Tre artiste per “forzare il limite di un confronto”
Lorenza Boisi,Veduta mostra, BOISI-GALINDO-PALAZZARI, Passaggi di stato, Reggia di Caserta, 2018. Foto The Knack Studio
Una mostra interessante a più voci presso le sei sale delle Retrostanze settecentesche (Ex Terrae Motus) e il Vestibolo superiore della Reggia di Caserta.
Passaggi di stato: una mostra dedicata a tre artiste sotto il segno del femminile, Lorenza Boisi, Regina José Galindo e Valentina Palazzari, a cura di Bruno Corà e Davide Sarchioni (visibile fino al 20 marzo 2018).
Giovani artiste della stessa generazione e di diversa provenienza culturale e visione poetica accumunate dall’interesse a relazionare in un inedito confronto che pur nella diversità delle proposte, tentano di “forzare il limite di un confronto”. L’intento primario è per l’appunto sperimentare la coesistenza delle visioni, un possibile dialogo sia tra le loro opere sia con lo spazio fisico e magico della Reggia.
Tre artiste decisamente differenti per caratteristiche e tipologie metodiche e tecniche che ci prepongono uno spaccato, seppur limitato, delle diverse proposte in atto. Nelle sale della Reggia si percepiscono “i passaggi di stato” da una visione all'altra, con opere bidimensionali a parete che convivono con l’installazione e l’oggetto tridimensionale, sollecitando rimandi e associazione attraverso l’utilizzo dei diversi materiali, un passaggio decisamente fluido carico di tensione e di attraversamenti e un procedere avanti e indietro senza soluzione di continuità.
Passaggi di umore, da un linguaggio all'altro percepiti sotto il segno della diversità. In tale dinamica convivono e si relazionano i lavori della Palazzari votati all'innesto e alla precarietà duttile dei materiali legati ai processi di ossidazione nella dimensione più consunta e trascorrente del tempo, (un particolare omaggio è presentato nell'imponente Scalone d’Onore di Luigi Vanvitelli con un’installazione monumentale).
La pittura estemporanea della Boisi permane condizionata dalla pratica di ceramista, votata alla figurazione e a motivi naturali che cerca di ambientarsi con la decorazione maestosa e ornamentale della Reggia.
Tutt'altro si avverte dalle ricerche performative sul tema del corpo umano, tra fotografia e video art svolte dall’artista guatemalteca Regina José Galindo, senza dubbio la più lucida e convincente, che ossessivamente rimarca l’importanza del corpo e dell’azione performativa come strumento urgente di comunicazione e denuncia sociale.
Regina José Galindo (Città del Guatemala, 1974), Aún no somos escombros, 2016, color video, stereo sound, 19’, Courtesy l’artista e Prometeogallery.
Insomma, tre piccole e importanti personali in cui i risultati sono condizionati dalla diversità di visione immaginativa e soprattutto per la complessa e concreta relazione che si può instaurare con le imponenti sale della Reggia di Caserta
PADIGLIONE TIBET a cura di Ruggero Maggi FINISSAGE MERCOLEDI' 14 MARZO a partire dalle ore 20.00 ORE 21.15 performance NO CHAIN 10 marzo 1959, il Dalai Lama costretto a fuggire dal Tibet ...tragica data per il suo popolo...sono passati 59 anni ma nulla è stato fatto per ridare speranza e libertà... un momento per ricordare.
