mercoledì 14 marzo 2018

LA PORTA DI MILANO - 6 grandi sculture di Carlo Ramous all'Aeroporto di Milano Malpensa



CARLO RAMOUS 
SHAPING THE SPACE 

Aeroporto di Milano Malpensa 
fino al 30 giugno 2018


Milano 13 Marzo – La Porta di Milano accoglie 6 grandi sculture, modelli in scala per interventi monumentali destinati all’arredo urbano, e un bronzo storico, la Grande donna seduta, del 1955, di uno dei maggiori scultori italiani del Novecento.


SEA presenta a La Porta di Milano all'aeroporto di  Malpensa, fino al 30 giugno, Shaping the space una mostra che celebra Carlo Ramous (Milano, 1926-2003), uno dei maggiori scultori italiani del Novecento.


 Con questa iniziativa, SEA ribadisce il proprio rapporto privilegiato con l’arte, iniziato sette anni fa con la costruzione de La Soglia Magica, un’opera che è diventata la Porta di Milano, il luogo d’eccellenza dove ospitare eventi espositivi che salutano i passeggeri in arrivo e in partenza dal Terminal 1. Di qui sono passati grandi maestri quali Fausto Melotti, Marino Marini, Gio Ponti, Giuseppe Pellizza da Volpedo, e autori appartenenti al panorama artistico contemporaneo, quali Helidon Xhixha, Carlo Bernardini, Alessandro Busci e altri.

Con Carlo Ramous, scultore milanese che a Milano ha lasciato importanti testimonianze, si sottolinea il legame dell’aeroporto con la città e le sue atmosfere.




Opere monumentali di Carlo Ramous  presenti a Milano
Dopo l’importante retrospettiva allestita alla Triennale di Milano nell’estate 2017, Ramous torna protagonista di una esposizione che raccoglie sei grandi sculture, modelli in scala per interventi monumentali destinati all’arredo urbano, accanto a un bronzo storico, la Grande donna seduta, del 1955, testimonianza della sua iniziale ricerca figurativa. Carlo Ramous, autore di opere entrate nell’immaginario collettivo per la loro presenza nell’orizzonte della città, ha indagato per anni, nel corso della sua produzione matura, i rapporti ideali fra la scultura e l’ambiente circostante. Ha studiato forme aperte, in grado di assorbire i ritmi del vissuto metropolitano. Ha disegnato linee dinamiche, giochi calcolati di vuoti e di pieni, elementi metallici capaci di dialogare con l’architettura e con i luoghi che li ospitavano.
Fra i suoi lavori più conosciuti spiccano Gesto per la libertà (1972) in piazza Conciliazione a Milano e Timpano(1972), collocata nel parco della Triennale del capoluogo lombardo.

Altri progetti hanno raggiunto spazi pubblici e musei di tutto il mondo. Da Roma a New York, da Venezia a Chiba City in Giappone. Invitato alla Biennale di Venezia (1958, 1962 e 1972), nel 1974 ha allestito opere monumentali in Piazzetta Reale, accanto al Duomo. Di alcune di queste la mostra presenta i bozzetti, come Frantumazione del 1979 o Lo Schermo distratto del 1981, oltre alle fotografie d’epoca scattate alle sue opere da maestri dell’obiettivo come Enrico Cattaneo nelle diverse occasioni istituzionali.
Nel corso della mostra sarà presentata una mappa milanese con i luoghi che ospitano le sculture del maestro e, successivamente, un catalogo Idesia editoria dedicato all’evento.



L’esposizione è parte del programma di Novecento Italiano, il palinsesto lungo un anno, promosso per raccontare, ricordare e riflettere sulla grande avventura culturale del secolo scorso.








