sabato 5 agosto 2017

Venezia / PADIGLIONE TIBET a cura di Ruggero Maggi



PADIGLIONE TIBET
 
un ponte di cultura e libertà

a cura di Ruggero Maggi

Palazzo Zenobio – Fondamenta del Soccorso 2596 - Venezia
10 maggio – 10 agosto 2017

evento dedicato a S.S. il Dalai Lama 


GIOVEDI' 10 AGOSTO 2017 APERTURA STRAORDINARIA
per condividere insieme la giornata conclusiva di questo significativo evento.





A partire dalle ORE 18.00 si potrà continuare a visitare il Padiglione
attraversando la sala delle LUNG-TA (cavalli di vento) le bandiere di preghiera che enfatizzano e racchiudono in sé il desiderio innato del popolo tibetano di abbracciare l'intera razza umana in una grande preghiera collettiva. Su queste delicate strutture filiformi gli artisti invitati per questa edizione di Padiglione Tibet , ideato e curato da Ruggero Maggi, sono intervenuti con messaggi poetici di straordinaria forza spirituale e creativa: Marco Agostinelli , Dino Aloi , Salvatore Anelli , Piergiorgio Baroldi - Lorenzo Bluer , Carla Bertola - Mariella Bogliacino - Fernando Montà - Alberto Vitacchio , Giorgio Biffi - Giglio Frigerio - Fabrizio Martinelli , Rovena Bocci , Rossana Bucci - Oronzo Liuzzi , Rosaspina Buscarino , Silvia Capiluppi , Paola Caramel , Simonetta Chierici - Loredana Manciati - Tiziana Priori - Elena Sevi , Pino Chimenti Circolo degli artistidi Varese, Marzia Corteggiani , Giampietro Cudin - Carla Rigato , Albina Dealessi , Nyima Dhondup - Livia Liverani , Anna Maria Di Ciommo, Franco Di Pede , Marcello Diotallevi , Giovanna Donnarumma - Gennaro Ippolito , Gretel Fehr , Mavi Ferrando - Mario Quadraroli - Roberto Scala , Alessandra Finzi - Gianni Marussi , Alberto Fortis , Emanuela Franchin , Ivana Geviti , Antonella P. Giurleo , Isa Gorini , Gruppo Il Gabbiano , Peter Hide 311065 - Isabella Rigamonti , Benedetta Jandolo - Angela Marchionni , Oriana Labruna , Silvia Lepore - Sandro Pellarin , Ruggero Maggi , Giulia Niccolai - Gruppo BAU , Tashi Norbu , Clara Paci , Lucia Paese , Salvatore Perchinelli , Marisa Pezzoli , Benedetto Predazzi , Anna Seccia , Gianni Sedda , Roberto Testori .

Soffermandosi sulle opere-video di Satish Gupta (presentato dalla prestigiosa BASU Foundation For The Arts), di Francesca Lolli e Marco Rizzoper poi accedere ad un particolare ed originale percorso visivo ed emozionale, costituito da quattro mostre personali con una selezione di opere dal contenuto giocoso e fluttuante come nel caso di Marcello Diotallevi con le sue “Fiabe al vento”; con le evocative immagini fotografiche di Anna Maria Di Ciommo riproducenti Lama tibetani al lavoro su splendenti mandala; con le rigorose opere di Rosaspina Buscarino dal serrato ritmo compositivo, capaci di penetrare a fondo nell'animo umano e con le opere-oggetto di Roberto Testori che nel loro biancore riflettono soluzioni concettuali ricche di significati spirituali ed artistici. 
Camminare all'interno di un'opera poetica, potente e preziosa nello scrigno a cielo aperto nel giardino di Palazzo Zenobio, in cui la natura stessa dialoga con gli elementi che la compongono: Atman (dal sanscrito “essenza” - “soffio vitale”) di Robert Gligorov curata da Luca Pietro AcquatiArchitetto. Nessuna apologia di nazismo, anzi un messaggio di pace e solidarietà verso il popolo tibetano che con quel simbolo (la svastica) rappresentava il sole, l'infinito e l'eternità. Sulle sculture che compongono l'installazione sono incisi i nomi di monaci e di personalità che hanno avuto una rilevante importanza per quanto riguarda la sfera spirituale del mondo tibetano ed indiano, tra cui il Mahatma Gandhi.