PADIGLIONE TIBET a cura di Ruggero Maggi PROROGATO fino al 14 MARZO 2018 1 FEBBRAIO - 14 MARZO 2018
FINISSAGE MERCOLEDI' 14 MARZO a partire dalle ore 20.00 ORE 21.15 performance NO CHAIN
Padiglione Tibet, a cura di Ruggero Maggi, presentato dall'1 al 28 febbraio 2018 presso CENTRO NATURA all'interno di SetUp+ il contenitore degli eventi culturali che si svolgono a Bologna durante SetUp Contemporary Art Fair, è stato prorogato fino al 14 marzo, giornata conclusiva in cui, oltre all'installazione-video e la mostra Lucente Spirito, verrà presentata la performance No Chain (ore 21.15) SPIRITUALITA' ED ARTE COME CIBO PER LA MENTE E PER L'ANIMA installazione-video (montaggio di Matteo Pieri) con estratti delle precedenti quattro edizioni (2011/2013/2015/2017) di Padiglione Tibet nato come evento parallelo alla Biennale d’Arte di Venezia. La Biennale veneziana offre da sempre l’opportunità ad ogni Paese di presentare le proprie realtà artistiche più rappresentative con i Padiglioni Nazionali. L’appello per la dignità di un popolo si può estrinsecare anche attraverso un progetto artistico. Una forma di riscatto culturale voluto fortemente da molti paesi e che, per Padiglione Tibet“il padiglione per un paese che non c'è”ideato da Ruggero Maggi nel 2010, ha assunto anche una valenza sociale.
Tibet: una nazione che evoca da sempre un sentimento religioso, mistico, di pace, una vitale “centralina” spirituale per tutti gli esseri umani.
Padiglione Tibet, un’idea che nella propria semplicità racchiude una forte carica emozionale, è un sogno che ha lasciato il segno ponendosi l’obiettivo di far incontrare la sensibilità della cultura contemporanea occidentale con quella tibetana. Un unico tema declinato nei modi della pittura, della scultura, della performance, del video per realizzare un grande evento che sottolinei coralmente il profondo senso di spiritualità dell'universo tibetano.
Un ponte sensibile tra la cultura Occidentale e quella Tibetana densa di affascinanti e mistiche suggestioni spirituali, linguistiche ed artistiche; un passaggio da Est ad Ovest, che crei quella sfumata ma necessaria vibrazione poetica per interagire e comprendersi. Padiglione Tibet: ponte fra culture.
LUCENTE SPIRITO mostra costituita da una selezione di opere dal profondo contenuto spirituale e concettuale come "The Quest" vero e proprio work in progress di due artisti: Carla Bertola e Alberto Vitacchio protagonisti congelati nell'atto fotografico insieme con le pietre megalitiche, divenendo anch'essi elementi immobili e silenziosi del paesaggio; le opere verbo-visive titolate "Fiabe al vento"di Marcello Diotallevi che traggono ispirazione direttamente dal vento della poesia e dalla naturale inclinazione dell'artista verso un'ironica interpretazione della realtà e della vita; le evocative immagini fotografiche di Anna Maria Di Ciommo che ricreano i momenti in cui i Lama Tibetani realizzano splendidi mandala, sintetizzate in una frase di S.S. il Dalai Lama: "Ero intelligente e volevo cambiare il mondo. Ora sono saggio e sto cambiando me stesso"; le opere-oggettodi Roberto Testori che nel loro biancore riflettono soluzioni concettuali ricche di significati spirituali e poetici. Poesia visiva che si alterna ad una sedimentata descrizione di tracce, di piccoli oggetti che ritrovano il loro spazio in una decontestualizzazione intelligente e raffinata.
MERCOLEDI' 14 MARZO ore 21.15 NO CHAIN performance di danza contemporanea di K7
coreografia di Kappa musica di Paola Samoggia danza Giuseppe Spinelli, Laura Onofri
“...ho pensato a Padiglione Tibet, al ponte tra due culture…. al collegamento… alla denuncia della situazione attuale che però volge verso una libertà raggiunta con l’aiuto delle due culture assieme, l’aiuto di tutti…. In attesa la campana a lastra è libera di muoversi nel vento…. come una bandiera di preghiera….” (Paola Samoggia)
Durante il finissage è possibile cenare presso il Ristorante BioVegetariano di Centro Natura dalle ore 19.15 alle 22.00.
