lunedì 17 maggio 2021

L'AGENDA DI LARA FACCO| Appuntamenti in presenza e online dal 17 al 23 maggio 2021

 



 

AGENDA DELLA SETTIMANA

 

Mostre, incontri, visite guidate, laboratori

 

Appuntamenti

online e offline

 

dal 17 al 23 maggio 2021

 


lunedì 17 maggio


Dalle ore 8.30

 

CASTELLO MANIACE, SIRACUSA

 

ALFREDO PIRRI, PASSI

a cura di Helga Marsala

17 maggio - 31 dicembre 2021

 

NUOVA APERTURA

 

dal lunedì alla domenica,

dalle 8.30 alle 18.00

 

Per maggiori informazioni: camilla@larafacco.com

 


dalle 11.00 alle 20.00

 

MACTE - Museo di Arte Contemporanea di Termoli

 

62mo PREMIO TERMOLI

a cura di Laura Cherubini

Sezione Arti Visive e

Sezione Architettura e Design

 

PRESS PREVIEW

 

via Giappone - 86039 Termoli (CB)

 

Per maggiori informazioni: barbara@larafacco.com


martedì 18 maggio


Dalle ore 10.00

 

GAMeC Bergamo

Giornata Internazionale dei Musei

 

Apertura straordinaria e percorsi speciali per genitori e bambini da 0 a 18 mesi

 

Apertura straordinaria dalle 10:00 alle 18:00.

 

ore 10:00: visita alla mostra Regina. Della Scultura per genitori con bambine e bambini dai 6 ai 18 mesi

ore 10:40: visita alla mostra Regina. Dalla Scultura per genitori con bambine e bambini da 0 a 6 mesi

 

Ingresso e visita gratuiti per gli iscritti; prenotazione obbligatoria. Tel. 035 270272 – int. 435 E-mail: servizieducativi@gamec.it Apertura straordinaria dalle 10:00 alle 18:00.

 

 

Per maggiori informazioni: claudia@larafacco.com


online

 

MUSEOCITY

 

Giornata Internazionale dei Musei

Il Futuro dei Musei: Ripresa e Reinvenzione

 

Per celebrare questa importante occasione l’associazione MuseoCity ha chiesto a tutto il suo pubblico di registrare e spedire un contributo video che completi la frase “il museo che vorrei…” I contributi più interessanti saranno montati in un unico filmato pubblicato sul canale YouTube di MuseoCity e i suoi social.

 

Per maggiori informazioni: camilla@larafacco.com


online

 

FONDAZIONE ARNALDO POMODORO

 

SCENOGRAFIA

nuova sezione del Catalogue Raisonné di Arnaldo Pomodoro

 

La nuova sezione del catalogo, che si aggiunge a quelle dedicate a sculture, disegni, multipli, attraverso fotografie degli spettacoli, materiali progettuali, locandine, note per la messinscena e opere correlate, racconta la storia complessiva di tutti i progetti scenici dell’artista dalle prime esperienze a Pesaro all’inizio degli anni Cinquanta fino alle scenografie realizzate nel 2014 al Teatro Greco di Siracusa.

 

ACCESSO GRATUITO AL LINK

 

Per maggiori informazioni: claudia@larafacco.com; camilla@larafacco.com


ore 18.00

 

aA29 Project Room

 

Sottile instabilità

mostra personale di Matilde Sambo

a cura di Clara Scola

 

APERTURA DELLA MOSRA

 

Presso AnonimaKunsthalle

Viale S. Pedrino 4 , Varese

 

18 maggio – 4 luglio 2021

 

Per maggiori informazioni: info@larafacco.com; francesca@larafacco.com


mercoledì 19 maggio


Dalle ore 10.00

 

MACTE - Museo di Arte Contemporanea di Termoli

 

62mo PREMIO TERMOLI

a cura di Laura Cherubini

Sezione Arti Visive e

Sezione Architettura e Design

 

APERTURA DELLA MOSTRA

 

19 giugno - 29 agosto 2021

 

Per maggiori informazioni: barbara@larafacco.com


ore 14.00

online

 

miart - fiera internazionale d'arte moderna e contemporanea di Milano

 

