giovedì 7 marzo 2024

CARLO IACOMUCCI / Biennale D'Arte Contemporanea "Premio Marche" 2023

 

Materia verticale di Carlo Iacomucci

 

BIENNALE D’ARTE CONTEMPORANEA “PREMIO MARCHE” 2023:

TRA GLI ARTISTI ANCHE IL MAESTRO CARLO IACOMUCCI   

 

L'artista Carlo Iacomucci

 

Da sempre legato alla città di Ancona, il Premio Marche 2023, in questa  speciale occasione, diventa itinerante, con una duplice cornice di spazi espositivi, perché dalla sede inaugurale di Urbino, aperta lo scorso 25 novembre presso la Galleria Civica d’Arte Albani, dal I° marzo si sposta nella prestigiosa sede del MARV - Museo d'arte Rubini Vesin di Gradara (PU), con una mostra monografica, dal titolo “Intorno allo stato dell’arte nelle Marche”, che sarà una rivisitazione degli artisti marchigiani presenti alla Biennale di Venezia del 150° dell’Unità d’Italia, secondo una scelta di artisti corrispondenti al taglio critico del Comitato Scientifico. La mostra affronterà due filoni analitici di opere sviluppate secondo il seguente schema individuato dai curatori: Culture, tradizione e linguaggi della contemporaneità (curata dal critico d’arte Andrea Carnevali) e Il senso degli artisti per la natura (curata dal critico e giornalista d’arte Cecilia Casadei).

Con questa edizione, il Premio Marche 2023, è tornato a essere la celebre Biennale d’Arte Contemporanea Nazionale, che, per l’occasione, rimarrà aperta fino al 9 giugno 2024. La finalità di questa rassegna è quella di valorizzare l'attività degli artisti delle Marche e di accrescere la sensibilità e le conoscenze dei marchigiani nei confronti delle arti figurative e visuali. Il suo scopo, altamente meritorio, è quello di promozione dell'arte contemporanea in Italia, al fine d'individuare artisti marchigiani operanti nella regione, siano essi già affermati oppure emergenti e giovani con spiccate qualità tecniche e poetiche, selezionati e, successivamente, invitati dal Comitato Scientifico.

La storica dell'arte Cecilia Casadei, ha scelto di invitare l'artista urbinate Carlo Iacomucci, in considerazione della sua attività di incisore e pittore. Per l’occasione, il Maestro partecipa con due sue opere, a  testimonianza diretta della fertile carriera di incisore e pittore. L’artista, amplifica lo stupore dello spettatore, lasciando segni, tracce e gocce in equilibrio sul bordo della scena rappresentata nei suoi dipinti, attraverso la creazione di composizioni oniriche in cui finzione e realtà si incontrano. Le sue composizioni pittoriche si concentrano sui temi concreti dell’ esistenza e della natura che lo circonda, coinvolgono lo spettatore sia sul piano sensoriale che emozionale, risultando toccanti, cromatiche e suggestive.

Nelle sue pitture scorgiamo fitti reticoli di linee, tracce, gocce, segni, aquiloni, personaggi, vortici ventosi, che si muovono sinuosi. Tutti questi elementi, arricchiti da colori brillanti, che comprendono tutte le sfumature dei toni freddi e caldi della tavola pittorica, sapientemente mescolati tra loro in una fantasiosa girandola di tinte vivaci, danno dinamismo ai suoi quadri e, allo stesso tempo, esprimono un significato simbolico, ma anche realistico della natura da difendere.

