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sabato 27 aprile 2024

60. Biennale Internazionale di Venezia / Un emporio equosolidale a cielo aperto”

 

 


Lettera aperta  di Sandro Bongiani al Direttore della 60. Biennale Internazionale di Venezia Adriano Pedrosa

 

“A Venezia un emporio equosolidale  a cielo aperto”

Un bazar coloniale del sud del mondo destinato a passare come una precaria biennale equosolidale indigena del “fuori tutto”, ben sapendo  che si è stranieri in qualsiasi luogo e situazione esistenziale, dimenticando volutamente di trattare la condizione difficile dell’artista che è sempre stato e sarà uno straniero in patria, al mondo e in ogni tempo.



L’espressione “Stranieri Ovunque” scelto da questa 60. Biennale Internazionale di Venezia 2024 ci vuole far intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi  l’artista nel profondo sarà sempre uno straniero. Non viene mai per niente sottolineata la condizione di disagio dell’artista poco compreso dal sistema dell’arte. Questa è l’altra faccia della medaglia per niente  indagata in questa rassegna. Inoltre, ci preme segnalare al curatore Adriano Pedrosa che aveva preso  in prestito il titolo di questa biennale da un’opera «Foreigners Everywhere» (2004-5) del collettivo italo-britannico Claire Fontaine, che in un tempo non recente ma già remoto rispetto l’opera di Claire Fontaine vi è stato un autentico “stranger” come il siciliano Ignazio Corsaro  vissuto per diverso tempo a Napoli fino alla sua scomparsa avvenuta nel 2013 che ha indagato insistentemente dal 1986 in poi la condizione dell’artista “stranger” producendo a proprie spese  senza alcun finanziamento pubblico da parte delle istituzioni  un  insolito bollettino semestrale edito a  Napoli dal titolo “Lo Straniero”, in cui metteva in evidenza l’isolamento dell’artista contemporaneo di fronte a un sistema arrogante che costringe e umilia.” Infatti, nel semestrale “Lo Straniero” scriveva: “Prima o poi anche tu sbatterai contro “lo straniero” perché il vero straniero non è un estraneo ma te stesso”.

Da diverso tempo si è deciso di negare  la giusta attenzione a generazioni di artisti “marginali attivi” considerati  da parte della critica e dal sistema dell’arte spesso confuso  e arrogante poco influenti per il mercato dell’arte che di contro preferisce proporre insistentemente proposte deboli, valorizzando volutamente artisti a servizio del potere culturale, come in questa Biennale di quest’anno incentrata  sull’emigrazione intesa come osservatorio privilegiato del presente con una decisa e massiccia presenza  a Venezia di artisti provenienti dal sud del mondo di matrice indigena, ovvero artisti provenienti da comunità o aree geografiche considerate marginali. Tutto ciò ci appare un deludente  stratagemma  per buttare fumo negli occhi e nascondere di fatto i veri problemi che da diverso tempo agitano le coscienze e le proposte libere relegate ancora ai margini.

Ad un tema  generico scelto da  questa biennale bisognava caratterizzare gli eventi programmati,  non semplicemente nel senso geografico del termine  ma soprattutto  umano e esistenziale, indagando anche la condizione difficile e “marginale attiva” di diverse generazioni di artisti che in modo solitario hanno continuato a lavorare nell’isolamento  collettivo, alcuni anche per diversi decenni non curandosi  minimamente del mercato e del sistema ufficiale dell’arte producendo nel tempo opere per certi versi non conformi ai dettami imposti dal mercato e proseguendo in un cosciente viaggio  isolato e originale.

A nostro parete  “lo straniero” non è solo colui che si è spostato dalla propria terra, lo si può essere in qualsiasi luogo, mentre lei caro Pedrosa ha preferito la visione retorica marginale dello “straniero”, troppo vaga e insieme troppo indagata  in questi ultimi anni, preferendo di fare una scelta volutamente esotica e coloniale   piuttosto che indagare la dimensione del mondo reale con la sua immane complessità.  Un esercizio, il suo, decisamente distratto,  arbitrario e poco ispirato. nato  dalla considerazione che l’esperienza artistica possa essere riducibile a ricami, arazzi e manufatti artigianali in cui l’arte, l’immaginazione, la poesia non sono qui di casa ma emigrati altrove.

