano terra del Museo Marino Marini di Firenze abbiamo immaginato una piattaforma  prototipo simile ad un flipper con 12 sale espositive. (in ambito virtuale le sale potrebbero essere molte di più). 

Cliccando con il mouse nell'apposito numero di sala si ha la visione delle opere in modo immediato e interattivo. La visione di un museo virtuale come questo permette di relazionare con un grande numero di utenti in varie parti del globo, che  seduti anche a casa su un divano possono permettersi di visionare e conoscere le opere in vista di un probabile  viaggio alla scoperta del reale  museo prescelto. Di certo, un contributo concreto e fattivo alla diffusione capillare dell'arte di un museo.




Pianta  del Museo Virtuale Bongiani




La pagina base del Bongiani Museum 

   


INIZIO

oppure:




Cliccando sul numero della sala  parte la pallina  con annesso il tipico suono d'inizio che percorre il percorso più breve per arrivare a destinazione.  

Sound avvio:


colpisce il numero della sala,  
si sente un nuovo suono che segnala   l'obiettivo raggiunto.
https://www.zedge.net/ringtone/f2b60408-5b92-3393-85f5-dc95a05684d5



la pallina di metallo 
diventa rossa con il logo del museo rappresentato.





Sound  di accesso alle opere: 


Da questo  momento si apre la schermata della sala  con la relativa visione delle opere  inserite. ( in ogni parete vi possono essere max 6 opere per un totale di 24 opere per sala. Nulla vieta di inserire un numero inferiore di opere). 






I VARI  STEP  
DESCRITTIVI DEL PROGETTO:


SI ENTRA NELLA SALA INTERATTIVA SCELTA:




 inizia la visita virtuale alle opere presentate
in una sala interattiva del Bongiani Museum




Ingrandimento di un'opera presente nella sala





le opere nelle sale 
interattive del museo virtuale





 VERIFICA  L'INTERATTIVITÀ' 
DI UNA  DELLE MOSTRE VIRTUALI 
PRESENTI  IN QUESTO PROGETTO 

Visit.
Crucifixion – Shozo Shimamoto 









© Collezione 
Bongiani Art Museum
Startup  no-profit 
della Collezione Bongiani di Salerno 
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/






giovedì 29 marzo 2018

CRUCIFIXION GENTILE



Venerdì Santo 
giorno della passione e della crocifissione


Crocifissione

Pietro Cavallini &amp Shozo Shimamoto 

Pietro Cavallini, San Domenico Maggiore - Napoli 

La cappella degli affreschi (o Brancaccio) è una cappella della chiesa di San Domenico Maggiore di Napoli affrescata da Pietro Cavallini nel 1308 circa. È di fatto l'unica cappella della chiesa che conserva un ciclo di affreschi risalente all'epoca angioina, quindi al periodo di edificazione del complesso religioso. L’opera di Pietro Cavallini  con la scena della Crocifissione di Cristo si trova lungo la parete di sinistra. Pietro Cavallini, il quale all'epoca del suo arrivo a Napoli fu ospite illustre di Carlo II d'Angiò, dando vita ad un rapporto lavorativo che legherà il pittore alla famiglia angioina fino al 1317.






Shozo Shimamoto, Crocifissione,  
courtesy of photo Kristia & JJhan, 1993







mercoledì 14 marzo 2018

LA PORTA DI MILANO - 6 grandi sculture di Carlo Ramous all'Aeroporto di Milano Malpensa



CARLO RAMOUS 
SHAPING THE SPACE 

Aeroporto di Milano Malpensa 
fino al 30 giugno 2018


Milano 13 Marzo – La Porta di Milano accoglie 6 grandi sculture, modelli in scala per interventi monumentali destinati all’arredo urbano, e un bronzo storico, la Grande donna seduta, del 1955, di uno dei maggiori scultori italiani del Novecento.


SEA presenta a La Porta di Milano all'aeroporto di  Malpensa, fino al 30 giugno, Shaping the space una mostra che celebra Carlo Ramous (Milano, 1926-2003), uno dei maggiori scultori italiani del Novecento.


