martedì 10 settembre 2024

Retrospettiva di Gabi Minedi “Presenze insolite in attesa di un esistere” 1990-2024

 

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

Retrospettiva di Gabi Minedi 1990-2024

“Presenze insolite in attesa di un esistere

a cura di Sandro  Bongiani

15 settembre - 19 ottobre 2024

Inaugurazione:  Domenica  15 settembre  2024, ore 18.00

Pavilion Lautania Valley / Stranieri Qui e Altrove

Foreigners Here And Elsewhere

In collaborazione con l’Archivio Studio Gabi Minedi, Italy

 

Un evento a cura di Sandro Bongiani  in contemporanea con la  60.Biennale di Venezia 2024, incentrato  sul tema  dello straniero ovunque con 40 opere eseguite dall’artista tra il 1990 e il 2024.

 

Opera di Gabi Minedi

La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea, dopo le mostre retrospettive di Ray Johnson, Guglielmo Achille Cavellini, Ryosuke Cohen e Reid Wood è lieta di inaugurare  in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque  la mostra retrospettiva dell’artista italiana Gabi Minedi dal titolo: “Presenze insolite in attesa di un esistere”. Un evento a cura di Sandro Bongiani  in contemporanea con la  60.Biennale di Venezia 2024, incentrato  sul tema  dello straniero ovunque. Una sorta di rilettura delle proposte in atto presentate per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley. Quella di Gabi Minedi,  è un’ulteriore proposta ai margini del sistema dell’arte ufficiale, vengono presentate per l’occasione 40 opere eseguite dall’artista tra il 1990 e il 2024.

Artista outsider e radicale della nuova scena underground internazionale, conosciuta per la leggerezza, l’originalità e la sintesi dei suoi personaggi ironici e beffardi che ci costringono a riflettere sulla vita e sul destino infame dell’uomo contemporaneo. La sua rappresentazione nata per essere disagio e rivelazione, vento sottile dell’essere che può tramutarsi in spina, tormento e salvezza. Non  conformata  a nessun movimento  artistico collettivo, irrequieta e nel  contempo solitaria, ci giunge come sortilegio e anche enigma costringendoci a meditare sulla vera natura delle cose. L’artista nel suo viaggio rappresenta insolite presenze dall’apparenza deformata, svuotata e inquieta, in un percorso esistenziale trasgressivo condizionato dagli eventi che riemergono dal fondo della tela con esseri precari carichi di malinconia e di solitudine, definiti in modo essenziale da un colore primario e da una rappresentazione sintetica giocata sul contrasto delle tinte. Nonostante la stesura piatta, l’impronta timbrica delle opere ad acrilico e delle pitture all’uovo, le opere sono spesso integrate anche da inserimenti polimaterici di cartoni, tappi, chiodi, vecchie latte, ritagli metallici, tele, sacchi, sabbia, sugheri, ritagli di stoffe e persino da brani di grafismo metropolitano, di graffi e frasi scritte a denunciare le contraddizioni e la  condizione emblematica dell’uomo in questo travagliato momento storico. Solo la memoria resiste alla vita. “Nella sua pittura - scrive Sandro Bongiani - i suoi personaggi ibridi urlano da tempo a bocca aperta contro la tirannia dell’uomo  con insoliti innesti e protesi, esseri che al posto delle gambe possiedono ruote a forma di orologio, valigie, televisori al posto della testa, girandole come meteoriti che cadono dal cielo assieme ai nostri stupidi e inutili sogni, astronavi in attesa di spiccare il volo rinate dalla fantasia ma anche dalla memoria. Un viaggio sottile e solitario in cui recuperare l’essenzialità delle cose in senso poetico”. Tutto ciò rende la sua ricerca originale e unica nel panorama contemporaneo.

 

Si ringrazia l’Archivio Studio Gabi Minedi per la fattiva collaborazione alla realizzazione in Italia di questo importante evento.

