martedì 23 dicembre 2008

L'ARTE POST - HUMAIN

Una situazione tutta Post-Humain





“Occupatio/Dissipatio”


Viviamo in una società globale piena di contraddizioni, l’uomo non ha perso soltanto i naturali riferimenti che aveva con la natura ma persino il desiderio di sognare. Da sempre l’uomo ha cercato di essere creatore d’immagini, talvolta sforzandosi di imitare la natura, fino a decidere di contraffarla e di sostituirla nell’artificiale. Di certo, non esistono più limiti, ormai si vive una situazione complessa e deviata. Voler assumere “la diversità del reale”, l’uomo vive una situazione decisamente “anomala”; questa è la realtà della “simulazione significante”, una realtà in cui gli eventi naturali vengono attraversati da accorgimenti che ne alterano le componenti temporali-spaziali, dandoci l’illusione di una verità. In questa condizione, la realtà viene spesso sostituita con quella “virtuale, quasi una seconda realtà simulata e immateriale. La produzione creativa, oggi, vive la dimensione conoscitiva di diverse ricerche e scoperte che vengono “filtrate” dall’artista, confrontate e sublimate in una cosa che chiamiamo “immaginazione”. La produzione artistica risente di questi nuovi fattori; ne è altamente condizionata. L’artista di oggi deve per forza di cose leggere in profondità, dentro una complessità ormai “Post-Humain”. Ormai, i progressi nella biotecnologia stanno variando i confini in corrispondenza dei quali si celebra la fine dell’uomo e l’inizio del post-umano.






Secondo tale ipotesi le nuove problematiche in atto contribuiranno a ridefinire “una nuova costruzione dell’io” determinata dall’applicazione consueta di tecniche di trasformazione fisica; la chirurgia plastica, gli interventi a livello celebrale, l’inseminazione artificiale diventeranno una prassi comune per cui bisognerà reinventare se stessi. Si dovrà necessariamente ridefinire i parametri dell’esistenza stessa in un regno evolutivo artificiale. In arte, oggi, emerge un rinnovato interesse verso la natura e il corpo umano, alcuni artisti come G. Bonanno dimostrano di essere molto interessati a tali problematiche, tentando in tutti i modi di rispondere a questi nuovi interrogativi. Già, qualche anno fa C. Strano scriveva: “La ricerca linguistica e iconografica di Giovanni Bonanno si è sempre basata sull’improbabile, sul virtuale. Non un referente eminentemente fantastico, semmai immaginativo. In sintesi: non l’impossibile, ma l’improbabile, appunto. Così è stato per le “Espansioni” (disegni), per i “Percorsi” (foto manipolate), per i “Territoires” (il suo segno grafico e pittorico lasciato sul poliestere, ad esempio). Il corsaro della traccia grafico-estetica: questo ha fatto Bonanno. Sostanzialmente, ha disegnato mappe, segni sul territorio, e il fruitore s’è mosso alla ricerca di un tesoro improbabile, il tesoro di una provocazione in senso naturalistico e ambientalistico. E’ accaduto allora che l’utopia ideologia ha coinciso con l’utopia dell‘immaginazione creativa. Ciò è stato possibile anche perché nei suoi territori improbabili Bonanno ha giocato ampiamente con la memoria”. L’artista, con queste ultime l’opere presenta una serie di lavori incentrati sulla perdita dell’identità dell’uomo contemporaneo, in particolare, è interessato a definire una visione alternativa, un nuovo immaginario. Da sempre, l’artista ha lavorato sulle “dis-nature” immettendo nell’opera, come scrive Flaminio Gualdoni, “una violenta mozione disequilibrante e destabilizzante all’interno di un ordine stabilito e accettato per armonico; atto di negazione profondamente consapevole, gesto provocatoriamente arbitrario, l’operazione di Bonanno frantuma la realtà un ordine apparente o quantomeno normale recuperando una diversa dimensione cognitiva e immaginativa con ciò si nega il normale nella loro prepotente carica liberatoria: dietro ad esse emerge, utopica, la volontà di un nuovo e possibile equilibrio”. In una società carica di profondi cambiamenti culturali, sociali, segnata dall’alterità e dai nuovi modi nella costruzione dell’io, i consueti concetti tradizionali vengono ripetutamente smantellati e sostituiti da nuove e provvisorie percezioni e dal nuovo modo di relazionarsi con l’io. Bonanno, da bravo analista, mette l’uomo a nudo di fronte a se stesso, al suo specchio culturale e sociale facendo intendere come la tecnologia odierna abbia sconvolto definitivamente in nostro io. Con ciò non vuole rappresentare l’io come registrazione del bello, bensì come possibilità per accedere ad un livello più profondo di conoscenza. Con l’ultima serie di opere “Occupatio H.X.”, l’artista tenta di definire un modello di rappresentazione, molto più espressivo e idoneo, in cui le fattezze esteriori del volto e del corpo, gli orifizi degli occhi, del naso, delle orecchie, della bocca e persino dei genitali vengono occupate ossessivamente da una miriade di formiche disegnate a china direttamente sulla fotografia digitalizzata. Ne vengono fuori esseri profondamente mutati, senza una loro chiara identità; esseri caratterizzati da certi stereotipi della società attuale, come quelli imposti attraverso la pubblicità commerciale di massa; non a caso l’artista preferisce lavorare spesso direttamente sopra foto anonime e impersonali, volutamente scelte per il dato asettico e anestetizzato’, in questo modo, si misura direttamente senza filtri metaforici con il corpo umano, la fotografia non ha più l’angusta e precaria dimensione documentaria del ritratto , ma piuttosto l’immediatezza provocatoria che la manipolazione grafica sovraccarica di una quota di comunicazione che fa leva sull’immaginazione. I corpi ripresi dalla realtà più oggettiva, “caricati” di accumuli di formiche occupano ossessivamente parti di corpo umano, creando stati d’animo e situazioni emotive da cortocircuito, decisamente destabilizzanti di un ordine apparentemente normale. Inoltre è da segnalare anche la rappresentazione di presenze inconsistenti e apparizioni apparentemente illogiche che si condensano in modo assai nascosto e velato, ma che hanno la capacità di trasformare l’opera dal puro reperto documentario verso una dimensione “altra”, assai più complicata e pregnante rispetto quella che noi comunemente percepiamo. Condividiamo appieno tali proposte incentrate ad una definizione nuova dell’io, attraverso la commistione di fantasia, finzione e ossessione. Da tali proposte, l’artista perviene ad una riformulazione decisamente “schioccante” dell’ umanità, che trasmette una impressione inquietante della condizione post-umana verso la quale ci stiamo avviando. Il lavoro di Bonanno diventa, in definitiva, il promemoria della fragilità psicologica dell’uomo moderno: il ritratto abbandona la similitudine, la ripetitività e la somiglianza della copia reale, la “mimesi” per divenire presa di coscienza e di conoscenza di un’io che non riesce a definirsi e a consolidarsi in forme più stabili. Di certo, queste apparizioni precarie e negate di accumuli incontrollati di formiche smantellano i luoghi comuni e i modelli certi della pseudo-identità. La dissoluzione della nozione d’identità viene esibita nel tentativo estremo di recupero dell’unità persa, come l’unica condizione possibile per trovare se stesso. L’emozione alla vista di questi lavori è molto forte, nonostante l’evidenza fotografica dell’immagini, dandoci un certo fastidio nel sentirci smarriti e indifesi, forse perché siamo costretti a scrutarci allo specchio del nostro “io impersonale”,che definisce un’identità anonima, sterilizzata, ma perfettamente aderente alla precarietà di come siamo diventati.

Sandro Bongiani





L'ECOLOGIA, L'ARTE E LA NATURA

Cervello di pietre 2007


IL CORPO E LA NATURA

GIUSEPPE PENONE

Mostra al MAMbo di Bologna
25 sett. - 8 Dicembre 2008


a cura di Gianfranco Maraniello


Comunicato:
Nel corso dell’autunno 2008, il MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna, ha ospitato la mostra Giuseppe Penone, a cura di Gianfranco Maraniello, una delle più complete e articolate esposizioni finora dedicate all’artista piemontese.