 Con questa iniziativa, SEA ribadisce il proprio rapporto privilegiato con l’arte, iniziato sette anni fa con la costruzione de La Soglia Magica, un’opera che è diventata la Porta di Milano, il luogo d’eccellenza dove ospitare eventi espositivi che salutano i passeggeri in arrivo e in partenza dal Terminal 1. Di qui sono passati grandi maestri quali Fausto Melotti, Marino Marini, Gio Ponti, Giuseppe Pellizza da Volpedo, e autori appartenenti al panorama artistico contemporaneo, quali Helidon Xhixha, Carlo Bernardini, Alessandro Busci e altri.

Con Carlo Ramous, scultore milanese che a Milano ha lasciato importanti testimonianze, si sottolinea il legame dell’aeroporto con la città e le sue atmosfere.




Opere monumentali di Carlo Ramous  presenti a Milano
Dopo l’importante retrospettiva allestita alla Triennale di Milano nell’estate 2017, Ramous torna protagonista di una esposizione che raccoglie sei grandi sculture, modelli in scala per interventi monumentali destinati all’arredo urbano, accanto a un bronzo storico, la Grande donna seduta, del 1955, testimonianza della sua iniziale ricerca figurativa. Carlo Ramous, autore di opere entrate nell’immaginario collettivo per la loro presenza nell’orizzonte della città, ha indagato per anni, nel corso della sua produzione matura, i rapporti ideali fra la scultura e l’ambiente circostante. Ha studiato forme aperte, in grado di assorbire i ritmi del vissuto metropolitano. Ha disegnato linee dinamiche, giochi calcolati di vuoti e di pieni, elementi metallici capaci di dialogare con l’architettura e con i luoghi che li ospitavano.
Fra i suoi lavori più conosciuti spiccano Gesto per la libertà (1972) in piazza Conciliazione a Milano e Timpano(1972), collocata nel parco della Triennale del capoluogo lombardo.

Altri progetti hanno raggiunto spazi pubblici e musei di tutto il mondo. Da Roma a New York, da Venezia a Chiba City in Giappone. Invitato alla Biennale di Venezia (1958, 1962 e 1972), nel 1974 ha allestito opere monumentali in Piazzetta Reale, accanto al Duomo. Di alcune di queste la mostra presenta i bozzetti, come Frantumazione del 1979 o Lo Schermo distratto del 1981, oltre alle fotografie d’epoca scattate alle sue opere da maestri dell’obiettivo come Enrico Cattaneo nelle diverse occasioni istituzionali.
Nel corso della mostra sarà presentata una mappa milanese con i luoghi che ospitano le sculture del maestro e, successivamente, un catalogo Idesia editoria dedicato all’evento.



L’esposizione è parte del programma di Novecento Italiano, il palinsesto lungo un anno, promosso per raccontare, ricordare e riflettere sulla grande avventura culturale del secolo scorso.








Biografia:
Carlo Ramous nasce a Milano nel 1926; frequenta il Liceo Artistico presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, per continuare gli studi presso l’Accademia di Brera con Marino Marini e Giacomo Manzù, dove espone per la prima volta un’opera nel 1946. La serie delle mostre personali di rilievo comincia più tardi, con mostre importanti presso la Galleria del Milione di Milano (1956), la Galleria del Cavallino di Venezia (1962) la Galleira Jolas (1971). Risale al 1962 la sua prima partecipazione con un gruppo di opere alla Biennale di Venezia, dove viene presentato da Gillo Dorfles. Vi tornerà dieci anni più tardi (1972) con una sala all’interno della rassegna Aspetti della scultura contemporanea, con uno stile completamente mutato. Mentre la critica più attenta, sia in Italia sia all’estero, scrive del suo lavoro (Giuseppe Marchiori, Giovanni Carandente, Guido Ballo, Enrico Crispolti, Herta Wescher, Marco Valsecchi), Ramous avvia una collaborazione con l’architetto Mario Tedeschi, che porta alla realizzazione delle facciate a rilievo per le chiese di Santa Marcellina a Milano e San Giovanni Bosco a Baggio, inizio di una lunga collaborazione con architetti e progettisti ben rappresentata dal monumentale intervento sullo stabilimento tipografico di Cino Del Duca progettato da Tullio Patscheider a Blois. La sua scultura assume presto una importante dimensione urbana, ben rappresentata dalle grandi mostre di sculture all’aperto nel centro storico di Parma nel 1973 e in Piazzetta Reale a Milano nel 1974. Una delle opere esposte allora, Gesto per la libertà, troverà collocazione nel 1981 in piazza Conciliazione a Milano, prima di una serie di grandi sculture collocate dall’artista in Italia e all’estero, fino alla realizzazione di Ad astra nel Chou Park a Chiba City, in Giappone (1992). Carlo Ramous muore a Milano nel 2003.          (Segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno).