 

 


Biographical Notes of Gabi Minedi

Gabi Minedi nasce a Caracas in Venezuela. Vive e lavora tra Roma e il Mondo. Artista radicale ed indie della nuova scena Underground internazionale. Dipinge sin da bambina. Dal 1970 è presente in Collezioni, Gallerie e Musei Internazionali di Argentina, Belgio, Brasile, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Malta, Spagna, Stati Uniti d'America, Svizzera, Venezuela. Da diverso tempo ha lavorato con importanti Gallerie Italiane come la Galleria 32 e il Naviglio di Milano e inoltre, con una delle più grandi Gallerie Spagnole come la Galeria Mediterranea di Palma De Mallorca. Presente alle più importanti manifestazioni internazionali come Art Basel di Basilea e Miami, Biennale di Londra, Arco di Madrid e Documenta Kassel, Biennale di Venezia. Dal 1970, oltre ottanta mostre personali costituiscono l'esteso curriculum di Gabi Minedi, che ha esposto la propria opera in luoghi sparsi per i cinque continenti in spazi pubblici e privati, in Italia, Spagna, Francia, Svizzera, Usa, Gran Bretagna, Malta, Irlanda, Brasile, Germania, Belgio, Porto Rico e Canada. Le sue opere sono presenti nelle piú grandi collezioni e Musei Internazionali. Hanno scritto per Gabi Minedi critici importanti come Enrico Crispolti, Franco Solmi, Ivan Graziani, Nonni, Miceli, Simongini, Falsetti, Joan Lluís Montané, Philippe Daverio, Carlo Bo, Del Vecchio, Floriano De Santi, Manuel Espluga, Leo Strozzieri, Maria Cristina Ricciardi, Sandro Bongiani, Emiliano Canali, Patrizio Maria, Maria Luisa Moretti, Nerio Rosa e tantissimi altri ancora...

 


 













 

 La Presentazione di Sandro Bongiani

  5 settembre 2024

 

Gabi Minedi, “Presenze insolite in attesa di un esistere”

La pittura di Gabi Minedi riflette un mondo particolare, in cui esprime simbolicamente la realtà, cercando di evidenziare aspetti della natura e idiosincrasie universali”. Joan Lluís Montané


Viviamo in un mondo anestetizzato fatto di lustrini e payette, per niente conforme alle aspirazioni e ai dettami della libertà dove il denaro e l’apparire corrispondono a un futile esserci. Già negli anni ottanta si era rilevata la possibilità che il potere politico e il sistema globale potesse ingoiare le nostre vite e l’esperienze personali di ogni singolo uomo. Una immane disfatta in cui ritroviamo oggi i segni concreti di questo inutile esistere omologato. Da autentica artista trasgressiva e ribelle, nella vita come nell’arte, Gabi Minedi è stata capace per diversi decenni, di continue incursioni e trasgressioni seguendo una logica e un modo di fare del tutto personale. Artista outsider e radicale della nuova scena underground internazionale, conosciuta per la leggerezza, l’originalità e la sintesi dei suoi personaggi ironici e beffardi che ci costringono a riflettere sulla vita e sul destino infame dell’uomo contemporaneo. La sua rappresentazione può apparire ad un primo approccio ludica e d’impronta semplicemente favolistica, in verità ci segnala, tra realtà e memoria personale, un vissuto carico di umori e di incertezze. Non a caso, la sua pittura raccoglie dalla realtà e da momenti transitori della sua infanzia insolite briciole di senso da consegnare generosamente al presente. Solo la memoria resiste alla vita.

Gabi Minedi, ci racconta di essere nata in una insolita domenica di gennaio a mezzogiorno da un anonimo tubetto di colore verdementa piperita dentro una vecchia valigia di amore bello. Allieva di Pericle Fazzini, già a 15 anni presentava la sua prima personale a San Benedetto del Tronto. Una “enfant prodige” e direi anche “terrible” della pittura italiana nata per essere disagio e rivelazione, vento sottile dell’essere che può tramutarsi in spina, tormento e salvezza. Non  conformata  a nessun movimento  artistico collettivo, irrequieta e nel  contempo solitaria, ci giunge come sortilegio e anche come enigma costringendoci a meditare sulla vera natura delle cose.