AND FLOWERS / WORDS #4

Nicola Ricciardi, Direttore Artistico miart 2021, in conversazione con Moira Egan, poetessa e traduttrice

 

Per maggiorni informazioni: claudia@larafacco.com

 

giovedì 20 maggio


Dalle ore 12.00

 

ARCHIVIO ATELIER

PHARAILDIS VAN DEN BROECK

 

PROJECT ROOM #4

Tatjana Giorgadse

a cura di Irene Belfi

 

GIORNATA SPECIALE DI APERTURA AL PUBBLICO

dalle 12.00 alle 20.00

Via Marco Antonio Bragadino 2, Milano

 

L'artista del gioiello si è lasciata suggestionare per mesi dai dipinti e dagli schizzi di gioielli realizzati da Van den Broeck nel primo decennio del 2000 e sotto la loro influenza ha dato forma ad alcuni oggetti che si possono definire a pieno titolo opere d'arte indossabili.

 

Per maggiori informazioni: barbara@larafacco.com


ore 17.30

online

 

UNIVR e AGI Verona

 

Its dark materials

incontri e confronti sull'arte contemporanea

 

La mostra Contemporanee/Contemporanei in Santa Marta a Verona: conservazione e mediazione

 

Andrea Toniutti, Professore di Restauro dell'Arte Contemporanea presso l'Accademia di Belle Arti di Verona, e Luca Bochicchio, con Giulia Passerini e Silvia Concari (giovani studiose dell'Accademia e dell'Università di Verona) introducono e discutono i risultati delle prime campagne di monitoraggio e restauro effettuate sulla Collezione AGI Verona allestita nel complesso di Santa Marta di UNIVR.

 

Tutti gli incontri si tengono in diretta streaming su Zoom https://univr.zoom.us/s/86123556439 e live sulla pagina FaceBook Contemporanea

 

Per maggiori informazioni: barbara@larafacco.com


ore 18.00

 

FONDAZIONE ARNALDO POMODORO

 

Arnaldo Pomodoro - To scratch, draw, write

a cura di Flaminio Gualdoni

 

APERTURA DELLA MOSTRA

 

Presso Galleria ABC Arte, Genova

Via XX Settembre, 11A, Genova

 

Per maggiori informazioni: claudia@larafacco.com; camilla@larafacco.com


ore 18.30

 

FONDAZIONE ARNALDO POMODORO

 

L’archivio racconta:

il teatro scolpito

 

Una visita guidata alla scoperta dello Studio e dell'Archivio di Arnaldo Pomodoro con un focus sul lavoro teatrale dell'artista.

 

Prenotazioni online sul sito della Fondazione Arnaldo Pomodoro qui

 

Per maggiori informazioni: claudia@larafacco.com; camilla@larafacco.com


venerdì 21 maggio


Dalle ore 11.00

 

FOTOGRAFIA EUROPEA 2021

Sulla Luna e sulla Terra / fate largo ai sognatori!

 

GIORNATA INAUGURALE

 

Reggio Emilia, sedi varie

21 maggio – 4 luglio 2021

 

Giornata inaugurale della XVI edizione del festival Fotografia Europea 2021, dedicato alla fantasia e ai sognatori capaci di generare significati e visioni che torna a Reggio Emilia con più di 20 mostre.

 

 

Per maggiori informazioni: marta@larafacco.com; denise@larafacco.com


sabato 22 maggio


dalle ore 10.00

online

 

PISTOIA MUSEI

 

STORIE DI ARTISTI. Sei artisti raccontati da Aurelio Amendola

CLAUDIO PARMIGGIANI

 

Pistoia Musei in collaborazione con Sky Arte, propone una mini-serie legata alla mostra Aurelio Amendola. Un’antologia, in corso negli spazi espositivi del sistema museale.

Per sei settimane ogni sabato sui siti web e sui canali social di Pistoia Musei e Sky Arte – una video-pillola dedicata a uno di sei protagonisti dell'arte contemporanea, visti attraverso le immagini e i racconti di Aurelio Amendola.