ORE 19.00
NO CHAIN performance di danza contemporanea di K7
coreografia di Kappa | musica di Paola Samoggia | danza Giuseppe Spinelli
 ...ho pensato a Padiglione Tibet, al ponte tra due culture…. al collegamento… alla denuncia della situazione attuale che però volge verso una libertà raggiunta con l’aiuto delle due culture assieme, l’aiuto di tutti…. la campana a lastra è libera di muoversi nel vento…. come una bandiera di preghiera….” (Paola Samoggia)

ORE 19.30
RICCARDO PES musicista e compositore
Programma “Padiglione Tibet” Giovanni Sollima – Alone | Giuseppe Tartini – Adagio | Eliodoro Sollima – Sonata 1959 | Kristof Penderecky – Per Slava | Riccardo Pes – Premer e Stalir
Il programma è un mix di musica composta nel 21° secolo, periodo in cui il naturale concetto di armonia classica raggiunse il suo massimo disfacimento a favore di un serialismo di natura espressionista. La realtà frammentata dalle Guerre Mondiali e dalla povertà internazionale viene così tradotta nelle note laconiche e scure del repertorio Novecentesco. Il brano finale, invece, è un omaggio a Venezia, composto da Riccardo Pes ed ispirato al vogare “alla veneta” delle gondole: Premer e Stalir.


ORE 20.00
PRIMA BIENNALE INTERNAZIONALE DI ARTE POSTALE A VENEZIA
a cura di Ruggero Maggi




Termina la mostra di Arte Postale con l'esposizione di numerosi interventi pervenuti per posta e realizzati da circa 800 artisti di tutto il mondo - tra cui Altan , Gillo Dorfles , Shozo Shimamoto , Robert Gligorov - che hanno risposto all'invito dal tema: Il Dalai Lama ed il Tibet.
L'Arte Postale è un network internazionale che ha contrassegnato, soprattutto alla fine del secolo passato, un’infinita serie di progetti, riviste, libri, mostre, in cui ha valore la relazione intrinseca tra l'oggetto spedito, il mittente ed il destinatario. Il Futurismo e il Dadaismo sono da considerarsi senz'altro gli antecedenti storici di questa forma di comunicazione artistica, così come è da sottolineare l'opera di Kurt Schwitters, creatore dei primi lavori realizzati con timbri e l'avvento, alla metà degli anni '50, della ricerca Fluxus con l'opera di artisti come Joseph Beuys, Ray Johnson, George Maciunas, Ken Friedman, Ben Vautier e di alcuni artisti e teorici del Nuovo Realismo francese come Pierre Restany ed Yves Klein. Ray Johnson, artista di New York, è considerato il creatore dell'Arte Postale: nel 1962 fonda, sbeffeggiando le vere scuole per corrispondenza, la New York Correspondence School (così definita da Ed Plunkett). Questa Biennale non vuole assolutamente rendere istituzionale un fenomeno artistico come la Mail Art che ha nel proprio codice genetico un'avversione per tutto ciò che può renderla ufficiale ed istituzionale - nel 1986 scrissi: “la Mail Art usa le istituzioni nei luoghi delle istituzioni contro le istituzioni” - ma vuole fare il punto su questo network antesignano dei recenti social network. Un grande archivio aperto al pubblico.



Ospite speciale di questa Prima edizione della Biennale di Arte Postale: GAC , acronimo che indica Guglielmo Achille Cavellini , probabilmente il più controverso artista nella storia dell'arte contemporanea italiana e creatore dell'autostoricizzazione.


ORE 20.30
Sempre nella splendida corte di Palazzo Zenobio conclusione della serata con un momento conviviale coordinato con il Gruppo Giovani Pittori Spilimberghesi "Leoluca Vincenzo Visalli" - l'Associazione Socio-Culturale Erasmo da Rotterdam di Spilimbergo (Pn) - Storica Società Operaia di Mutuo e Soccorso di Pordenone - ANIOC Ass. Nazionale Insigniti Onorificenze Cavalleresche Pordenone-Spilimbergo e con la fattiva collaborazione per le degustazioni di: Pasticceria Le Strane Delizie Spilimbergo, Formaggi Tosoni Spilimbergo, Vini Castelcosa San Giorgio della Richinvelda, Salumi Lovison Spilimbergo, ArteVino di Eddy Leone Spilimbergo.

ENTRATA LIBERA

info: 
www.padiglionetibet.com | maggiruggero@gmail.com | 320.9621497
orari: martedì – domenica 10.00/18.00 - chiusura: lunedì

PALAZZO ZENOBIO – FONDAMENTA DEL SOCCORSO 2596 - VENEZIA
. Dalla Stazione Ferroviaria di Venezia facilmente raggiungibile a piedi
. vaporetto 5.1 fermata S. Basilio

giovedì 29 giugno 2017

LIBRI D’ARTISTA, COLLEZIONE DELL’ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO


Libri d’Artista dalla Collezione dell’Accademia di Belle Arti di Palermo
Dal 29 giugno 2017,  Oratorio dei SS. Elena e Costantino
Piazza della Vittoria, 23 - Palermo