Il progetto espositivo, interamente concepito in relazione agli spazi del museo, ha presentato un’ampia selezione di lavori appartenenti ai maggiori cicli realizzati dal maestro nel corso della sua carriera e alcune opere inedite esposte in anteprima. Proprio una di queste, “Scrigno”, apre il percorso di visita: composta da un elemento in bronzo e quarantadue elementi in cuoio, l’installazione si pone in rapporto di continuità con la produzione precedente, alla quale è accomunata da una “riflessione sulla prassi della scultura”. La mostra va oltre il concetto di retrospettiva: secondo le intenzioni dell’artista stesso e del curatore le opere vengono proposte come parte di un discorso in evoluzione e non come elementi di una sequenza cronologica. Il ciclo degli “Alberi”, esposto nella “Manica Lunga” del MAMbo, esemplifica tale approccio. Si tratta di una serie concepita nel 1969, con l’intenzione da parte di Penone di “ritrovare gli alberi all’interno della materia” portando alla luce gli anelli di crescita della pianta fino a ritrovarne il cuore. L’artista nel tempo ha prodotto numerose varianti, delle quali troviamo quattordici esempi nell’allestimento bolognese, disposti lungo una linea orizzontale di circa cento metri che, sfruttando l’illusione prospettica dello spazio, sembra dipanarsi all’infinito. L’allestimento nelle altre sale del MAMbo segue le più significative tappe della produzione dell’artista.Sono esposte “Soffio” e “Soffio di creta” (1978/1979), opere basate sul concetto del respiro che, in quanto volume d’aria, entra nella materia e si fa scultura, così come “Soffio di Foglie” (1979), in cui il peso corporeo imprime la propria traccia sulla materia stessa.Sul disegno come “azione” legata alla pratica della scultura si fondano lavori come “Palpebre” (1989-1991) e la serie “Pelle di Grafite” (2003-2006), nei quali i gesti del toccare e del segnare diventano tutt’uno nelle impronte lasciate dall’artista su superfici malleabili.Al MAMbo, i visitatori hanno modo di vedere anche due recenti sculture dal titolo “Geometria nelle mani” (2007) così come la serie “Spine d’Acacia”. Di quest’ultima sono in mostra: “Spine d’Acacia-occhio (2004), “Spoglia d'oro su spine d'acacia - bocca” (2002), “Spine D'Acacia – fronte” (2002) e “Spine d’acacia (mano) e pelle di marmo” (2003). Si tratta di lavori nei quali il disegno nasce dall’impronta della mano, sulla quale i punti di maggiore sensibilità vengono tracciati con le spine. È esposta a Bologna anche “Essere fiume 4” (1995-1996), che costituisce uno dei gesti più radicali nella poetica dell’artista: due pietre identiche, una risultato dell’azione della natura, l’altra opera dell’uomo. Il percorso espositivo include inoltre una selezione di opere fotografiche nelle quali la fisicità dell’artista viene trattata al pari degli altri fenomeni naturali: tra queste spicca “Rovesciare i propri occhi” (1970), serie di sette diapositive. Un’altra importante sezione della mostra è costituita dalle “Alpi Marittime” (1968-1978), immagini che ritraggono l’artista nell’atto di intervenire su elementi naturali, quali gli alberi di un bosco, lasciando una traccia indelebile che si trasformerà nel tempo. Completano il percorso oltre cento disegni prodotti tra il 1967 e il 2004.



VIDEO:
it.youtube.com/watch?v=8icoBV5gIbA


http://bologna.repubblica.it/multimedia/home/3271738/4



G. Penone, artista fondatore con il gruppo storico torinese dell’Arte Povera, è uno dei massimi scultori internazionali a cui musei di tutto il mondo hanno dedicato mostre personali di altissimo valore artistico e di grande richiamo per il pubblico. La poetica di questo artista si impernia sull’osservazione della natura e dei codici che la rendono scientificamente decodificabile. Lo sviluppo del tronco di un albero attorno alla mano bronzea che lo stringe impedendone la crescita, la terracotta come solidificazione del fiato attorno a un corpo o l’impronta di un dito su un foglio che diventa onda concentrica sono solo alcune delle tematiche di Giuseppe Penone. La sensibilità e l’interesse che ha sviluppato in oltre trent’anni di lavoro attorno al tema dell’uomo vegetale e della natura antropomorfizzata, ne fanno uno dei paladini di quella sensibilità, sviluppatasi attorno alle teorie di Joseph Beuys, sorte all’inizio degli anni Settanta dello scorso secolo. I materiali naturali impiegati, come foglie, tuberi, tronchi e terra, assurgono a paradigma di simbolo, i tronchi si trasformano in corpi, le foglie in pelle, la terra in struttura e al contrario la pelle umana diviene mappa geografica, gli occhi acqua o cielo, un cranio la struttura del mondo. Attualmente Giuseppe Penone trasforma la corteccia di un albero in pelle animale che fusa in bronzo diventa corazza perdendo elasticità e duttilità. La proposta espositiva è quella di un omaggio alla natura che circonda il Filatoio attraverso il pensiero e l’opera di un artista che ha fatto della natura il centro della propria ricerca e della propria vita.






Cenni biografici.

Giuseppe Penone nasce a Garessio in provincia di Cuneo, nel 1947, e vive ed opera a Torino e a Parigi dove insegna all’École des Beaux-Arts. Fin dalla sua prima mostra personale nel 1968, presso il Deposito d’Arte Presente di Torino, Penone basa la sua ricerca sulla dialettica uomo-natura. L’uomo, attraverso i sensi, sperimenta le leggi della natura, la quale si manifesta come un processo di continua mutazione della materia. L’artista si inserisce in tale processo e crea le proprie opere dalla natura stessa, influendo ad esempio sullo sviluppo e la crescita di organismi viventi.
Ne sono un esempio le immagini di “Alpi Marittime” (1968), contributo di Penone al volume “Arte Povera” di Germano Celant (Mazzotta, Milano, 1969), che documentano gli interventi dell’artista sugli alberi di un bosco con lo scopo di influenzarne la crescita. Proprio l’interazione tra il corpo umano e gli elementi della natura caratterizzano la ricerca dell’artista piemontese, così come l’interesse per la storia della materia che utilizza per i suoi lavori, dai legni alle terre, dai bronzi alle terrecotte, dai marmi alla grafite.

Con il ciclo degli “Alberi”, al quale si dedica dal 1969 e che prosegue fino ad anni più recenti, l’artista agisce su travi di legno fino a far apparire la struttura dell’albero che la trave è stata in origine, prima di divenire strumento del lavoro umano. Anche la fisicità dell’artista viene trattata al pari degli altri fenomeni naturali. È il caso di “Rovesciare i propri occhi” (1970) in cui il corpo è la barriera che separa il soggetto dall’esterno.

Molte opere di Giuseppe Penone nascono altresì proprio dal contatto tra il corpo e la materia: succede con i “Soffi” (1978), sculture in terracotta che recano l’impronta del corpo e della bocca dell’artista così come con i “Soffi di foglie” (dal 1979), il cui incavo restituisce l’impronta dell’artista.

In lavori come “Patate” (1977) e “Zucche” (1978-79) la realizzazione dell’opera è demandata ai processi di crescita naturali, che vengono innestati ma senza che l’intervento umano possa controllarli completamente, mentre nei “Gesti vegetali” degli anni Ottanta, Penone realizza figure in bronzo dall’aspetto antropomorfo, la cui forma è data dal contatto della mano con la creta, e pone all’interno delle fusioni arbusti liberi di svilupparsi naturalmente.

Anche nei lavori degli anni ’90 e in quelli più recenti la dialettica tra essere umano e natura, tra individuo e materia non cessa di essere protagonista. Si pensi a “Palpebre” (1989-1991) e alla serie “Pelle di Grafite” (2003-2006) in cui l’artista agisce lasciando vere e proprie impronte su superfici malleabili.

