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giovedì 14 febbraio 2019

PINO PASCALI, L'EQUILIBRISTA FUNAMBOLO DEGLI ANNI SESSANTA.




Finissage, Pino Pascali – “Io cerco di fare ciò che amo fare”


FRAC – Convento Francescano della Santissima Trinità - Baronissi




Ancora una mostra dedicata a Pino Pascali, promossa in occasione del cinquantesimo anniversario della morte avvenuta prematuramente nel 1968, all’età di soli trentatré anni.  La mostra realizzata con il sostegno della Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano a Mare e dell’Archivio Pino Pascali di Firenze, oltre quaranta opere tra dipinti, disegni, bozzetti di scenografie e di spot pubblicitari per la televisione, realizzati nell’arco di tempo che, dal 1959, giunge al 1968. Una mostra incentrata  e ristretta soprattutto sull’ esperienza  ancora poco conosciuta  di grafico pubblicitario, ci svela un artista  pienamente cosciente della nuova  realtà che l’Italia  si accingeva a vivere nei primi anni 60’, ovvero quella del boom economico e del benessere.  Un momento  decisamente significativo dell’arte sotto il profilo degli apporti, e una incessante ricerca creativa proseguita con coraggio  fino agli ultimi giorni della sua vita, non ancora trentatreenne, che di fatto si contamina  e si ossigena anche con le ricerche pop americane. “Dieci anni di segni – scrive il curatore - lasciati su un repertorio straordinariamente vasto di materiali e di supporti; un segno non disciplinato da uno stile autoreferenziale, quanto in continua evoluzione”.  Tutto ciò lo possiamo notare da una serie di opere  poco conosciute presenti  a Baronissi, come per esempio,  “Jasper” dedicata  al pop artista americano Jasper Johns, “Pesci e coccodrilli”,  “Rinoceronte”, tutte  e tre eseguite durante il  1964. Insomma un fantasioso,  geniale e apparentemente anacronistico  “funambolo” che si pone fuori dalla massa, pronto a vivere intensamente  il mondo sopra un precario filo  teso da equilibrista, raccontandoci una sorta di teatro dell’immagine con un originale apporto creativo  che prende spunto  dalla fantasia e soprattutto dal gioco, nel tentativo di resistere nel vuoto come egli stesso affermava. Non a caso  la mostra prende spunto da una frase di Pascali “Io cerco di fare ciò che amo fare”, rivelandoci  il giusto approccio  per comprendere appieno  tutto il suo lavoro di ricerca. 




Pino Pascali era nato nel 1935 a Polignano a Mare, nonostante la sua giovane età, negli anni sessanta era già un’artista abbastanza conosciuto. Negli ultimi anni, sempre più spesso lavorava con forme volutamente ingigantite utilizzando i materiali che lo interessavano. Non desiderava utilizzare una tecnica prestabilita, ma cercava volta per volta varie possibilità di intervento, suggerite soprattutto dalle suggestioni immediate degli eventi vissuti. In una intervista su ”Marcatre” del maggio 1968, alcuni mesi prima di morire aveva dichiarato: “La tecnica è la mia vita,ogni volta cambia” e aggiungeva “appena hai fatto una cosa, la cosa è finita”. In quella occasione, alla domanda di Marisa Volpi Orlandini: “Che valore dai alla tecnica del tuo lavoro, che cosa spinge a lavorare con i tuoi materiali “primari”, aveva risposto declamando una insolita filastrocca in dialetto pugliese: “Evviv a Carlo Magno ch va-n dall’acque e non s’abbagne ch va-n do fuek e non s’abbrusce ch va-n du camp e’n se sprtuse “ Questa filastrocca apparentemente senza significato, ci rivela invece il vero senso del fantastico e la giusta chiave di lettura del suo lavoro, convinto che non bisognava chiudersi in formule di lavoro già sperimentate ma tutto doveva essere acqua, vita, gioco e ricerca spontanea; in fondo cercava di fare quello che gli piaceva, questo era l’unico sistema che conosceva e che gli era congeniale. Nelle sue mani, qualsiasi forma e materiale, dopo averli sottratti all’evidenza ovvia del quotidiano diventa immagine e presenza  prepotente, la finzione o l’incanto trovavano così la giusta dimensione per emergere e materializzarsi in atmosfere da favola, in piacevoli “teatrini dell’immagine” dove la fantasia è capace di decantare e trasformare l’ironia in sogno modellando magicamente i pensieri in strane e straordinarie favole che solo lui in quel momento storico poteva creare.