PADIGLIONE TIBET a cura di Ruggero Maggi centro natura via degli albari 4a bologna 1 febbraio – 14 marzo 2018
finissage mercoledì 14 marzo 2018 a partire dalle ore 20.00 ore 21.15 performance No Chain orari di apertura: lunedì sabato 10 - 22.30 | domenica 10 – 18.30 info:051.235643 | www.centronatura.it | maggiruggero@gmail.com| 320.9621497
Ogni primo del mese e per 12 mesi verranno presentatiin queste pagine 12 artisticon alcune opere significativeintegrate da video e relativa biografia
sintetica. Una collezione immaginaria e ideale di arte
contemporanea, una raccolta dei sogni e anche dei desideri.
Non ha la pretesa di essere una raccolta museale definita,
completa. È la raccolta del momento, soggetta anche a ulteriori aggiornamenti,
e cambiamenti sostanziali. Nasce,
soprattutto, dal desiderio di far conoscere alcuni artisti
nati tra gli anni 20 e 60,ancora non
del tutto conosciuti al grande pubblico che nel corso degli anni hanno
definito in modo poetico e originale una propria visione personale
dell’arte.SandroBongiani
Fausto Melotti
UN SOFFIO DI VENTO
Poema visivo dedicato aFausto Melotti
La vita di
un uomo è fatta di oscuri tintinnii di campane appese per la gola,
di cadute, di miraggi e anche di memorie solitarie che nascono da cadenze
antiche.
Solo nell’oscurità il silenzio incarna essenze
malinconiche senza tempo.
La luce vola oscura tra fruscii e rintocchi
che sbattono cupi nell’aria come presagi dell’invisibile.
Solo nella fantasia il silenzio
magicamente vola e prende forma.
L’aspro vento di
Rovereto sfiora e accarezza le frange
dei cenci appesi ad una trave di ferro sibilando oscuri presagi e mirabili
incanti, per poi adagiarsi fiera sopra la polvere che
il tempo ha conservato.
Solo nei ricordi il silenzio diventa
poesia tra una metamorfosi e
un battito d’ali che il tempo si
appresta a cancellare.
Nella penombra dei pensieri, insolite presenze
di latta e di ruggine colano orgogliosi lungo
remoti pendii per condensarsi in entità sospese.
Solo nel silenzio dell’oscurità gli
incanti si trasformano in note e in contrappunti musicali nel tentativo di esserci ancora.
L’esposizione
di Fausto Melotti (Rovereto,
1901; morto a Milano nel 1986) accoglie, in maniera cronologica, oltre duecento
opere tra terracotte, disegni, ceramiche, gessi e sculture in ottone, in
un arco di tempo che va dal 1930 al 1986. La sua scultura nasce tra tradizione,
rinnovamento del linguaggio e della scultura contemporanea: sensitiva,
volubile, capricciosa; per questo sembra che voli tanto appare leggera e
precaria. Sono apparizioni provvisorie in attesa di un soffio di vento
per rianimarsi, per divenire viaggio, essenza, racconto. Apparizioni che
non tentano di "definirsi in forma”, ma vivono l’istante come
momento sfuggente, insostanziale. Presenze che hanno bisogno dell’aria e
dell’atmosfera per sopravvivere, includendo nell’azione forze che possono
apportare nuovi sviluppi.
L’artista
non fa leva sull'accostamento casuale e ironico dell’objet trouvè
di matrice duchampiana, non cerca la provocazione e neanche
fa leva sull'utilizzo degli oggetti tout court, ma incentra tutto il suo
lavoro sulla manualità, sulla manipolazione dei materiali semplici
e soprattutto sulla trasfigurazione in base ad un emergente bisogno espressivo
e comunicativo. Per tale motivo i materiali non vengono mai presentati per
quello che sono ma trasformati in funzione di una sintesi, per la carica di
suggestione che possono trasferire. Sono presenze che tendono alla
tensione, al flusso indefinito, nel tentativo di trasformarsi in contrappunto
poetico e per apparire come favola. Una visione in realtà complessa e
intricata. Un transitare veloce, decisamente solitario, sospeso al
di là del logico e del consueto. Quelli di Fausto Melotti sono segni poetici
situati nella dimensione più oscura e vera della penombra, presenze senza tempo
in cui la vita, per un attimo, si è rappresa. Una rappresentazione decisamente
inconsistente, immateriale, transitoria, sospesa tra un apparire
indeterminato che cerca, anche per un solo attimo di
trasformarsi in vertigine e svelarsi.
