LA PARTE DELL'OMBRA (gli artisti si confessano).
di GIOVANNI BONANNO & Sandro Bongiani
-L'INTERVISTA
L'intervista allo scultore Francesco Somaini :“Vivo dove il niente anche il mondo”
L‘intervista si riferisce a un incontro tra lo scultore Francesco Somaini e Giovanni Bonanno, nello studio di Lomazzo, in provincia di Como.
Giovanni Bonanno: maestro, lei a nove anni aveva già scolpito le sue prime sculture di tipo impressionista, erano le prime prove di un bambino che aveva un bisogno incontenibile di fare arte,di comunicare,di esternare il proprio pensiero creativo. Se non ricordo male, dopo il liceo si trovò obbligato dai suoi genitori a seguire un corso universitario e a laurearsi......
Francesco Somaini: io avevo la “vocazione” di fare lo scultore e, contro la volontà della mia famiglia,alla fine, lo scultore l’ho fatto lo stesso. Ero il maggiore di cinque fratelli, vengo da una famiglia in cui si laureavano tutti, in quei tempi mio padre era molto preoccupato del mio futuro così, terminato il liceo, per accontentare i miei genitori decisi di seguir la facoltà di legge dove non ero obbligato alla frequenza. Pertanto, facevo contemporaneamente due cose; studiavo legge a Pavia,non andando a seguire le lezioni e frequentavo assiduamente il corso di scultura di Giacomo Manzù a Brera. Ho scelto Giurisprudenza per il solo motivo che mi permetteva di non essere presente alle lezioni e di dare gli esami. Infatti, mi sono laureato.
G. B.:Iniziare a nove anni a fare le prime opere, ì primi ritratti, doveva essere un’esigenza forte, una vocazione immediata.....
F. S.:Precoce e fortissima. Io non ho mai avuto il dubbio di fare lo scultore, non ho mai tentato la strada di fare l’avvocato. Forse a nove anni, pensavo che fare lo scultore fosse stato più facile di quello che poi si è rivelato oggi a 65 anni; è molto problematica l’attività dello scultore negli anni ottanta-novanta, con tutti i movimenti moderni, con questa diaspora di idee.
G. B.:Cosa pensa dell’arte di avanguardia?
F. S.: Io non rifiuto l’avanguardia. L’avanguardia mi incuriosisce, in genere non esprimo un giudizio negativo a priori. Alcuni movimenti di “ricerca” come la Land art, per esempio, hanno avuto un’influenza sul mio lavoro, per cui lascio aperta questa possibilità, perchè credo che quando un movimento artistico nasce, se anche il prodotto che ne viene fuori non è definito, non è quello auspicato, nasce perchè ci sono delle esigenze che sono importanti, pertanto vanno considerate; magari non accettate le conclusioni, ma senz’altro esplorate le motivazioni di fondo.
G. B.: Nel 1948, a 22 anni nascono i primi crani di cavallo, dove si sente l’influenza di Picasso, poi sorge l’interesse per vari artisti, come Brancusi, Arp, Boccioni e Pevsner. Tra gli artisti suoi maestri di un tempo, quali considera ancora vicini a lei?
F. S.:i veri maestri miei , dal momento in cui nasco come scultore sono, sicuramente, Boccioni e Pevsner.
G. B.:Lavorare a Lomazzo, in provincia,in uno stato di cosciente isolamento è stimolante o crea qualche difficoltà?
F. S.: Lomazzo non l’ho scelto, ci sono nato. Ho costruito,piano piano, lo studio in un terreno che era di mio padre. Lomazzo è un paese “inesistente” sotto il profilo culturale, però è comodamente situato accanto ad una autostrada e una ferrovia chè quasi una metropolitana. Per cui c’è la possibilità di arrivare a Milano quasi nello stesso tempo di una persona che sta in periferia di Milano e deve arrivare in centro. Del resto gli scultori, se vivono a Milano; scultori che abbiano le mie esigenze di pensiero, di fare sculture di grandi dimensioni, devono per forza andare in zone industriali nell’estrema periferia. Io ho quasi 600 metri quadrati coperti e uno spazio attorno al mio studio di circa 5.000 M. Q., Con queste esigenze, se vivessi a Milano, non potrei essere che nell’estrema periferia vicino a Bollate o in qualche zona limitrofa.