Biografia:
Carlo Ramous nasce a Milano nel 1926; frequenta il Liceo Artistico presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, per continuare gli studi presso l’Accademia di Brera con Marino Marini e Giacomo Manzù, dove espone per la prima volta un’opera nel 1946. La serie delle mostre personali di rilievo comincia più tardi, con mostre importanti presso la Galleria del Milione di Milano (1956), la Galleria del Cavallino di Venezia (1962) la Galleira Jolas (1971). Risale al 1962 la sua prima partecipazione con un gruppo di opere alla Biennale di Venezia, dove viene presentato da Gillo Dorfles. Vi tornerà dieci anni più tardi (1972) con una sala all’interno della rassegna Aspetti della scultura contemporanea, con uno stile completamente mutato. Mentre la critica più attenta, sia in Italia sia all’estero, scrive del suo lavoro (Giuseppe Marchiori, Giovanni Carandente, Guido Ballo, Enrico Crispolti, Herta Wescher, Marco Valsecchi), Ramous avvia una collaborazione con l’architetto Mario Tedeschi, che porta alla realizzazione delle facciate a rilievo per le chiese di Santa Marcellina a Milano e San Giovanni Bosco a Baggio, inizio di una lunga collaborazione con architetti e progettisti ben rappresentata dal monumentale intervento sullo stabilimento tipografico di Cino Del Duca progettato da Tullio Patscheider a Blois. La sua scultura assume presto una importante dimensione urbana, ben rappresentata dalle grandi mostre di sculture all’aperto nel centro storico di Parma nel 1973 e in Piazzetta Reale a Milano nel 1974. Una delle opere esposte allora, Gesto per la libertà, troverà collocazione nel 1981 in piazza Conciliazione a Milano, prima di una serie di grandi sculture collocate dall’artista in Italia e all’estero, fino alla realizzazione di Ad astra nel Chou Park a Chiba City, in Giappone (1992). Carlo Ramous muore a Milano nel 2003.          (Segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno).



Passaggi di stato, Lorenza Boisi, Regina José Galindo e Valentina Palazzari - Reggia di Caserta


Tre artiste per “forzare il limite di un confronto”


Passaggi di stato Reggia di Caserta

Lorenza Boisi,Veduta mostra, BOISI-GALINDO-PALAZZARI, Passaggi di stato, Reggia di Caserta, 2018.  Foto The Knack Studio

Una mostra interessante a più voci presso le sei sale delle Retrostanze settecentesche (Ex Terrae Motus) e il Vestibolo superiore della Reggia di Caserta.

Passaggi di stato: una mostra dedicata a tre artiste sotto il segno del femminile, Lorenza Boisi, Regina José Galindo e Valentina Palazzari, a cura di Bruno Corà e Davide Sarchioni (visibile fino al 20 marzo 2018).

Giovani artiste della stessa generazione e di diversa provenienza culturale e visione poetica accumunate dall’interesse a relazionare in un inedito confronto che pur nella diversità delle proposte, tentano di “forzare il limite di un confronto”. L’intento primario è per l’appunto sperimentare la coesistenza delle visioni, un possibile dialogo sia tra le loro opere sia con lo spazio fisico e magico della Reggia.
Tre artiste decisamente differenti per caratteristiche e tipologie metodiche e tecniche che ci prepongono uno spaccato, seppur limitato, delle diverse proposte in atto. Nelle sale della Reggia si percepiscono “i passaggi di stato” da una visione all'altra, con opere bidimensionali a parete che convivono con l’installazione e l’oggetto tridimensionale, sollecitando rimandi e associazione attraverso l’utilizzo dei diversi materiali, un passaggio decisamente fluido carico di tensione e di attraversamenti e un procedere avanti e indietro senza soluzione di continuità.

Passaggi di umore, da un linguaggio all'altro percepiti sotto il segno della diversità. In tale dinamica convivono e si relazionano i lavori della Palazzari votati all'innesto e alla precarietà duttile dei materiali legati ai processi di ossidazione nella dimensione più consunta e trascorrente del tempo, (un particolare omaggio è presentato nell'imponente Scalone d’Onore di Luigi Vanvitelli con un’installazione monumentale). 