Nel marasma anonimo e decadente della scena internazionale dell’arte degli anni 80’ e 90’ l’artista nel suo originale viaggio rappresenta insolite presenze frontali dall’apparenza deformata, svuotata e inquieta, in un percorso esistenziale trasgressivo condizionato dagli eventi che riemergono dal fondo della tela con esseri precari carichi di malinconia e di solitudine, definiti in modo essenziale da un colore primario e da una rappresentazione sintetica giocata sul contrasto delle tinte. Nonostante la stesura piatta,  l’impronta timbrica delle opere ad acrilico e delle pitture all’uovo; tecnica ormai ignota e difficile da trattare tramandata in gran segreto dall’amico José Ortega, le opere verranno integrate nel tempo  anche da inserimenti polimaterici di cartoni, tappi, chiodi, vecchie latte, ritagli metallici, tele, sacchi, sabbia, sugheri, ritagli di stoffe e persino da brani di grafismo metropolitano, di graffi e frasi scritte a denunciare le contraddizioni e la  condizione emblematica dell’uomo in questo travagliato momento storico.

Un viaggio sottile e solitario in cui regredire volutamente all’infanzia può permettere di accogliere l’essenza della fantasia per nuove visioni. Semplificare è molto difficile, per farlo bisogna togliere fino all’essenzialità, togliere invece che aggiungere, vuol dire recuperare l’essenzialità delle cose in senso poetico. Lavorare a partire dai mezzi espressivi ridotti  quasi all’essenziale resta tutt’ora una delle sue caratteristiche stilistiche che rendono la sua ricerca originale e unica nel panorama contemporaneo. Non la descrizione oggettiva e fedele della realtà ma una indagine introspettiva a scrutare nell’immaginazione momenti e lacerti di realtà condensati in modo lirico nella rappresentazione pittorica, restituendo a noi una visione sintetica e universale di ciò che siamo.

la sua pittura e i suoi personaggi ibridi urlano da tempo a bocca aperta contro la tirannia dell’uomo  con insoliti innesti e protesi, esseri che al posto delle gambe possiedono ruote a forma di orologio, valigie, televisori al posto della testa, girandole come meteoriti che cadono dal cielo assieme ai nostri stupidi e inutili sogni, astronavi in attesa di spiccare il volo rinate dalla fantasia ma anche dalla memoria, come per esempio, per l’opera “Terminal Amorebello” del 2009, dedicato al terremoto dell’Aquila e a tutte le sue vittime, ci dice: “… ho visto in stazione un poveraccio con una lunga barba bianca quasi trascinare una valigia a quadretti e le poche cose che gli erano rimaste, i suoi affetti, tutto il suo amore, solo lui e i ricordi! piangeva! sulla vecchia valigia una scritta: “Amorebello”. Una rappresentazione che diviene una sorta di grido cupo e sordo del malessere che possediamo in corpo.

La leggerezza e l’inconsistenza dell'essere come reazione al peso della condizione difficile del vivere caratterizza tutto il suo percorso artistico. Non è un caso se a tal proposito Jean Dubuffet scriverà che:La vera arte è dove meno te l’aspetti”,  in un viaggio colto e sensibile verso l'insolito e l'imprevedibile. Dal 90’ in poi, fino aggi, nasceranno importanti cicli pittorici come Boogie Woogie, The Blues, It Is, El Viajero, Oxygen e oggi l’Orsa Amarena. Non semplicemente un’arte ingenua come si potrebbe pensare, ma una rappresentazione decisamente colta carica di riferimenti letterari che vanno dalla poesia di Dante a quella del Cavalcanti, dal Don Chisciotte di Cervantes alla narrativa di Italo Calvino, da Boccaccio, a Shakespeare, e Cyrano de Bergerac, da Jack Kerouac alla satira di Milan Kundera, con opere di grande suggestione tra metafora, ironia e bellezza.