Passaggi di stato, Lorenza Boisi, Regina José Galindo e Valentina Palazzari - Reggia di Caserta


Tre artiste per “forzare il limite di un confronto”


Passaggi di stato Reggia di Caserta

Lorenza Boisi,Veduta mostra, BOISI-GALINDO-PALAZZARI, Passaggi di stato, Reggia di Caserta, 2018.  Foto The Knack Studio

Una mostra interessante a più voci presso le sei sale delle Retrostanze settecentesche (Ex Terrae Motus) e il Vestibolo superiore della Reggia di Caserta.

Passaggi di stato: una mostra dedicata a tre artiste sotto il segno del femminile, Lorenza Boisi, Regina José Galindo e Valentina Palazzari, a cura di Bruno Corà e Davide Sarchioni (visibile fino al 20 marzo 2018).

Giovani artiste della stessa generazione e di diversa provenienza culturale e visione poetica accumunate dall’interesse a relazionare in un inedito confronto che pur nella diversità delle proposte, tentano di “forzare il limite di un confronto”. L’intento primario è per l’appunto sperimentare la coesistenza delle visioni, un possibile dialogo sia tra le loro opere sia con lo spazio fisico e magico della Reggia.
Tre artiste decisamente differenti per caratteristiche e tipologie metodiche e tecniche che ci prepongono uno spaccato, seppur limitato, delle diverse proposte in atto. Nelle sale della Reggia si percepiscono “i passaggi di stato” da una visione all'altra, con opere bidimensionali a parete che convivono con l’installazione e l’oggetto tridimensionale, sollecitando rimandi e associazione attraverso l’utilizzo dei diversi materiali, un passaggio decisamente fluido carico di tensione e di attraversamenti e un procedere avanti e indietro senza soluzione di continuità.

Passaggi di umore, da un linguaggio all'altro percepiti sotto il segno della diversità. In tale dinamica convivono e si relazionano i lavori della Palazzari votati all'innesto e alla precarietà duttile dei materiali legati ai processi di ossidazione nella dimensione più consunta e trascorrente del tempo, (un particolare omaggio è presentato nell'imponente Scalone d’Onore di Luigi Vanvitelli con un’installazione monumentale). 

La pittura estemporanea della Boisi permane condizionata dalla pratica di ceramista, votata alla figurazione e a motivi naturali che cerca di ambientarsi con la decorazione maestosa e ornamentale della Reggia.

Tutt'altro si avverte dalle ricerche performative sul tema del corpo umano, tra fotografia e video art svolte dall’artista guatemalteca Regina José Galindo, senza dubbio la più lucida e convincente, che ossessivamente rimarca l’importanza del corpo e dell’azione performativa come strumento urgente di comunicazione e denuncia sociale.



Regina José Galindo (Città del Guatemala, 1974), Aún no somos escombros, 2016, color video, stereo sound, 19’, Courtesy l’artista e Prometeogallery.


