“ Carboni accesi ”
(Poema visuale dedicato a
Guglielmo
Achille Cavellini in
occasione del Centenario
del 2014)
Muri caduti,
arie sottili aleggiano vivide nel buio cupo della notte,
inseguono curiose primavere andate
prima di svanire all’improvviso.
Ho attraversato labirinti oscuri che non mi fanno più dormire.
Solo i ricordi non hanno peso.
Camminare a passi stretti,
cerco invano tracce di senso da dare alla mia esistenza,
mi trascino i miei cinquantacinque chili di ossa
annegati dentro una casacca di carne.
Tutt’intorno il silenzio.
L’arte è la mia vita,
buste bianche, timbri, francobolli
e un vecchio orologio appeso a scandire le mie ore.
Bisogna raccontarsi per frammenti
da conservare dentro anonime casse di legno.
L’occhio del ribelle non ha più voglia di vedere.
L’eco della mia voce rimbomba sorda,
a ferragosto ho strisciato lungo i margini senza
uscita di un ascensore
e ho raccolto i miei pensieri che sembravano ortiche
disseccate al sole.
Non mi guardo più allo specchio per non vedere la mia faccia.
Camera 61,
anche i sogni hanno finito di calpestare la putrida melma,
sono come macigni appesi che si consumano all’improvviso.
Ho accarezzato persino il nulla per non udire la
vanità degli uomini
e mi sono trovato solo dentro un letto a S. Orsola.
Il sistema mi ha messo in croce.
Camminare stanca.
Ormai i ricordi
sono come carboni spenti
in una triste giornata di dicembre,
ti accarezzano e poi fugaci svettano via lontano.
Se ti lasci andare puoi vedere anche tu la bava del
tiranno disseccarsi al sole.
Tento invano di toccare la mia carne.
Capisco di essere solo.
© Giovanni Bonanno
31 luglio 2014
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