“VERSO L’ARTE DEI SOGNI”
Lettera aperta
di Sandro Bongiani alla “curator”
Cecilia Alemani direttrice della 59 Biennale Internazionale d'arte di Venezia e
curatrice del Padiglione 2022
La Biennale di Venezia 2022, Courtesy La Biennale di Venezia
Come nella politica italiana, anche nel sistema ufficiale dell’arte gli interessi di parte dominano le scelte, restituendoci, spesso, uno spaccato non del tutto veritiero delle ricerche svolte.
Dall'improvviso
incarico attribuitole da Paolo Baratta
come direttrice del settore arti visive alle scelte discutibili svolte
in questa 59 Biennale di Venezia”. "Il latte dei sogni" una rassegna pensata e posticipata di un anno per
la pandemia con la presenza di ben 213 artisti nata con lo scopo ambizioso di
indagare il tema della mutazione dell’umanità, la virtualità e la postumanità, soggetto assai caro all’americano Jeffrey Deitch. Il titolo preso in prestito da un piccolo
libro per bambini di Leonora Carrington rimane
un fragile escamotage per mettere assieme una numerosa
flotta di artisti di diversa tendenza che vengono presentati per l'occasione a cercare invano
un cortocircuito già negato in partenza
da una indagine di parte ricondotta a un semplice schematismo.
"Il latte dei
sogni" - secondo noi - è rimasto purtroppo nascosto nel cassetto dei sogni
e divenuto provvisoriamente pretesto per poter riunire assieme sotto un unico
tetto diverse anime segnate da
differenti percorsi di ricerca che si ritrovano ora, magicamente, a convivere in una sorta di occasionale e forzata condivisione collettiva.
Anche l'altro evento "Storia della
notte e destino delle comete", evento curato da Eugenio Viola, con
un solo e unico artista italiano non brilla di luce propria visto che si trova relegato e ghettizzato
in quarantena all'Arsenale.
Eppure, non sono bastati i diversi inviti prima di questa sua 59 Biennale, del
critico bolognese Renato Barilli
a dirigere giustamente l'attenzione all'arte italiana prospettando una
rassegna di ampio respiro di presenze da
proporre con orgoglio negli spazi dei
Giardini presso il Padiglione Italia piuttosto che all'Arsenale, con significative
presenze anche della nuova generazione. Tutte le raccomandazioni rivolte a lei dal
critico bolognese rimangono convincenti e assai condivisibili. Una soluzione
ragionevole poteva essere cercare di sostenere le ricerche degli artisti italiani, non limitandosi a
presentare "deus ex
machina" uno dei soliti artisti
come Gian Maria Tosatti, che in questi due confusi anni di pandemia si
ritrova, "è un caso unico in Italia",
con doppia nomina a essere Direttore Artistico della Quadriennale di
Roma e contemporaneamente, non era mai successo, anche unico artista invitato
per il Padiglione Italia, come se gli
artisti italiani fossero ad un tratto scomparsi dalla faccia della terra. All’esagerata
e inutile “ammucchiata” proposta nel
2011 da Vittorio Sgarbi alla 54* Biennale di Venezia con i padiglioni regionali
corrisponde ora una desolante scelta di
un solo artista al Padiglione Italia che alimenta le contraddizioni del suo
attuale operare.
Del resto, Barilli le aveva già lesinato opportune critiche al suo indirizzo, segnalando "un tema generale un po’ troppo arrischiato e sofistico, quello dei collezionismi praticati a vario titolo dagli innamorati dell’arte", aggiungendo di aver creato "una bellissima mongolfiera, che però aveva staccato gli ormeggi dal suolo dell’attualità per librarsi lassù nell’etere". Per "Il latte dei sogni" il nostro rammarico è di aver notato presenze alquanto discutibili come la nostalgica Leonora Carrington, arenata da tempo nelle secche aride e inattuali di una visione surrealista per niente attuale e di contro aver dimenticato, forse per distrazione, oppure volutamente, personaggi originali come per esempio la giapponese Yayoi Kusama, la poetica e geniale Giulia Napoleone, oppure, la dimenticata Clemen Parrocchetti, Lucia Pescador, Gabriella Benedini e diverse altre artiste ancora. Che dire poi della longeva ottantaquattrenne americana "SuperSkyWoman" Coco Gordon, altra artista da lei volutamente non considerata, nota per essere stata dal 1982 in poi parte integrante del movimento Fluxus e per oltre un ventennio in contatto assiduo con l'americano Ray Johnson. Un’artista votata ancora oggi alla sperimentazione è dedita soprattutto alla produzione di originali e fantasiosi libri d’artista tagliati e esposti in diverse parti del mondo. Questa è la cupa delusione che si prova per le sue parziali scelte e soprattutto, di ciò che poteva essere svolto con serietà e che purtroppo è stato celato opportunamente “nel cassetto privato dei sogni” e mai completamente svelato.