G. B.:Però, sempre isolato dalla grande metropoli.....
F. S.: L’isolamento è il male dello scultore,che ha tanta artigianalità e manualità rispetto al pittore, per cui la sua giornata viene consumata non solo in opere creative, ma a seguire tutte le varie fasi esecutive di un ‘opera. Uno scultore che lavora come me, realizzando opere di grandi dimensioni direttamente nel mio studio, ha bisogno di farsi aiutare da qualche opera:io o allievo, e di gestire il lavoro nel modo più perfetto possibile. Alla fine, l’opera è mia, non solo l’idea di fondo, ma anche l’esecuzione stessa dell’opera, la superficie, la pelle di una scultura,come quella di 54 tonnellate, alta 10 metri, che ho fatto recentemente per Menaggio, in provincia di Como, è tutta mia. Allora si capisce che non si pùò andare alle inaugurazioni, non si può sentire le varie conferenze, proprio perchè la parte manuale e artigiana assorbe totalmente il tempo che uno scultore ha a disposizione.
G. B.:Lomazzo, sotto il profilo culturale è un’isola vergine che coincide con il niente.....
F. S.:Lomazzo, essendo niente,”il niente è anche il mondo”. Da qualche parte uno deve stare,se questo luogo ha una sua cultura che può coincidere con una città murata, si rischia di trovarsi prigioniero di un ambiente.A Lomazzo,non esistendo l’ambiente, i miei riferimenti sono quelle mostre che vado a vedere in Germania, negli Stati Uniti o in qualche altra parte del mondo.
G. B.: Io sono convinto che un grande artista come lei, che ha una visione personale del mondo e una creatività così forte, ha bisogno di. lavorare in modo intelligente, soprattutto in silenzio, in questa isola ch’è Lomazzo, non frastornato dalle ripetute “trovate”, a volte banali, della cultura ufficiale che continualmente ci prospetta “situazioni nuove”, che nuove non sono.
-L'INTERVISTA a un artista della Mail Art Ruggero Maggi: Un caotico casuale
Torinese di nascita, milanese di adozione, figlio del mondo,Ruggero Maggi vive intensamente il suo ruolo d‘artista e di uomo libero; un outsider non allineato,al punto che risulta difficile catalogarlo.Incomincia la sua attività di artista agli inizi degli anni 70 con lavori giovanili,caratterizzati da un certo surrealismo e con l’inserimento, sempre più insistente, di elementi di realtà che la visione, volutamente, non riesce ad assorbire.Con il passare degli anni,questa immissione di elementi “devianti” all’interno dell’opera diventa sempre più evidente,in un rapporto di intensa “osmosi”, con gli elementi del passato il legno,la pietra, il fossile), che convivono energeticamente con elementi tecnologici (tubi al neon, plexglass, laser),quasi una sorta di“sincronismo concettuale” ed emozionale.Il suo linguaggio“combina -dice Pierre Restany elementi di alta tecnologia con i materiali primari ed elementari,il primitivismo con la sofisticazione”.Scrittore, ricercatore poetico-visivo,animatore della Mail Art e teorico “dell’arte caotica”, Ruggero Maggi vanta opere esposte in permanenza al Museo di Storia Cinese di Pechino, al Museo d’Arte Moderna di Città del Messico e al Museo dell’Olografia di Parigi.
L‘intervista si riferisce a un incontro tra Ruggero Maggi e Giovanni Bonanno, nello studio di Milano.