Nel 2001 Penone ha ricevuto il prestigioso Rolf Schock Prize per le Arti Visive dall’Accademia Reale Svedese delle Scienze.

Sue personali sono state allestite nei più prestigiosi musei e gallerie internazionali, tra i quali: Kunstmuseum di Lucerna (1977), Staatliche Kunsthalle di Baden-Baden (1978), galleria Konrad Fischer (Dusseldorf, varie occasioni), Museum of Contemporary Art (Chicago, 1984), Musée d’Art moderne de la Ville de Paris (1984), Galleria Marian Goodman (New York e Parigi, numerose esposizioni), Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Trento (1998), Centre Pompidou (2004) Museum Kurhaus (Kleve, 2006-2007), Villa Medici (Roma, 2008).


Nel 2007 l’artista, con Sculture di Linfa, è stato protagonista della 52a Biennale di Venezia nel nuovo Padiglione Italiano, mentre di recente ha completato nei giardini della Reggia di Venaria Reale (Torino) “Il giardino delle sculture fluide”.








ARTE NATURA
(L'altra faccia della medaglia)



Coltivazione in Giordania nel deserto



PERCOSI ARTE SELLA

http://www.artesella.it/spazi_percorso.html


Fabio Mauri


Gabriele Jardini



pagina in costruzione

LA MAIL ART, L'UNICO LABORATORIO DI RICERCA PLANETARIA



Cos'è la Mail art?

La Mail art (Arte postale) è Il più grande laboratorio di ricerca artistica in tutto il pianeta terra; un grande polmone planetario di ricerca libera, un'arte che usa il servizio postale come mezzo, ma che certamente non è soltanto l’arte spedita solo per posta. Ovviamente ci sono artisti Mail che si trovano occasionalmente dentro il circuito dell’arte postale e che non hanno niente da dire e tanti altri che lavorano assiduamente su questo versante producendo opere di grande interesse. Alcuni come Piermario Ciani, uno dei fondatori in Italia della mail Art,crede che la mail art è stata uccisa dalla posta elettronica; secondo Franco Fontana “… oggi è solo un meraviglioso graffito delle neoavanguardie, e quindi pensano che con l’arrivo di internet, l’arte postale è destinata a morire. Personalmente, credo, che la Mail Art, essendo incentrata sulla manualità del fare non sarà condizionata da questo cambiamento marginale, per cui, sicuramente continuerà a essere ancora prodotta utilizzando il sistema postale oltre che ad altri nuovi modi di spedizione.

In particolare,la Mail Art a me interessa perchè riesco a trovarmi più libero e più disponibile in senso creativo a sperimentare particolari modalità di lavoro al di fuori del circuito dell'arte ufficiale, ricerche che poi trasferisco nell'arte cosiddetta colta o ufficiale. Non sono due campi di lavoro separati ma concilianti e concidenti; c'è il momento della libera sperimentazione delle tematiche affrontate a confronto con altre realtà del pianeta(Il laboratorio globale del Network) e il momento della messa in atto d'interventi sperimentati e sperimentabili di ricerca personale. Tutto ciò è stato capito molto bene, prima di me, da artisti di grande interesse che hanno lavorato, alcuni in modo intenso, su questo versante di ricerca come:RAY JOHNSON, JOHN CAGE, GEORGE MACIUNAS, JOSEPH BEUYS, ALIGHIERO BOETTI,ENRICO BAJ, PABLO ECHAURREN, RUGGERO MAGGI,GIANNI DE TORA, MICHELE PERFETTI, TOMASO BINGA, ARRIGO LORA-TOTINO, PAOLO BARRILE, LUCIANO CARUSO, PAOLO SCIRPA, SHOZO SHIMAMOTO, CLEMENTE PADIN,ROBERT FILLIOU, MARCEL STUSSI E WOLF VOSTELL.

La Mail art è uno dei più longevi movimenti artistici della storia, una rete ormai assai complessa e sempre più imprevedibile, composta da milioni di artisti del Network che si scambiano messaggi creativi in forma di lettere, buste, cartoline postali, collage, poesia visiva, libri d’artista e persino oggetti tridimensionali. È un'arte che non viene creata per essere collocata in un museo o per essere mercificata, ma è arte spontanea che viene scambiata gratuitamente senza fini di lucro. L’arte Mail è nata negli anni ’50 grazie all’opera di Ray Johnson, ed evoluta da precedenti correnti artistiche, come il Futurismo, il Dadaismo, il Surrealismo e il gruppo Fluxus nel quale furono attivi personaggi come: John Cage, George Maciunas e Joseph Beuys.

-La Storia

Agli inizi del Novecento molti artisti inviavano Cartoline Postali, disegni e altro utilizzando il mezzo postale, tra questi ad esempio Cangiullo, G. Balla,Fortunato Depero e persino P. Klee che utilizzò il mezzo postale per le sue missive artistiche, vedi la cartolina indirizzata a Gabriele Munter, nel 1913, conservata a Monaco . Si può anche citare una cartolina fotografica in bianco e nero di Milano sulla quale Filippo Tommaso Marinetti era intervenuto con scritte a penna. Inoltre,bisogna ricordare anche il lavoro di un artista contemporaneo come Alighiero Boetti che ha fatto largo uso del mezzo producendo un'ingente quantità di lavori postali; fin dalla fine degli anni sessanta Boetti ha scritto e spedito migliaia di buste contenenti frammenti di altri lavori, e anche Enrico Baj e Pablo Echaurren, che hanno partecipato, a volte, attivamente all'interno del circuito della Mai Art.



L'arte postale in Italia

Tra gli autori italiani di oggi è giusto ricordare: Ruggero Maggi, con l’Archivio Amazon creato nel 1975 a Milano, Giovanni Bonanno curatore dal 1989, dell'Archivio Ophen-Documentazione Arte Contemporanea e Mail Art di Mozzate (ora a Salerno), Claudio Grandinetti (direttore dell'Archivio Internazionale Mail Art), Vittore Baroni (curatore della rivista in lingua inglese "Arte Postale!" ed autore di libri dedicati all'arte postale), l'Archivio di Arte e Letteratura "Luigi Pirandello" di Sacile con il bollettino "Mail Art Service", Piermario Ciani, morto nel 2006, Vittorio Baccelli, Anna Boschi, Tiziana Baracchi, Francesco Mandrino, Bruno Capatti, Linda Pelati, Claudio Jaccarino, Piero Simoni (poesia postale), Daniele Ciullini, Fabio Sassi, Serse Luigetti, Demos Ronchi, Guglielmo Achille Cavellini, Giovanni e Renata Strada, Franco Santini e Raimondo Del Prete (I Santini Del Prete), Bruno Chiarlone (Work Area), Alessandro Corsi e Luca Brunori, Franco Nonnis, Tommaso Tozzi.


-Riflessione di Giovanni Bonanno/
Da 50 anni si sono aperte le frontiere internazionali dell’ arte."E’ interessante riflettere sul concetto di Frontiere aperte. Il 1993 è stato l’anno dell’apertura delle frontiere di diversi paesi Europei. Va riconosciuta all’ Arte Postale (Mail Art)il merito di averle aperte internazionalmente molto tempo prima, con l’attività trasgressiva di Ray Johnson che pensò di dare alla Mail Art un indirizzo autonomo estraendola dal magma “fluttuante” del movimento Fluxus di cui era uno dei tanti aspetti di ricerca, dandogli la possibilità di respirare di vita propria. Intanto, sono passati tanti anni e la Mail Art, dopo un’infanzia molto movimenta e una giovinezza vissuta in libertà, è diventata matura, attraente, desiderabile. Nonostante le svariate “offerte” dimostra ancora indifferenza a tante proposte mercantili. Convinta di rimanere “libera”, vaga dentro il flusso incontenibile delle nuove ricerche non curandosi dei “richiami all’ordine” del sistema. . Se concepirà “nuove idee”, saranno in direzione dì un’arte nuova e verso un naturale sviluppo di ricerche spontanee. Questo è il suo vero destino. Siamo convinti che non si farà facilmente “ammaliare” dalle richieste effimere, dai piaceri momentanei della moda, non verrà costretta a partorire aborti di mercificazione. Se si farà condizionare del mercato,anch'essa soccomberà alla furia distruttrice di questa inquieta, e vuota società".-(Manifesto Tecnico della Mail Art di Giovanni Bonanno - Milano,1991Per una nuova strategia dell'arte: "Al di là della linea di Greenwich".