Inaugurata il 28 giugno  nell’Oratorio dei SS. Elena e Costantino la mostra dal titolo “Libri d’artista dalla Collezione dell’Accademia di Belle Arti di Palermo”. Promossa dalla Fondazione Federico II, dall’Assemblea regionale siciliana e dall’Accademia di Belle Arti di Palermo; la Collezione dei Libri d’artista si prefigge l’obiettivo di creare una memoria organizzata, una traccia della presenza e del passaggio dei docenti – artisti in Accademia. Si tratta, in sintesi, di una vasta ed esaustiva raccolta di immagini di opere dei libri di artista che costituiscono la Collezione permanente dell’Accademia di Belle Arti di Palermo. 
Le opere che rientrano nella Collezione sono il frutto della donazione degli artisti che hanno, in questo modo, deciso di lasciare un segno tangibile e visibile del loro passaggio in Accademia. Vere e proprie opere d’arte realizzate con le più svariate tecniche artistiche, l’oggetto d’arte viene rappresentato sotto forma di dipinto tridimensionale, come scultura da sfogliare, foto da trasformare, collage, segni su carta d’altri tempi e una miriade di altre forme di espressioni.











Vista a volo d'uccello dell'oratorio di Sant'Elena e Costantino, aperta da mercoledì pomeriggio (28 giugno) al 23 luglio in occasione della mostra "libri d'artista dalla Collezione dell'Accademia di Belle Arti di Palermo"


Titolo: Libri d’artista dalla Collezione dell’Accademia di Belle Arti di Palermo

Date: 29 giugno 2017 – 23 luglio 2017
Luogo esposizione: Oratorio dei SS. Elena e Costantino,   Piazza della Vittoria, 23 – Palermo
Orari di visita: lunedì/sabato dalle ore 9.00 alle ore 17.00 – ingresso gratuito
Presentazione della mostra: mercoledì 28 giugno ore 18,00
Pubblicazione: Libri d’artista dalla Collezione dell’Accademia di Belle Arti di Palermo editata dalla Fondazione Federico II; prezzo di copertina 18 € in vendita presso bookshop Palazzo Reale di Palermo. Mostra  Curatori: Mario Zito, Toni Romanelli, Enzo Patti
Allestimento a cura della scuola di allestimenti degli spazi espositivi museali.


mercoledì 28 giugno 2017

Josè Molina - Reggia di Caserta









Fino al 3 giugno
José Molina. Paesaggio dopo la battaglia 
Retrostanze del '700, Reggia di Caserta