 

Per maggiorni informazioni: denise@larafacco.com


ore 17.30

 

GALLERIA POGGIALI | PIETRASANTA

 

Francesca Banchelli

Mille giorni contano

a cura di Sergio Risaliti

 

APERTURA DELLA MOSTRA

 

Via Garibaldi, 8 e Via Marconi, 50. Pietrasanta

Per maggiori informazioni: denise@larafacco.com


ore 18.00

 

PISTOIA MUSEI

 

VISITE GUIDATE | Aurelio Amendola. Un'antologia

 

Dopo la riapertura della grande antologica dedicata ad Aurelio Amendola, Pistoia Musei propone un ricco calendario di visite guidate per approfondire la conoscenza delle opere e degli artisti ritratti dal grande fotografo, che ha fatto della visione materica e plastica la sua cifra distintiva.

Scopri il calendario completo delle visite a cura di Ginevra Ballati e Iacopo Cassigoli.

> ACQUISTA LA TUA VISITA ONLINE

Oppure prenota telefonando al numero 0573 974267. Nel rispetto della normativa, gli ingressi sono contingentati e le visite guidate possono accogliere un massimo di 15 persone.

 

Per maggiorni informazioni: denise@larafacco.com


 

 

domenica 16 maggio 2021

Su Domani la Criptoarte con la parola agli artisti per uno dei fenomeni contradittori dei nostri giorni.

 



Ritratto di Demetrio Paparoni    
Courtesy Archivio Tano Corallo


Oggi, su Domani  ancora il tema della criptoarte con la  quarta e ultima pagina dedicata a uno dei fenomeni artistici dei nostri giorni, Biennale Architettura, Bruce Nauman e Georg Baselitz a Venezia,  Lupo Alberto e la Fenice di Venezia.

 

   DOMANI

 


     




Pagina del 16 maggio  2021 


 

L’arte per il grande pubblico non può

Ignorare gli Nft

Quarta e ultima pagina dedicata a uno dei fenomeni artistici più significativi dei nostri giorni


Nicola Verlato, Mishima, 2021

10" animation  NFT
Courtesy Postmastersblockchain, Postmasters Gallery 


 

Questa domenica si conclude l'indagine sulla criptoarte dando parola agli artisti cinesi Zhang HuanWang GuangyiLiu Jianhua Zhang Enli, ai russi Pokras Lampas e Olga Tobreluts, al filippino Riel Hilario, alle americane Lynn HershmanTaryn Simon e Sandy Skoglund, all’italiano Nicola Verlato.

Questo non significa che non si tornerà più sull’argomento. Sempre pronti a ospitare riflessioni teoriche sugli NFT scritte per Domani dagli artisti. Con queste quattro pagine, grazie agli artisti coinvolti, si è dato un contributo significativo al dibattito su questo importante fenomeno dei nostri giorni.

Nell’introdurre i nuovi testi ci siamo soffermati sulle posizioni di Robert Longo, Peter Halley, Tom Sachs e Nicola Verlato. Impossibile commentare tutti gli interventi acquisiti.

Nelle due pagine della scorsa settimana ci ha colpito che Robert Longo ritenga che “il mondo digitale ha distrutto l’industria musicale” e che “l’unico modo di far soldi che hanno oggi i musicisti sono le esibizioni”. Nello stesso tempo, però, il digitale ha dato modo ai musicisti di elaborare nuove sonorità.

Che qualcosa cambierà anche in arte è probabile, ma questo non significa che gli artisti smetteranno di fare quello che hanno sempre fatto. Apre a interessanti riflessioni, tra gli altri, anche Nicola Verlato quando scrive che “tutta la modellazione poligonale che sta dietro alle immagini in 3D discende da Leon Battista Alberti. Ha dunque un’origine rinascimentale”.

Ovviamente quella che trovate qui è una sintesi della sintesi. Vi rimandiamo agli scritti degli artisti pubblicati sulla pagina domenicale che Domani dedica all’arte. Trovate i testi nel nostro sito, basta cliccare qui

Intanto suggerisco di guardare qui l’NFT realizzato da Vanessa Beecroft.