Un viaggio decisamente sofferto alla ricerca del malessere in cui il mutamento è anche vertigine e rivelazione. Gabi Minedi, crede che una tale ossessione è la condizione essenziale per creare. Da molto tempo coltiva certi inconsueti innesti di pensiero in cui l’omologazione è la regressione, la naturalità, la tecnologia e la virtualità  potrebbero essere davvero l’ultima tragica stagione della specie umana. La vita ha senso di esistere solo se si riempie di emozioni, altrimenti non è altro che un trascorrere il tempo in attesa  di un ultimo oblio. Chissà se da questa situazione precaria in cui ci siamo arenati da tempo, l’uomo sarà in grado di prendere coscienza dei suoi infiniti problemi oppure continuerà a percorrere quest’affannosa e irresponsabile corsa verso il nulla e il niente?

 

Pavilion Lautania Valley 

“Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation Everywhere”

Mostra n°5 / Retrospettiva di Gabi Minedi

Spazio Ophen Virtual Art Gallery

Presenze insolite in attesa di un esistere

Presentazione di 40 opere eseguite tra il 1990 e il 2024 

con un testo critico di Sandro Bongiani

15 settembre – 19 ottobre 2024

Salerno, opening  15 settembre 2024  ore 18:00  

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

Via S. Calenda, 105  84126  Salerno

In collaborazione con l’Archivio  Studio Gabi Minedi, (Italy)

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39  3937380225

 

Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno, Italy

mercoledì 7 agosto 2024

Retrospettiva di Reid Wood, 1970-2024 “Tempo sospeso / Segni e tracce di un immaginario in/Visibile”

 

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

Retrospettiva di Reid Wood 1970-2024

“Tempo sospeso / Segni  e tracce di un immaginario in/Visibile”
"Suspended time/ Signs and traces of a imaginary in/visible"

a cura di Sandro  Bongiani

11 agosto - 14 settembre 2024

Inaugurazione:  Domenica  11 agosto  2024, ore 18.00

Pavilion Lautania Valley / Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere

in collaborazione con l’Archivio Reid Wood di Oberlin, OH, United States

 


 

La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea, dopo la retrospettiva dell’artista americano  pre-pop Ray Johnson, la retrospettiva di Guglielmo Achille Cavellini è la personale di Ryosuke Cohen  è lieta di inaugurare  in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque  la mostra retrospettiva dell’artista americano Reid Wood dal titolo: “Tempo sospeso / Segni e tracce  di un immaginario in/Visibile”. Un evento a cura di Sandro Bongiani  in contemporanea con la  60. Biennale di Venezia 2024, incentrato  sul tema  dello straniero ovunque. Una sorta di rilettura delle proposte in atto presentate per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley. Quella di Reid Wood,  è un’altra proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale, vengono presentate per l’occasione 54 opere eseguite dall’artista americano tra il 1970 e il 2024.

Per l’artista americano Reid  Wood vi è l’attenzione a una pratica che si propone di raccontare quel che accade non smettendo - per dirla con Michel Foucault - di comprendere il mondo e il funzionamento di certi discorsi all'interno dell’attuale società.  Ciò accade con il pensiero attivo marginale, in un’area di ricerca che preferisce collocarsi al di fuori dai circuiti ufficialmente deputati all'arte, preferendo i processi, e il dialogo in un fluire di esperienze e accadimenti senza impedimenti e costrizioni. Per diverso tempo l’attività di Reid Wood è stata ancorata a una forma di creatività resistente generata dal dato reale e poi stravolta da una visionarietà insistente che definisce inconsueti e nuove presenze apparentemente tra loro incompatibili. Un territorio sospeso, in un punto cieco d’incontro verso l’immaginazione. Una sorta di eterotopia radente della nostra contemporaneità in cui l’invenzione ha il sopravvento.