Le Retrostanze del ‘700 lungo il percorso degli Appartamenti Storici della Reggia di Caserta ospitano fino al 3 giugno la personale dell’artista madrileno José Molina dal titolo “Paesaggio dopo la battaglia”. L’importante mostra curata da Lorenzo Canova   è presente in una serie di ambienti  della Reggia che per diversi anni hanno ospitato la Collezione Lucio Amelio, una delle più importanti raccolte al mondo di arte contemporanea. La presenza di  Josè Molina  non fa che rinnovare la relazione originaria della Reggia con la terra di origine dell'artista, a partire dal suo committente, Carlo di Borbone. In questo contesto l'opera metamorfica e visionaria di Molina ha il potere di rendere ancora più affascinante la visita. L’esposizione offre al visitatore un corpus di 30 opere – dipinti, disegni e sculture che mette a fuoco  i temi  trattati frequentemente dall’artista spagnolo, con una serie opere  del tutto inedite realizzate proprio quest’anno, facente parte del ciclo “Paesaggio dopo la battaglia”, da cui la mostra prende il  particolare titolo.  L’artista, attraverso una abilissima tecnica grafica supportata da una insolita capacità  di  ricerca e d’indagine psicologica e antropologica è capace di far  emergere le insolite pulsioni e gli istinti  primordiali  che caratterizzano la particolare specie umana in un sottile e inquieto viaggio  solitario e atemporale vissuto tra  un passato atavico  che s’innerva nel  disagio del presente per divenire congiuntamente un tutt’uno. Un magistrale procedere e rapportarsi in un territorio dell’immaginazione e delle emozioni oscuro e imprevedibile, carico di improvvisi  e repentini scatti e slittamenti di umore  che riemergono in un incessante e lento  affiorare. Al centro dell’interesse dell’artista   madrileno vi è l’assidua attenzione  ad  indagare la vita dell’uomo, il suo malessere e  gli svariati aspetti che lo caratterizzano, rappresentandolo in atteggiamenti  spesso deformati e mostruosi allo scopo di svelarne le intime e diverse problematiche che lo caratterizzano, di un essere dall’identità perduta, che per paura  cerca egoisticamente di occultare. Lo si può percepire facilmente osservando sia le opere inedite create appositamente per  questa importante mostra, (Paesaggio dopo la battaglia), così come nei cicli storici precedenti come i Predatores, Los Olvidados, Peccati e Virtù  che dal 2005, sono  motivo assiduo d’indagine e di ricerca. L’intento essenziale di Molina è cercare  d’interessare e coinvolgere concretamente lo spettatore  affidandosi  non soltanto all’immaginazione ma anche alla definizione  dettagliata e definita dell’immagine che deve essere  motivo di attrazione convincente in questa insolita messa a fuoco della realtà, spingendolo ad interrogarsi più concretamente, così i prevaricatori, i deboli e i dimenticati dell’umanità, tra virtù e peccato si ripropongono intrecciandosi ripetutamente nel corso della intera storia dell’uomo. Una visione decisamente transitoria e trasversale che accoglie suggestioni di vario genere, da Goya a  Grosz, da Daumier a Bacon, e poi anche i contributi di diversa area culturale come il Surrealismo, la fotografia, l’Iperrealismo,  si badi bene, non semplice  sogno ludico e automatismo psichico di ascendenza surrealista, ma tipologie  oniriche di rappresentazione che convergono e si definiscono  tra loro in una sintesi più fattibile in un qualcosa di più  esistenziale che possa permettere una possibile catarsi. Un viaggio, quindi,  a ritroso e all’interno dell’immaginario, dentro e fuori dal corpo, per una messa a nudo di emozioni e stati d’animo che convivono tragicamente da sempre.  Rimane un campo di battaglia pieno di macerie,  segnato da una dura lotta cruenta e feroce che ha devastato e svuotato il destino e le coscienze, carico di presagi e anche di improvvise ricadute. Alla fine della  battaglia  rimangono a terra  i corpi  disfatti, le emozioni e i modi di sentire e agire  che ci appaiono come pesanti macigni inanimati in un procedere transitorio e ricorrente pieno di ostacoli e condizionamenti che di fatto impediscono una chiara presa di coscienza del proprio agire. In questa precaria realtà dell’animo umano l’incubo prende corpo e diventa metamorfosi,   sconfinamento allegorico attorno ai meandri di una realtà  irreparabilmente mutata. Dissolvenze, metamorfosi, deformazioni dell'anima, irrigidimenti  di zone  ridotte in un’altra dimensione ancora più confacente.  Ne permane, pertanto,  un trascendente ritratto sempre diverso  caratterizzato dai diversi aspetti della fragilità  dell’essere umano. Un’immagine ibrida dell’uomo alienato  ripreso a bocca aperta e a denti stretti in una dimensione di sofferto  e stressante disagio, oppure,  come nel ultimo monumentale “Crocefisso” di quest’anno,  vecchie larve  hanno preso il posto del disagio, riemergendo improvvisamente dal nulla a nuova vita.  Dopo la caduta, forse,  una  possibile speranza che si fa redenzione. Tutta l’opera di Molina è una incessante lotta, un continuo e sofferto procedere alla ricerca di un qualsiasi segnale che possa   permettere  all’uomo di prendere coscienza  della infausta situazione in cui si è arenato da tempo. Questa è  l’aria  d’inquietudine,  di attesa ma anche di possibile rinascita che si respira visitando  le magnifiche sale del visionario mondo di  Josè Molina.    
Sandro  Bongiani    









Sandro  Bongiani
EXIBART,  mostra visitata il 4 maggio
Dal 4 maggio al 3 giugno 2017
José Molina, Paesaggio dopo la battaglia 
Retrostanze del '700, Reggia di Caserta 






SALA 47 

sabato 17 giugno 2017

VENEZIA / BIENNALE D'ARTE POSTALE 2017


PRIMA BIENNALE INTERNAZIONALE DI ARTE POSTALE A VENEZIA

Anche quest'anno Padiglione Tibet partecipa ad
ART NIGHT VENEZIA
SABATO 17 GIUGNO 2017 alle ore 19.30
PRIMA BIENNALE INTERNAZIONALE DI ARTE POSTALE
A VENEZIA
Sede: Palazzo Zenobio, Fondamenta del Soccorso