Sandro  Bongiani
Mostra visitata il  29 dicembre  2018



 15 dicembre 2018 al  10 febbraio 2019
Pino Pascali - Io cerco di fare ciò che amo fare
FRAC – Convento Francescano della Santissima Trinità,  Via Convento (84081)  Baronissi

Info: Convento Francescano SS. Trinità, 84081 – Baronissi
E-mail: cultura@comune.baronissi.sa.it –

Sito Web: www.comune.baronissi.sa.it
- tel. 089 828209 – fax 089 828217




venerdì 28 dicembre 2018

BARONISSI / Pino Pascali - Io cerco di fare ciò che amo fare



Pino Pascali - Io cerco di fare ciò che amo fare

FRAC - CONVENTO FRANCESCANO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Via Convento (84081)
+39 089828210 , +39 089828252 (fax)


Fotografie © Courtesy Sandro Bongiani Arte Contemporanea - Salerno


Sabato 15 dicembre, alle ore 19:00 presso la Sala delle conferenze del Museo-FRaC Baronissi, Gianfranco Valiante sindaco di Baronissi e Massimo Bignardi, direttore del museo, hanno presentato la mostra Pino Pascali. Io cerco di fare ciò che amo fare, promossa in occasione del cinquantesimo anniversario della morte avvenuta nel 1968, all’età di trentatré anni non ancora compiuti. La mostra realizzata con il sostegno della Regione Campania, gode del patrocinio del Dipartimento di Scienze storiche e dei Beni culturali dell’Università di Siena; della Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano a Mare e dell’Archivio Pino Pascali di Firenze.

L’esposizione, curata da Massimo Bignardi, propone oltre quaranta opere tra dipinti, disegni, bozzetti di scenografie e di spot pubblicitari per la televisione, realizzati da Pascali nell’arco di tempo che, dal 1959, giunge al 1968: è un percorso espositivo che attraversa gli anni Sessanta, una stagione carica di grandi novità sia sul piano culturale, innanzitutto artistico, sia sul piano di una nuova ed entusiasmate realtà sociale ed economica. Un percorso che dà piena testimonianza di tale momento: i disegni per gli spot pubblicitari per l’allora neonato Carosello, le campagne pubblicitarie per la Cirio, l’Algida eccetera ci offrono la possibilità di percepire l’entusiasmo e la capacità propositiva che in quel decennio l’Italia faceva registrare.
“Una mostra di grande rilievo nazionale – rileva Gianfranco Valiante nella presentazione al catalogo – questa che oggi, il Museo-FRaC Baronissi, ospita nelle sue sale in occasione del cinquantesimo anniversario della prematura morte di uno dei grandi artisti contemporanei: Pino Pascali. Una mostra coraggiosa anche sul piano specifico dell’opera di Pascali, rivolgendo l’attenzione, non agli aspetti ben noti della sua esperienza artistica, così come da tempo fa con eco internazionale la Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano a Mare, bensì restringendola all’esercizio del disegno che ci mostra un artista calato pienamente nella realtà che l’Italia vive negli anni del ‘miracolo economico’.[…] Una esposizione che è stata realizzata, e come non avrebbe potuto essere diversamente, grazie a quanti hanno dato la loro disponibilità a collaborare sia con il prestito delle opere, sia con l’adesione al progetto concedendo il patrocino, sia con l’intenso studio e la ricerca. […] La storia e l’immagine di una città affiora nitida nel tempo, quanto più i suoi amministratori rivolgono attenzione e cura alla cultura: il nostro è un impegno che ci sollecita ogni giorno dell’anno”.
La mostra fonda quindi sulla grande, in parte poco riconosciuta dalla critica, esperienza di grafico pubblicitario, di pittore che si inserisce in un momento di passaggio, significativo per quando riguarda i linguaggi dell’arte che registra l’invadenza della ‘lingua’ dell’arte americano.