La pittura estemporanea della Boisi permane condizionata dalla pratica di ceramista, votata alla figurazione e a motivi naturali che cerca di ambientarsi con la decorazione maestosa e ornamentale della Reggia.

Tutt'altro si avverte dalle ricerche performative sul tema del corpo umano, tra fotografia e video art svolte dall’artista guatemalteca Regina José Galindo, senza dubbio la più lucida e convincente, che ossessivamente rimarca l’importanza del corpo e dell’azione performativa come strumento urgente di comunicazione e denuncia sociale.



Regina José Galindo (Città del Guatemala, 1974), Aún no somos escombros, 2016, color video, stereo sound, 19’, Courtesy l’artista e Prometeogallery.


Insomma, tre piccole e importanti personali in cui i risultati sono condizionati dalla diversità di visione immaginativa e soprattutto per la complessa e concreta relazione che si può instaurare con le imponenti sale della  Reggia di Caserta

Passaggi di stato Reggia di Caserta

Valentina Palazzari, Veduta mostra, BOISI-GALINDO-PALAZZARI, Passaggi di stato, Reggia di Caserta, 2018, Foto © Manolis Baboussis

Boisi | Galindo | Palazzari. Passaggi di stato

Dal 23 febbraio al 20 marzo 2018
Appartamenti Storici, Retrostanze del ‘700 e Vestibolo superiore della Reggia di Caserta, via Douhet 2/A – 81100 Caserta
Orari: Tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30, martedì chiusura settimanale



14 MARZO 2018 FINISSAGE PADIGLIONE TIBET SETUP CENTRO NATURA - BOLOGNA


PADIGLIONE TIBET 
a cura di Ruggero Maggi

FINISSAGE MERCOLEDI' 14 MARZO a partire dalle ore 20.00
ORE 21.15 performance NO CHAIN


10 marzo 1959, il Dalai Lama costretto a fuggire dal Tibet ...tragica data per il suo popolo ...sono passati 59 anni ma nulla è stato fatto per ridare speranza e libertà... 
un momento per ricordare.




PADIGLIONE TIBET a cura di Ruggero Maggi
PROROGATO fino al 14 MARZO 2018

1 FEBBRAIO - 14 MARZO 2018

FINISSAGE MERCOLEDI' 14 MARZO a partire dalle ore 20.00
ORE 21.15 performance NO CHAIN



Padiglione Tibet, a cura di Ruggero Maggi, presentato dall'1 al 28 febbraio 2018 presso CENTRO NATURA all'interno di SetUp+ il contenitore degli eventi culturali che si svolgono a Bologna durante SetUp Contemporary Art Fairè stato prorogato fino al 14 marzo, giornata conclusiva in cui, oltre all'installazione-video e la mostra Lucente Spirito, verrà presentata la performance No Chain (ore 21.15)

SPIRITUALITA' ED ARTE COME CIBO PER LA MENTE E PER L'ANIMA
installazione-video (montaggio di Matteo Pieri) con estratti delle precedenti quattro edizioni (2011/2013/2015/2017) di Padiglione Tibet nato come evento parallelo alla Biennale d’Arte di Venezia. La Biennale veneziana offre da sempre l’opportunità ad ogni Paese di presentare le proprie realtà artistiche più rappresentative con i Padiglioni Nazionali.
L’appello per la dignità di un popolo si può estrinsecare anche attraverso un progetto artisticoUna forma di riscatto culturale voluto fortemente da molti paesi e che, per Padiglione Tibet“il padiglione per un paese che non c'è”ideato da Ruggero Maggi nel 2010, ha assunto anche una valenza sociale.



  • Tibet: una nazione che evoca da sempre un sentimento religioso, mistico, di pace, una vitale “centralina” spirituale per tutti gli esseri umani.
  • Padiglione Tibet, un’idea che nella propria semplicità racchiude una forte carica emozionale, è un sogno che ha lasciato il segno ponendosi l’obiettivo di far incontrare la sensibilità della cultura contemporanea occidentale con quella tibetana. Un unico tema declinato nei modi della pittura, della scultura, della performance, del video per realizzare un grande evento che sottolinei coralmente il profondo senso di spiritualità dell'universo tibetano.