Bruce Nauman, Walking a Line, 2019, 4K 120fps 3D projection (color, stereo, sound), continuous play, 515,6 x 289,5 cm, 15 min. 46 sec. Courtesy of the artist and Sperone Westwater, New York © Bruce Nauman by SIAE 2021. Courtesy Sperone Westwater, New York

 

Biennale Architettura, Bruce Nauman e Georg Baselitz a Venezia

 

Questa settimana si inaugura a Venezia la Biennale Architettura. Come sempre accade in concomitanza con le grandi rassegne, aprono al pubblico importanti mostre.

Si segnala l’ampia imperdibile personale di Bruce Nauman, intitolata Contrapposto Studies presso la sede di Palazzo Grassi di Punta della Dogana, a cura di Carlos Basualdo e Caroline Bourgeois, e la mostra di Georg Baselitz a Palazzo Grimaldi, a cura di Mario Codognato.

 

Veduta parziale della mostra di Georg Baselitz a Palazzo Grimani, Venezia. Foto Matteo De Fina.  Courtesy Galleria Gagosian.

Georg Baselitz espone a Palazzo Grimani. Il titolo della mostra, Archinto, così come i 12 grandi dipinti appositamente realizzati, fa riferimento al ritratto del cardinale Filippo Archinto, dipinto da Tiziano nel 1558.

L’esposizione, con tele appositamente realizzate, come quella del 2019 alla Galleria dell’Accademia in concomitanza con la Biennale Arte, è prodotta con il supporto della galleria Gagosian, ulteriore dimostrazione del peso che le gallerie private più importanti hanno nel rendere possibili mostre museali che diversamente non avrebbero luogo. Vale la pena di sottolineare che le opere in mostra a Palazzo Grimani rimarranno in comodato al museo per un lungo periodo.

Della Biennale Architettura 2021 e di queste mostre torneremo a scrivere sulla versione cartacea di Domani nelle prossime settimane.

 


Lupo Alberto e la Fenice di Venezia


In questa tavola del 1996 ideata da Guido Silvestri, in arte Silver, Lupo Alberto e la sua fidanzata, la gallina Marta, invitano gli amici della fattoria McKenzie a visitare una mostra degli impressionisti.

L’idea è accolta con entusiasmo, ma a giudicare dal loro armamentario non è detto che abbiano capito dove stiano andando.

© Silver

  

Alcuni  articoli di Demetrio Paparoni su Domani


Il senso religioso di Andy Warhol


Famoso a livello mondiale come colui che ha portato nell’arte l’estetica dell’effimero e dei beni di consumo, teneva rigorosamente nascosta la sua vita privata e il legame con le sue radici cattoliche


I musei ipocriti uccidono l’arte. L’autocensura nel «caso Guston»













Dopo l’omicidio di George Floyd, la mostra sul pittore che ha rappresentato la banalità del male con i cappucci del KKK è stata rimandata, per evitare una discussione troppo complicata. I critici sono insorti per difendere la libertà dell’arte



    Segui Demetrio Paparoni  su demetriopaparoni.com                                       



Segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno

giovedì 13 maggio 2021

WHAT WOULD YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH BEUYS

 

WHAT WOULD YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH BEUYS

What would you put in the hat of Joseph Beuys.

Testo di Marcello Francolini, critico d’arte,  aprile 2016


Visit:

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/virtualGallery/?art=5

 


SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY 2.0

Via S. Calenda, 105/D - Salerno

WHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT

OF JOSEPH  BEUYS

Collettiva Internazionale con la partecipazione

di 119 artisti  contemporanei di cinque continenti

a cura di Giovanni  Bonanno

Presentazione  critica di Marcello Francolini 

Progetto in collaborazione con l’Archivio Ophen Virtual Art

e la Collezione Bongiani Ophen Art Museum di  Salerno.

