Pino
Pascali - Io cerco di fare ciò che amo fare
FRAC - CONVENTO FRANCESCANO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
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Fotografie © Courtesy Sandro Bongiani Arte
Contemporanea - Salerno
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Sabato 15
dicembre, alle ore 19:00 presso la Sala delle conferenze del Museo-FRaC
Baronissi, Gianfranco Valiante sindaco di Baronissi e Massimo Bignardi,
direttore del museo, hanno presentato la mostra Pino Pascali. Io cerco di fare ciò
che amo fare, promossa in occasione del cinquantesimo anniversario della morte
avvenuta nel 1968, all’età di trentatré anni non ancora compiuti. La mostra
realizzata con il sostegno della Regione Campania, gode del patrocinio del Dipartimento
di Scienze storiche e dei Beni culturali dell’Università di Siena; della
Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano a Mare e dell’Archivio Pino Pascali
di Firenze.
L’esposizione, curata da Massimo Bignardi, propone oltre quaranta opere tra
dipinti, disegni, bozzetti di scenografie e di spot pubblicitari per la
televisione, realizzati da Pascali nell’arco di tempo che, dal 1959, giunge al
1968: è un percorso espositivo che attraversa gli anni Sessanta, una stagione
carica di grandi novità sia sul piano culturale, innanzitutto artistico, sia
sul piano di una nuova ed entusiasmate realtà sociale ed economica. Un percorso
che dà piena testimonianza di tale momento: i disegni per gli spot pubblicitari
per l’allora neonato Carosello, le campagne pubblicitarie per la Cirio,
l’Algida eccetera ci offrono la possibilità di percepire l’entusiasmo e la
capacità propositiva che in quel decennio l’Italia faceva registrare.
“Una mostra di grande rilievo nazionale – rileva Gianfranco Valiante nella
presentazione al catalogo – questa che oggi, il Museo-FRaC Baronissi, ospita
nelle sue sale in occasione del cinquantesimo anniversario della prematura
morte di uno dei grandi artisti contemporanei: Pino Pascali. Una mostra
coraggiosa anche sul piano specifico dell’opera di Pascali, rivolgendo
l’attenzione, non agli aspetti ben noti della sua esperienza artistica, così
come da tempo fa con eco internazionale la Fondazione Museo Pino Pascali di
Polignano a Mare, bensì restringendola all’esercizio del disegno che ci mostra
un artista calato pienamente nella realtà che l’Italia vive negli anni del
‘miracolo economico’.[…] Una esposizione che è stata realizzata, e come non
avrebbe potuto essere diversamente, grazie a quanti hanno dato la loro
disponibilità a collaborare sia con il prestito delle opere, sia con l’adesione
al progetto concedendo il patrocino, sia con l’intenso studio e la ricerca. […]
La storia e l’immagine di una città affiora nitida nel tempo, quanto più i suoi
amministratori rivolgono attenzione e cura alla cultura: il nostro è un impegno
che ci sollecita ogni giorno dell’anno”.
La mostra fonda quindi sulla grande, in parte poco riconosciuta dalla critica,
esperienza di grafico pubblicitario, di pittore che si inserisce in un momento
di passaggio, significativo per quando riguarda i linguaggi dell’arte che
registra l’invadenza della ‘lingua’ dell’arte americano.
“Sono questi – scrive Bignardi – gli anni nei quali lavora, come grafico e
scenografo di spot pubblicitari, Pino Pascali: è un’esperienza che lo impegnerà
in una frenetica ricerca creativa, avviata già all’indomani del 1959, quando
lascia gli atelier dell’Accademia di Belle Arti di Roma e che proseguirà fino
agli ultimi giorni della sua vita, recisa, non ancora trentatreenne, da un
tragico incidente nel settembre del 1968. Dieci anni di segni lasciati su un
repertorio straordinariamente vasto di materiali e di supporti; un segno non
disciplinato da uno stile autoreferenziale, quanto in continua evoluzione.