sandro bongiani Exibart, mostra visitata il 21 dicembre 2011
Il Video:
Fausto Melotti. Quando la
musica diventa scultura
Fausto Melotti porta
armonia nelle sale del Castello di Miradolo
a San Secondo di Pinerolo, mostra conclusasi 11 febbraio 2018.
Fausto Melotti nasce a Rovereto (Trento) nel 1901. Nel 1915 si trasferisce con la famiglia a Firenze dove conclude gli studi secondari. Nel 1918 si iscrive alla facoltà di Fisica e Matematica dell’Università di Pisa, corso di studi che proseguirà al Politecnico di Milano, dove nel 1924 si laurea in ingegneria elettrotecnica. Nel frattempo porta a termine i cinque anni di studi musicali, conseguendo il diploma in pianoforte e intraprende lo studio della scultura, a Torino, presso lo scultore Pietro Canonica. Si iscrive poi all’Accademia di Brera di Milano, dove è allievo di Adolfo Wildt, insieme a Lucio Fontana, con il quale stringe un lungo sodalizio. Si diploma nel 1928. Nel 1932 accetta l’incarico da parte della Scuola artigianale del mobile di Cantù per un corso di plastica moderna. L’artista così si esprime: " Noi crediamo che all’arte si arrivi attraverso l’arte, frutto d’intuito personale: perciò tutto il nostro sforzo consiste nell’insegnare il piccolo eroismo di pensare col proprio cervello." Nel 1935 aderisce al movimento "Abstraction-Création", fondato a Parigi nel 1931 da Herbin, Vantongerloo, Hellion, Arp, Gleizes, Kupka, Tutundjian e Volnier, con lo scopo di promuovere e diffondere l’opera degli artisti non figurativi. Nello stesso anno rende anche esplicita la sua adesione al gruppo degli astrattisti milanesi partecipando alla prima mostra collettiva di arte astratta nello studio di Casorati e Paulucci a Torino ed esponendo a Milano, alla Galleria del Milione, una sua personale con sculture di ispirazione rigorosamente contrappuntistica. "Attraverso queste opere è possibile scorgere l’operazione che Melotti sta sperimentando: il trasferimento dei valori musicali alla scultura. La musica diviene presupposto fondamentale, autentica disciplina della ricerca artistica, nuova metafora che apre a inedite esperienze. E’ la musica a guidare la scultura nel processo di defisicizzazione della materia; è lo studio della musica a presupporre l’idea di contrappunto nella scultura: Melotti giunge ad una sorta di "astrazione musicale" nel campo delle arte figurative: "…un’arte [che] è stato d’animo angelico, geometrico".
La sua prima esposizione non ha alcun esito positivo in Italia, né tra i critici né tra gli artisti, mentre riceve la dovuta considerazione, in Francia, grazie a Léonce Rosenberg, e in Svizzera, dove nel 1937 consegue il Premio internazionale La Sarraz.
Nello stesso anno, in occasione della VI Triennale di Milano, crea per la Sala della Coerenza disegnata dallo studio B.B.P.R. (Banfi, Belgiojoso, Peressuti, Rogers) un’opera-chiave, la Costante Uomo. L’idea è totalmente inedita e originale: dodici sculture scandiscono ritmicamente lo spazio in un progetto che, concertando armonicamente colore, parola e piani, suggella a paradigma d’opera d’arte l’installazione ambientale.