“Sono questi – scrive Bignardi – gli anni nei quali lavora, come grafico e scenografo di spot pubblicitari, Pino Pascali: è un’esperienza che lo impegnerà in una frenetica ricerca creativa, avviata già all’indomani del 1959, quando lascia gli atelier dell’Accademia di Belle Arti di Roma e che proseguirà fino agli ultimi giorni della sua vita, recisa, non ancora trentatreenne, da un tragico incidente nel settembre del 1968. Dieci anni di segni lasciati su un repertorio straordinariamente vasto di materiali e di supporti; un segno non disciplinato da uno stile autoreferenziale, quanto in continua evoluzione. Pascali come il funàmbolo nietzschiano corre sul filo teso che attraversa l’intero decennio Sessanta, da un lato all’altro, cioè tra momenti distanti che testimoniano, ciascuno, i tempi di una generazione: un anno prima, nel gennaio del 1967 in una stanza di albergo a San Remo, dopo che la sua canzone Ciao amore ciao, viene eliminata dal Festival della canzone italiana, Luigi Tenco si toglie la vita; nel maggio del 1968 Parigi è assediata dagli slogan di studenti, di giovani pronti a disegnare un nuovo domani. Una protesta che, in brevissimo tempo inonderà l’intera Europa. Il Sessantotto, però leggendolo a distanza di cinquant’anni e riassaporando l’entusiasmo dei miei quindici anni, è stato un’energia priva di progetto. Ha pienamente ragione Franco Ferrarotti, quando scrive che “è stato una protesta che non è riuscita a farsi progetto, cioè programma con le sue fasi evolutive, con le sue scadenze nel tempo”.

In questa cornice si è mosso dunque Pascali, come un funambolo, dicevo, che di Nietzsche non veste tanto i panni del ‘superuomo’, la figura con la quale s’imbatte Zarathustra nella prefazione narrativa, bensì come una figura che si sente fuori dalla massa, pronto a vivere il mondo di un suo orgoglio. Un funambolo, pronto a correre su un filo che per Philippe Petit “non è ciò che si immagina. Non è l’universo della leggerezza, dello spazio, del sorriso. È un mestiere. Sobrio, rude, scoraggiante”: tale è il lascito che Pascali ha consegnato all’arte contemporanea. Un lascito che include a pieno titolo, accanto a quella di scultore, l’intera esperienza di grafico e di grafico pubblicitario per la televisione, della quale questa mostra, pur facendo leva su un ristrettissimo repertorio di dipinti, disegni, bozzetti, prove di animazione realizzate su fogli di acetato, dà conto. Ho cercato di far trasparire, dal nucleo di opere proposte sia la gamma di soggetti ai quali Pascali era interessato, sia l’attrattiva di materie pittoriche e di materiali che sollecitavano il suo immaginario, forte del potere delle immagini che sosteneva la sua fantasia nel tentativo di ‘resistere nel vuoto’ come egli stesso affermava”.





























In occasione della mostra è stato pubblicato dalla Gutenberg Edizioni il catalogo contenente il saggio introduttivo del curatore, i contributi storico critici di Maria Apicella, Paolo Berti, Enrico Crispolti, Luca Mansueto, Paola Torre che ha curato gli apparati biografici e bibliografici. L’edizione è arricchita dalle fotografie tratte dall’Archivio Claudio Abate di Roma e da un ampio apparato di illustrazioni a colori e bianco e nero. ISBN 978-88-7554-162-0
Eventi, didattica e visite guidate: Associazione Culturale “Tutti Suonati”
Orario di apertura: lunedì-giovedì ore 9:00/12:30 lunedì e giovedì anche ore 16:00/18:30
venerdì e sabato: ore 10:00 /13:00; 17:00/20:00 domenica e festivi: ore 10:00/13:00; 17:00/21:00


Info: Convento Francescano SS. Trinità, 84081 - Baronissi

Settore Affari Generali ed Amministrazione Strategica – Servizi alla Persona, Comune di Baronissi - tel. 089 828209 – fax 089 828217 E-mail: cultura@comune.baronissi.sa.it - Sito Web: www.comune.baronissi.sa.it











Giuseppe Pascali all’anagrafe, divenuto Pino per tutti, è nato a Bari il 19 Ottobre 1935. Ha vissuto a Polignano a Mare fino al 1940, quando allo scoppio guerra, il padre Francesco, funzionario di polizia del Regime e addetto all’Ufficio Emigrazioni venne trasferito, con al seguito tutta la famiglia, a Tirana. 

