domenica 14 marzo 2021

Wang Guangyi tra razzismo, violenza ed estetica

 

 

  Ritratto di Demetrio Paparoni

Courtesy Archivio Tano Corallo



Sulla pagina  dedicata all'arte del quotidiano Domani in edicola Demetrio Paparoni scrive  del ciclo Popular Study on Anthropology, realizzato tra il 2017 e il 2018 dall'artista cinese Wang Guangyi (王广). 




Wang Guangyi: razzismo, violenza ed estetica



Demetrio Paparoni scrive  del ciclo Popular Study on Anthropology, realizzato tra il 2017 e il 2018 dall'artista cinese Wang Guangyi (王广). Questo ciclo, su cui potrete leggere più dettagliatamente nel mio articolo, affronta tra l’altro temi connessi alla classificazione degli individui  sulla scorta di caratteri morfologici e in riferimento al concetto di razza. L’artista si è concentrato sulla relazione tra le teorie scientifiche e pseudoscientifiche dell’antropologia sociale e dell’antropologia criminale del passato, oltre che sulle sequenze di volti reperibili sulla rete che offrono un modello ideale di bellezza, proponendo codici di valutazione estetica che contrassegnano un tipo ideale all’interno di un’etnia.  



Nella foto in alto: Wang Guangyi, Popular Study on Anthropology - Race And Violence, 2018, riproduzioni fotografiche manipolate,160 × 320 cm. 
Courtesy dell'artista e © dell'artista, Beijing.




Wang Guangyi, Great Criticism, 1990-1993, olio su tela, cm 200 x 200.  
Courtesy e © dell'artista, Beijing.

 

A rendere noto Wang Guangyi tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta anche in Occidente è stato il suo ciclo Great Criticism. È stato soprattutto attraverso questi dipinti che Wang Guangyi è stato subito considerato una delle principali voci del nuovo corso dell'arte cinese. Erroneamente a lungo interpretato come l'equivalente cinece del pop americano, il suo lavoro è incentrato invece su temi inerenti la teologia e la fede.

In questo ciclo di dipinti Wang Guangyi ha giustapposto immagini tratte da manifesti di propaganda politica della Rivoluzione Culturale e i più famosi loghi commerciali occidentali. Le figure che riflettono l'immaginario politico della gente comune in una società socialista interagiscono così con i simboli della società dei consumi occidentale. Great Criticism è una presentazione neutra di immagini visive, ideologiche, economiche, sociali e culturali che sembrano incompatibili, ma che negli anni Novanta hanno iniziato a convivere fianco a fianco nella società cinese e portare inevitabili conflitti psicologici. 

L'interesse di Wang Guangyi qui è rivolto alla capacità dei loghi commerciali e delle immagini di propaganda di influenzare il comportamento umano con il loro potere di persuasione, come se fossero dotati di una sacralità che richiede sottomissione e obbedienza.

L'artista ha posto fine al ciclo nel 2007. L'artista ha sempre realizzato contemporaneamente diversi cicli di opere senza mai smettere di sperimentare nuovi linguaggi, pur mantenendosi fedele ai suoi temi.

 

 


 

Wang Guangyi, The Last Supper, 2011, olio su tela, 4 x 16 metri. Collezione dell'artista. Courtesy e © dell'artista, Beijing.

 

 


In Wang Guangyi il tema della fede si intreccia con quello del dogma culturale, politico e religioso, che inizialmente ha esplorato reinterpretando in una forma sintetica alcuni famosi dipinti della Storia dell’arte occidentale, in cui la sacralità non è espressa solo dal loro contenuto, ma anche dal loro essere universalmente conosciuti e considerati capolavori indiscutibili. Attraverso il ciclo di lavori intitolato New Religion Wang Guangyi si è interrogato su cosa accomuna le grandi utopie, sul fascino che esse esercitano sull’essere umano e sul perché tutti gli uomini avvertano il bisogno di individuare figure su cui riversare la propria fede. 

Il più grande dipinto di questa serie, The Last Supper, è stato esposto in Occidente una sola volta nella mostra L'ultima Cena dopo Leonardo, da me curata nel 2019 alla Fondazione Stelline, Milano, alla quale hanno preso parte, oltre a Wang Guangyi, Anish KapoorYue MinjunRobert LongoMasbedo e Nicola Samorì.

 



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Segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno


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