-LA SITUAZIONE ATTUALE/Viviamo in una società che consuma di tutto, dai cosmetici alle armi nucleari :l'arte "ufficiale" si trova a che fare ormai con il patetico, perché non riesce più a convincere; si adatta alle tattiche e alle mode pre-confezionate, producendo oggetti sciatti che la critica tenta, in tutti i modi, di accettare, dando motivazioni di vario genere a giustificare le qualità che spesso non ci sono. Oggi l'artista contemporaneo vive la triste condizione dello sventurato: vittima. e carnefice, bombardato da ondate di dubbia informazione, per cui ha la tendenza ad auto-sterilizzarsi tra l'apatia e la paralisi collettiva. Secondo Peter Scotterdijk "viviamo in un mondo che mette le cose in una falsa equazione, produce una falsa uguaglianza di valori tra tutto e tutti e quindi raggiunge anche una disintegrazione e indifferenza": Con il tramonto del comunismo e delle rivoluzioni sembra vacillare la cultura di una società che fino a poco tempo fa chiedeva all'arte "l'immagine rivelatrice del proprio destino". L'arte moderna, teorizzata dalle poetiche d'avanguardia, da sempre, ha trovato nel confronto spietato delle ipotesi, la propria verità, rifiutando facili accomodamenti! Sembra che tutto sia stato dimenticato; tutto é terribilmente consueto, prevedibile, perché l'arte di oggi vive una dimensione immaginativa priva di tensione utopica. Sono convinto che soltanto "trascendendo le cose" così come sono, esse ci permettono di capirle e di svelarle.

-LA MAIL ARTIn questi ultimi anni qualcosa. sta cambiando, per convincersi di ciò basta seguire uno tra i tanti congressi decentrati (Networker Congress), che si svolgono in tutto mondo. Cos'è il Networker? E' la figura di un nuovo artista capace di ridefinire un ruolo "diverso" al futuro dell'arte. Questa esperienza continuo a chiamarla "arte marginale", proprio perché desidera sistemarsi al di fuori dal circuito ufficiale dell'arte e da certe relazioni mafiose (critico- galleria - mercato - museo). Le prime esperienze si erano avute con le carte postali di Cangiullo e di G. Balla, con gli interventi ironici e nichilisti degli artisti Dadaisti e con le ricerche di alcuni artisti del gruppo Fluxus. L'arte marginale, detta comunemente Mail Art, secondo il suo vero fondatore, l' americano Ray Johnson, non è un semplice mezzo d'informazione, ma un modo consapevole di produrre arte al di fuori dei principali "canali ufficiali". Nel 1958 l'artista americano dà vita ad una scuola; la "New York Correspondence School Of Art", nella quale per la prima volta raccoglie e archivia i lavori che riceve dai numerosi corrispondenti sparsi in tutto il mondo.Nasce ufficialmente la Mail Art. La. suddetta esperienza non è un'arte spedita per posta, ma un'arte realizzata appositamente per il mezzo postale. Secondo Eugenio Giannì, la Mail Art ha alcune caratteristiche storiche interessanti:
1- La sua marginalità rispetto al sistema dell'arte ufficiale.
2- scambio diretto tra gli operatori artistici, rifiutando ogni intermediario (Galleria -Critico -Mercato).
3- Rifiuto di mercificare l'opera realizzata.
4- Superamento della distanza geografica e culturale. In definitiva, la Mail Art non è altro che un "laboratorio planetario" composto da numerosi "Network" sparsi su tutto il pianeta: archivi di idee, di sperimentalismo e di ricerca spontanea. Ovviamente, l'arte marginale non può permettersi di assecondare concetti "tradizionali" come la qualità del lavoro, la professionalità o la credibilità., tanto cari a certi artisti nostalgici della tradizione.Quale credibilità può sussistere, se la filosofia di tutto il sistema dell'arte marginale s'incentra sul rifiuto totale di ogni condizionamento? Secondo me, essa può anche permettersi, a volte, di negare "la qualità tradizionale" dell'opera d'arte ufficiale, proprio perché ha bisogno di partecipare intensamente al flusso della comunicazione, che dilaga da una parte all'altra del pianeta in forme casuali, secondo una logica imprevedibile e con itinerari occasionali. In questo senso dettare regole prefissate, che appartengono ai cicli produttivi dell'arte ufficiale, significa "censurare" la libera ricerca dell'artista marginale.


-L'EVOLUZIONE DELLA RICERCA:
Questa prima fase di ricerca sta per essere sostituita da un'altra più evoluta di grande respiro. Mentre un tempo l'artista operava nel completo isolamento, al servizio del mercato e della critica, ora con i Network c'è, sempre più, il desiderio di autonomia, la necessità di instaurare rapporti e contatti esterni, al di fuori del sistema, attraverso le reti internazionali, utilizzando i diversi mezzi a propria disposizione: dall'arte postale alla copy-art, dalla pirateria telematica Ciberpunk all'editoria marginale non allineata. Questo nuovo sviluppo logico del pensiero sperimentale dovrebbe continuare a porsi al di fuori dei circuiti commerciali dell'arte. La ricerca di tutte queste idee e problemi può essere denominata "arte di confine", seconda fase dopo il primo primitivismo postale. L'arte di confine desidera vivere una dimensione creativa non interessandosi minimamente alla genealogia di ciò che si chiama storia dell'arte, viaggiare da un paese e l'altro tra un emittente e ricevente, con il fine essenziale di relazionarsi ai problemi della cultura di massa. In una società regolata da un libero mercato e del suo "diarroico" traffico economico di immagini, sussiste il desiderio, sempre più crescente, di collocarsi coscientemente al di fuori, in un "altrove" praticabile, rispetto allo scenario totalizzante di una mediocrità planetaria; al di là di una immaginaria linea di Greenwich, come possibile spartiacque e cesura tra il presente e il futuro. In questo senso il Networker esprime il dissenso nei confronti delle convinzioni. Mentre il capitalismo distribuisce ricchezza, e il successo costringe a produrre in modo standardizzato e seriale, l'arte di confine dilaga come flusso mentale, preferendo la contaminazione delle idee piuttosto che la monotonia. Essere "artisti di confine", non significa vivere intrappolati all'interno, in un caos organizzato, piuttosto convivere come libera presenza di frontiera, al di là del consueto e del banale. Mario Perniola, su tale problema afferma: "Contro l'accademismo fin dall'inizio si è levato la protesta degli artisti, l'intero movimento romantico può essere interpretato come l'affermazione intransigente della libertà, della produzione artistica contro qualsiasi nome, regola, modello in nome della autonomia assoluta, contro il mercato, la valutazione, la concezione della storia dell'arte, contro tutto ciò che condiziona l'attività dell'artista". Già Hegel aveva individuato il percorso che porta al di là dell'arte; con il Dada, anche gli artisti arrivano a una dimensione radicale dell'arte in tutti i suoi aspetti; pensano all'arte come ostacolo alla libertà della vita e, quindi, come costrizione. Secondo Perniola "l'arte è un carcere, perché gli artisti sono dei carcerieri; essi tengono imprigionata la creatività che si potrebbe manifestare nella società con ricchezza di forme e di espressioni". Il carcere per le false avanguardie è la società, il suo astratto ordine pianificato. Bisogna, quindi, ricominciare a giocare nei luoghi immaginari del tempo, poter rispecchiarsi dentro lo specchio dell'immaginario collettivo, come momento di recupero e di riappropriazione di una identità, come riflessione del proprio essere al di sopra del suo stesso presente e come metamorfosi di un tutto. Occorre liberare l'immaginario, reprimere i falsi concetti, prendere la distanza critica rispetto ai falsi problemi della società e della cultura del nostro tempo. Ciò che conta non è "lo stile", ma la sua necessità a dar voce e corpo al necessario e al diverso. La sfida di oggi è contro una vacua conformità di maniera sempre più dilagante. Prendere coscienza di tutto ciò significa produrre in modo totalmente diverso e inaspettato. Naturalmente Vi è l'esigenza di una verifica "trascendentale", come momento di recupero di una identità; svelamento e riappropriazione del reale, sintesi ed essenza della libertà. L'arte, ormai, ha a che fare con la circolarità elastica e nomade delle idee.