Un ponte sensibile tra la cultura Occidentale e quella Tibetana densa di affascinanti e mistiche suggestioni spirituali, linguistiche ed artistiche; un passaggio da Est ad Ovest, che crei quella sfumata ma necessaria vibrazione poetica per interagire e comprendersi. Padiglione Tibet: ponte fra culture.






LUCENTE SPIRITO
mostra costituita da una selezione di opere dal profondo contenuto spirituale e concettuale come "The Quest" vero e proprio work in progress di due artisti: Carla Bertola e Alberto Vitacchio protagonisti congelati nell'atto fotografico insieme con le pietre megalitiche, divenendo anch'essi elementi immobili e silenziosi del paesaggio; le opere verbo-visive titolate "Fiabe al vento"di Marcello Diotallevi che traggono ispirazione direttamente dal vento della poesia e dalla naturale inclinazione dell'artista verso un'ironica interpretazione della realtà e della vita; le evocative immagini fotografiche di Anna Maria Di Ciommo che ricreano i momenti in cui i Lama Tibetani realizzano splendidi mandala, sintetizzate in una frase di S.S. il Dalai Lama: "Ero intelligente e volevo cambiare il mondo. Ora sono saggio e sto cambiando me stesso"; le opere-oggettodi Roberto Testori che nel loro biancore riflettono soluzioni concettuali ricche di significati spirituali e poetici. Poesia visiva che si alterna ad una sedimentata descrizione di tracce, di piccoli oggetti che ritrovano il loro spazio in una decontestualizzazione intelligente e raffinata.



MERCOLEDI' 14 MARZO ore 21.15
NO CHAIN performance di danza contemporanea di K7

coreografia di Kappa
musica di Paola Samoggia
danza Giuseppe Spinelli, Laura Onofri

...ho pensato a Padiglione Tibet, al ponte tra due culture…. al collegamento… alla denuncia della situazione attuale che però volge verso una libertà raggiunta con l’aiuto delle due culture assieme, l’aiuto di tutti…. In attesa la campana a lastra è libera di muoversi nel vento…. come una bandiera di preghiera….” (Paola Samoggia)


Durante il finissage è possibile cenare presso il Ristorante BioVegetariano di Centro Natura dalle ore 19.15 alle 22.00.



PADIGLIONE TIBET a cura di Ruggero Maggi
centro natura
via degli albari 4a bologna
1 febbraio – 14 marzo 2018

finissage mercoledì 14 marzo 2018 a partire dalle ore 20.00
ore 21.15 performance No Chain

orari di apertura: lunedì sabato 10 - 22.30 | domenica 10 – 18.30
info:051.235643 | www.centronatura.it | maggiruggero@gmail.com| 320.9621497



mercoledì 28 febbraio 2018

UN ARTISTA AL MESE / Fausto Melotti


  UN  ARTISTA  AL  MESE / Marzo 2018

Ogni primo del mese e per 12 mesi verranno presentati  in queste pagine 12 artisti  con alcune opere significative  integrate da video e relativa biografia sintetica. Una collezione immaginaria e  ideale di arte contemporanea, una raccolta dei sogni  e anche dei  desideri.  Non ha la pretesa  di essere una raccolta museale definita, completa.  È la raccolta del momento, soggetta anche  a ulteriori aggiornamenti,   e   cambiamenti  sostanziali.  Nasce, soprattutto,   dal desiderio  di far conoscere alcuni artisti nati tra gli anni 20 e 60,  ancora non del tutto conosciuti al grande pubblico che nel corso degli anni  hanno  definito in modo  poetico e originale  una propria visione personale dell’arte.  Sandro  Bongiani