Insomma, tre piccole e importanti personali in cui i risultati sono condizionati dalla diversità di visione immaginativa e soprattutto per la complessa e concreta relazione che si può instaurare con le imponenti sale della  Reggia di Caserta

Passaggi di stato Reggia di Caserta

Valentina Palazzari, Veduta mostra, BOISI-GALINDO-PALAZZARI, Passaggi di stato, Reggia di Caserta, 2018, Foto © Manolis Baboussis

Boisi | Galindo | Palazzari. Passaggi di stato

Dal 23 febbraio al 20 marzo 2018
Appartamenti Storici, Retrostanze del ‘700 e Vestibolo superiore della Reggia di Caserta, via Douhet 2/A – 81100 Caserta
Orari: Tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30, martedì chiusura settimanale



14 MARZO 2018 FINISSAGE PADIGLIONE TIBET SETUP CENTRO NATURA - BOLOGNA


PADIGLIONE TIBET 
a cura di Ruggero Maggi

FINISSAGE MERCOLEDI' 14 MARZO a partire dalle ore 20.00
ORE 21.15 performance NO CHAIN


10 marzo 1959, il Dalai Lama costretto a fuggire dal Tibet ...tragica data per il suo popolo ...sono passati 59 anni ma nulla è stato fatto per ridare speranza e libertà... 
un momento per ricordare.




PADIGLIONE TIBET a cura di Ruggero Maggi
PROROGATO fino al 14 MARZO 2018

1 FEBBRAIO - 14 MARZO 2018

FINISSAGE MERCOLEDI' 14 MARZO a partire dalle ore 20.00
ORE 21.15 performance NO CHAIN



Padiglione Tibet, a cura di Ruggero Maggi, presentato dall'1 al 28 febbraio 2018 presso CENTRO NATURA all'interno di SetUp+ il contenitore degli eventi culturali che si svolgono a Bologna durante SetUp Contemporary Art Fairè stato prorogato fino al 14 marzo, giornata conclusiva in cui, oltre all'installazione-video e la mostra Lucente Spirito, verrà presentata la performance No Chain (ore 21.15)

SPIRITUALITA' ED ARTE COME CIBO PER LA MENTE E PER L'ANIMA
installazione-video (montaggio di Matteo Pieri) con estratti delle precedenti quattro edizioni (2011/2013/2015/2017) di Padiglione Tibet nato come evento parallelo alla Biennale d’Arte di Venezia. La Biennale veneziana offre da sempre l’opportunità ad ogni Paese di presentare le proprie realtà artistiche più rappresentative con i Padiglioni Nazionali.
L’appello per la dignità di un popolo si può estrinsecare anche attraverso un progetto artisticoUna forma di riscatto culturale voluto fortemente da molti paesi e che, per Padiglione Tibet“il padiglione per un paese che non c'è”ideato da Ruggero Maggi nel 2010, ha assunto anche una valenza sociale.



  • Tibet: una nazione che evoca da sempre un sentimento religioso, mistico, di pace, una vitale “centralina” spirituale per tutti gli esseri umani.
  • Padiglione Tibet, un’idea che nella propria semplicità racchiude una forte carica emozionale, è un sogno che ha lasciato il segno ponendosi l’obiettivo di far incontrare la sensibilità della cultura contemporanea occidentale con quella tibetana. Un unico tema declinato nei modi della pittura, della scultura, della performance, del video per realizzare un grande evento che sottolinei coralmente il profondo senso di spiritualità dell'universo tibetano.

Un ponte sensibile tra la cultura Occidentale e quella Tibetana densa di affascinanti e mistiche suggestioni spirituali, linguistiche ed artistiche; un passaggio da Est ad Ovest, che crei quella sfumata ma necessaria vibrazione poetica per interagire e comprendersi. Padiglione Tibet: ponte fra culture.