Dal 29 aprile 2016  al  27 agosto 2016

Inaugurazione: venerdì  29 aprile 2016, ore 18.00

Salerno Tel/Fax 089 5648159    e-mail:  bongiani@alice.it      

Web Gallery: http://www.collezionebongianiartmuseum.it

Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00


S’inaugura  venerdì 29 aprile 2016, alle ore 18.00, la mostra  collettiva internazionale a cura di Giovanni Bonanno dal titolo: “WHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH  BEUYS” che lo Spazio  Ophen Virtual Art Gallery di Salerno dedica all’artista tedesco Joseph Beuys in concomitanza con la ricorrenza dei 30 anni dalla scomparsa, (Dusseldorf, 23 gennaio 1986), proponendo una importante mostra collettiva  con  119 artisti di diversa nazionalità. Nella sua attività (oggetti, azioni, installazioni, interviste, multipli, ecc.)  lo ha visto protagonista indiscusso, sulla scena internazionale. Negli ultimi anni tra il Settanta e gli anni Ottanta, l'esigenza di dialogo, diventa prioritario, connota spesso le performances come occasioni per esporre verbalmente la propria concezione politico-religiosa, fondata sulla coincidenza tra autodeterminazione, libertà individuale e creatività. Un’arte intesa come processo catartico e liberatorio svincolato dai tradizionali media che  fa affidamento sul  nesso tra arte-vita-politica alla ricerca di  una nuova possibilità creativa e organizzativa dell'uomo tra spiritualismo mistico e scientismo sperimentale.  

Scrive Marcello Francolini nella presentazione: “perché un cappello per ricordare Joseph Beuys? Non poteva che esserci immagine più fedele di quella di un cappello per essere sicuri di esprimere parole-immagini intorno alla figura di Joseph Beuys. Considerandolo come il cappello, e non tanto un cappello, allora si potrebbe convenire che è proprio quel cappello che indossava sempre e ora non più. È ciò che resta oggi, come l’ultimo è più vero luogo del suo corpo.  “Ricoprirono il mio corpo di grasso per rigenerare il calore e l’avvolsero nel feltro per conservarlo”. Fu così, che i Tartari lo raccolsero, accogliendolo nella loro natura medicinale, lo resuscitarono, rialzandolo a nuova vita, il 16 marzo del 1944.

Così scriveva l’artista nel suo Curriculum vitae/Curriculum delle opere, con il quale, in una sorta di mito delle origini, ricostruì una sua seconda vita, a partire dall’istante in cui tutto aveva avuto inizio. Portò da allora sempre con sé, feltro e grasso. Ora quello stesso feltro è materiale del suo cappello, protegge il capo come protesse il corpo. Lo stesso cappello che ora mantiene in caldo i pensieri, rilascia quello stesso odore di feltro che annusò in Crimea nascendo daccapo. È così che il cappello a Beuys servì per ricordarsi di sé ovunque, qualcosa come un peso sul capo per tenerlo radicato alla terra, la sua terra propria. La sua Heimat”.

 

Artisti presenti:  Joseph  Beuys, Ryosuke Cohen, Dorian Ribas Marhino, Marcello Diotallevi, Nicolò D'Alessandro, Maya Lopez Muro,  John M. Bennett, Santini del Prete, Virginia Milici, Gino Gini, Mauro Molinari, Nicolas de La Casiniere, Antonio Sassu,  Domenico Ferrara Foria, Meral Agar, BuZ Blurr, Horst Tress, Tomaso Binga, Miguel Jimenez, Maria José Silva-Mizé, Leonor Arnao, Melahat Yagci, Sinasi Gunes, Turikan Elci, Atelier Stiliachus, Daniel de Cullà, Giancarlo Pucci, Angela Behrendt, Wolfgang Faller, Alexander Limarev, Rosanna Veronesi, Robert Lewis, Bruno Cassaglia, RCBz, Paolo Scirpa, Carmela  Corsitto, Oronzo Liuzzi, Rossana Bucci, Ernesto Terlizzi, Linda Paoli, Remy  Penard, Rolando Zucchini, Andre Pace, Giovanni Bonanno, Pascal Lenoir, Stathis  Chrissicopulos, Claudio Grandinetti, Alfonso  Caccavale, Fernanda Fedi, Daniel Daligand, Rosa Gravino, Pedro Bericat, Francesco Aprile, Lamberto Caravita, Simon Warren,  Fabiana Pereira, Ruggero Maggi, Otto D Sherman, Renata e Giovanni Stradada, C. Mehrl  Bennett, Picasso  Gaglione, Anna Boschi, Lorenzo Lome Menguzzato, Maria Credidio, Eugenio Giannì, Emilio Morandi, Maria Teresa Cazzaro, Gianfranco  Brambati, Monika  Mori, Fernando Andolcetti, Caranovic Predrag, Pier Roberto Bassi, Patrizio Rossi, Connie Jeans, David Drum, Giovanni Fontana, Vittore Baroni, Luc  Fierens, Elena Marini, Mabi Col, Matthew Rose, Fulgor C. Silvi, John Held J.R., Dimitry Babenko, Lia Franza, Gian Paolo Roffi, Umberto Basso, Mirta Caccaro, Marina Salmaso, Lars Schumacher, Ludo Winkelman, Francesco  Mandrino, Oznur Kepce, Roland Halbritter, Serse Luigetti, Keichi Nakamura, Adriano Bonari, Alessio Guano, Carlo Iacomucci, Cinzia Farina, Domenico Severino, Maurizio Follin, Claudio Romeo, Lancillotto Bellini, Silvana Alliri, Angela Caporaso, Michel Della Vedova, Susanne Schumacher, Clemente Padin, Malte Sonnenfeld, Kateina  Nikeltsou, Claudia Garcia, Roberto Scala, Josè Luis Alcalde Soberanes, Julien Blaine, Judy Skolnick, Tricia Schriefer, Cernjul Viviana, Gianni Romizi, Ayse Sidika Ugur.