Giovanni Bonanno: In questi ultimi anni c’è un proliferare di artisti, di critici, di gallerie e soprattutto di artisti giovani che si “offrono” ai vari critici alla moda e accettano di essere sacrificati sull’altare dell’arte. Cosa ne pensi?
Ruggero Maggi: Conosco giovani che sono dei veri e propri arrampicatori sociali. D’altronde, giovani o vecchi, gli artisti che vogliono arrivare in fretta a certi traguardì,devono bruciare le tappe, così usano qualsiasi mezzo. Non è tanto un fatto di gioventù o di vecchiaia, ma di mentalità.
G. B.: Io sono convinto che se non si hanno dei riferimenti, che possano garantire degli stimoli; una presa di coscienza autentica, non si può lavorare seriamente. Barilli, con le sue ondate di caldo e di freddo, pensa che l’arte si rinnovi a scadenze periodiche, per cui a ogni decennio, c”e il tentativo di rivelarci dove va l’arte contemporanea, purtroppo sempre lontano dall’interno della “cosa”, cioè della creatività più infuocata.
R. M.: Barilli, pensa che ci sia in atto qualche cosa di nuovo (vedi la rassegna “AnniNovanta”, tenutasi recentemente a Bologna), in realtà le situazioni nuove sono ben poche e quelle poche non sono sempre inserite in un certo circuito ufficiale.
G. B.: E’ colpa dei critici “creativi”, se l’arte diventa sempre più ripetitiva e omologata?
R. M.: E’ colpa dei critici che non fanno il proprio mestiere. Il vero critico deve scrivere, criticare e non solo limitarsi a organizzare rassegne.
G. B.: Perchè il critico non ha più voglia di criticare?
R. M.: Perchè il critico non è più un poeta. Una volta, vedi P. Restany, erario dei poeti, degli artisti loro stessi, adesso è un personaggio impelagato nel sistema politico e istituzionale e quindi strumentalizzato.
G. B.: Nel panorama contemporaneo dell’arte esistono due tipi di artisti; quei pittori che collaborano con il sistema “mafioso” dell’arte, e poi “gli altri”, i franchi tiratori, come noi, liberi da obblighi e da vincoli.
R.M.: L’artista, emarginato volutamente o comunque costretto a farlo, ha una visione più lucida rispetto ad un artista inserito in un certo mondo ufficiale. Per forza di cose egli viene “assorbito” dal mercato, con una produzione, a livello poetico, quanto meno ripetitiva e involutiva.
G. B.: Sicuramente,Barìlli e A. Bonito Oliva, sono stati i grandi artefici che hanno “condizionato”,un pò troppo, il sistema dell’arte in Italia, con il relativo appiattimento di idee e di contenuti.
R. M.: Molti artisti sono diventati pigri, non vogliono sacrificarsi molto vogliono arrivare in fretta, comodamente. L’artista non deve diventare un “bancario”,un manager di se stesso. Trovando sulla propria strada tutti questi critici che “inventano” continuamente ipotesi tipo trans, post, neo, alcuni artisti accolgono tali proposte e partecipano a tali “comodi movimenti”.Secondo me, non sono assolutamente dei “veri movimenti”, sono delle copie, brutte copie di movimenti passati. Il vero artista è il ricercatore.
G. B.: Riguardo il sistema “ufficiale” dell’arte, il tuo posizionamento è autonomo, rispetto a mode e tendenze pre-confezionate. Una ricerca senza contenuti, senza ripensamenti o riflessioni, non ha senso. Iil silenzio serve a costruire un lavoro nuovo. Diceva Marcel Duchamp : Il grande artista deve andare nella clandestinità e nell’anonimato. Sicuramente, con la Mail Art, la dichiarazione di Duchamp diventa un lucido programma, dal momento che non c’è nessun interesse commerciale e si presta a questa “nuova dimensione” per la sua intrinseca capacità di scavalcamento della critica, dei galleristi, del mercato, in un confronto “diretto”, tra un artista e l’altro e, soprattutto, in un attraversamento “libero” delle più diverse tendenze dell’arte di ricerca.