Da alcuni anni a questa parte la  Biennale di Venezia si è trasformata in un gigantesco Luna Park a cielo aperto e ora con la sua direzione persino in un nostalgico e multiforme bazar coloniale "equosolidale" del sud del mondo. Noi crediamo che bisognava  altresì indagare e rivolgere l’attenzione pure  a generazioni di artisti non considerati dal sistema volutamente in controtendenza rispetto alle “inscenate”  imposte dall’apparato culturale planetario dell’arte, presenze già da tempo trascurate e rimaste in ombra rispetto le dinamiche di mercato e dagli approcci sensazionalistici che caratterizzano l’arte di oggi.

La nostra impressione è che ad un mercato dell’arte piuttosto “opaco” caratterizzato da un momento di rallentamento, di incertezza e complessità economica e politica,  il sistema mercantile abbia deciso di pari accordo tra i diversi interlocutori  di attingere a piene mani nel serbatoio primitivo del sud del mondo allo scopo di ossigenare il mercato con nuove proposte e presenze da immettere urgentemente a basso costo nel circuito dell’arte. Non a caso vi è stata una notevole attenzione e apporto di risorse da parte di gallerie e istituzioni affiliate a supportare un parterre di iniziative e eventi collaterali ben confezionati sparsi per tutta Venezia, dando credito alla sua proposta di stranieri coloniali ovunque.

La sua, ci appare una lucida strategia di sistema  alla ricerca di nuovi “Gauguin coloniali” dalla rinnovata verginità primitiva da gestire e imporre, come risulta confermato dalla presenza di diversi artisti presenti qui a Venezia che prestissimo troveremo già a Art Basel come  ad esempio La Chola Poblete dall’Argentina, l’artista angolana Sandra Poulson, e l’artista norvegese-sudanese Ahmed Umar.  Caro Pedrosa, non è forse così?

Dopo Il Luna Park di Cecilia Alemani e il funambolico Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni, ecco ora anche il suo primo bazar coloniale del sud del mondo destinato a passare come una precaria biennale equosolidale indigena del fuori tutto, ben sapendo  che si è stranieri in qualsiasi luogo e situazione esistenziale, per cui, se si indaga  tale tema è doveroso anche evidenziare la condizione secolare dell’artista che è sempre stato uno straniero in patria, al mondo e in ogni tempo. 

In tutto ciò permane il dubbio che  ci sia stato davvero una sorta di  attivismo esagerato deciso  dal sistema ufficiale dell’arte, attivando una serie sorprendente di eventi collaterali col il fine di innescare un possibile ricambio mercantile di artisti e di opere. Di fatto, la chiamata del sud del mondo rimane un cambio di rotta che non promette niente di buono per l’arte tranne che per le finanze commerciali. Ci chiediamo dove sono stati relegati  gli artisti di area digitale e tecnologica e tutti gli altri che hanno fatto ricerca e sperimentazione.

Una rassegna decisamente folcloristica dedita all’artigianato coloniale  e decorativo con poca creatività e immaginazione incapace di far intravvedere una qualsiasi  riflessione sulla vita e sul mondo. Per tale motivo la sua rassegna  periferica del sud del mondo ci appare condizionata da una logica prefissata quasi subito arenata in qualche secca oscura della laguna veneziana senza essere stato capace di consegnare a noi un margine di riflessione per  magari intravvedere un barlume di speranza e di luce.   Cordialmente, Sandro Bongiani.

 

 

mercoledì 10 aprile 2024

Salerno / Pavilion Locust Valley, “Generazione Marginali Attivi Ovunque – Active Marginal Generation Everywhere”

 


 

 

Pavilion Locust Valley

Generazione Marginali Attivi Ovunque - Active Marginal Generation Everywhere

Vengono presentati per questo evento  collettivo 28 artisti selezionati di diversa nazionalità in 28 singole sale, ognuno con una personale di opere scelte.

La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea  è lieta di inaugurare dal  15 al 24 novembre 2024 presso il Pavilion Locust Valley, in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque”  e in contemporanea con la 60. Biennale Internazionale di Venezia 2024, l’evento internazionale “Generazione Marginali Attivi Ovunque - Active Marginal Generation Everywhere”, a cura di Sandro Bongiani  con 28 artisti selezionati presenti in 28 singole sale virtuali, ognuno con  significative opere scelte per questo evento  a loro dedicato.