 

WHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT

OF JOSEPH  BEUYS

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

Via S. Calenda, 105/D  - Salerno

29 aprile 2016 – 27 agosto 2016

Inaugurazione: venerdì 29 aprile 2016, ore 18.00

Orario: tutti i giorni ore 00.00 - 24.00

e-mail: bongiani@alice.it     

Web Gallery 2.0:  http://www.collezionebongianiartmuseum.it

Press: bongianimuseum@gmail.com

 

 

La Presentazione di Marcello Francolini, 2016

L’operazione che andiamo qui a presentare è stata ideata e curata da Giovanni Bonanno, che attraverso lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery presenta il suo progetto Internazionale di Mail Art che, a sua volta, andrà ad alimentare la Collezione Bongiani Ophen Art Museum di Salerno. Questa realtà, da anni, si muove nell’immaterialità della rete facendo dell’immanenza uno spazio concreto di riflessione.

Perché un cappello per ricordare Joseph Beuys?

Non poteva che esserci immagine più fedele di quella di un cappello per essere sicuri di esprimere parole-immagini intorno alla figura di Joseph Beuys. Considerandolo come il cappello, e non tanto un cappello, allora si potrebbe convenire che è proprio quel cappello che indossava sempre e ora non più. È ciò che resta oggi, come l’ultimo è più vero luogo del suo corpo.

“Ricoprirono il mio corpo di grasso per rigenerare il calore e l’avvolsero nel feltro per conservarlo”.

Fu così, che i Tartari lo raccolsero, accogliendolo nella loro natura medicinale, lo resuscitarono, rialzandolo a nuova vita, il 16 marzo del 1944.

Così scriveva l’artista nel suo Curriculum vitae/Curriculum delle opere, con il quale, in una sorta di mito delle origini, ricostruì una sua seconda vita, a partire dall’istante in cui tutto aveva avuto inizio. Portò da allora sempre con sé, feltro e grasso.

Ora quello stesso feltro è materiale del suo cappello, protegge il capo come protesse il corpo. Lo stesso cappello che ora mantiene in caldo i pensieri, rilascia quello stesso odore di feltro che annusò in Crimea nascendo daccapo. È così che il cappello a Beuys servì per ricordarsi di sé ovunque, qualcosa come un peso sul capo per tenerlo radicato alla terra, la sua terra propria. La sua Heimat.

Quel cappello è ciò che di più proprio c’è di Joseph Beuys.

Per comprendere quindi la sua opera e poterne dare un giudizio è assolutamente necessario non limitarla in chiave formale, ma considerarla profondamente nella sua totalità. Egli ricercava attraverso la realtà una via di accesso alla verità attraverso se stesso e la natura. Allora appare evidente che il cappello spostando l’attenzione sull’uomo, in quanto sottende ad un corpo che deve indossarlo, rimarca proprio che il pensiero dell’artista è connesso indissolubilmente alla sua vita, alla sua carne.