Iacomucci, artista tra i più rappresentativi delle Marche, vanta un ricco curriculum artistico: è uno degli otto “Marchigiani dell’anno” 2014 e nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera ha ottenuto tantissimi riconoscimenti nazionali e internazionali, fra i quali l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per motivi artistici e culturali. Tra le numerose e importanti mostre internazionali, ha partecipato alla 54^Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia- Padiglione Italia per Regioni, a cura di Vittorio Sgarbi. Nel febbraio 2020 riceve il Premio Pegaso come miglior disegno, al concorso Pegaso promosso dall’Istituto Superiore della Sanità. Nel 2021, la sua mostra personale “Il viaggio di Carlo Iacomucci fra pittura e incisione”, presso Sale Museali di Palazzo Bisaccioni, Jesi. Nel 2023 mostra personale “Il Segno Inciso di Carlo Iacomucci” a cura di Luca Pernici, con testi critici di Loretta Fabrizi, Giovanni Filosa e Patrizia Minnozzi, Spazio Monumentale di Santo Spirito, Cingoli. 

 


Poetica natura ventosa di Carlo Iacomucci



Maria Grazia Focanti, per l'occasione scrive: Iacomucci è un poeta-incisore che con la sua arte trasporta il visitatore in un ambiente onirico che cattura il mistero delle cose. Nel suo “paesaggio dell'anima” sono presenti l'araldica monumentale, ma anche simboli, legati al mondo rurale e  rinascimentale. L'albero della vita, gli aquiloni, il vento, i manichini e le sette gocce sono alcuni dei simboli con i quali Iacomucci riesce a creare un mondo altro. Ricco di suggestioni e di presenze evocate. La realtà visiva diventa pretesto per divagazioni metafisiche. Il tempo e la storia non hanno più valore. Il numero sette (le sue famose sette gocce) rimanda alla  completezza e alla  perfezione.  La mostra, curata da Luca Pernici . La personale  è stata promossa dal Comune di Cingoli, con il patrocinio della Regione Marche e della provincia di Macerata, con la collaborazione della locale Pro-Loco e del circolo filatelico numismatico Pio VIII. In mostra si possono ammirare sia opere a punta secca che acqueforti.  Nelle tecniche in cavo l'artista scava direttamente la matrice, tramite punte metalliche . Nelle acqueforti,  realizzate su lastra metallica,  il  disegno viene eseguito al rovescio, incidendo con una punta d'acciaio la lastra, ricoperta di un sottile strato di cera o vernice, poi la lastra è posta a bagno con un acido. La profondità dei segni è proporzionata dalla durata del bagno. L'incisione è quindi  una tecnica complessa , che richiede grande perizia e dedizione. Per  ottenere alcune delle opere poste in mostra sono stati necessari mesi di lavoro.

Iacomucci, che oggi vive a Monsano a due passi da Jesi, è urbinate di nascita e nella città ducale ha frequentato la prestigiosa Scuola del Libro. Il Maestro, già insegnante presso l’accademia di Lecce e successivamente presso il Liceo di Varese e di Macerata, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale: è  commendatore al merito della Repubblica Italiana, è stato nominato tra gli otto marchigiani dell'anno nel 2014, ha partecipato alla 54^ Biennale di Venezia per regioni, è stato invitato al Premio Marche nel 2018.

                  

 

Biografia di Carlo Iacomucci 



 