R. M.: Ognuno di noi, Mail Artisti, contribuisce alla Mail Art, apportando qualcosa di nuovo, con la propria mentalità, esperienza, fantasia. La Mail Art, per me, ha un’importanza prevalente; realizzo operazioni di Mai Art dal 1975, e, al tempo stesso, ho sempre operato anche a livello professionale anche se mi reputo molto poco ufficiale perchè non seguo le mode.
G. B.: In questi ultimi tempi, dopo che il linguaggio dell’arte risulta nettamente omologato a livello planetario, si parla, con insistenza, di marginalità, di periferia, mi chiedo: Più marginale dell’operazione Mail, come mai gli artisti postali, non vengono presi in considerazione?
R. M.: In verità, tra il mondo “ufficiale” dell’arte e quello della Mail Art non ci sono punti di contatto, per tanti fattori, anche se ultimamente, certi passi per avvicinare i due mondi sono stati fatti, vedi la Mostra di novembre dell’anno scorso, al Palazzo degli Uffizi a Firenze, dedicata, appunto, alla Mail Art, e tante altre cose che sono state realizzate in questi ultimi anni. Prima hai accennato all’aspetto “ludico” della Mail art; molti, purtroppo, pensano che la Mail Art sia soltanto giocare con le cartoline, i francobolli, i timbrini, ma non è così, io per esempio, ho organizzato più volte una manifestazione chiamata “Progetto Ombra”, dedicato. alla distruzione atomica di Hiroshima, argomento il quale non mi sembra che ci sia proprio da scherzare. Ci sono operatori, tipo Clemente Padin in Uruquay, che sono stati, addirittura messi in galera per le loro opinioni politiche, e dalle prigioni mandavano dei messaggi a tutto il mondo, sulla situazione politica e dittatoriale de loro paese.
G.B.: Sei un artista, un organizzatore”perfetto” di interessanti rassegne e, soprattutto, un uomo libero e autentico in questa giungla di cartapesta. Come hai iniziato la tua attività, come è sorto questo bisogno incontenibile di fare arte? Se non ricordo male, hai iniziato come gallerista, gestendo a Milano, in via Fatebenefratelli, il Milan Art Center R. M.: Nel 1973 avevo solo 22 anni, in quell’epoca l’artista era per me un personaggio talmente affascinante e importante, che non pensavo lontanamente di poter fare quel lavoro a livello professionale, perchè li vedevo come dei “mostri sacri”. Vivendo dentro al mondo dell’arte e conoscendo quindi gli artisti stessi un pò più da vicino, mi sono convinto che potevo fare benissimo un certo tipo di lavoro. Dal 1973 al 1979 ho continuato a gestire il Milan Art Center. Dopo il 1979 sono andato a vivere in Perù per diverso tempo. Ritornato a Milano, dopo aver preso la direzione,assieme a T. Montanari, del Centro Lavoro Arte riaprii il Milan Art Center, inteso come spazio multimediale, interessato ad un certo tipo di sperimentazione che certe gallerie ancora rifiutano perforrnances, installazioni, video arte, mail art etc).
G. B.: Vuoi dirci qualcosa del tuo metodo di lavoro, per realizzare l’opera parti da un progetto?
R. M.: No, generalmente parto da una visione particolarmente stimolante avuta in ....strada. Sono un “raccoglitore” dei più disparati oggetti, che trovo, appunto per la strada e che poi riutilizzo. Sono sempre stato attratto dalla luce,dai tubi al neon,d al laser;tutti elementi tecnologici,che associo ai materiali trovati, più primitivi, ( terra, legno , pietra, fossile)
G. B.:Quali progetti hai realizzato recentemente?
R. M.: Ho organizzato una rassegna d’arte contemporanea italiana, “Italian Report” nel prestigioso Museo Municipale di Tokyo, all’Art Space di Nishinomiya,vicino Osaka e al City Museum di Kyoto. Nel 1993, con P. Barrile, ho realizzato un omaggio a Piero Manzoni, alla sua linea infinita. Piero Manzoni è stato un grande ricercatore, spesso polemico, ma molto intelligente. Piero, poteva essere un grande Mail Artista, peccato che nel 1963, anno in cui è morto, non era ancora nata la Mail Art.