Dal 1941 vive per due anni a Roma, dove partecipa al progetto di Figini e Pollini per il Palazzo delle Forze Armate e nel frattempo realizza disegni, dipinti e compone poesie che, con il titolo Il triste Minotauro, saranno pubblicate da Giovanni Scheiwiller nel 1944. Nel dopoguerra, per vivere, si dedica alla ceramica e raggiunge, attraverso una tecnica raffinatissima, una qualità artistica ineguagliabile. Testimonianza ne sono i premi: il Gran Premio della Triennale di Milano nel 1951; nel 1958, la "Grande medaglia d’oro ad artefice italiano" dal Comune di Milano; nel 1959 la medaglia d’oro di Praga e anche quella di Monaco di Baviera. Nel 1967 espone alla Galleria Toninelli di Milano numerose sculture di nuova ispirazione che lo ripropongono all’attenzione del pubblico e della giovane critica. Da questo momento ha inizio una serie di mostre in Italia e all’estero che lo porterà rapidamente al successo e permetterà al pubblico di conoscere la sua opera multiforme: sculture, bassorilievi, teatrini e opere su carta.
Così scrive Germano Celant: "È sull’uscita o sul dialogo tra penombra e luce, alla frontiera tra essenza e movimento, dove i corpi fluidificano e si presentano sinuosi e leggeri che Melotti imposta la sua ricerca, che esprime una svolta nuova alla scultura, perché non lavora più sul togliere dal pieno, ma sul far emergere dal vuoto."
Nel 1973 consegue il Premio Rembrandt, giudicato il Nobel delle arti; nel 1977 gli viene attribuito il Premio Biancamano.
Nel 1974 la casa editrice Adelphi pubblica una sua raccolta di scritti e poesie intitolataLinee, a cui viene conferito, nel 1975, il Premio Diano Marina. Nel 1978 sempre Adelphi pubblica Linee, secondo quaderno. Nello stesso anno riceve il Premio FeltrineIli per la scultura.
Nel 1979 un’antologica del suo lavoro è presentata a Milano a Palazzo Reale. Nel 1981 la città di Firenze gli dedica una mostra al Forte Belvedere.
Da questo momento in poi si susseguono le mostre personali e collettive in Italia e all’estero, che lo vedono tra i protagonisti dell’arte contemporanea. Firenze, Roma e Venezia ospitano importanti personali, ma è presente anche a New York, Londra, Zurigo, Vienna, Francoforte, Monaco e Parigi. Muore a Milano il 22 giugno 1986.
(La grande incognita della politica culturale
in Italia)
Questa campagna elettorale, a pochi giorni dalle
votazioni si è basata essenzialmente su polemiche, odiodiffusoda parte dei diversi schieramenti e mancanza di seri programmi oppure diproposte volutamente impossibili da
realizzare.L’unica cosa che accomuna i
nostri partiti politici è di essere poco propensi a parlare dichiaratamente di programmi per
rilanciare la cultura e il turismo in Italia. Qualche timida e labile proposta a valorizzazione un settore strategico per la crescita del Paese aleggiaperil 4 marzo dalle proposte di qualchepartito politicoche dichiara di voler investireconcretamente nella Cultura pensando soprattutto alrilancio a lungo termine. Vedremo a breve se
sarà purtroppo solo una semplice offerta elettorale.La cultura rimane
comunque la "grande assente” di
questa consulta elettorale, da sempre volutamente
ignorata proprio perché fa paura ai politicanti, meglionegarla oppure lasciarla ai margini di un
programma politico senza peso. Da qui arriva il manifesto – appello di 50
intellettuali e artisti che nei giorni scorsi hanno chiesto un maggiore impegno
ai partiti, che come affermano, “la cultura potrebbe essere il
motore della crescita ", attingendo alla competenza e all'energia delle
migliori risorse presenti nel paese e
valorizzando realtà che continuano a fatica a decollare.
Basterebbe poco per rilanciare l’occupazione e la crescita civile,
sociale ed economica di questo paese.