L'Arte Postale è un network internazionale che ha contrassegnato, soprattutto alla fine del secolo passato, un’infinita serie di progetti, riviste, libri, mostre, in cui ha valore la relazione intrinseca tra l'oggetto spedito, il mittente ed il destinatario. Il Futurismo e il Dadaismo sono da considerarsi senz'altro gli antecedenti storici di questa forma di comunicazione artistica, così come è da sottolineare l'opera di Kurt Schwitters, creatore dei primi lavori realizzati con timbri e l'avvento, alla metà degli anni '50, della ricerca Fluxus con l'opera di artisti come Joseph Beuys, Ray Johnson, George Maciunas, Ken Friedman, Ben Vautier e di alcuni artisti e teorici del Nuovo Realismo francese come Pierre Restany ed Yves Klein. Ray Johnson, artista di New York, è considerato il creatore dell'Arte Postale: nel 1962 fonda, sbeffeggiando le vere scuole per corrispondenza, la New York Correspondence School (così definita da Ed Plunkett). Questa Biennale non vuole assolutamente rendere istituzionale un fenomeno artistico come la Mail Art che ha nel proprio codice genetico un'avversione per tutto ciò che può renderla ufficiale ed istituzionale - nel 1986 scrissi: “la Mail Art usa le istituzioni nei luoghi delle istituzioni contro le istituzioni” - ma vuole fare il punto su questo network antesignano dei recenti social network. Un grande archivio aperto al pubblico con migliaia di opere.
A cura di di Ruggero Maggi per Padiglione Tibet.
1st VENICE INTERNATIONAL MAIL ART BIENNIAL
Mail Art is an international network which has marked, especially at the end of past century, an infinite number of projects, shows, fanzines, books, in which the inner relation between the sent object, the sender and receiver its of value. Futurism and Dadaism can be considered the historical antecedents of this form of art communication, it's important to underline the Kurt Schwitters's rubber-stamped works, the Fluxus movement with the artists' work such as: Joseph Beuys, Ray Johnson, George Maciunas, Ken Friedman, Ben Vautier and the French New Realism with Pierre Restany and Yves Klein.Ray Johnson is considered the Mail Art's creator: at 1962 he founded, mocking the real Correspondence Schools, the New York Correspondence School (so defined by Ed Plunkett).This Biennial doesn't want make mail art institutional - at 1986 I wrote “Mail Art uses institutions in the places of institutions against institutions” -  which has in the own genetic code an aversion for all can make it official, but, at the contrary, it wishes take stock on this network precursor of current social network. A great archive with thousands of works.

by Ruggero Maggi for Tibet Pavilion


giovedì 18 maggio 2017

Le Metamofosi di Josè Molina



Metamorfosi a piedi nudi


Poema visuale di Giovanni  Bonanno 
dedicato a Jose' Molina.



Josè  Molina,  2017
la madre morta, matita grassa su carta 59x50 cm 




Solitario  ti vedo  camminare  in bilico su una fune tesa tra due alti colli, come sempre bilanci il tuo corpo  spingendoti con le braccia aperte a destra e sinistra e intanto con un occhio  guardi curioso  avanti e con la coda dell'altro ti volgi indietro  a ricercare memorie nascoste.   



L'attesa  e' il momento  migliore, rimani assorto nel vuoto  prima di   decidere di spingerti  a piedi nudi ancora  più in là.   



Un  tuffo deciso ti permette di sprofondare nel nulla per poi, sorpreso riemergere rannicchiato  a pelo d'acqua  portandoti appresso lacerti  di senso  che emergono d'incanto  leggeri e curiosi  in superficie.


Sono solo nascoste apparizioni fugaci, presenze irrisolte che affiorano  e si dissolvono  in fretta dando qualche  parvenza  di senso compiuto.


La balena curiosa ora gira felice  attorno ai piedi di tua madre e intanto tu avido ingoi  morsi rubati di natura che poi   distendi su fazzoletti di carta bianca appesi  ad asciugare a Consiglio di Rumo.


Dissolvenze, metamorfosi, deformazioni dell'anima, irrigidimenti  di zone  ridotte in un’altra dimensione ancora più confacente.


Come  un insolito equilibrista  ti muovi nel vuoto incerto di un solo attimo a raccattare cenci di senso costretto di ciò che ormai siamo diventati. 


© Giovanni  Bonanno  15  maggio 2017










Josè  Molina

Cenni biografici. Nato a Madrid nel 1965, José Molina dall’età di undici anni frequenta diverse scuole d’arte e in seguito, parallelamente agli studi presso l’Università delle Belle Arti di Madrid, lavora nella pubblicità fino all’età di trentacinque anni, quando decide di dedicarsi totalmente alla pittura. La prima mostra è nel 2004 presso la Galleria Rubin di Milano; tra il 2005 e il 2010 tiene una personale al Museo della Scienza e della Tecnologia e all’Acquario Civico di Milano a cura di Vittorio Sgarbi e espone in altre sedi tra cui la Ca’ di Fra’, Mc2, Fondazione Stelline e Fondazione Mudima. Il 2013 è per Molina un anno di grandi mostre personali e collettive, le sue opere sono infatti esposte a Milano presso il Museo Poldi Pezzoli, lo Spazio Oberdan e la Triennale. Nel 2014 a Roma alla Real Academia de España ha luogo la sua prima antologica, nel 2015 presenta “Humanitas” il volume che raccoglie la produzione dell’artista dal 2002 e nel 2016 espone con una personale presso il Museo del Mare di Genova e alla Galleria Deodato Arte di Milano. Attualmente vive e lavora a Gravedona, sul lago di Como.




giovedì 11 maggio 2017

PAVILION LAUTANIA VIRTUAL VALLEY


SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

 1887 - Kurt Schwitters &  Marcel Duchamp “UNIVERSI  POSSIBILI / Verso La Globalità Intelligente”  a cura di  Giovanni Bonanno. 
  