LUCENTE SPIRITO
mostra costituita da una selezione di opere dal profondo contenuto spirituale e concettuale come "The Quest" vero e proprio work in progress di due artisti: Carla Bertola e Alberto Vitacchio protagonisti congelati nell'atto fotografico insieme con le pietre megalitiche, divenendo anch'essi elementi immobili e silenziosi del paesaggio; le opere verbo-visive titolate "Fiabe al vento"di Marcello Diotallevi che traggono ispirazione direttamente dal vento della poesia e dalla naturale inclinazione dell'artista verso un'ironica interpretazione della realtà e della vita; le evocative immagini fotografiche di Anna Maria Di Ciommo che ricreano i momenti in cui i Lama Tibetani realizzano splendidi mandala, sintetizzate in una frase di S.S. il Dalai Lama: "Ero intelligente e volevo cambiare il mondo. Ora sono saggio e sto cambiando me stesso"; le opere-oggettodi Roberto Testori che nel loro biancore riflettono soluzioni concettuali ricche di significati spirituali e poetici. Poesia visiva che si alterna ad una sedimentata descrizione di tracce, di piccoli oggetti che ritrovano il loro spazio in una decontestualizzazione intelligente e raffinata.



MERCOLEDI' 14 MARZO ore 21.15
NO CHAIN performance di danza contemporanea di K7

coreografia di Kappa
musica di Paola Samoggia
danza Giuseppe Spinelli, Laura Onofri

...ho pensato a Padiglione Tibet, al ponte tra due culture…. al collegamento… alla denuncia della situazione attuale che però volge verso una libertà raggiunta con l’aiuto delle due culture assieme, l’aiuto di tutti…. In attesa la campana a lastra è libera di muoversi nel vento…. come una bandiera di preghiera….” (Paola Samoggia)


Durante il finissage è possibile cenare presso il Ristorante BioVegetariano di Centro Natura dalle ore 19.15 alle 22.00.



PADIGLIONE TIBET a cura di Ruggero Maggi
centro natura
via degli albari 4a bologna
1 febbraio – 14 marzo 2018

finissage mercoledì 14 marzo 2018 a partire dalle ore 20.00
ore 21.15 performance No Chain

orari di apertura: lunedì sabato 10 - 22.30 | domenica 10 – 18.30
info:051.235643 | www.centronatura.it | maggiruggero@gmail.com| 320.9621497



mercoledì 28 febbraio 2018

UN ARTISTA AL MESE / Fausto Melotti


  UN  ARTISTA  AL  MESE / Marzo 2018

Ogni primo del mese e per 12 mesi verranno presentati  in queste pagine 12 artisti  con alcune opere significative  integrate da video e relativa biografia sintetica. Una collezione immaginaria e  ideale di arte contemporanea, una raccolta dei sogni  e anche dei  desideri.  Non ha la pretesa  di essere una raccolta museale definita, completa.  È la raccolta del momento, soggetta anche  a ulteriori aggiornamenti,   e   cambiamenti  sostanziali.  Nasce, soprattutto,   dal desiderio  di far conoscere alcuni artisti nati tra gli anni 20 e 60,  ancora non del tutto conosciuti al grande pubblico che nel corso degli anni  hanno  definito in modo  poetico e originale  una propria visione personale dell’arte.  Sandro  Bongiani



Fausto  Melotti




UN  SOFFIO  DI  VENTO

 Poema visivo 
dedicato a Fausto  Melotti

  
La vita  di un uomo è fatta di  oscuri tintinnii di campane appese per la gola, di cadute, di miraggi e anche  di memorie solitarie che nascono da cadenze antiche.
Solo nell’oscurità il silenzio  incarna  essenze malinconiche  senza tempo.  
La luce vola oscura tra fruscii e  rintocchi che sbattono cupi nell’aria come presagi dell’invisibile.
Solo nella fantasia il silenzio magicamente  vola e prende forma.
L’aspro vento  di Rovereto  sfiora e accarezza le  frange dei cenci appesi ad una trave  di ferro sibilando oscuri presagi e mirabili incanti, per poi  adagiarsi  fiera  sopra  la  polvere che il tempo ha  conservato.
Solo nei ricordi   il silenzio  diventa poesia   tra una  metamorfosi  e un battito d’ali che il tempo   si appresta a cancellare.
Nella penombra dei  pensieri,  insolite  presenze di latta e di ruggine  colano  orgogliosi lungo remoti pendii  per condensarsi in entità sospese.
Solo nel silenzio dell’oscurità gli incanti   si trasformano in  note  e  in contrappunti musicali nel tentativo  di esserci ancora.