G. B.: Come artista, hai un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
R. M.: Di sogni ne ho tanti. Vorrei fare un’installazione al Castello di Barletta, un castello “bellissimo”, che ha dei sotterranei ancora più splendidi; sono dei luoghi fantastici, magici,dove mi piacerebbe collocare un enorme serpente di pietra e tubi al neon. Un altro sogno è quello di realizzare “il libro d’artista più grande del mondo”, in una cava semi-abbandonata vicino a Prato. Su una parete nuda della collina sono visibili diverse stratificazioni geologiche che mi sembrano pagine di un libro. Su queste “stratificazioni”, con delle enormi lettere al neon,vorrei scrivere una lettera ideale di Darwin.
ARTE
CONSULTA L'INTERVISTA FATTA DI RECENTE A GIOVANNI BONANNO :
"LA FORTUNA DI VEDERE DI NOTTE"
Che cosa fai? Come ti definisci?
"Confesso, di essere un artista e anche un critico d'arte contemporanea di confine che si interessa di Mail Art e che vive, volutamente e intensamente, ai margini del villaggio globale e al di fuori dell'orticello che il padre eterno mi ha creato"
Qual è il tuo messaggio?
L'arte non è di nessun valore se vive nella penombra della stanza accanto
La tua biografia in quattro lineeGiovanni Bonanno, nasce nel 1954 a Menfi, nella valle dei templi tra Selinunte e Agrigento. Siciliano di nascita ma di formazione comasca, da sempre interessato al Naturalismo Integrale, l’artista ha operato insistentemente ai confini delle soglie disciplinari, in una sorta di fertile e felice contaminazione poetica incentrata sul dato progettuale e utopistico avviato precedentemente a Como da artisti di grande interesse come Antonio Sant’Elia, Francesco Somaini, e Ico Parisi.
Vive e lavora da alcuni anni a Salerno. Nel 1989 ha creato a Mozzate, in provincia di Como, L’Archivio Ophen Documentazione d’arte Contemporanea e di Mail Art. Ha coordinato dal 1996 l'attività espositiva dello Spazio Media Immagine di Turate (CO), con esposizioni personali e collettive di artisti contemporanei e anche con diversi progetti internazionali di Mail Art.
Per l’Editrice “DIALOGO” di Olgiate Comasco ha scritto saggi critici su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Gabriele Jardini, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi , Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Varlin, Wols, e interviste a Ruggero Maggi e Francesco Somaini.
Attualmente collabora con un blog di arte contemporanea con Exibart.com, la prima rivista di arte contemporanea in Italia. indirizzo del blog su EXIBART: http://www.archivioophen.blog.exibart.com/
Metti i tuoi quadri in rete? Dove possiamo vederli?
Sito Web: http://archivioophenvirtualart.blogspot.com/ http://archivioophen.exibart.com/
Come nasce un'idea? Che cos'è per te l'ispirazione?
Nasce in modo prioritario da una esigenza urgente e personale di ricerca, di capire ciò che ci sta attorno, di tentare di comprendere l'uomo e la società.
Che cos'è l'arte?
L'arte non è semplicemente rappresentazione "tout court", ma essenzialmente verifica "trascendentale", momento di recupero di una identità; svelamento e riappropriazione del reale, sintesi ed essenza della libertà. L'arte, condivide la circolarità elastica e nomade delle idee.