Dal 6 maggio 2017 al 26 novembre 2017– Due proposte  internazionali presentate in contemporanea con la 57th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia  2017 






LAUTANIA  VIRTUAL  VALLEY
“UNIVERSI  POSSIBILI / Verso La Globalità Intelligente” 
Kurt Schwitters “1887 - KURT MERZ / ECOLOGY”

Testo critico di Giovanni Bonanno



 KURT SCHWITTERS / 1887- Kurt Merz/Ecology

Lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery, in occasione della 57° Biennale di Venezia 2017 intende dedicare l’attenzione come evento indipendente e contemporaneo presso il “Pavilion  Lautania  Virtual  Valley”,   a due artisti dadaisti come Kurt Schwitters  e Marcel Duchamp nati nel 1887, che sintetizzano magnificamente il concetto  d’indagine inteso come il luogo privilegiato per rilevare i sogni e le utopie che nella dimensione metafisica e mentale suggeriscono  mondi e immaginari collettivi.  Una invenzione a tutto campo giocata su  “universi possibili” tra la libertà della creazione e la globalità intelligente del fare arte. Lo Spazio Ophen dopo aver dedicato l’attenzione nel 2015, in occasione della precedente Biennale di Venezia a due artisti giapponesi come Shozo Shimamoto e Ryosuke Cohen,  “dentro e fuori il corpo”, (The World's  Futures / Inside and outside the body), intende ora indagare il lavoro dei  due artisti  dadaisti e globali  tra “Aperto e Chiuso / Closed and Open” con due  rispettive mostre a loro dedicate volte ad approfondire ciò che sottende il processo creativo. Lo studio abitazione dell’artista, nella dimensione creativa, temporale e spaziale definisce l’estensione verso l’altro nella  necessità di metabolizzare e trasformare la  realtà.
Per questa prima mostra collettiva internazionale dedicata a Schwitters, in occasione della ricorrenza dei 130 anni dalla nascita  (Hannover, 20 giugno 1887 – Kendal, 8 gennaio 1948),  sono state inviate a diversi artisti contemporanei  delle postcard con la foto del primo Merzbau, per intenderci quello di Hannover del 1923 - 1943, l’assemblaggio nella casa dell’artista, distrutto nel 1943, chiedendo a loro, nel rispetto del pensiero di arte totale di Schwitters,  un intervento “aggiuntivo” di  ideale condivisione, un  intervento per  “continuare” coscientemente e coerentemente l’opera di Schwitters,  che essendo “un work in progress”  non è destinato in alcun modo ad un possibile e definitivo completamento dell’opera. Del resto, i tre Merzbau, hanno avuto il triste destino di essere stati o distrutti (come per esempio quello di Hannover) oppure di  rimanere  non completati a causa della morte improvvisa dell’artista tedesco. In questa collettiva internazionale sono presenti 66 opere di altrettanti importanti artisti  che hanno voluto  condividere  tale proposta come artisti di frontiera  a margine  di un  possibile confine e spartiacque al  sistema ufficiale  dell’arte. 

Cos’è Merzbau? 
Kurt Schwitters, protagonista solitario e isolato del dadaismo tedesco, dopo una breve fase espressionista e cubista, decise ben presto di abbandonare  i modi tradizionali  di fare pittura per preferire l’utilizzo di materiali poveri  sotto forma di collage con oggetti recuperati di ogni tipo. Uno dei suoi  primi collages porta il titolo di Merzbild (1919), dal frammento della parola (Com)merz che vi compare.  L’opera Das Merzbild del 1919, risulta già un assemblage con una composizione di vari materiali: fili e maglia metallica con corde, carta e cartone di vario tipo. Nella parte centrale dell’opera è presente in modo evidente la scritta “Merz”, ricavata da un’inserzione della Kommerz - und Privatebank. Quest’opera è andata dispersa dopo essere stata esposta in modo dispregiativo nella mostra nazista dell’arte e considerata degenerata. La parola Merz, come quella di “Dada”,  nata casualmente senza alcun significato, verrà attribuita a tutto diventando la cifra personale di tutta l'attività successiva dell’artista tedesco. Senza alcun dubbio la sua creazione più nota è un'installazione intitolata il Merzbau, costruita, con materiali trovati, detta dallo stesso artista  “Cattedrale della miseria erotica”, esistita ad Hannover tra il 1923 e il 1944 prima di essere distrutta dai bombardamenti. All'interno di questa costruzione ambientale, l'artista  aggiungeva  sviluppando lentamente frammenti di cose di recupero trovate. L'opera, intesa come un work in progress volutamente provvisorio, non si concluse mai. Dopo il 1945 si stabilì ad Ambleside e, grazie a un finanziamento del Museum of Modern Art di New York, poté dedicarsi alla realizzazione del terzo Merzbau, rimasto, dopo il secondo anch’esso incompiuto  a causa della prematura morte dell’artista in Gran Bretagna nel 1948.