Fausto  Melotti




UN  SOFFIO  DI  VENTO

 Poema visivo 
dedicato a Fausto  Melotti

  
La vita  di un uomo è fatta di  oscuri tintinnii di campane appese per la gola, di cadute, di miraggi e anche  di memorie solitarie che nascono da cadenze antiche.
Solo nell’oscurità il silenzio  incarna  essenze malinconiche  senza tempo.  
La luce vola oscura tra fruscii e  rintocchi che sbattono cupi nell’aria come presagi dell’invisibile.
Solo nella fantasia il silenzio magicamente  vola e prende forma.
L’aspro vento  di Rovereto  sfiora e accarezza le  frange dei cenci appesi ad una trave  di ferro sibilando oscuri presagi e mirabili incanti, per poi  adagiarsi  fiera  sopra  la  polvere che il tempo ha  conservato.
Solo nei ricordi   il silenzio  diventa poesia   tra una  metamorfosi  e un battito d’ali che il tempo   si appresta a cancellare.
Nella penombra dei  pensieri,  insolite  presenze di latta e di ruggine  colano  orgogliosi lungo remoti pendii  per condensarsi in entità sospese.
Solo nel silenzio dell’oscurità gli incanti   si trasformano in  note  e  in contrappunti musicali nel tentativo  di esserci ancora.

Giovanni Bonanno © 2012




Le  opere:






L’esposizione di Fausto Melotti (Rovereto, 1901; morto a Milano nel 1986) accoglie,  in maniera cronologica, oltre duecento opere tra terracotte, disegni, ceramiche, gessi e sculture in ottone,  in un arco di tempo che va dal 1930 al 1986. La sua scultura nasce tra tradizione, rinnovamento del linguaggio e della scultura contemporanea: sensitiva, volubile, capricciosa; per questo  sembra che voli tanto appare leggera e precaria. Sono apparizioni provvisorie in attesa  di un soffio di vento per rianimarsi, per divenire viaggio, essenza, racconto. Apparizioni  che non tentano di "definirsi in forma”,  ma vivono l’istante come  momento sfuggente, insostanziale. Presenze che hanno bisogno dell’aria e dell’atmosfera per sopravvivere, includendo nell’azione  forze che possono apportare nuovi sviluppi. 

L’artista non fa leva  sull'accostamento casuale e ironico dell’objet  trouvè di matrice  duchampiana, non cerca  la provocazione e neanche  fa leva sull'utilizzo degli oggetti tout court,  ma incentra tutto il suo lavoro  sulla manualità, sulla manipolazione dei  materiali semplici e soprattutto sulla trasfigurazione in base ad un emergente bisogno espressivo e comunicativo. Per tale motivo i materiali non vengono mai presentati per quello che sono ma trasformati in funzione di una sintesi, per la carica di suggestione che possono trasferire.  Sono  presenze che tendono alla tensione, al flusso indefinito, nel tentativo di trasformarsi in contrappunto poetico e per apparire come favola. Una visione in realtà complessa e intricata. Un transitare veloce,  decisamente solitario,  sospeso al di là del logico e del consueto. Quelli di Fausto Melotti sono segni poetici situati nella dimensione più oscura e vera della penombra, presenze senza tempo in cui la vita, per un attimo, si è rappresa. Una rappresentazione decisamente inconsistente, immateriale, transitoria, sospesa tra un apparire indeterminato  che  cerca,  anche per un solo attimo di  trasformarsi in vertigine e  svelarsi.


sandro bongiani
Exibart, mostra visitata il 21 dicembre 2011





Il Video:

Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura    

Fausto Melotti porta armonia nelle sale del Castello di Miradolo  a San Secondo di Pinerolo, mostra conclusasi  11 febbraio 2018.


durata 18:05 









Fausto  Melotti  (1901 - 1986)