Le prime opere di Reid  Wood risalgono agli anni 70  una serie di collage digitali per poi procedere verso il 2006 pubblicando su “havent-gardeart.blogspot.com”, un’opera al giorno  che ha chiamato “Artifact” (artefatto), indicando nella stessa opera il giorno il mese e l’anno di esecuzione dell’opera (la prima opera pubblicata  ufficialmente su tale blog risale al 22 ottobre del 2006). Dal 2006 a oggi ha creato ogni giorno un nuovo lavoro digitale “artefatto” con risultati creativi e immaginativi decisamente sorprendenti. Alla fine il risultato ottenuto è aver prodotto un’immagine destrutturata e nel contempo definita in modo più mentale che attraverso l’uso di oggetti e situazioni concorrono a dar forma a una  rappresentazione di tipo immaginifico del tutto nuova definita da frammenti  di spazi contrassegnate da tracce di senso “sospeso”, che a mezz’aria si rincorrono in attesa di essere finalmente percepite. “Un qualcosa che ci sfugge e resta in/sospeso tra il presente e il momento dell’invenzione” - scrive Sandro Bongiani - "una ricerca indagata a tutto campo su   “universi possibili”, intesa come il luogo privilegiato per rilevare nuove ipotesi di lavoro  che nella dimensione creativa e mentale suggeriscono  nuove possibilità di ricerca, tra la libertà della creazione e la globalità intelligente del fare arte. Permane in Wood la proposta convincente di  una ricerca volutamente di confine  in un particolare campo di azione  svolto tra fotografia e rappresentazione poetica, come  spartiacque al  modo  omologato e spesso monotono proposto dal sistema istituzionale dell’arte”.

Si ringrazia l’Archivio Reid Wood di Oberlin, OH, (United States) per la fattiva collaborazione alla realizzazione in Italia di questo importante evento.

 

 

 


Biographical Notes of Reid Wood

Reid Wood (b. 1948) is a visual artist who has worked in a variety of media, including drawing, printmaking, sculpture, collage, artists books, mail art, digital imaging, and performance art. He holds degrees in art from Oberlin College, with additional study at Kent State University, Akron University, and the Visual Studies Workshop. He has exhibited his work regionally, nationally and internationally since 1975. Examples of his work can be found in a number of public and private collections and archives, including MoMA (Franklin Furnace Artists Books Archive), the Sackner Archive, the Avant Writing Collection (Ohio State University), the National Institute of Design (Ahmedabad, India), Lalit Kala Akademi (New Delhi, India), the National Postal Museum of Canada, the Artpool Archive (Budapest), the King St. Stephen Museum (Hungary), and the Otis Art Institute (Los Angeles). Several works are permanently present in the Collection of the Bongiani Art Museum of Salerno (Italy). In 2010 he was awarded a residency in Venice by the Emily Harvey Foundation.

 

 

La Presentazione di Sandro Bongiani 

 

 Retrospettiva di Reid Wood  1970-2024

“Tempo sospeso / Segni  e tracce di un immaginario in/Visibile”
"Suspended time/ Signs and traces of a imaginary in/visible"

Presentazione di Sandro Bongiani, Salerno, 29 luglio 2024

 

 

Per l’artista americano Reid  Wood vi è l’attenzione a una pratica che si propone di raccontare quel che accade non smettendo - per dirla con Michel Foucault - di comprendere il mondo e il funzionamento di certi discorsi all'interno dell’attuale società.  Ciò accade con il pensiero attivo marginale, in un’area di ricerca che preferisce collocarsi al di fuori dai circuiti ufficialmente deputati all'arte, preferendo i processi, e il dialogo in un fluire di esperienze e accadimenti senza impedimenti e costrizioni. Per diverso tempo l’attività di Reid Wood è stata ancorata a una forma di creatività resistente generata dal dato reale e poi stravolta da una visionarietà insistente che definisce inconsueti e nuove presenze apparentemente tra loro incompatibili. Un territorio sospeso, in un punto cieco d’incontro verso l’immaginazione. Una sorta di eterotopia radente della nostra contemporaneità in cui l’invenzione ha il sopravvento.

Nella visione di Foucault le eterotopie inquietano perché minano  le certezze nel tentativo di dare un senso diverso alla vita. Rimane sotteso che nella sua ricerca il concetto di eterotopia, viene forgiato sul reale e non indagato passivamente in ambienti privi di localizzazione effettiva  come nel caso dell’utopia. Foucault contrappone le utopie alle eterotopie scrivendo: «Le utopie consolano mentre le eterotopie inquietano perché minano segretamente il linguaggio, contestano i luoghi comuni correlandosi allo spazio esteriore sia nella forma dell'illusione sia nella forma della compensazione. Anche nell’arte vi è la stessa strategia a comprendere il mondo utilizzando strumenti che possano mettere in moto momenti di eterotopia condivisa.

