GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI
Guglielmo Achille Cavellini
o GAC, come si firmava) è stato un personaggio multiforme e geniale che
per circa un cinquantennio ha vissuto l’arte contemporanea, dal secondo
dopoguerra fino al 1990, anno della sua morte.
La storia ha inizio sul finire degli anni quaranta quando GAC, messi
da parte i suoi primi tentativi espressivi, scopre una nuova arte europea che
coniuga un fronte nuovo della pittura. Ne diviene uno dei maggiori
collezionisti e se ne innamora come pittore.
Quella fu la scintilla iniziale, un modo per mettere in piedi in’idea
dell’arte come scelta individuale che è stata l’elemento conduttore della sua
esistenza d’artista.
Negli anni ’60 recupera dal
quotidiano oggetti, soprattutto giocattoli, soldatini, lamette da barba ecc.
che uniti a materiali di discarica vanno
a formare una sorta di teatrino carico di memoria e anche di denuncia
sociale. E’ quindi la volta delle cassette che contengono opere distrutte
(1966.1968) in cui ingabbia i suoi tentativi di lavoro precedente ed anche, e
qui appare per la prima volta l’elemento citazione appropriazione, opere di
artisti di cui stima maggiormente il lavoro. Citazione - appropriazione che prende corpo più chiaramente
(1967-1968) con opere formate da intarsi in legno dipinto in cui gioca con i
personaggi della storia dell’arte, ed anche con i primi francobolli, dando il
via ad una ricognizione sulla celebrazione che sarà poi sempre presente nel suo
lavoro e nei carboni (1968-1971) dove bruciare significa creare il nuovo
purificandosi.
Nel 1970 produce una serie di opere, intitolate Proposte, in cui l’azzardo di appropriazione iconoclasta lo porta a
sezionare tele di altri autori di importante valore storico ed artistico.
Nel 1971 c’è una svolta cruciale nel suo lavoro: decide di rivolgere attenzione unicamente a se
stesso per segnalare la deformazione di un sistema permeato da invidie e
chiusure invalicabili. Conia il termine Autostoricizzazione.
Le sue Mostre a domicilio
furono una specie di vessillo per tanti giovani artisti con cui ebbe un fitto
scambio di arte postale, tanto da creare uno degli archivi - museo tra i più
cospicui ed interessanti di questo tipo di opere provenienti da ogni parte del
mondo. Museo che egli, a più riprese, disse di considerare “la sua opera più
importante”.
Ruggero Maggi
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