Fausto Melotti nasce a Rovereto (Trento) nel 1901. Nel 1915 si trasferisce con la famiglia a Firenze dove conclude gli studi secondari. Nel 1918 si iscrive alla facoltà di Fisica e Matematica dell’Università di Pisa, corso di studi che proseguirà al Politecnico di Milano, dove nel 1924 si laurea in ingegneria elettrotecnica. Nel frattempo porta a termine i cinque anni di studi musicali, conseguendo il diploma in pianoforte e intraprende lo studio della scultura, a Torino, presso lo scultore Pietro Canonica. Si iscrive poi all’Accademia di Brera di Milano, dove è allievo di Adolfo Wildt, insieme a Lucio Fontana, con il quale stringe un lungo sodalizio. Si diploma nel 1928. Nel 1932 accetta l’incarico da parte della Scuola artigianale del mobile di Cantù per un corso di plastica moderna. L’artista così si esprime: " Noi crediamo che all’arte si arrivi attraverso l’arte, frutto d’intuito personale: perciò tutto il nostro sforzo consiste nell’insegnare il piccolo eroismo di pensare col proprio cervello." Nel 1935 aderisce al movimento "Abstraction-Création", fondato a Parigi nel 1931 da Herbin, Vantongerloo, Hellion, Arp, Gleizes, Kupka, Tutundjian e Volnier, con lo scopo di promuovere e diffondere l’opera degli artisti non figurativi. Nello stesso anno rende anche esplicita la sua adesione al gruppo degli astrattisti milanesi partecipando alla prima mostra collettiva di arte astratta nello studio di Casorati e Paulucci a Torino ed esponendo a Milano, alla Galleria del Milione, una sua personale con sculture di ispirazione rigorosamente contrappuntistica. "Attraverso queste opere è possibile scorgere l’operazione che Melotti sta sperimentando: il trasferimento dei valori musicali alla scultura. La musica diviene presupposto fondamentale, autentica disciplina della ricerca artistica, nuova metafora che apre a inedite esperienze. E’ la musica a guidare la scultura nel processo di defisicizzazione della materia; è lo studio della musica a presupporre l’idea di contrappunto nella scultura: Melotti giunge ad una sorta di "astrazione musicale" nel campo delle arte figurative: "…un’arte [che] è stato d’animo angelico, geometrico".
La sua prima esposizione non ha alcun esito positivo in Italia, né tra i critici né tra gli artisti, mentre riceve la dovuta considerazione, in Francia, grazie a Léonce Rosenberg, e in Svizzera, dove nel 1937 consegue il Premio internazionale La Sarraz.
Nello stesso anno, in occasione della VI Triennale di Milano, crea per la Sala della Coerenza disegnata dallo studio B.B.P.R. (Banfi, Belgiojoso, Peressuti, Rogers) un’opera-chiave, la Costante Uomo. L’idea è totalmente inedita e originale: dodici sculture scandiscono ritmicamente lo spazio in un progetto che, concertando armonicamente colore, parola e piani, suggella a paradigma d’opera d’arte l’installazione ambientale.
Dal 1941 vive per due anni a Roma, dove partecipa al progetto di Figini e Pollini per il Palazzo delle Forze Armate e nel frattempo realizza disegni, dipinti e compone poesie che, con il titolo Il triste Minotauro, saranno pubblicate da Giovanni Scheiwiller nel 1944. Nel dopoguerra, per vivere, si dedica alla ceramica e raggiunge, attraverso una tecnica raffinatissima, una qualità artistica ineguagliabile. Testimonianza ne sono i premi: il Gran Premio della Triennale di Milano nel 1951; nel 1958, la "Grande medaglia d’oro ad artefice italiano" dal Comune di Milano; nel 1959 la medaglia d’oro di Praga e anche quella di Monaco di Baviera. Nel 1967 espone alla Galleria Toninelli di Milano numerose sculture di nuova ispirazione che lo ripropongono all’attenzione del pubblico e della giovane critica. Da questo momento ha inizio una serie di mostre in Italia e all’estero che lo porterà rapidamente al successo e permetterà al pubblico di conoscere la sua opera multiforme: sculture, bassorilievi, teatrini e opere su carta.
Così scrive Germano Celant: "È sull’uscita o sul dialogo tra penombra e luce, alla frontiera tra essenza e movimento, dove i corpi fluidificano e si presentano sinuosi e leggeri che Melotti imposta la sua ricerca, che esprime una svolta nuova alla scultura, perché non lavora più sul togliere dal pieno, ma sul far emergere dal vuoto."
Nel 1973 consegue il Premio Rembrandt, giudicato il Nobel delle arti; nel 1977 gli viene attribuito il Premio Biancamano.
Nel 1974 la casa editrice Adelphi pubblica una sua raccolta di scritti e poesie intitolataLinee, a cui viene conferito, nel 1975, il Premio Diano Marina. Nel 1978 sempre Adelphi pubblica Linee, secondo quaderno. Nello stesso anno riceve il Premio FeltrineIli per la scultura.
Nel 1979 un’antologica del suo lavoro è presentata a Milano a Palazzo Reale. Nel 1981 la città di Firenze gli dedica una mostra al Forte Belvedere.
Da questo momento in poi si susseguono le mostre personali e collettive in Italia e all’estero, che lo vedono tra i protagonisti dell’arte contemporanea. Firenze, Roma e Venezia ospitano importanti personali, ma è presente anche a New York, Londra, Zurigo, Vienna, Francoforte, Monaco e Parigi.  Muore a Milano il 22 giugno 1986.