Pascali come il funàmbolo nietzschiano corre sul filo teso che attraversa
l’intero decennio Sessanta, da un lato all’altro, cioè tra momenti distanti che
testimoniano, ciascuno, i tempi di una generazione: un anno prima, nel gennaio
del 1967 in una stanza di albergo a San Remo, dopo che la sua canzone Ciao
amore ciao, viene eliminata dal Festival della canzone italiana, Luigi Tenco si
toglie la vita; nel maggio del 1968 Parigi è assediata dagli slogan di
studenti, di giovani pronti a disegnare un nuovo domani. Una protesta che, in
brevissimo tempo inonderà l’intera Europa. Il Sessantotto, però leggendolo a
distanza di cinquant’anni e riassaporando l’entusiasmo dei miei quindici anni,
è stato un’energia priva di progetto. Ha pienamente ragione Franco Ferrarotti,
quando scrive che “è stato una protesta che non è riuscita a farsi progetto,
cioè programma con le sue fasi evolutive, con le sue scadenze nel tempo”.
In questa cornice si è mosso dunque Pascali, come un funambolo, dicevo, che di
Nietzsche non veste tanto i panni del ‘superuomo’, la figura con la quale
s’imbatte Zarathustra nella prefazione narrativa, bensì come una figura che si
sente fuori dalla massa, pronto a vivere il mondo di un suo orgoglio. Un
funambolo, pronto a correre su un filo che per Philippe Petit “non è ciò che si
immagina. Non è l’universo della leggerezza, dello spazio, del sorriso. È un
mestiere. Sobrio, rude, scoraggiante”: tale è il lascito che Pascali ha
consegnato all’arte contemporanea. Un lascito che include a pieno titolo,
accanto a quella di scultore, l’intera esperienza di grafico e di grafico
pubblicitario per la televisione, della quale questa mostra, pur facendo leva
su un ristrettissimo repertorio di dipinti, disegni, bozzetti, prove di
animazione realizzate su fogli di acetato, dà conto. Ho cercato di far
trasparire, dal nucleo di opere proposte sia la gamma di soggetti ai quali
Pascali era interessato, sia l’attrattiva di materie pittoriche e di materiali
che sollecitavano il suo immaginario, forte del potere delle immagini che
sosteneva la sua fantasia nel tentativo di ‘resistere nel vuoto’ come egli
stesso affermava”.
In occasione della mostra è stato pubblicato dalla Gutenberg Edizioni il
catalogo contenente il saggio introduttivo del curatore, i contributi storico
critici di Maria Apicella, Paolo Berti, Enrico Crispolti, Luca Mansueto, Paola
Torre che ha curato gli apparati biografici e bibliografici. L’edizione è
arricchita dalle fotografie tratte dall’Archivio Claudio Abate di Roma e da un
ampio apparato di illustrazioni a colori e bianco e nero. ISBN
978-88-7554-162-0
Eventi, didattica e visite guidate: Associazione Culturale “Tutti Suonati”
Orario di apertura: lunedì-giovedì ore 9:00/12:30 lunedì e giovedì anche ore
16:00/18:30
venerdì e sabato: ore 10:00 /13:00; 17:00/20:00 domenica e festivi: ore
10:00/13:00; 17:00/21:00
Settore Affari Generali ed Amministrazione Strategica – Servizi alla Persona,
Comune di Baronissi - tel. 089 828209 – fax 089 828217 E-mail: cultura@comune.baronissi.sa.it
- Sito Web: www.comune.baronissi.sa.it
Giuseppe Pascali all’anagrafe, divenuto Pino per tutti, è nato a Bari il 19
Ottobre 1935. Ha vissuto a Polignano a Mare fino al 1940, quando allo scoppio
guerra, il padre Francesco, funzionario di polizia del Regime e addetto
all’Ufficio Emigrazioni venne trasferito, con al seguito tutta la famiglia, a
Tirana.