IL GRUPPO FLUXUS


FLUXUS


Fluxus è un gruppo dichiaratamente neo dadaista che nasce nel 1961 e svolge la maggior parte della sua attività in Germania anche se ad esso aderiscono numerosi artisti americani.

Cenni storiciIl movimento nasce da un'idea del lituano-americano George Maciunas (1931-1978). I suoi componenti si identificavano sia con la musica e la poesia sperimentale sia con le arti visive. Maciunas insisteva sul fatto che fluxus non poteva limitarsi ad un solo ambito di attività o identificarsi con le idee tradizionali sullo stile artistico. La parola "Fluxus" comparve stampata per la prima volta sugli inviti delle tre conferenze musicali "Musica Antiqua et Nova" organizzate nel 1961 da Maciunas cui avrebbero aderito via via anche Ken Friedman, Ben Patterson, Charlotte Moorman, Benjamin Vautier, e in Italia tra gli altri, i fiorentini Giuseppe Chiari e Sylvano Bussotti oltre che a Gianni Emilio Simonetti Nel 1962 Maciunas promosse il Fluxus festival allo Stadtische musium di Wiesbaden (Germania); le tappe successiva che segnarono la rapida diffusione del movimento in Europa e in Asia furono Copenaghen, Parigi, Düsseldorf, Amsterdam, L'Aja, Londra, Nizza, e successivamente in Giappone. Fluxus rivendica l'intrinseca artisticità dei gesti più comuni ed elementari e promuove lo sconfinamento dell'atto creativo nel flusso della vita quotidiana, in nome di un'arte totale che predilige come ambiti elettivi d'espressione soprattutto la musica, la danza, la poesia, il teatro e la performance, nascono appunto gli Happening luoghi dove l'arte assume diverse forme, antidogmatiche e libertarie, e dove anche il fruitore assume un ruolo diverso.




Artisti fluxus
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sabato 6 dicembre 2008

IL COLLEZIONISMO OGGI E LE ASTE


*
In questi mesi di crisi economica il sistema dell'arte nè soffrirà?
di Sandro Bongiani

-Quando il mercato fa sbank e poi "crack"
Perché parlare di mercato, perché non provarci, se possiamo capire meglio dove ci stiamo avviando. D’accordo, non è vero che tutto quello che si compra è di alta qualità artistica, vedi Damien Hirst, ovvero il restauratore di carcasse di animali imbalsamati in salamoia che propone opere assai discutibili e di poco valore culturale con un boom di prezzi frutto di annunci e campagne pubblicitarie studiati e creati appositamente per il mercato . Bisogna dire, però, che, da sempre, diverse opere di grande qualità trovano collocazione dentro il mercato dell’arte ufficiale diventando poi punti di forza di diverse collezioni contemporanee. Di certo le collezioni fanno la storia e la fortuna di un’artista, quindi, parlare di mercato non significa sconfessare la qualità della grande “arte” o svalutare il lavoro degli artisti. Questa è una maledetta convinzione romantica ormai del tutto anacronistica che non trova nessun riscontro. L’arte, anche l’arte moderna e contemporanea ha bisogno di trovare nuovi strumenti di lettura, di concrete analisi che di fatto possano permetterci di capire meglio ciò che succede attorno a noi. Se parliamo di mercato, non vi è una svalutazione del prodotto artistico e culturale, anzi, vi è una “valutazione” e quindi un’attenzione a ciò che noi chiamiamo arte. Detto questo, diciamo che la crisi finanziaria attuale risulta assai più difficile di quello che si pensava qualche mese fa, non fa sconti a nessuno, nemmeno al sistema dell’arte che ne risulta partecipe a tal punto da far smobilitare in tutta fretta, intere collezioni e raccolte d’arte, dal momento che le grandi banche americane, quelle più in vista, travolte dal ciclone del “crack” si ritrovano a vendere anche intere collezioni per trovare liquidità e quindi sopperire agli imprevisti di questi periodi di magra. Infatti, alcune collezioni come quella di Lehman che conta circa 3.500 opere di grandi artisti contemporanei già storicizzati, si ritrova a immettere sul mercato fior di opere di grande valore, di conseguenza si prevede che anche i musei finanziati da grosse banche si ritroveranno spiazzati non trovando finanziamenti sufficienti a seguito degli imprevisti che hanno colpito alcuni importanti sostenitori, come per esempio Lehman che per anni ha sostenuto i bilanci del Moma, il Guggeheim di New York, il Norton Museum , il Bruce Museum di Greewich e tanti altri spazi minori in America come in Europa. A dire il vero, in America il problema attuale risulta assai complicato e difficile da sbrogliare, c’è chi ha messo all’asta su EBAY, persino il 10% della propria collezione di arte contemporanea, giustificandosi dicendo “ di vendere i pezzi minori per poi comprare altri lavori che possano mantenere alta la qualità dell’attuale collezione”. Sciocchezze, la verità è un’altra e giustamente per vergogna non si vuole renderla nota. Ormai “l’effetto crack” ha castigato in America molti collezionisti banchieri e ricchi caduti in disgrazia, con il rischio di andare “a capa sotto” vendendo ciò che si possiede pur di tornare in possesso di una certa liquidità. Come avevamo puntualmente previsto, il mercato dell’arte e già in caduta libera, tuttavia vi è una nota positiva, i collezionisti possono guardare al lavoro di un artista con più interesse, senza fretta, ponderando gli acquisti con più attenzione. Nel sistema di qualsiasi mercato, ci sono sempre state persone che aspettano che i prezzi calino per comprare per molto meno rispetto di quanto potevano pagare qualche anno fa con la possibilità concreta di collezionare lavori di artisti noti e di un certa qualità e importanza museale. Quindi non si guarda a proposte a breve ma a lungo termine facendo buoni affari e trovando opere che conservano il valore nel tempo. Per quanto riguarda le gallerie private vi è già un certo rimescolamento delle carte, diverse gallerie potrebbero scomparire dalla scena e lasciare il posto ad altre. Anche questa è un’altra cosa positiva, perché si darà voce a presenze alternative e diverse rispetto il panorama attuale. Questo “miscelamento” farà bene all’arte, questi cambiamenti saranno stimolanti per tutti perché non saranno uniformate alle vecchie proposte di questi ultimi anni e di conseguenza l’attenzione si condenserà sugli artisti rimasti fuori dal sistema omologato dell’arte, cercando di recuperare le presenze più interessanti ancora poco considerati o volutamente lasciati nel dimenticatoio e nell’inattualità più opprimente, dandoci in definitiva una inaspettata aria di vitalità e nuove (spero) interessanti ipotesi di lavoro.
Sandro Bongiani



-IL MERCATO DELL’ARTE, LA CRISI
E LA QUALITA’ DELL’ARTE“Le opere veramente "difficili" vengono evitate da galleristi, critici e giurie,
tuttavia, solo l’arte di qualità resiste nel tempo”
In questo momento di difficile congiuntura e difficoltà economica, politica e sociale, anche il mercato dell’arte risente di questo spinoso problema, cerca a tutti i costi di resistere ma registra già, in modo evidente, la paura e l’incertezza ad investire in opere di arte contemporanea, con la decisa e conseguente contrazione in atto degli scambi economici. Ciò non interessa tanto le opere e gli artisti conosciuti e con un “excursus” già consolidato e storicizzato, quanto la fascia media e debole del mercato dei giovani artisti. Da sempre il mercato dell’arte segue le richieste dei più e non le indicazioni della vera critica o meglio di un’autentica elitè’ illuminata capace di vedere in tempo i futuri sviluppi e riconoscere dal primo apparire le valide proposte di qualità. Con il mercato che segue supinamente le mode “facili” di alcuni pseudo-operatori commerciali il gusto ufficiale di massa tende a regredire e a livellarsi nella facilità delle proposte; opere quasi sempre belle, facili e appetibili esteticamente, secondo i dettami della cultura ufficiale di massa, ma inevitabilmente senza spina dorsale e senza nessun carattere.