Carlo Iacomucci, artista tra i più rappresentativi delle Marche, è nato ad Urbino nel 1949, dove ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte, meglio noto come Scuola del Libro. Una Scuola di grande tradizione e prestigio, che porta avanti, in modo personalizzato, da tantissimi anni. Dagli anni ottanta e fino in tempi recenti (escluso periodo pandemia), per brevi periodi, si sposta all’estero; realizza disegni a china e acquerelli a Parigi, Praga, Strasburgo, Belgio, Olanda e, in particolar modo, a Londra, dove rimane affascinato dal quartiere “Portobello Road-Notting Hill”. Il maestro Carlo Iacomucci, illustre incisore e pittore, è uno degli otto “Marchigiani dell’anno” 2014 e nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera ha ottenuto tantissimi riconoscimenti- nazionali, internazionali, tra i quali, nel 2021, quella di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana con decreto del Presidente della Repubblica per motivi artistici e culturali.  Nel 1999 è uno dei fondatori della Galleria d’Arte Contemporanea della Fondazione “Il Pellicano” dei Trasanni di Urbino.   Professore di discipline pittoriche e di Educazione delle Arti Visive dal 1973 al 2008 all’Accademia di Belle Arti di Lecce poi al Liceo Artistico di Varese e di Macerata.   Ha partecipato a tante mostre importanti, da ricordare: la 54^Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia- Padiglione Italia per Regioni, a cura di Vittorio Sgarbi e alla Biennale Arte Contemporanea “Premio Marche 2018”, Forte Malatesta di Ascoli Piceno. Nel febbraio 2020 riceve il Premio Pegaso come miglior disegno al concorso Pegaso promosso dall’Istituto Superiore della Sanita.  2021 mostra personale “The Resilience Of Art - Il viaggio di Carlo Iacomucci fra pittura e incisione” a cura di Gabriele Bevilacqua, coordinatore Enrico Carrescia con O.D.V., Sale Museali di Palazzo Bisaccioni , Jesi.   L’anno seguente, su invito del CE.S.MA. (Centro Studi Marche di Roma), il Maestro realizza un'opera multipla, in esemplari numerati e firmati, utilizzata come premio da consegnare ai nuovi Marchigiani dell'anno, presso la sala capitolare di Santa Maria sopra Minerva in Roma.  2023 mostra personale “Il Segno Inciso di Carlo Iacomucci” a cura di Luca Pernici, con testi critici di Loretta Fabrizi, Giovanni Filosa e Patrizia Minnozzi, Spazio Monumentale di Santo Spirito, Cingoli.                                             

 Opera a Monsano (AN) a due passi da Jesi.  carloiacomucci@libero.it - tel. 320.0361833.  www.carloiacomucci.it  

  

 

Speranza e vita di Carlo Iacomucci

 

La fiorita del rampicante di Carlo Iacomucci -2020 -35x25
 
 
 
 
 due pagine del divenire di Carlo Iacomucci
 
 
 
La mostra, rimarrà aperta fino al 9 giugno 2024, con i seguenti orari: da lunedi a domenica ore 10-13 e 14.30-17.30.
 
 

Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno
 
 
 

martedì 30 gennaio 2024

Retrospettiva di Giovanni Leto, “l’essenza nascosta delle cose” (1961 / 2023)

 

Giovanni Leto, l’essenza nascosta delle cose - 1961/2023

Mostra Retrospettiva

Dal 30 gennaio  al 31 marzo 2024

SANDRO BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

La galleria Tutta Virtuale  CON L'arte  in punta di mouse

La mostra Retrospettiva di Giovanni Leto, organizzata dalla Collezione Bongiani Art Museum di Salerno a cura di Sandro Bongiani è costituita dalle opere “pittoriche” più rappresentative realizzate dal 1961 al 2023: dalle opere del periodo di formazione alle opere su tela degli anni successivi, dagli interventi tridimensionali alle opere dell’ultimo periodo di lavoro.

 

 Eventi Online

  

La presentazione di Sandro Bongiani

Giovanni Leto, “l’essenza nascosta e inquieta delle cose” (1961 / 2023)