Perché fare una mostra sul cappello di Joseph Beuys?

Potremmo iniziare con lo specificare che più che il cappello si tratta dell’immagine del cappello, nello specifico è un cappello capovolto il cui fondo è quello spazio di pertinenza di scambio in cui gli artisti sono chiamati a entrare.

Così posto, il cappello, sembra migrare in una forma vascolare, mostrarsi per allegoria, come una giara da cui attingere o versare pensieri che allo stesso tempo sono altrui e personali (in un rimando incessante di sovrapposizioni che alla base rappresentano l’humus del comunicare con).

Ricordando la frase di Beuys più volte rimarcata, da una sua profonda conoscitrice, Lucrezia De Domizio Durini:

“Non si conserva un ricordo si ricostruisce”

Rolando Zucchini ad esempio colma proprio quel fondo, il colore che n’esce dilaga silenzioso quasi provenisse da dentro. Quasi raggiunto l’orlo, questo verde bluastro turchese si rafferma come fosse una lastra che chiude, o comunque mantiene ben coperto qualcosa che è sotto, forse il pensiero di Beuys così legato all’essenza stessa dell’artista (il cui capo conservava gelosamente nel cappello).

Su questa modalità “del riempire” segue Anna Boschi, che fa del contenitore del pensiero beuyssiano, un reliquiario con le sue opere-concetti, scaturiti proprio da quel pozzo di acque intuitive. Gino Gini, imbarca il cappello copri capo proteggi idee in un mare di parole pensieri. Wolfgang Faller, omaggia l’artista tedesco con una moltiplicazione di “Capri-Batterie” del 1985, aumentando tanti limoni quante idee è possibile ammettere. Umberto Basso lascia, come foglie sull’acqua, a galleggiare sospese le lettere dell’alfabeto. Un’immagine direi di calma in cui i significati non hanno ancora la loro forma verbale e perciò il rapporto coll’esterno passa interamente dal corpo. Andando avanti, tra le opere di Mail Art, troviamo Giovanni e Renata Strada, insieme, marito e moglie, formano il gruppo Stradada. Al cappello in cartolina sono sovrapposte alcune fotografie in primo piano di Beuys, la composizione tende a formare un’immagine di una croce, la struttura pone un equilibrio evidente, gli occhi dell’osservatore convergono naturalmente verso il centro dove incontriamo, con espressione sorpresa, Beuys. “Chi li ha Visti?” scritta sotto l’immagine, rimarca la spesso offuscata e sbiadita idea che avvolge artisti non facilmente classificabili.

Questi artisti descritti, come la maggior parte di coloro, che sono presenti in questa mostra,  potrebbero rientrare in una tipologia del riempimento, inteso come spazio specifico entro cui formalizzare il pensiero, com’è nel caso dell’utilizzo del cappello come spazio per l’azione artistica. L’artista qui, vi si proietta. Purtuttavia ce ne sono stati alcuni che hanno ribaltato tale modalità di lavoro, optando per una tipologia del prelievo. Questi artisti prendono il cappello e lo portano dentro, in uno spazio altrove. È il caso ad esempio di Linda Paoli, che il cappello lo materializza, trasportandolo, con la mano, nei pressi dei luoghi più consoni a quella creatività antropologica di Beuys: Terra, Aria, Acqua. A seguire c’è Antonio Sassu, che risponde con un’azione pratica a un’artista delle azioni com’era Beuys, con le sue “Living Sculpture”. Si pianta, letteralmente nel terreno, la testa è scomparsa sotto, il corpo è verticale con i piedi all’insù, da cui spunta una pianta. Come un’idea che può, solo nascere da un corpo ben radicato sulla terra.

Proprio a tal proposito, della terra, e di Joseph Beuys, potrei, provando a rimestare quei graffi lasciati dagli artisti, contribuire anche io al riempire il cappello:

Piccolo Resoconto su un pensiero di terra

Semplicemente terra.