Sospensione e tempo invisibile contraddistinguono  il suo lavoro di ricerca. Assecondando il concetto base dell’eterotopia, l’artista americano ci consegna una visione del tutto nuova e originale della realtà, contrassegnato da un tempo sospeso e da tracce e segni di un immaginario invisibile divenuto ormai “non luogo del reale”. Non si tratta semplicemente di pura e semplice fotografia, perché la fotografia ritrae la pelle della realtà del mondo esterno, gli oggetti, le cose, mentre in queste opere si rappresenta qualcosa che non è presente, un mondo nascosto s/velato attraverso frammenti fotografici  e alterato per mezzo l’elaborazione digitale  operata  volutamente dall’artista. Reid Wood lavora  utilizzando la fotografia e la stampa digitale approdando al teatro  dell'eterotopia trascorrente, tra spazio esteriore e spazio mentale divenuto ora essenza e riflessione creativa.  

Questa particolare forma di indagine con la realtà  nasce da un atteggiamento libero tra oggettualità e immaterialità, in una proficua commistione di elementi grafici e coloristici che di fatto alterano il normale rapporto delle cose trasformandosi in qualcosa di diverso che non è mai esistito. Le sue sono particolari riflessioni che  Wood fa  in considerazione di questo anestetizzato e precario contesto sociale carico di grande incertezza in cui si confezionano soltanto allusioni e delusioni.

Le prime opere di Wood risalgono agli anni 70  una serie di collage digitali per poi procedere verso il 2006 pubblicando su “havent-gardeart.blogspot.com”, un’opera al giorno  che ha chiamato “Artifact” (artefatto), indicando nella stessa opera il giorno il mese e l’anno di esecuzione dell’opera (la prima opera pubblicata  ufficialmente su tale blog risale al 22 ottobre del 2006). Dal 2006 a oggi ha creato ogni giorno un nuovo lavoro digitale “artefatto” con risultati creativi e immaginativi decisamente sorprendenti. Un qualcosa che ci sfugge e resta in/sospeso tra il presente e il momento dell’invenzione. Il risultato ottenuto nel tempo è aver prodotto una visione destrutturata e nel contempo definita in modo più mentale che attraverso l’uso di oggetti e situazioni concorrono a dar forma a una  rappresentazione di tipo immaginifico del tutto nuova, definita da frammenti  di spazi contrassegnate da tracce di senso “sospeso”, che a mezz’aria si rincorrono in attesa di essere finalmente percepite.Una ricerca indagata a tutto campo su   “universi possibili”, intesa come il luogo privilegiato per rilevare nuove ipotesi di lavoro  che nella dimensione creativa e mentale suggeriscono  nuove possibilità di ricerca, tra la libertà della creazione e la globalità intelligente del fare arte. Permane in Wood la proposta convincente di  una ricerca volutamente di confine  in un particolare campo di azione  svolto tra fotografia e rappresentazione poetica, come  spartiacque al  modo  omologato e spesso monotono proposto dal sistema istituzionale dell’arte. Ora, sta solo allo spettatore poter decifrare, senza impedimenti e costrizioni, ciò che è stato rappresentato in modo visionario nell’opera.

 

  Pavilion Lautania Valley 

  “Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation   Everywhere”

  Mostra n°4 / Retrospettiva di Reid Wood

  “Tempo sospeso / Segni e tracce  di un immaginario in/Visibile”

  Presentazione di 54 opere eseguite tra il 1970 e il 2024 

  con un testo critico di Sandro Bongiani

  11 agosto – 14 settembre 2024

 

Salerno, opening  11 agosto 2024  ore 18:00  

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

In collaborazione con l’Archivio Reid Wood di Oberlin OH, (United States)

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39  3937380225