Sandro Bongiani, presentazione,  Salerno 5 gennaio 2024

La pittura di Giovanni Leto ha origine antiche, si evolve da una costola dell’informale in un percorso esemplare caratterizzato dall'utilizzo dei materiali immessi  a sostituire e rinnovare il fare pittura, con la tela che diventa  lo spazio immateriale per accogliere e assorbire le riflessioni  e i pensieri intimi di vita vissuta sia personale che collettiva. La ricerca del sé e di un "io" collettivo ha caratterizzato per anni il suo particolare percorso di ricerca con esiti davvero sorprendenti, vissuto sotto il segno di una sperimentazione rinnovata, che per certi versi, lo lega alle indagini di avanguardia che  negli anni 60’ e 70’ si svolgevano  in ambito di ricerca pittorica. A ciò è doveroso aggiungere anche  il costante e intenso rapporto vissuto con il luogo di nascita di Monreale e in particolare con i mosaici tardo bizantini della cattedrale che hanno inciso come memoria storica e personale profondamente sulla sua visione e produzione creativa, con i frammenti di carta arrotolata dei giornali che di fatto si sostituiscono alle tessere del mosaico bizantino. Unica differenza è che le carte arrotolate sistemate da Leto in forma di provvisorio “plaçage” non sono ripetute come le tessere musive bizantine ma variate in andamenti e direzioni  diverse a ricreare squarci, crateri e persino abissi immaginati in una dimensione altamente evocativa come momento corale di rappresentazione e altresì metafora struggente e visionaria del presente e dell’ignoto.

La ricerca del giovane Giovanni Leto, dopo la breve parentesi formale figurativa iniziata nel 1961 si evolve a partire dal 1972 verso una indagine che accoglie l’utilizzo di materiali poveri e dismessi. Nel 1982 nascono opere come “Segni di un diario”, e “Memorie al presente” e poi nel 1984 “Elementi in superficie” anticipano già una propria e originale visione verso una nuova spazialità che implica  l’utilizzo di carte e materiali di scarto comune riutilizzati e riammessi degnamente a nuova vita nella pittura. Il 1985 è l’anno in cui Leto realizza i suoi primi Orizzonti. Negli anni 90’ la sua “weltanschauung”  è già definita in modo originale con una concezione del mondo che trascende il dato meramente rappresentativo per insinuarsi tra le pieghe oscure della riflessione e della memoria, con un procedere assorto e solitario che lo ha portato fino a oggi ad essere un significativo interprete del reale e della vita. Titoli come tracce, come segni di un diario, la notte, memoria, orizzonte, cosmos, deserto, scrimolo, crepaccio, abisso, origine, memoria al presente, ci raccontano molto del suo particolare universo e mondo visionario.  Sono opere costituite da serrate stratificazioni orizzontali  improntate da una struttura compositiva raccordata tra essenza e materialità, che negli anni successivi  fino a oggi hanno caratterizzato   in modo personale la sua ricerca artistica votata all’ossessiva indagine dell’uso dei materiali e verso una rappresentazione volutamente aniconica del linguaggio, ricreata opportunamente utilizzando la carta di giornale stampata arrotolata a mo’ di cordone intrecciato che cela nascosti spiragli di  eventi  accaduti e storie di esistenze  divenute presenze sospese di un procedere assorto al di là di un orizzonte oscuro, incarnando di fatto la tensione imminente dell’energia come essenza dell’essere al mondo.

Il suo è decisamente un accorto evocare per tracce e intrecci di senso e di materia, come giustamente sottolinea Lorenzo Bruni: “in cui gli inserimenti dei volumi delle corde di giornale arrotolate a spirale evocano cosmi sperduti in uno spazio altro” per “una nuova riflessione sul possibile ruolo della pittura nel mondo mediatico”, con il passato pregno di nascosti umori che emerge energicamente e si riconcilia con il presente a ricreare ignote e oscure emozioni, consegnando un nuovo senso d'esistere in un divenire al di là di una dimensione logica e altresì, condensandosi  come atto finale nella trasmutazione e nel cambiamento tra presenza e spazio e  tra materialità e stesura  cromatica. Si direbbe uno strano sortilegio immaginifico rinnovato per lungo tempo e caratterizzato nella prima decade del 2000 con gli attorcigliamenti della carta divenuta corda e anche barriera, muro e persino “sudario della memoria” che ora riemerge improvvisamente dal nulla per collocarsi tra spiragli di spazio all’orizzonte e verso  un infinito ancora distante e difficile da scrutare. 