 

Dopo la mostra del progetto internazionale dal titolo LiberaMente / Is Contemporary Art a Prison?” a cura di Sandro Bongiani, presentato ufficialmente il 2 ottobre 2023 presso la Galleria Sandro Bongiani Vrspace ecco un altro importante appuntamento sul tema  dello straniero ovunque, ovvero,“Generazione Marginali Attivi Ovunque”, in cui viene segnalata la condizione  di diverse generazioni di artisti marginali attivi che in modo originale e solitario hanno continuato a lavorare spesso nell’isolamento  collettivo, alcuni anche per diversi decenni non curandosi  minimamente del mercato e del sistema ufficiale dell’arte producendo nel tempo opere per certi versi non conformi ai dettami imposti dal mercato e proseguendo in un cosciente viaggio solitario e  personale. Sono presenti a questo evento collettivo, ognuno con una propria personale artisti importanti come: Ray Johnson, Guglielmo Achille Cavellini, Shozo Shimamoto, Clemente Padin, Lamberto Pignotti, Giovanni Fontana, Paolo Scirpa, Marcello Diotallevi, Giuliano Mauri, Giulia Napoleone, Pietro Lista, Paolo Gubinelli, Giovanni Leto, Coco Gordon, Anna Boschi, John M. Bennett, Nicolò D’Alessandro, Enzo Patti, Serse Luigetti, Franco Panella, Ryosuke Cohen, Ernesto Terlizzi, Mauro Magni, Andrea Bonanno, Gabi Minedi, Raffaele Boemio, Ruggero Maggi e Reid Wood. Ecco una sorta di convinta rilettura delle proposte in atto presentati per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria presso il Pavilion Locust Valley in cui sono stati coinvolti 28 artisti in altrettanti mostre retrospettive in un lucido e suggestivo percorso, ognuno con la propria specifica personalità e intensità creativa per una condivisione globale via web  a 360 gradi in tutto il mondo a basso contenuto di emissioni CO2.

 

Pavilion Locust Valley 

“Generazione Marginali Attivi Ovunque – Active Marginal Generation Everywhere”

28 mostre personali  di Arte Contemporanea

a cura di Sandro Bongiani

da Lunedì  15 aprile 2024 a sabato 24 novembre 2024

Opening Lunedi  15 aprile 2024  ore 18:00          

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

https://www.sandrobongianivrspace.it/

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

Credits: Sandro Bongiani Arte Contemporanea

 

 

 

La Presentazione


 

 

 

 

 

 

 

 

“Generazione Marginali Attivi Ovunque”

Pavilion Locust Valley

Presentazione 

di Sandro Bongiani 

Salerno, 4 aprile 2024

 

Dopo la mostra del progetto internazionale dal titolo LiberaMente / Is Contemporary Art a Prison?” a cura di Sandro Bongiani, presentato ufficialmente il 2 ottobre 2023 presso la Galleria Sandro Bongiani Vrspace ecco un altro importante appuntamento sul tema  dello straniero ovunque, ovvero,“Generazione Marginali Attivi Ovunque, in cui viene segnalata la condizione  di diverse generazioni di artisti marginali attivi che in modo originale e solitario hanno continuato a lavorare nell’isolamento  collettivo, alcuni anche per diversi decenni non curandosi  minimamente del mercato e del sistema ufficiale dell’arte producendo nel tempo opere per certi versi non conformi ai dettami imposti dal mercato e proseguendo in un cosciente viaggio  isolato e personale. Sono presenti a questo evento collettivo, ognuno con una propria personale artisti importanti come: Ray Johnson, Guglielmo Achille Cavellini, Shozo Shimamoto, Clemente Padin, Lamberto Pignotti, Giovanni Fontana, Paolo Scirpa, Marcello Diotallevi, Giuliano Mauri, Giulia Napoleone, Pietro Lista, Paolo Gubinelli, Giovanni Leto, Coco Gordon, Anna Boschi, John M. Bennett, Nicolò D’Alessandro, Enzo Patti, Serse Luigetti, Franco Panella, Ryosuke Cohen, Ernesto Terlizzi, Mauro Magni, Andrea Bonanno, Gabi Minedi, Raffaele Boemio, Ruggero Maggi e Reid Wood.