Nel 1956, dopo aver sostenuto l’esame di maturità presso il Liceo Artistico di Napoli, si trasferì nella Capitale per seguire i corsi di scenografia tenuti da Toti Scialoja all’Accademia di Belle Arti; si diplomerà nel 1959, ottenendo il massimo dei voti e la lode, con una tesi dedicata a André Antoine, regista teatrale e cinematografico francese. La sua attività di scenografo, disegnatore e creativo, in collaborazione con lo Studio Saracini e con la Lodolofilm, era iniziata già prima del diploma, esattamente nel settembre 1958, e si protrarrà fino all’anno della sua morte, così come l’intenso legame d’amicizia con Sandro Lodolo. Come pubblicitario lavorerà per le più importanti aziende: Agip, Algida, Autoservizi Maggiore, Caffè Mauro, Cirio, Ferrovie dello Stato, Sigarette Amadis, solo per citarne alcune; collaborerà inoltre, alla realizzazione di qualche puntata della celebre trasmissione televisiva Carosello. Al luglio del 1959 risale la sua prima partecipazione alla mostra “Giovani scenografi” per il Festival dei Due Mondi a Spoleto, dove esporrà alcuni bozzetti realizzati per le opere teatrali e liriche Amleto, Giulio Cesare, Tristano e Isotta. Pascali ebbe la possibilità di allestire la sua prima mostra personale a gennaio del 1965, presso la Galleria la Tartaruga di Plinio De Martiis, a Roma; in quell’occasione espose Colosseo, Ruderi sul prato, Muro di pietra, Biancavvela, Grande bacino di donna, Seni. Le opere degli anni precedenti invece, quelle che potremmo definire del ‘periodo giovanile’, compresi quindi gli assemblaggi realizzati intorno al 1964, con materiali di recupero, come l’Araba fenice, Pinguino, l’Arcangelo dell’autostrada, non vennero mai esposte e vennero distrutte dal padre in seguito alla sua morte, per adempiere ad un desiderio che era stato espresso da Pino stesso. Le prime opere del ciclo delle ‘armi’ furono invece esposte nel 1966 a Torino, presso la Galleria Gian Enzo Sperone. Nello stesso anno Pascali allestì presso la galleria romana L’Attico di Fabio Sargentini una mostra in due atti: il primo prevedeva l’esposizione del ciclo degli animali e dei trofei, il secondo invece: Il Mare, Barca che affonda, Balene. All’inizio del 1967 tiene la sua prima personale all’estero, precisamente alla Thelen Galerie di Essen, in Germania. In quegli anni la sua attività espositiva fu inarrestabile: in ottobre allestì una mostra alla Galleria Jolas di Milano, presentato da Cesare Brandi, in dicembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, presentato da Palma Bucarelli. Il 1968 cominciò con una mostra personale allestita alla Galleria Ars Intermedia di Colonia, e poi a febbraio partecipò alla VI Biennale di Roma, esponendo la prima opera di un nuovo ciclo: Vedova Blu. Poco tempo dopo presentò per la prima volta i Bachi da setola, presso la galleria Jolas di Parigi, presentato da Giulio Carlo Argan. Arrivò poco tempo dopo la possibilità di allestire una sala personale nella prestigiosa cornice della XXXIV Biennale di Venezia, dove espose tra le altre opere: Pelo, Contropelo, Cesto, Stuoia, Le penne di Esopo. A luglio prese parte, insieme a Fabio Sargentini, Jannis Kounellis ed Eliseo Mattiacci al film di Luca Patella SMKP2, che può essere considerato il suo ultimo lavoro. Un’incidente in moto, infatti, avvenuto presso il Muro Torto, a Roma, alla fine dell’agosto di quello stesso anno, metterà fine alla vita di Pino, che morirà l’11 settembre, a causa delle gravi ferite riportate dopo l’impatto.