Sul finire degli anni 20” vi è la realizzazione di carte tridimensionali come la grande installazione “Corpus temporis” del 2019, che disposti a terra oppure pendenti dal soffitto per mezzo di fili di nylon alludono al tempo come mutamento dell’essere, invadendo oggettivamente lo spazio fisico e psichico per una  partecipazione ancora più attiva del visitatore e nel contempo, l’utilizzo in modo “essenziale” di pochi elementi di carta arrotolata e raccordata di giornale, che a partire dal 2020, hanno invaso  lo spazio vuoto della tela distendendosi e lievitando su ampie stesure di colore innestando così lacerti e momenti di natura mentale che suggeriscono allo stato provvisorio l’essenza di ignoti paesaggi dell’anima, (autoritratti, larve di animali, frammenti di cose nascoste), rinati dopo una catastrofe collettiva  e consegnati ora al presente in una delicata  e sofferta sintesi creativa che solo i grandi artisti come Leto  sanno ancora ricreare.  

 


  

 

La Biografia




BIOGRAFIA  DI  GIOVANNI LETO

 

Giovanni Leto, nasce a Monreale, in provincia di Palermo, nel 1946. Attualmente vive a Bagheria.  Studia Decorazione Pittorica all’Istituto Statale d’Arte di Palermo. Nel 1964, conseguito il diploma di Maestro d’Arte, lascia la Sicilia per frequentare l’Accademia di Brera. Sfortunatamente, problemi economici limitano la sua permanenza a Milano ad un breve periodo che gli consente tuttavia di frequentare il corso di pittura tenuto da Domenico Cantatore e le lezioni di storia dell’arte condotte da Guido Ballo. Rientrato in Sicilia prosegue i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Palermo e porta avanti le sue ricerche tra il figurativo e l’informale. Sono anni ancora di formazione quando nel capoluogo siciliano, inaugura, nel 1966, la sua prima personale di incisioni presso la libreria Einaudi. Consegue il diploma d’Accademia nel 1968. Il clima è quello delle manifestazioni studentesche e Leto vi prende parte trascurando la sua passione per la pittura. In questo periodo si mantiene eseguendo su commissione opere figurative facilmente vendibili e lavori di restauro d’antichi dipinti.


Gli anni Settanta sono connotati da un alternarsi di vicende personali ed artistiche che s’influenzano le une con le altre. Nel 1972 inizia la sua carriera di insegnante d’Arte nella Scuola secondaria di primo grado e dopo una breve parentesi figurativa, riprende le ricerche precedentemente interrotte, che lo avevano portato all’uso di materiali poveri e grezzi e realizza opere come Terre del fantastico e Tracce. Nel 1976 sposa Eva Bosco e si trasferisce a Bagheria, dove incontra il poeta futurista Giacomo Giardina e dove frequenta assiduamente il poeta Ignazio Buttitta. Inizia il decennio successivo creando Memorie al presente e Come segni di un diario, opere in linea con le sperimentazioni iniziate durante gli anni Sessanta, che delineano l’interesse di Leto per il collage. Nel 1984, la sua produzione, sempre più caratterizzata dall’inserimento di materiali au delà de la peinture all’interno del “campo” pittorico, è tesa a definire una nuova spazialità. Realizza le opere della serie L’eros del tatto ed espone queste creazioni presso la Galleria Ezio Pagano di Bagheria. L’84 è anche l’anno di Elementi in Superficie, Cornici dipinte e fasciate e Corda, opere significative per gli sviluppi della sua ricerca spaziale.