Nel 1956, dopo aver sostenuto l’esame di maturità presso il Liceo Artistico di
Napoli, si trasferì nella Capitale per seguire i corsi di scenografia tenuti da
Toti Scialoja all’Accademia di Belle Arti; si diplomerà nel 1959, ottenendo il
massimo dei voti e la lode, con una tesi dedicata a André Antoine, regista
teatrale e cinematografico francese. La sua attività di scenografo, disegnatore
e creativo, in collaborazione con lo Studio Saracini e con la Lodolofilm, era
iniziata già prima del diploma, esattamente nel settembre 1958, e si protrarrà
fino all’anno della sua morte, così come l’intenso legame d’amicizia con Sandro
Lodolo. Come pubblicitario lavorerà per le più importanti aziende: Agip,
Algida, Autoservizi Maggiore, Caffè Mauro, Cirio, Ferrovie dello Stato,
Sigarette Amadis, solo per citarne alcune; collaborerà inoltre, alla
realizzazione di qualche puntata della celebre trasmissione televisiva
Carosello. Al luglio del 1959 risale la sua prima partecipazione alla mostra
“Giovani scenografi” per il Festival dei Due Mondi a Spoleto, dove esporrà
alcuni bozzetti realizzati per le opere teatrali e liriche Amleto, Giulio
Cesare, Tristano e Isotta. Pascali ebbe la possibilità di allestire la sua
prima mostra personale a gennaio del 1965, presso la Galleria la Tartaruga di
Plinio De Martiis, a Roma; in quell’occasione espose Colosseo, Ruderi sul
prato, Muro di pietra, Biancavvela, Grande bacino di donna, Seni. Le opere
degli anni precedenti invece, quelle che potremmo definire del ‘periodo
giovanile’, compresi quindi gli assemblaggi realizzati intorno al 1964, con
materiali di recupero, come l’Araba fenice, Pinguino, l’Arcangelo
dell’autostrada, non vennero mai esposte e vennero distrutte dal padre in
seguito alla sua morte, per adempiere ad un desiderio che era stato espresso da
Pino stesso. Le prime opere del ciclo delle ‘armi’ furono invece esposte nel
1966 a Torino, presso la Galleria Gian Enzo Sperone. Nello stesso anno Pascali
allestì presso la galleria romana L’Attico di Fabio Sargentini una mostra in
due atti: il primo prevedeva l’esposizione del ciclo degli animali e dei
trofei, il secondo invece: Il Mare, Barca che affonda, Balene. All’inizio del
1967 tiene la sua prima personale all’estero, precisamente alla Thelen Galerie
di Essen, in Germania. In quegli anni la sua attività espositiva fu
inarrestabile: in ottobre allestì una mostra alla Galleria Jolas di Milano,
presentato da Cesare Brandi, in dicembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna
di Roma, presentato da Palma Bucarelli. Il 1968 cominciò con una mostra
personale allestita alla Galleria Ars Intermedia di Colonia, e poi a febbraio
partecipò alla VI Biennale di Roma, esponendo la prima opera di un nuovo ciclo:
Vedova Blu. Poco tempo dopo presentò per la prima volta i Bachi da setola,
presso la galleria Jolas di Parigi, presentato da Giulio Carlo Argan. Arrivò
poco tempo dopo la possibilità di allestire una sala personale nella prestigiosa
cornice della XXXIV Biennale di Venezia, dove espose tra le altre opere: Pelo,
Contropelo, Cesto, Stuoia, Le penne di Esopo. A luglio prese parte, insieme a
Fabio Sargentini, Jannis Kounellis ed Eliseo Mattiacci al film di Luca Patella
SMKP2, che può essere considerato il suo ultimo lavoro. Un’incidente in moto,
infatti, avvenuto presso il Muro Torto, a Roma, alla fine dell’agosto di quello
stesso anno, metterà fine alla vita di Pino, che morirà l’11 settembre, a causa
delle gravi ferite riportate dopo l’impatto.