In che circostanze ti vengono le migliori idee?
quando pensi e rifletti, secondo me, quello è l'unico momento che veramente crei e inventi qualcosa di nuovo.
Quando e come hai iniziato a vederti come un'artista?
Non so, non mi ricordo, forse sono nato così!!!
Ti consideri postmoderno?
Mi considero un artista di confine che vive intensamente la mia contemporaneità.
Come si deve valutare un'opera artistica?
L'arte non è virtuosismo e sola tecnica, l'arte è emozione, nasce essenzialmente dal cuore e diventa nel nostro cervello lucido messaggio creativo.
L'artista deve reinventarsi ogni giorno?
L'artista, quello autentico, non deve arbitrariamente reinventarsi per essere attuale e moderno, i veri artisti sviluppano le proprie esigenze e problematiche di lavoro senza alcun condizionamento commerciale e senza seguire le mode imposte dai critici "a la page".
Che artisti ammiri e in che modo hanno influenzato le tue opere?
La vita è fatta di eventi e del tempo che scorre, in questo breve nostro percorso ho sempre creduto di avere un padre che ho repentinamente rinnegato, perchè ne trovavo subito un'altro ancora più importante. Oggi, solo alcuni di loro fanno parte veramente della mia vita.
Qual è la tua opinione sulle sovvenzioni pubbliche all'arte?
Che dire, proprio con le famose sovvenzioni pubbliche all'arte che tanti profittatori si sono mangiati questa povera e miserabile Italietta.
L'arte autentica è l'arte necessaria?
L'arte, quella con l' "A" maiuscola, qualunque sia, è necessaria per noi tutti, senza di essa saremmo dei poveri animali da cortile.
Si compra l'opera, o si compra piuttosto l'artista?
Si compra l'opera e contemporaneamente si compra il pensiero dell'artista. L'arte è fatta solo di pensieri che diventano cose.
Ti sembra giusto che gran parte delle opere che i musei d'arte contemporanea esibiscono sono d'artisti già morti?
La sorte di noi contemporanei è quella di aspettare e di trovare il nostro pubblico.
Un detto popolare dice: "il bue si ammazza quando è morto". Attentiamo il nostro momento di gloria.
Che ruolo hanno giocato nella tua traettoria le figure del marciante, rappresentante, gallerista, e intermediari in generale?
Di solito, non ho un buon rapporto con loro. Cammino seguendo le mie idee e non mi curo un gran che di quello che fanno e orchestrano a tavolino.
Qual è dei tuoi lavori quello che più ti piace?
Quello realizzato più di recente.
Collezioni qualche oggetto?
Collezione opere d'arte contemporanea, e soprattutto di Mail Art o Arte Postale VISITA LA MIA COLLEZIONE VIRTUALE DEI DESIDERI: http://www.artantide.com/utenti_WishlistPubblica?codiceWis
Che portali on-line d'arte frequenti?
http://www.undo.net/ http://www.exibart.com/ http://www.arte.go.it/ Consulto per esigenze di lavoro moltissimi altri portali e siti di arte e cultura in genere che trovo ormai indispensabili in questa ragnatela globale e virtuale di Internet.
Che consiglieresti a quelli che iniziano?
Di non illudersi, spesso, dopo un accenno di successo si viene periodicamente dimenticati e risucchiati nel nulla. Si tenta più volte disperatamente di partire dallo stesso punto è molto spesso si approda a identici risultati. Consiglio a un giovane di lavorare ma di guardarsi le spalle, perchè non sempre è la qualità che viene premiata in questa misera società ma la furbizia e le trovate stravaganti e commerciali di certi negrieri e affaristi di potere.
© Giovanni Bonanno: 'la fortuna di vedere di notte'
Indirizzo web di questa intervista: http://www.whohub.com/sandrobongiani
sabato 22 novembre 2008
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