Ecologia e arte totale
Tutto il suo lavoro ruota sul concetto  di “ecologia e arte totale” inteso come recupero di oggetti  rimessi nell’ambiente. Hans Richter scrive di Schwitters: “tutto ciò che era stato gettato via, tutto ciò che amava è ripristinato  con onore nella vita per mezzo della sua arte”. Noi consideriamo “rifiuto” la materia che ha esaurito la sua normale funzione mentre potrebbe essere  ripresa, riutilizzata come fonte di una nuova vita, ristrutturata per un nuovo scopo, per una nuova creazione. Secondo Schwitters, “la materia può essere trasformata, ma mai rimossa”. Tutto è rifiuto, per cui le cose devono essere costruite necessariamente utilizzando i frammenti delle cose trovate, non a caso possiamo parlare di “pensiero ecologico”.Questa idea  verrà applicata a vari livelli e ad ogni aspetto del suo lavoro, dal collage alla grafica, dal testo poetico alla musica. L’opera d'arte rappresenta con lui  la visione essenzialmente ecologica e cosciente dell’arte e del mondo, con l’urgente bisogno verso il recupero dei materiali usati che gli altri considerano rifiuti. Alla base di questa insolita poetica nulla viene scartato ma riutilizzato e rimesso a nuovo uso.  L’opera, quindi, intesa come riuso di oggetti di rifiuto trovati diventa il fondamento di tutta l’attività dell’artista tedesco. Per usare la terminologia della cultura popolare e contadina – secondo noi – “Schwitters usa ogni parte del maiale”, perché del maiale si adopera  tutto e non si deve buttare nulla, neanche le ossa. Nel Merzbau di Hannover, l’artista  ha immesso le stesse idee sulle quali si fonda  tutta la produzione dei suoi collage, solo che diversamente dai collage di carta, lui stesso poteva vivere all'interno dello spazio, in una sorta di “collage tridimensionale” che conteneva i quartieri, le grotte e gli angoli nascosti dei ricordi e della memoria. Nel Merzbau del 1923, come per il territorio di una città, l’artista vi distingueva diversi quartieri e frazioni con una “cattedrale della miseria erotica”,  la cava dell’omicidio sessuale” in cui era presente una sorta di corpo femminile fratturato dipinto in rosso, una “grande grotta dell’amore” e  “una grotta di Goethe”. Praticamente un insolito labirinto ambientale, con una struttura costruita nel tempo a recuperare ossessioni oscure e  memorie autobiografiche.
Rimane l’opera omnia intesa come zona cupa della mente, di conseguenza, cresce a dismisura come una  grande città e le cavità, le valli, le grotte devono avere necessariamente una vita, una struttura propria e un carattere autonomo; una cavità ospita il tesoro scintillante dei Nibelunghi, mentre la grotta sex-crimine ha un orrendo cadavere mutilato di una ragazza sfortunata.  Lo stesso Schwitters descrive la costruzione del primo Merzbau: “It grows the way a big city does…I run across something or other that looks to me as though it would be right for the KdeE, so I pick it up, take it home, and attach it and paint it, always keeping in mind the rhythm of the whole…As the structure grows bigger and bigger, valleys, hollows, caves appear, and these lead a life of their own within the over-all structure…Each of the caves or grottoes takes its character from some principle component. One holds the glittering treasure of the Nibelungs…and the Goethe grotto has one of his legs and a lot of pencils worn down to stubs…the sex-crime cave has one abominable mutilated corpse of an unfortunate girl…an exhibition of paintings and sculptures by Michelangelo and myself being viewed by one dog on a leash…a 10% disabled war veteran with his daughter, who has no head but is still well preserved…”(Schmalenbach, 132-33).
Ognuna delle grotte, quindi,  prende il suo carattere da qualche elemento principale; integrati all'interno della struttura vi erano i singoli santuari  dedicati a molti amici e autori dadaisti, con oggetti e frammenti del proprio corpo (una piccola bottiglia di urina, un’unghia,  interruttori rotti, bottoni, biglietti del tram, etichette colorate di formaggio Camembert, un mozzicone di sigaretta, bicchieri capovolti e persino una ciocca di capelli), utilizzati allo sviluppo e alla crescita progressiva dell’installazione ambientale. Con quest’opera non possiamo più parlare semplicemente di scultura, oppure di arredamento totale alla maniera delle ambientazioni del Bauhaus o di quelle futuriste. Ormai, l’opera  deve dilatarsi  oltre il quadro estendendosi in tutto lo spazio della stanza che lo ospita. Inizialmente l’artista di Hannover incominciò a occupare lo spazio del suo studio con una prima colonna centrale, aggiungendo poi anche le altre due costruite con una religiosità laica in maniera estensiva e casuale. In circa vent’anni di lavoro, questo particolare “environment” divenne una sorta di autoritratto autobiografico e speculare dei sui pensieri e dei  contatti sociali con gli altri. Un diario intimo fatto di immagini, di oggetti e di spazio con una costruzione  in corso  in fase di definizione. Luogo concreto e vivibile, dunque,  in cui l’artista depositava i pensieri e i propri oggetti più cari, le testimonianze più vere che  gli consentissero di colmare il vuoto e la distanza tra la vita di ogni giorno e l’arte. La struttura tridimensionale crebbe in maniera apparentemente disordinata e caotica  carica di particolari richiami  simbolici e affettivi divenendo, di fatto, “l’opera ecologica e globale di una intera vita” destinata a rappresentare simbolicamente un sistema olistico, ovvero, una  particolare concezione totale.  Di certo, nel  Merzbau vi sono contenuti e accumulati  una  vasta e svariata gamma di  allusioni e di archetipi culturali addensati nello spazio a definire un procedere ciclico e temporale che emula e imita il procedere della vita cronologica nel suo farsi e disfarsi, con momenti passati sommersi e nascosti da quelli più recenti, come accade in una naturale crescita geologica o biologica. L’uso della ricercata funzione simbolica olistica da parte di Schwitters rende il Merzbau una occasione appropriata  per riflettere “in senso ecologico” su una particolare visione del mondo e sull’intero ecosistema del pensiero umano.          Giovanni  Bonanno  13 aprile 2017.