L’espressione “Stranieri Ovunque” scelto da questa 60. Biennale Internazionale di Venezia 2024 ci vuole far intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi  l’artista nel profondo sarà sempre uno straniero. Non viene mai per niente sottolineata la condizione di disagio dell’artista poco compreso dal sistema ufficiale dell’arte. Questa è l’altra faccia della medaglia per niente  indagata a questa 60. Biennale di Venezia. Inoltre, ci preme sottolineare al curatore Adriano Pedrosa che aveva preso  in prestito il titolo di questa biennale da un’opera «Foreigners Everywhere» (2005) del collettivo italo-britannico Claire Fontaine, che in un tempo non recente ma già remoto rispetto l’opera di Claire Fontaine vi è stato un autentico “stranger” come il siciliano Ignazio Corsaro  vissuto per diverso tempo a Napoli fino alla sua scomparsa avvenuta nel 2013 che dal 1986 in poi ha indagato insistentemente la condizione dell’artista “stranger” producendo a proprie spese  senza alcun finanziamento pubblico da parte delle istituzioni  un  insolito bollettino semestrale edito a  Napoli dal titolo “Lo Straniero”, in cui metteva in evidenza l’isolamento dell’artista contemporaneo di fronte a un sistema arrogante che costringe e umilia. Infatti, nell’anno III  numero 5 del semestrale Lo Straniero del 1988 scriveva: “Prima o poi anche tu sbatterai contro “lo straniero” perché il vero straniero non è un estraneo ma te stesso”. Nello stesso numero in una lettera/confessione il qui presente, immaginando di essere Caravaggio, (chi più di lui può essere considerato uno straniero), rispondeva:  Caro Ignazio, approfitto di questa occasione per parlare di un necessario “armistizio” tra chi si contende l’arte, da una parte l’artista, che sceglie questa professione perché spera di sfuggire alla morsa alienata della vita a vedere il mondo a modo suo alla ricerca della libertà. Dall’altro i mercanti, gli speculatori e i profeti dell’ultima ora che vedono nell’attività creativa lo strumento che fa leva sulle ambizioni dell’uomo: ricchezza, potere, successo. Un armistizio implicherebbe un riposo dell’arte,  gli artisti, finalmente nella quiete dei loro studi potrebbero dedicarsi con passione e pazienza alle loro ricerche inutili, senza preoccupazioni, come uomini saggi e felici piuttosto che cambiavalute angosciati. ”Da diverso tempo abbiamo deciso di dare la giusta attenzione a generazioni di artisti del panorama contemporaneo; in particolare alle generazioni nate tra gli anni 20’ e gli anni 70’ non pienamente considerati  da parte della critica e dal sistema dell’arte spesso confuso  e arrogante che preferisce proporre insistentemente proposte deboli, valorizzando  volutamente artisti a servizio del potere culturale, come in questa Biennale di quest’anno incentrata  sull’emigrazione intesa come osservatorio privilegiato del presente con una decisa e massiccia presenza  a Venezia di artisti provenienti dal sud del mondo di matrice indigena, ovvero artisti provenienti da comunità o aree geografiche considerate marginali. Tutto ciò ci appare un deludente  stratagemma  per buttare fumo negli occhi e nascondere di fatto i veri problemi che da diverso tempo agitano le coscienze e le proposte libere relegate, purtroppo, ai margini dal sistema ufficiale dell’arte, di artisti volutamente in controtendenza rispetto alle “inscenate”  imposte dal sistema  culturale planetario dell’arte, presenze già da tempo trascurate e rimaste in ombra rispetto le dinamiche di mercato e dagli approcci sensazionalistici che caratterizzano l’arte di oggi.  Ad un tema  generico scelto da  questa biennale abbiamo preferito segnalare la condizione difficile e marginale attiva di 28 artisti di diverse generazioni e  latitudini del mondo costretti a vivere  da “straniero sempre”, non semplicemente nel senso geografico del termine  ma soprattutto  umano e esistenziale. 

Ecco una sorta di convinta rilettura non visibile quest’anno a Venezia ma presente  per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 28 sale presso il Pavilion Locust Valley in cui sono stati coinvolti 28 artisti in altrettanti mostre personali in un lucido e suggestivo percorso, ognuno con la propria specifica personalità e intensità creativa per una condivisione globale via web  a 360 gradi in tutto il mondo a basso contenuto di emissioni CO2.