Ma come si riconosce la qualità?
Di sicuro sta in un’ estetica consolidata e non istintiva e provvisoria, nel riflessivo e logico studio degli eventi e non di certo nella diuretica e schizofrenica azione provocatoria “del qui e ora”. Siamo certi che i lavori senza qualità non avranno un destino e non resisteranno negli anni e nel tempo. Solo il collezionismo colto e intelligente saprà conoscere e riconoscere le innovazioni, l’originalità e la bellezza al di fuori degli stereotipati concetti estetici, condivisi da molti, ma che non sono portatori di alcun vero rinnovamento.


-Il collezionismo oggi: si cercano talenti a poco prezzo
Dopo la crisi economica e finanziaria di questo settembre e le notevoli difficoltà delle aste d’arte contemporanea e moderna di Cristie’s e Sotheby’s; quasi una seconda “debacle” dopo quella dell’attacco alle famose torri gemelle di New York, i giovani artisti affermati in questi ultimi 15 anni rischiano di essere per’ora accantonati dal mercato dell’arte che conta, dal momento che si rifiuta d’investire milioni di dollari su di loro e preferisce puntare decisamente su giovani poco conosciuti anche se il rischio d’investimento risulta molto più alto. Gira la voce che vi sia un ritorno alle radici del vecchio collezionismo, per intenderci quello di ricerca come un tempo di pupilli da far conoscere e imporre sul mercato dell’arte . Fino a poco tempo fa, nel campo speculativo e commerciale dell’arte si poteva avere l’effetto “ flipping” (comprare un’opera per rivenderla quasi subito con un diverso prezzo e profitto, decisamente superiore. Tanti sono convinti che molte regole del mercato finanziario possono essere applicate al mondo dell’arte, soprattutto quello della domanda e dell’offerta. Al dir il vero ogni artista costituisce un mercato a sé: c’è un mercato per Damien Hirst, uno per J. Pollock, un altro per G. De Chirico, e un altro ancora per F. Casorati o persino per Pinco Pallino. In questo periodo di vacche magre, tutti hanno paura d’investire, peggio ancora nel campo dell’arte per cui le gallerie sono costrette a proporre prezzi di favore assai ragionevoli, sensibilmente più bassi rispetto a prima. Si cerca in tutti i modi di fare cassa. Per chi ha una certa liquidità disponibile è sicuramente un buon momento per investire in certe nuove proposte con sconti che addirittura vanno dal 20 al 30% rispetto le valutazioni di alcuni mesi fa. Può capitare, quindi di portarsi a casa lavori di un certo interesse e di grande qualità ad un prezzo non pensabile qualche tempo fa. Di sicuro, la vera crisi economica non ha ancora colpito il vero mercato dell’arte, non ha fatto sentire appieno il fiato pesante sul sistema economico e commerciale, l’effetto domino sicuramente si sentirà da qui a poco. Comunque, sono convinto che il momento più tragico, quello iniziale del panico e del caos sta passando e ci stiamo dirigendo verso una situazione più cosciente e meditata. Occorre, quindi, rimanere calmi e con i piedi per terra riflettendo e pianificando le scelte in modo più logico. Ai giovani artisti, si consiglia o di riflettere attentamente sulle esigenze primarie e su gli ideali, non sul cinismo e il mero dato venale e commerciale. In questa confusa babele economica, i giovani potrebbero essere una vera e autentica opportunità d’investimento e una vera risorsa. Sicuramente bisogna avere più fiducia; purtroppo il gioco speculativo a rialzo ormai è finito; non è più possibile. Se si hanno ancora cartucce da sparare si cerchi di indirizzarle in logiche proposte e nella scelta ragionevole di opere che si è sempre desiderato di avere; comprarli oggi risulta ancora più facile; opere che a distanza di qualche anno potrebbero essere il cavallo vincente di questa maledetta crisi economica, perché, questo è un dato di fatto, dopo una pesante crisi, di contro, vi è un momento più duraturo di benessere collettivo.

-Il Mercato dell’Arte:
con la crisi gli artisti soffrono di pressione bassaCome avevo anticipato qualche mese fa, alla vigilia della cosiddetta crisi planetaria, più in fretta del solito ha colpito non solo l’America e l’Europa, ma persino il Medio Oriente, terra di emiri e grandi petrolieri. Gli effetti ormai sono visibili agli occhi di tutti, se poi andiamo a analizzare l’andamento delle vendite e anche dell’invenduto di alcune aste che si sono svolte alla fine del 2008 (il vero termometro finanziario di questa crisi), ci accorgiamo che la situazione e decisamente seria e ingarbugliata. Per il momento siamo in attesa di esaminare a marzo le prossime aste di Dubai e Londra per misurare e toccare con mano l’esatta temperatura . Di certo, la situazione non è rassicurante neanche nei paesi ricchi del Medio Oriente, con un mercato ancora giovane e ingenuo che non riesce a reggere , nonostante i fiumi di petrolio a questa crisi in atto. Per quando riguarda l’andamento delle aste, 33 su 113 opere di arte moderna messe all’asta sono rimaste invendute (circa ¼ dei lotti). Per gli artisti nati dopo il 1950 l’andamento delle vendite appare assai negativo con 14 lotti su 44 rimasti invenduti. Inoltre, la maggior parte dei lotti proposti, sono stati venduti sul livello più basso rispetto la stima ufficiale di qualche mesetto fa, scontati anche del 20% in meno, inoltre, il 29% non ha trovato un degno compratore nonostante le proposte favorevoli di vendita. Presso l’asta gestita da Christie’s tenuta Dubai a fine ottobre ha acquisito questa volta il triste primato negativo di non aver piazzato e venduto addirittura il 30% delle opere offerte.
Dall’analisi dettagliata elaborata da Art’Tactic emergono indicazioni interessanti riguardo le opere battute all’asta in relazione all’età dell’artista proposto, con il crollo in verticale degli artisti moderni, nati prima del 1950 che dal top ad aprile 2008, con una valutazione media pari a oltre 140mila dollari scendono miseramente a una media di 80mila. Sorte abbastanza simile che tocca anche gli artisti più giovani, nati tra il 1950 e il 1970 che da una valutazione media pari a 100mila si ritrovano ad 60mila.
E’ gli emergenti? Gli emergenti, quelli per intenderci nati dopo il 1970, anch’essi, dopo aver toccato la soglia dei 50mila dollari si attestano oggi sui 40mila, media abbastanza ragionevole e dignitosa, visto la giovane età e soprattutto la caduta di quasi tutto il mercato dell’arte.