Giovanni Bonanno © 2012




Le  opere:






L’esposizione di Fausto Melotti (Rovereto, 1901; morto a Milano nel 1986) accoglie,  in maniera cronologica, oltre duecento opere tra terracotte, disegni, ceramiche, gessi e sculture in ottone,  in un arco di tempo che va dal 1930 al 1986. La sua scultura nasce tra tradizione, rinnovamento del linguaggio e della scultura contemporanea: sensitiva, volubile, capricciosa; per questo  sembra che voli tanto appare leggera e precaria. Sono apparizioni provvisorie in attesa  di un soffio di vento per rianimarsi, per divenire viaggio, essenza, racconto. Apparizioni  che non tentano di "definirsi in forma”,  ma vivono l’istante come  momento sfuggente, insostanziale. Presenze che hanno bisogno dell’aria e dell’atmosfera per sopravvivere, includendo nell’azione  forze che possono apportare nuovi sviluppi. 

L’artista non fa leva  sull'accostamento casuale e ironico dell’objet  trouvè di matrice  duchampiana, non cerca  la provocazione e neanche  fa leva sull'utilizzo degli oggetti tout court,  ma incentra tutto il suo lavoro  sulla manualità, sulla manipolazione dei  materiali semplici e soprattutto sulla trasfigurazione in base ad un emergente bisogno espressivo e comunicativo. Per tale motivo i materiali non vengono mai presentati per quello che sono ma trasformati in funzione di una sintesi, per la carica di suggestione che possono trasferire.  Sono  presenze che tendono alla tensione, al flusso indefinito, nel tentativo di trasformarsi in contrappunto poetico e per apparire come favola. Una visione in realtà complessa e intricata. Un transitare veloce,  decisamente solitario,  sospeso al di là del logico e del consueto. Quelli di Fausto Melotti sono segni poetici situati nella dimensione più oscura e vera della penombra, presenze senza tempo in cui la vita, per un attimo, si è rappresa. Una rappresentazione decisamente inconsistente, immateriale, transitoria, sospesa tra un apparire indeterminato  che  cerca,  anche per un solo attimo di  trasformarsi in vertigine e  svelarsi.


sandro bongiani
Exibart, mostra visitata il 21 dicembre 2011





Il Video:

Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura    

Fausto Melotti porta armonia nelle sale del Castello di Miradolo  a San Secondo di Pinerolo, mostra conclusasi  11 febbraio 2018.


durata 18:05 









Fausto  Melotti  (1901 - 1986)

