La cultura dell’inganno
(La grande incognita della politica culturale
in Italia)
Questa campagna elettorale, a pochi giorni dalle
votazioni si è basata essenzialmente su polemiche, odio diffuso
da parte dei diversi schieramenti e mancanza di seri programmi oppure di proposte volutamente impossibili da
realizzare. L’unica cosa che accomuna i
nostri partiti politici è di essere poco propensi a parlare dichiaratamente di programmi per
rilanciare la cultura e il turismo in Italia. Qualche timida e labile proposta a valorizzazione un settore strategico per la crescita del Paese aleggia
per il 4 marzo dalle proposte di qualche partito politico che dichiara di voler investire
concretamente nella Cultura pensando soprattutto al rilancio a lungo termine. Vedremo a breve se
sarà purtroppo solo una semplice offerta elettorale. La cultura rimane
comunque la "grande assente” di
questa consulta elettorale, da sempre volutamente
ignorata proprio perché fa paura ai politicanti, meglio negarla oppure lasciarla ai margini di un
programma politico senza peso. Da qui arriva il manifesto – appello di 50
intellettuali e artisti che nei giorni scorsi hanno chiesto un maggiore impegno
ai partiti, che come affermano, “la cultura potrebbe essere il
motore della crescita ", attingendo alla competenza e all'energia delle
migliori risorse presenti nel paese e
valorizzando realtà che continuano a fatica a decollare.
Basterebbe poco per rilanciare l’occupazione e la crescita civile,
sociale ed economica di questo paese.
Puntare sulla cultura significa valorizzare i tre quarti di beni culturali al
mondo presenti tutti nel nostro paese, attivare
i viaggi, il turismo e persino l’editoria. Fare una politica culturale
significa pensare a nuove strategie
possibili avviando un progetto credibile e utile al futuro dei giovani, per educarli alla
poesia, per concedergli un senso e una prospettiva certa. Potremmo navigare in un mare di ricchezza ben sapendo che il nostro petrolio
si chiama “cultura”, purtroppo, molti dei nostri politici sono convinti che con
la cultura “non si mangia” non pensando minimamente che essa potrebbe diventare
il volano strategico di una futura crescita economica. Di certo, la timida e debole riforma attuata da Franceschini va rivista e potenziata con
energia e più convinzione. Ci chiediamo:
nei prossimi anni desideriamo puntare su una seria
politica culturale, oppure, continuare per
inerzia ad andare alla deriva come del
resto abbiamo fatto prima e dopo la recessione? Questa è la reale prospettiva di un
prossimo e precario futuro in Italia.
Sandro Bongiani