Tutti si disperano pronti a strapparsi i capelli, ma ci sono personaggi dell’arte come il gallerista Tony Shafrazi a cui piace questa crisi in atto, e dobbiamo confessare che piace anche a noi, perché vede non soltanto la recessione in atto ma una nuova e doverosa opportunità di sviluppo, giudicando fallimentari le politiche di prezzo recenti. Anche il critico Jerry Saltz si augura assieme a noi di vedere sparire al più presto gli speculatori e gli “spacciatori senza scrupoli”, affermando altresì, che la crisi non colpisce l’arte ma gli uomini, che in questi momenti, (come il 29, il 70 o il 1990) l’arte ha trovato lo stesso il modo di rigenerarsi, facendo piazza pulita del passato e generando artisti, operatori visivi e movimenti artistici di grande levatura culturale. Noi ne siamo convinti.
Sandro Bongiani

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ASTE-ASTE-ASTE-ASTE-ASTE-ASTE-ASTE-ASTE-ASTE-
-INTORNO AGLI ANNI 60, L'ARTE POVERA E ALTRO
Casa Christie's -Palazzo Clerici Milano 20 ottobre 08-A Palazzo Clerici a Milano si è svolta una mostra di arte Contemporanea; con capolavori di Fontana, Burri, Manzoni e molti altri, ma soprattutto un ponte sospeso di corde lungo sette metri di Pino Pascali. Le opere d'arte sono state messe all'asta dalla famosa casa Christie's il 20 ottobre 08.
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-IL COMMENTO/ di Sandro Bongiani & Giovanni Bonanno:
“La crisi finanziaria, la depressione economica planetaria e le aste di ottobre”Si sono concluse recentemente le aste londinesi di ottobre, da sempre un buon indicatore del mercato dell’arte del XX secolo e contemporaneo. Possiamo già fare un primo bilancio della situazione del mercato internazionale dell’arte. In questa prima fase, ancora non cosciente, della recessione economica in atto, complessivamente le case d’asta più prestigiose come Sotheby’s e Cristie’s hanno per il momento retto nonostante le vistose incrinature dell’arte cosiddetta giovane e sperimentale, ormai scollata dalla pittura e scultura cosiddetta più tradizionale. Infatti,sono rimasti invenduti alcuni lotti di Jeff Koons, Peter Doig, Sigmar Polke, Ed Ruscha e persino G. Richter.Purtroppo, senza richiesta è rimasto anche il piccolo F. Bacon (Ritratto di H. Morges, del 1969 e alcuni lavori di Andy Warhol, mentre W. De Kooning è stato battuto a 2.700.000 sterline.Il nostro Fontana con la serie dei grandi ovali create tra il 1963-64 (Fine di Dio), si conferma un artista molto affidabile per il mercato dell’arte, mantenendo le stime prospettate alla vigilia dell’asta pubblica. Di Fontana sono stati venduti tredici opere su sedici oggetti. Un successo. Anche Burri, Castellani, Schifano, A. Pomodoro, Il siciliano Consagra e il veneto Afro Basaldella fanno bene, spuntandola con quotazioni di mercato di tutto rispetto. Un “Acrome” di P. Manzoni è stato pagato ben 1.6000.000 sterline . Riguardo il bilancio complessivo dell’asta di Cristie’s svoltasi a Milano a Palazzo Clerici la richiesta è risultata complessivamente debole, diverse opere di grande interesse sono rimaste invendute, come per esempio il “Ponte”, opera storica di Pino Pascali, di grande importanza, destinata, viste le sue grandi dimensioni, per essere collocata in qualche apparato museale di prestigio. Invenduto, inspiegabilmente anche un Boccioni del periodo pre-futurista. Siamo convinti che l’aria che si respira oggi non è delle migliori e che vi sia una maggiore attenzione agli acquisti di un certo valore, anche a causa di una debole partecipazione degli investitori orientali. Comunque, fatta qualche eccezione a causa della difficile congiuntura economica internazionale, continuano a essere richiesti e quindi a mantenere le posizioni e le quotazione acquisite in questi ultimi anni le opere e gli artisti di un certo interesse storico, mentre i giovani,oggi, vengono presi decisamente molto meno in considerazione.

domenica 30 novembre 2008

OMAGGIO AL FUTURISMO: Le Carte e i Messaggi

IL MANIFESTO FUTURISTA
Filippo Tommaso Marinetti nel Manifesto che diede
origine al movimento, pubblicato a Parigi il 9 febbraio 1909.

Luigi Russolo, Carlo Carrà,Tomaso Marinetti, Umberto Boccioni
e Gino Severini: i principali esponenti del futurismo



RICERCA E STUDIO DELLE PRIME ESPERIENZE DI MAIL ART

P. Klee, Cartolina indirizzata a Gabriele Munter nel 1913.



La cartolina, indirizzata da P. Klee a Gabriele Munter è di cm. 6,5x5,1. Si trova a Monaco alla Stadtische Galerie im Lenbachhaus, da Bayern è datata 1913, precisamente 28.6.13 (28 giugno 1913). L'opera, presenta un disegno a china in bianco e nero di un personaggio fantastico e onirico, già anticipatore e rivelatore del mondo visionario e personale dell'artista svizzero.


L'eccezionale raccolta di Gabriele Munter donata, alla vigilia della sua morte alla Stadtische Galerie di Monaco,dove si trova la suddetta opera, esposta assieme a diversi quadri da lei creati ci permette di ritrovare le primissime anticipazioni di una forma di arte che verrà successivamente chiamata "Mail ART".





Giacomo Balla, Carta Postale del 18.XII.1925














Futurismi Postali

MAIL ART cenni storici

La MAIL ART o "arte postale" comprende tutte le esperienze di scambio e di comunicazione artistica, ludica e creativa articolate attraverso la rete postale, in maniera da scavalcare il sistema dell'arte propriamente detto, per dar luogo a uno scambio di forme espressive libere e spontanee, scevre da ogni tipo di condizionamento di mercato. Prime espressioni di mail art possono essere rintracciate in originali cartoline e giochi epistolari realizzate dai futuristi (in particolare Giacomo Balla, Francesco Cangiullo e Fortunato Depero), in ambito dada (si vedano le cartoline "corrette" di Max Ernst e George Grosz), in alcuni interventi di Marcel Duchamp e persino P. Klee che utilizzò il mezzo postale per le sue missive artistiche, vedi la cartolina postale indirizzata a Gabriel Munter, nel 1913.


La Cartolina Postale scelta: G. Balla, Carta postale del 18.XII.1925

"G.mo Sapori con rammarico non posso, intervenire alla sua importantissima conferenza la ringrazio del suo pensiero gradisca insieme alla sua signora artistici saluti". G, Balla


Dai primi momenti di guerra Balla usa la cartolina per aggiornare gli amici futuristi, bloccati dalle vicende belliche in varie città d’Italia, sull’evoluzione della sua ricerca artistica. Nasce quella che la storica dell’arte Elena Gigli definisce una vera e propria arte postale: su un verso un piccolo dipinto, a testimonianza delle idee che l’artista sta sviluppando in quel periodo, e sull’altro, con grafia e linguaggio futuristi, il messaggio che vuole comunicare. In questo delizioso esempio con timbro postale Roma Centro – 18.XII.925 è un Dinamismo Atmosferico caratterizzato dalla presenza di aggrottate nuvole su cielo azzurro l’immagine scelta da Balla per testimoniare un particolare stato d’animo: il rammarico di non poter essere presente alla conferenza del caro amico scrittore.


L'istituzionalizzazione della Mail art è da identificarsi con la fondazione da parte di Ray Johnson (Detroit 1927 - New York 1995) della New York Correspondence School of Art nel 1962. "Simpatizzante del gruppo Fluxus e autore di fantasiosi collages, Johnson vede nell'arte una forma di scambio aperto, libero dai condizionamenti commerciali; in base a questa convinzione imposta il proprio lavoro, la "scuola" niente affatto istituzionale e nemmeno in alcun modo didattica, ma prima manifestazione della "rete" (network) dei mail artisti." Dagli anni Sessanta in poi numerosi artisti (oggi: probabilmente il loro numero si aggira intorno ai centomila) utilizzano l'arte postale per promuovere la circolazione dei loro lavori, partecipare alla rete, contestare il mercato dell'arte o favorire gli scambi fra operatori. Estremamente varia la produzione dei mail artisti: da francobolli falsificati o variamente personalizzati ai timbri d'artista e agli adesivi, oltre che cartoline, buste, collages e persino oggetti vari di diversa forma, materiale e dimensione.


IL FUTURISMO NEL 2009


Se ne vedranno delle belle e di tutti i colori, c'è da scommetterci. Il centenario del Futurismo, che cade nel 2009, sarà la classica occasione per conoscere un pò meglio uno dei pochi movimenti artistici Italiani che si sono imposti nei primi anni del Novecento.