Puntare sulla cultura significa valorizzare i tre quarti di beni culturali al
mondo presenti tutti nel nostro paese, attivare
i viaggi, il turismo e persino l’editoria. Fare una politica culturale
significa pensare a nuove strategie
possibili avviando un progetto credibile e utile al futuro dei giovani, per educarli alla
poesia, per concedergli un senso e una prospettiva certa. Potremmo navigare in un mare di ricchezza ben sapendo che il nostro petrolio
si chiama “cultura”, purtroppo, molti dei nostri politici sono convinti che con
la cultura “non si mangia” non pensando minimamente che essa potrebbe diventare
il volano strategico di una futura crescita economica. Di certo, la timida e debole riforma attuata da Franceschini va rivista e potenziata con
energia e più convinzione. Ci chiediamo:
nei prossimi anni desideriamo puntare su una seria
politica culturale, oppure, continuare per
inerzia ad andare alla deriva come del
resto abbiamo fatto prima e dopo la recessione? Questa è la reale prospettiva di un
prossimo e precario futuro in Italia.
La sua lunga carriera artistica è contrassegnata da diversi
cicli di ricerca come la poesia visiva, i libri d’artista, la
reinterpretazione degli antichi motivi tessili e infine il racconto della realtà urbana.
La mostra Antologica Plays di
Mauro Molinari ci propone una
quindicina di dipinti recenti, per lo più di grandi dimensioni (anche di quasi
sei metri quadrati), eseguiti nell’ultimo decennio, quasi tutti negli ultimi
due anni. Percorso lungo e articolato caratterizzato dalla permanenza di motivi
qualificanti, che assicurano la sussistenza di un filo rosso di continuità
interna. La pittura di Molinari guarda con intelligenza e capacità selettiva a
tendenze tra le più discusse e controverse (ma vitali) dello scenario estetico
internazionale, come la Street Art, il Bad Painting, il Neo
Pop.
Carlo
Fabrizio Carli, presentandolo in
catalogo scrive: “ …le
figure di Molinari popolano stravolte ambientazioni urbane; esibiscono
lineamenti allucinati e – fuori da ogni determinismo lombrosiano – socialmente
inquietanti; indossano indumenti dagli improbabili colori violenti, mentre i
cieli si caricano di blu elettrici (Untitled). Ecco gli abitanti di
queste quinte urbane, per lo più periferie spersonalizzanti, ma pure allusive a
stilemi postmoderni, con tanto di qualche rimando alle nostre architetture novecentiste
(Casa del Jazz). Il procedimento con cui il nostro artista tratta tali
contestualizzazioni urbane si fa ancora più complesso, non immediatamente
percepibile all’immagine fotografica, consistendo in rese tridimensionali,
dotate di spessore e di ombra propria” – aggiungendo – “ ovviamente, non c’è
posto in questo universo stravolto per rapporti di proporzione, di
verosimiglianza, di coerenza narrativa: il nano procede accanto al gigante; ed
entrambi camminano per le strade, nell’assuefazione generale; magari si
affacciano alle finestre, ma non possono sporgersi, perché la loro testa è più
grande del vano di apertura. O, al contrario, basta una mano aperta per
occultarlo interamente; sul filo verticale di una facciata figurine indiavolate
scendono con la stessa disinvoltura di come si muoverebbero in orizzontale. Una
sorta di teatro dell’assurdo, insomma, che però, a ben vedere, molto assume e
molto allude alla nostra periclitante vicenda quotidiana”.
BIOGRAFIA
Mauro Molinari è nato a Roma nel
1942, vive a Velletri (RM). La sua ricerca artistica si è svolta per cicli che
vanno dai registri informali degli anni ’60 alla pittura scritta e alle
geometrie modulari del ventennio successivo.
Nel 1974 personale alla galleria d’Arte Internazionale di Roma, pres. S.