 
Il 1985 è l’anno in cui Leto realizza i suoi primi Orizzonti. Sono creazioni costituite prevalentemente di pagine di giornale tattilmente attorcigliate e incollate sul piano dell’opera a formare serrate stratificazioni orizzontali, in cui l’istanza di una nuova spazialità, presente da sempre nella sua ricerca, approda ad una svolta decisiva, tutta improntata di fisicità e carnalità. Espone queste opere alla X Expo-Arte di Bari, presentate in catalogo da Giuseppe Frazzetto e s’impone all’attenzione della critica nel più vasto panorama dell’arte italiana. Giorgio Di Genova, Enrico Crispolti, Filiberto Menna, Pier Restany, Francesco Vincitorio, Lia De venere, sono tra i primi ad apprezzarne il lavoro. Marcello Venturoli, lo segnala in Flash Art tra “I dodici artisti più interessanti della Decima Expo”.Dopo Bari inizia per Leto un periodo ricco di incontri, mostre, riconoscimenti e frequenti viaggi. Nel 1986 il Museo Guttuso di Bagheria acquisisce nella collezione permanente la grande opera Orizzonte delta. Tra le mostre più significative di questo periodo: sono: nel 1988, la partecipazione alla Biennale del Sud, tenutasi all’Accademia di Belle Arti di Napoli, curata da Michele Bonuomo, Vitaliano Corbi, Giorgio Di Genova, Gillo Dorfles, Filiberto Menna, Pierre Restany e Lea Vergine; nello stesso anno  l’antologica, Geologia dell’Altrove, alla Civica Galleria d’Arte Contemporanea, curata da Giorgio Di Genova; la partecipazione all’International Festival of Art 1988, Padiglione Italia, in compagnia degli artisti Giovanni Barucchello, Nado Canuti, Novello Finotti, Sergio Floriani, Giovanni Soccol e Walter Valentini. Nel 1989, espone con Tomaso Binga, Vitaldo Conte, Silvio Guardì e William Xerra, nella mostra Sottosuolo del linguaggio, curata da Filiberto Menna alla Galleria Ezio Pagano di Bagheria.

 
In questi anni ricca è anche la sua produzione. Realizza la serie dei Pozzi, Triangoli, Rombi, Cerchi, opere i cui formati rimettono ulteriormente in discussione l’idea di pittura intesa come “finestra ritagliata sul mondo”. Nel 1990 soggiorna a Carrara dove, per conto della Galleria Atelier – Arti Visive, esegue la serie di opere, poi ordinate nella personale del 1996, “Il tempo cartificato”, curata da Guglielmo Gigliotti. Ancora nel 1990, all’Arte Fiera di Bologna, Giovanni Leto si lega anche alla Galleria Barbierato-Arte Contemporanea di Asiago che ne promuove il lavoro in ambito nazionale e internazionale. A Roma si incontra con Palma Bucarelli che nutre interesse per il suo lavoro In questo periodo, accanto a nuovi Orizzonti, Mari e Deserti di carta e accanto a creazioni più pittoriche come Racconti Aniconici e Contrappunto, realizza anche una nutrita serie di opere oggettuali ed installative. Tra queste la serie de Il corpo a corpo con lo spazio della pittura reificata del 1992 e le installazioni di Povera e leggera del 1994, a Petraia Soprana. Numerosi in questo decennio sono anche le esposizioni in Italia ed all’estero: la personale a Bologna, allo studio Cavalieri; la personale a Torino, alla Free Art; la personale a Carrara, all’Atelier-Arti Visive; la personale ad Asiago, da Barbierato Arte Contemporanea, la personale alla “G”, Galleria a Helsingborg (Svezia); la rassegna La Sicilia è un arcipelago, a Roma, all’Acquario Romano e successivamente al Citizens Columbus Foundation di New York e al Palazzo Reale dei Normanni a Palermo; la partecipazione al Solentuna Fair a Stoccolma; la collettiva all’Intrepid Sea-Air-Space Museum di New York; la Rassegna Multimediale, all’Università degli Studi a Sidney; l’esposizione alla 6° Montenapoleone a Milano. Lungo questi anni si occupano del suo lavoro con saggi e testimonianze critiche, oltre ai nomi precedentemente citati, Vittoria Coen, Sausen Faisal el-Samir, Paola Nicita, Toti Carpentieri, Angelo Dragone, Monica Mantelli. Enrico Crispolti, Luciano Carame, Lucio Barbera. Nel 1995, è presente nella mostra collettiva ”Un segno per il Sarno, organizzata da Ernesto Terlizzi e presentata in catalogo da Enrico Crispolti e Fulco Pratesi.   
Nell 1999, figura nella classifica “I migliori 100 artisti italiani degli ultimi quarant’anni”, pubblicata dalla rivista Flash Art, n. 215 di aprile 1999, in compagnia di Piero Manzoni, Pino Pascali, Alighiero Boetti, Luigi Ontani, Jannis Kounellis, Maurizio Cattelan ed altri artisti di rilievo internazionale. Nello stesso anno, entra a far parte del GAD (Gruppo Aniconismo Dialettico) fondato a Roma, nel 1977 da Giorgio Di Genova e con gli artisti del gruppo espone alla Palazzina Azzurra a San Benedetto del Tronto, al Palazzo Ducale di Revere (MN) e al Museo Michetti a Francavilla al Mare.
Nel 2001 è nell’elenco degli artisti “Il Meglio del 2000”, pubblicato nel Giornale dell’Arte n. 195, gennaio 2001, insieme a, per citare alcuni degli artisti, Jeff Koons, Fausto Melotti, Ed Templeton, Luciano Fabro, Marisa Merz, Odd Nerdrum.