Fausto Melotti nasce a Rovereto (Trento) nel 1901. Nel 1915 si trasferisce con la famiglia a Firenze dove conclude gli studi secondari. Nel 1918 si iscrive alla facoltà di Fisica e Matematica dell’Università di Pisa, corso di studi che proseguirà al Politecnico di Milano, dove nel 1924 si laurea in ingegneria elettrotecnica. Nel frattempo porta a termine i cinque anni di studi musicali, conseguendo il diploma in pianoforte e intraprende lo studio della scultura, a Torino, presso lo scultore Pietro Canonica. Si iscrive poi all’Accademia di Brera di Milano, dove è allievo di Adolfo Wildt, insieme a Lucio Fontana, con il quale stringe un lungo sodalizio. Si diploma nel 1928. Nel 1932 accetta l’incarico da parte della Scuola artigianale del mobile di Cantù per un corso di plastica moderna. L’artista così si esprime: " Noi crediamo che all’arte si arrivi attraverso l’arte, frutto d’intuito personale: perciò tutto il nostro sforzo consiste nell’insegnare il piccolo eroismo di pensare col proprio cervello." Nel 1935 aderisce al movimento "Abstraction-Création", fondato a Parigi nel 1931 da Herbin, Vantongerloo, Hellion, Arp, Gleizes, Kupka, Tutundjian e Volnier, con lo scopo di promuovere e diffondere l’opera degli artisti non figurativi. Nello stesso anno rende anche esplicita la sua adesione al gruppo degli astrattisti milanesi partecipando alla prima mostra collettiva di arte astratta nello studio di Casorati e Paulucci a Torino ed esponendo a Milano, alla Galleria del Milione, una sua personale con sculture di ispirazione rigorosamente contrappuntistica. "Attraverso queste opere è possibile scorgere l’operazione che Melotti sta sperimentando: il trasferimento dei valori musicali alla scultura. La musica diviene presupposto fondamentale, autentica disciplina della ricerca artistica, nuova metafora che apre a inedite esperienze. E’ la musica a guidare la scultura nel processo di defisicizzazione della materia; è lo studio della musica a presupporre l’idea di contrappunto nella scultura: Melotti giunge ad una sorta di "astrazione musicale" nel campo delle arte figurative: "…un’arte [che] è stato d’animo angelico, geometrico".
La sua prima esposizione non ha alcun esito positivo in Italia, né tra i critici né tra gli artisti, mentre riceve la dovuta considerazione, in Francia, grazie a Léonce Rosenberg, e in Svizzera, dove nel 1937 consegue il Premio internazionale La Sarraz.
Nello stesso anno, in occasione della VI Triennale di Milano, crea per la Sala della Coerenza disegnata dallo studio B.B.P.R. (Banfi, Belgiojoso, Peressuti, Rogers) un’opera-chiave, la Costante Uomo. L’idea è totalmente inedita e originale: dodici sculture scandiscono ritmicamente lo spazio in un progetto che, concertando armonicamente colore, parola e piani, suggella a paradigma d’opera d’arte l’installazione ambientale.
Dal 1941 vive per due anni a Roma, dove partecipa al progetto di Figini e Pollini per il Palazzo delle Forze Armate e nel frattempo realizza disegni, dipinti e compone poesie che, con il titolo Il triste Minotauro, saranno pubblicate da Giovanni Scheiwiller nel 1944. Nel dopoguerra, per vivere, si dedica alla ceramica e raggiunge, attraverso una tecnica raffinatissima, una qualità artistica ineguagliabile. Testimonianza ne sono i premi: il Gran Premio della Triennale di Milano nel 1951; nel 1958, la "Grande medaglia d’oro ad artefice italiano" dal Comune di Milano; nel 1959 la medaglia d’oro di Praga e anche quella di Monaco di Baviera. Nel 1967 espone alla Galleria Toninelli di Milano numerose sculture di nuova ispirazione che lo ripropongono all’attenzione del pubblico e della giovane critica. Da questo momento ha inizio una serie di mostre in Italia e all’estero che lo porterà rapidamente al successo e permetterà al pubblico di conoscere la sua opera multiforme: sculture, bassorilievi, teatrini e opere su carta.
Così scrive Germano Celant: "È sull’uscita o sul dialogo tra penombra e luce, alla frontiera tra essenza e movimento, dove i corpi fluidificano e si presentano sinuosi e leggeri che Melotti imposta la sua ricerca, che esprime una svolta nuova alla scultura, perché non lavora più sul togliere dal pieno, ma sul far emergere dal vuoto."
Nel 1973 consegue il Premio Rembrandt, giudicato il Nobel delle arti; nel 1977 gli viene attribuito il Premio Biancamano.
Nel 1974 la casa editrice Adelphi pubblica una sua raccolta di scritti e poesie intitolataLinee, a cui viene conferito, nel 1975, il Premio Diano Marina. Nel 1978 sempre Adelphi pubblica Linee, secondo quaderno. Nello stesso anno riceve il Premio FeltrineIli per la scultura.
Nel 1979 un’antologica del suo lavoro è presentata a Milano a Palazzo Reale. Nel 1981 la città di Firenze gli dedica una mostra al Forte Belvedere.
Da questo momento in poi si susseguono le mostre personali e collettive in Italia e all’estero, che lo vedono tra i protagonisti dell’arte contemporanea. Firenze, Roma e Venezia ospitano importanti personali, ma è presente anche a New York, Londra, Zurigo, Vienna, Francoforte, Monaco e Parigi.  Muore a Milano il 22 giugno 1986.