Giannattasio. Nel 1975
le sue opere sono presenti alla X Quadriennale di Roma. Dal 1974 all’81
partecipa alle rassegne internazionali
sul disegno della Fundació Joan Miró di Barcellona. Nel 1979 personale alla
galleria Il Grifo
di Roma , pres. D. Micacchi. Nel 1982 personale alla galleria Il Luogo di Roma,
pres. M. Lunetta e
C. Paternostro. Nel 1983 e 1985 partecipa all’International Drawing Biennale di
Cleveland. Nel 1987 personale
alla galleria Incontro d’Arte di Roma, pres. I. Mussa. Negli anni ’90 si dedica
alla rielaborazione pittorica
dei motivi tessili avviando un ciclo che dura più di 15 anni. Nel 1995 nasce la
collana di Orditi &
Trame, di cataloghi editi in proprio. Il primo illustra la mostra itinerante
promossa dalla Tessitura di Rovezzano
e presentata a Roma alla galleria Pulchrum, pres. L. de Sanctis. Nel 1998
personale allo Spazio
de la Paix e alla Biblioteca Cantonale di Lugano, pres. A. Veca. Dal 2000 al
2014 partecipa ai Rencontres
Internationales di Marsiglia. Dal 2000 al 2008 collabora con la rassegna
internazionale Miniartextil
che si tiene a Como ogni anno. Nel 1999-2000 crea il ciclo Stellae Errantes
sculture dipinte ispirate
ai tessuti sacri, che è stato ospitato in numerosi musei italiani in occasione
del Giubileo. Nel 2001
personali alla galleria Il Salotto di Como e al Museo Didattico della Seta di
Como, pres. M. De Stasio.
Nel 2001 personale al Museo dell’Infiorata di Genzano, pres. C. F. Carli. Nel 2002
personale al Museo
S. Maria di Cerrate Lecce, pres. L. Caramel. Nel 2003 sala personale al Musèe
de l’Impression sur
Ètoffes di Mulhouse, pres. L. Caramel. Nel 2004 personale a Oman Caffè di Como,
pres. L. Caramel. Nel
2005 esposizione allo Spazio Mantero di Como e al Salons de l’Hôtel de Ville di
Montrouge, pres. L.
Caramel. Nel 2006 Salone d’Arte Moderna di Forlì, pres. F. Gallo, e sala
personale al Museo di Palazzo Mocenigo
di Venezia, pres. L. Caramel. Nel 2007 personale alla Fondazione Venanzo Crocetti
di Roma, pres.
C. F. Carli e C. Paternostro. Nel 2008 sala personale alla VI Triennale
Internazionale di Tournai, e personale
alla Biblioteca Angelica di Roma, pres. E. Di Raddo. Dal 2008 sviluppa un ciclo
pittorico dove
è centrale la figurazione, che si pone come naturale evoluzione del suo
percorso creativo. Nel 2009
personale alla galleria Renzo Cortina di Milano, pres. A. Veca. Nel 2010
personale al Museo Carlo Bilotti
di Roma, pres. A. Arconti e L. Canova. Dal 2011 al 2014 partecipa al Festival del
Libro d’Artista di
Barcellona, pres. E. Pellacani. Nel 2013 due personali alla galleria Baccina
Techne di Roma, pres. G. Evangelista
e personale allo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno, pres. G. Bonanno.
Nel 2014 personale
allo Spazio COMEL di Latina, pres. M. Cozzuto e a Roma presso il Municipio Roma
III, Aula
Benvenuto nella visione di questo Blog di Arte Contemporanea dell' ARCHIVIO OPHEN VIRTUAL ART MUSEUM, un archivio privato Italiano creato da Giovanni Bonanno nel 1989 in provincia di Como. Attualmente si trova a Salerno.
Dal 2008 gli articoli del Blog Archivio Ophen Virtual Art di Salerno sono sempre stati accessibili a tutti, e lo resteranno. In diversi anni di lavoro abbiamo fatto molte cose, e ancora desideriamo farne di nuove. Questo è un Blog senza banner pubblicitari, in cui si ha la libertà di consultare le varie pagine e commentare gli articoli presentati. Grazie per la collaborazione.
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