Alla domanda: perché lei porta sempre il cappello? Beuys rispondeva: “Questo è il tentativo di condurre
nell’intero mondo del lavoro l’uomo stesso come concetto di arte. Ciò significa
che in questo momento io stesso sono l’opera d’arte”. L’artista tedesco
aveva un concetto di estetica del tutto
personale, affermava: “il concetto di
estetica nel vecchio senso non è più rilevante. Per me si sviluppa sempre
più… sino ad arrivare al punto in cui
estetica è uguale a uomo. L’uomo stesso è estetica.” Il suo modo di
presentarsi era il suo modo estetico di essere, era volontà di manifestare in
modo visibile il fondamento del suo pensiero essenziale, cioè l’uomo. Di conseguenza l’abbigliamento era quasi una uniforme, e il cappello, in
particolare, era per ricordare a se stesso e agli altri di avere una testa: la
testa è fatta per pensare, per portare luce, la luce del pensiero che sta in equilibrio sull’asse verticale, sul
portamento eretto dell’essere umano. La testa è avere un’idea per cappello.
Joseph Beuys / Biografia
Artista
tedesco, nato a Krefeld il 12 maggio 1921, morto a Düsseldorf il 23 gennaio
1986. Conseguita la maturità classica, a Kleve nel 1940 si orienta verso studi
di medicina. Pilota in guerra, rimane ferito nella caduta di un aereo in Russia
ed è poi fatto prigioniero. Tornato a Kleve, nell'attenzione rivolta alle
scienze naturali emergono i suoi interessi per l'arte. Dal 1947 al 1951
frequenta la Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf seguendo corsi di J.
Enseling ed E. Mataré. Nel 1967 fonda l'Organisation für direkte Demokratie
durch Volksabstimmung e dopo essere stato rimosso nel 1972 per ragioni
politiche dall'insegnamento di scultura, svolto dal 1961 presso l'Accademia di
Düsseldorf, costituisce una Freie internationale Hochschule für Kreativität und
interdisziplinäre Forschung. Tra la fine degli anni Quaranta e i Cinquanta
evidenzia, in una figurazione di essenzialità espressionista, lo specifico dei
materiali e delle tecniche. Passa quindi all'assemblaggio di oggetti di rifiuto
e di sostanze deperibili e povere, pervenendo nel 1962, all'interno del gruppo Fluxus ma con posizione autonoma, alle sue
prime ''azioni'' sostenute da una struttura spazio-temporale e con una forte
componente magico-rituale e simbolica anche negli elementi esibiti (grasso,
feltro, animali e il suo stesso corpo). Negli anni Settanta l'esigenza di
dialogo, quasi una vocazione, connota spesso le performances come occasioni per esporre verbalmente
la propria concezione politico-religiosa, fondata sulla coincidenza tra
autodeterminazione, libertà individuale e creatività. Un’arte intesa come
processo catartico e liberatorio svincolato dai tradizionali media
che fa affidamento sul nesso tra arte-vita-politica alla ricerca
di una nuova possibilità creativa e
organizzativa dell'uomo tra spiritualismo mistico e scientismo sperimentale.
Napoli / Alfonso Caccavale
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