Non v’è immagine, nel senso comune, che assicura, letteralmente che mette a riparo, il nostro pensare, più d’ogni altra cosa, a una posizione stabile, salda, sicura.

Certo se per terra intendiamo ciò, di contraltare un pensiero di acqua scivolerebbe slegato in superficie, ondeggiando liquidamente da un estremo all’altro.  Un pensiero d’acqua è dato dalla successione di visioni. Esse s’accavallano repentine senza che mai di una,  sia possibile fissare un ricordo. Ogni tentativo di mantenersi stabile è vanificato dalle correnti esterne che l’influenzano e lo soggiogano. Un pensiero di terra, invece, pesa se stesso grazie ad una gravità che lo rafferma. A differenza di un pensiero d’acqua che solo vede, scorrendo, un pensiero di terra guarda, è in guardia alla posizione su cui si mantiene e nella terra si rassicura affinché il pensiero abbia piedi per slanciarsi.

Heimat è, dunque, quel nostro orizzonte che ci assicura a noi stessi. La sua luce ha la stessa consistenza della nostra prima luce mai ancora vista.

 

Joseph Beuys / Biografia


Artista tedesco, nato a Krefeld il 12 maggio 1921, morto a Düsseldorf il 23 gennaio 1986. Conseguita la maturità classica, a Kleve nel 1940 si orienta verso studi di medicina. Pilota in guerra, rimane ferito nella caduta di un aereo in Russia ed è poi fatto prigioniero. Tornato a Kleve, nell'attenzione rivolta alle scienze naturali emergono i suoi interessi per l'arte. Dal 1947 al 1951 frequenta la Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf seguendo corsi di J. Enseling ed E. Mataré. Nel 1967 fonda l'Organisation für direkte Demokratie durch Volksabstimmung e dopo essere stato rimosso nel 1972 per ragioni politiche dall'insegnamento di scultura, svolto dal 1961 presso l'Accademia di Düsseldorf, costituisce una Freie internationale Hochschule für Kreativität und interdisziplinäre Forschung. Tra la fine degli anni Quaranta e i Cinquanta evidenzia, in una figurazione di essenzialità espressionista, lo specifico dei materiali e delle tecniche. Passa quindi all'assemblaggio di oggetti di rifiuto e di sostanze deperibili e povere, pervenendo nel 1962, all'interno del gruppo Fluxus ma con posizione autonoma, alle sue prime ''azioni'' sostenute da una struttura spazio-temporale e con una forte componente magico-rituale e simbolica anche negli elementi esibiti (grasso, feltro, animali e il suo stesso corpo). Negli anni Settanta l'esigenza di dialogo, quasi una vocazione, connota spesso le performances come occasioni per esporre verbalmente la propria concezione politico-religiosa, fondata sulla coincidenza tra autodeterminazione, libertà individuale e creatività. Un’arte intesa come processo catartico e liberatorio svincolato dai tradizionali media che  fa affidamento sul  nesso tra arte-vita-politica alla ricerca di  una nuova possibilità creativa e organizzativa dell'uomo tra spiritualismo mistico e scientismo sperimentale.

Alla domanda: perché lei porta sempre il cappello? Beuys rispondeva: “Questo è il tentativo di condurre nell’intero mondo del lavoro l’uomo stesso come concetto di arte. Ciò significa che in questo momento io stesso sono l’opera d’arte”. L’artista tedesco aveva un concetto di estetica  del tutto personale, affermava: “il concetto di estetica nel vecchio senso non è più rilevante. Per me si sviluppa sempre più…  sino ad arrivare al punto in cui estetica è uguale a uomo. L’uomo stesso è estetica.” Il suo modo di presentarsi era il suo modo estetico di essere, era volontà di manifestare in modo visibile il fondamento del suo pensiero essenziale, cioè l’uomo. Di  conseguenza l’abbigliamento era  quasi una uniforme, e il cappello, in particolare, era per ricordare a se stesso e agli altri di avere una testa: la testa è fatta per pensare, per portare luce, la luce del pensiero che  sta in equilibrio sull’asse verticale, sul portamento eretto dell’essere umano. La testa è avere un’idea per cappello. Sandro  Bongiani

 Visit: 

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/virtualGallery/?art=5