LA CULTURA IN ITALIA TRA POLITICA E INGANNI






La cultura dell’inganno
(La grande incognita della politica culturale in Italia)



Questa  campagna elettorale, a pochi giorni dalle votazioni  si è basata  essenzialmente su polemiche, odio  diffuso  da parte dei diversi schieramenti e mancanza di seri programmi oppure di  proposte volutamente impossibili da realizzare.  L’unica cosa che accomuna i nostri partiti politici è di essere poco propensi a  parlare dichiaratamente di programmi per rilanciare la cultura e il turismo in Italia.  Qualche timida e labile proposta a  valorizzazione  un settore strategico per la crescita del Paese aleggia  per  il 4 marzo  dalle proposte di qualche  partito politico  che dichiara di voler  investire  concretamente nella Cultura pensando soprattutto al  rilancio a lungo termine. Vedremo a breve se sarà purtroppo solo una semplice offerta elettorale. La cultura rimane comunque  la "grande assente” di questa consulta  elettorale, da sempre volutamente ignorata proprio perché fa paura ai politicanti, meglio  negarla oppure lasciarla ai margini di un programma politico senza peso. Da qui arriva il manifesto – appello di 50 intellettuali e artisti che nei giorni scorsi hanno chiesto un maggiore impegno ai partiti, che come affermano, “la cultura potrebbe essere  il motore della crescita ", attingendo alla competenza e all'energia delle migliori risorse  presenti nel paese e valorizzando realtà che continuano a fatica a decollare. 
Basterebbe poco per  rilanciare l’occupazione e la crescita civile, sociale  ed economica di questo paese. Puntare sulla cultura significa valorizzare i tre quarti di beni culturali al mondo presenti tutti nel nostro paese,  attivare i viaggi, il turismo e persino l’editoria. Fare una politica culturale significa pensare a  nuove strategie possibili  avviando un progetto  credibile e  utile al futuro dei giovani, per educarli alla poesia, per concedergli un senso e una prospettiva certa.  Potremmo navigare in un mare di  ricchezza ben sapendo che il nostro petrolio si chiama “cultura”, purtroppo, molti dei nostri politici sono convinti che con la cultura “non si mangia” non pensando minimamente che essa potrebbe diventare il volano strategico di una futura crescita economica. Di certo, la  timida e debole  riforma attuata da  Franceschini va rivista e potenziata con energia e  più convinzione. Ci chiediamo: nei  prossimi anni desideriamo  puntare su una seria politica culturale, oppure,  continuare per inerzia ad andare alla deriva come  del resto abbiamo fatto prima e dopo la recessione?   Questa è la reale prospettiva di un prossimo e precario futuro in Italia.     
Sandro  Bongiani