Elenco parziale di alcune Mostre che si avranno:
Si riscaldano già i motori perché i futuristi sono tornati alla grande con una serie infinita di mostre, convegni e dibattiti in Italia come in tutta Europa per festeggiare il centenario della nascita del movimento, datata al 20 febbraio del 1909, quando sulla prima pagina del Figaro apparve a firma di Marinetti il primo manifesto del Futurismo. I festeggiamenti sono iniziati già in Francia con Il Futurismo a Parigi- Un’Avanguardia esplosiva al Centre Pompidou, a cura di Ester Coen, promossa dall’Istituto di cultura italiana a Parigi. La mostra di Parigi passerà a Roma, alle Scuderie del Quirinale, a partire dal 20 febbraio 2009,con il titolo"Futurismo" , proprio nella data del centenario, e rimarrà aperta fino al 24 maggio per approdare alla Tate Gallery di Londra il 12 giugno riproposta con il titolo "Futurism" (fino al 13 settembre 2009). Alla Fondazione Stelline dal 12 febbraio al 7 giugno 2009 verrà organizzata la mostra "F.T. Marinetti fondatore del Futurismo", curata da Luigi Sansone, mentre allISISUP- Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo,nell'aprile 2009, sarà visibile "Futurdome-Un museo che si abita". Con il progetto "Futurismo 100",altre grandi mostre curate dalla stessa specialista del Futurismo Ester Coen si apriranno a gennaio 2009 al Mart di Rovereto una deliziosa anticipazione dedicata a Depero e nel mese di giugno a Palazzo Correr di Venezia, in contemporanea con la 53 a Biennale Internazionale d'Arte - Parallelismi espositivi ed estetiche astratte tra i maggiori protagonisti delle avanguardie storiche. Da segnalare,inoltre, la mostra con le opere della collezione Fedrizzi. In mostra fino a primo marzo 2009 piccoli capolavori dell’artista roveretano con alcune opere inedite che documentano una anticipatrice attitudine multimediale di Depero. Inoltre, "Futurismo e Modernità. Artisti e collezionisti in Lomellina" è la mostra aperta fino al 14 dicembre 2008 al Castello di Vigevano. A Milano la galleria Fonte d’Abisso, galleria storica che ha dedicato da sempre (da trent’anni aveva scelto di occuparsi di futurismo ) dedica l'attenzione ad un artista di grande interesse come Giacomo Balla, uno dei padri del Futurismo Italiano, dal titolo: "Balla pittura. Balla scultura", aperta fino al 24/01/2009. A Aosta una mostra che vuole indagare i Futurismi presso il Centro Saint Benin. La dicitura al plurale sta a dimostrare come il futurismo non sia stato solo Marinetti, Boccioni e Balla. Infine, a Roma si apre nei primi giorni di marzo la mostra "F uT.u.r.i.s.M.o 100 anni/100 manifesti" a cura di A. B. Oliva e D. Lombardi, e anche "pentagramma elettrico" proposta da Claudia Salaris.


LA MOSTRA FUTURISTA SCELTA:

''Futurismo 1909-2009. Velocità + Arte + Azione'', ...
Dal 6 febbraio al 7 giugno 2009,
il Palazzo Reale di Milano

Dal 6 febbraio al 7 giugno 2009, il Palazzo Reale di Milano ospita la mostra ''Futurismo 1909-2009. Velocità + Arte + Azione'', un importante evento promosso in occasione del Centenario di questa avanguardia rivoltosa e visionaria.


Curata da Giovanni Lista e Ada Masoero, ''Futurismo 1909-2009. Velocità + Arte + Azione'' occuperà l'intero piano terreno della Reggia milanese per un appuntamento che sarà centrale nel ricchissimo programma di iniziative promosso dal Comune di Milano, con manifestazioni di teatro, cinema, danza, moda, che faranno della città, per l'intero 2009, la capitale del Futurismo.Sono circa quattrocento le opere che compongono la mostra, oltre 240 dipinti, disegni, sculture, e le restanti che spaziano dal paroliberismo ai progetti e disegni d'architettura, alle scenografie e costumi teatrali, dalle fotografie ai libri-oggetto, fino agli oggetti dell'orizzonte quotidiano: arredi, oggetti di arte decorativa, pubblicità, moda, tutti segnati dall'impronta innovatrice del Futurismo. La mostra intende documentare l'intero, vastissimo campo d'azione del Futurismo, ponendo l'accento sulla sua generosa e per certi versi utopistica volontà di ridisegnare l'intero ambito dell'esperienza umana in una chiave inedita. Queste le sezioni della mostra: Prima del Futurismo: una ricca panoramica della cultura visiva lombarda di fine Ottocento; F.T. Marinetti: il demiurgo della nuova rivoluzione estetica; Gli anni Dieci e il Dinamismo plastico: il nuovo valore assoluto della modernità; Gli anni Venti e l'Arte meccanica: tra Metafisica e nuovo culto della macchina; Gli anni Trenta e l'Aeropittura: la nuova idea di prospettiva dell’uomo ''volante'' con visioni strapiombanti; Dopo il futurismo: l'eredità raccolta dalle nuove generazioni. Completano l'indagine sul Futurismo altre importanti sezioni dedicate all'esperienza dirompente del Paroliberismo; alle sperimentazioni nella fotografia e nel cinema; alle ricerche condotte nell'ambito della musica, della scena e del teatro con due straordinarie ricostruzioni di scenografie di Balla e Depero; alle futuribili novità nell'architettura come nelle arti decorative, nella pubblicità, nella moda; e una saletta cinema, con eccezionali spezzoni di film futuristi.

Ci saranno anche tavole parolibere, opere di arte postale, copertine di riviste e i cosiddetti “fiori futuristi”, in cui Balla ha lanciato l’idea di una natura interamente ricreata dall’uomo.

Chi è il curatore Giovanni Lista?
Giovanni Lista, nato il 13 febbraio 1943 a Castiglione del Lago (Perugia), Italia, fratello di Pietro Lista artista che vive a Salerno. Dottorato in francese umanistiche (Italia, 1970). Si è stabilito a Parigi dal 1970. Nazionalità italiana ma residente francese. Membro della Associazione Internazionale dei Critici d'arte (AICA) dal 1974. Dottorato in Arti e delle Lettere (Francia, 1985). Dal 1988, la gestione redattore del periodico d'arte Ligeia, i fascicoli sur l'art. "Prix Georges Jamati" per il miglior saggio sulle arti e le scienze sociali pubblicati in Francia (1989). Membro della Société des Gens de Lettres dal 1996. "Premio Filmcritica" per il miglior saggio sul cinema e la fotografia pubblicata in Italia (2002). "Premio Giubbe Rosse" per un saggio autobiografico (2003). Direttore di Ricerca presso il Centro National de la Recherche Scientifique (CNRS, Francia). Autore di una serie di libri, articoli, cataloghi, e curatore di mostre riguardanti l'arte e la cultura del XX secolo avanguardie (futurismo, Cubo-futurismo, l'arte italiana, la fotografia, danza, teatro progettazione e la direzione).

sabato 22 novembre 2008

L'ARTE CONTEMPORANEA E L'UTOPIA PRATICABILE

opera di Alzek Misheff



MUSIC FOR SWIMMING ACROSS THE PACIFIC
http://www.youtube.com/watch?v=qj0E1aPLDP8&eurl=http://www.alzekmisheff.com/cd_pacific.html&feature=player_embedded

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"La linea dell'utopia praticabile porta a Como"



operatività ai confini delle soglie disciplinari, in una sorta di fertile e felice contaminazione poetica incentrata sul dato progettuale e utopistico avviato precedentemente a Como da artisti di grande interesse come Antonio Sant’Elia, Francesco Somaini, Ico Parisi.



-Antonio Sant'Elia


http://web.tiscali.it/antonio_santelia/index.htm


-Francesco Somaini


-Ico Parisi



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