Biografia
Kurt Schwitters  ‹švìtërs›,  - Pittore (Hannover 1887 - Ambleside 1948). Studiò all'accademia di Dresda (1909-14) e, dopo una fase espressionista e cubista, nel 1918 creò le sue prime opere astratte. Per la sua personalità e il carattere estroso, Schwitters. viene spesso accomunato al movimento dada, del quale tuttavia non fece mai parte effettiva, nonostante l'amicizia che lo legò prima a T. Tzara e H. Arp, poi a R. Hausmann e Hanna Höch, esponenti del dada berlinese. Ben presto abbando’ i tradizionali materiali pittorici, immettendo sulla tela, con la tecnica del collage, gli oggetti di scarto più disparati, da biglietti del tram a frammenti di giornali, stoffe, spugne, tappi, bottoni. Uno dei suoi collages porta il titolo di Das Merzbild (1919), dal frammento della parola (Com)merz che vi compare. Una composizione equilibrata con vari materiali: fili metallici, corde, maglia metallica, carta e cartone di vario genere, in cui in posizione pressappoco centrale compare la scritta “Merz”, ricavata da un’inserzione della Kommerz- und Privatebank. Il quadro è andato disperso dopo essere stato esposto in modo dispregiativo nella mostra nazista dell’arte degenerata.  
Nato casualmente, questo termine Merz accompagnò e caratterizzo’ tutta l'attività successiva di Schwitters. Pertanto, egli chiamò Merzplastiken i suoi rilievi, Merzdichtungen le composizioni in prosa o in poesia, formate da frammenti di frasi, parole, modi di dire, come An Anna Blume (pubblicato su Der Sturm) e ancora Die Blume Anna e Memoiren Anna Blumes in Bleie. Nel 1921 fece un ciclo di conferenze a Praga con Hausmann e H. Höch e sulla sua scia compose una Ursonaate, basata sullo stesso principio di sfruttamento della sonorità della voce umana. Nel 1922-23 fu in Olanda con T. van Doesburg. Nel gennaio 1923 uscì il primo numero della rivista Merz e nello stesso anno iniziò il primo Merzbau (distrutto da un bombardamento nel 1943), una costruzione che attraversava i varî piani della sua casa di Hannover, fatta di oggetti eterogenei, aggiunti di giorno in giorno. Sempre in contatto con i movimenti di avanguardia, Schwittars. fece parte dei gruppi "Cercle et Carré" e "Abstraction-Création". Nel 1937 lasciò la Germania per stabilirsi in Norvegia, dove a Lyvaker iniziò un secondo Merzbau, anche questo distrutto. Nel 1940, invasa la Norvegia dai nazisti, l’artista si rifugiò in Inghilterra e fino al 1945 rimase internato in un campo di prigionia. Dopo il 1945 si stabilì ad Ambleside e, grazie a un finanziamento del Museum of Modern art di New York, poté dedicarsi alla realizzazione del terzo Merzbau, tuttavia, rimase incompiuto nel 1948 per  l’improvvisa morte.