Nel 2004, il Comune di Bagheria gli dedica un’ampia antologica al Museo Renato Guttuso – Villa Cattolica, presentata in catalogo da Enrico Crispolti ed Anna D’Elia.
Nel 2005, con Carla Accardi, Renato Guttuso, Antonietta Raphael Mafai, Mario Schifano, Pippo Rizzo e il fotografo Ferinando Scianna, espone a Parigi nella mostra L’Echange- 3° Salone Internazionale di Arti Plastiche e Figurative. Nel 2009, ancora in Francia, è nella mostra “Parva Naturalia anotation en marge d’Aristote”, curata da Antonina Greco negli spazi della Bibliothèque de Caen. Nel 2010 è nella rassegna “Genius Loci “, alla Galerie Miejsce/der ort, a Berlino.
In questo periodo Leto, accanto ad una serie di libri d’artista, realizza una serie di opere che si sviluppano nello spazio calpestabile. Tra queste: Yoni e Lingam, del 1994, attualmente nella Collezione del Museum- Ezio Pagano “Made in Italy” del 2011, esposta alla Biennale di Venezia – Iniziativa speciale Lo stato dell’Arte e “Ritratto di ignoto”, presentata al Premio Internazionale IV edizione   Limen arte a Vibo Valentia. Nel 2016 tiene la Personale Racconti di carte presso la galleria Adalberto Catanzaro a Bagheria, curata da Valentino Catricalà ed in quella occasione il Museo Riso –Polo Museale Regionale di Palermo, acquisisce due sue opere nella collezione. Nello stesso anno tiene la personale Giovanni Leto-Orizzonte in orizzonte 1985 / 2016, curata da Lorenzo Bruni, alle Fabbriche Chiaramontane ad Agrigento.

 

Nel 2018 partecipa a BIAS - Biennale Internazionale  Contemporanea Sacra, curata da Chiara Donà Dalle Rose al Museo Riso di Palermo e alla Fondazione Orestiadi  Ludovico Corrao a Gibellina.

Nel 2019 il Museo Riso di Palermo promuove la personale Giovanni Leto - Ritratto di Ignoto, curata da Franco Lo Piparo, negli spazi espositivi della Cappella dell’Incoronata. Nello stesso anno, insieme  Renata Boero, Felice Levini, Hidetoshi Nagasawa,  Luca Maria Patella, ed altri artisti di rilievo, è nella rassegna itinerante Ponte di conversazione con Paolo Aita, tenutasi a Roma  al Museo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese. Nel 2020 L’Accademia di Belle Arti di Palermo inserisce due sue opere nella Collezione di Libri d’Artista, documentate nel Catalogo “Artist’ Books – nuove opere in collezione, 2020”, catalogo che contiene oltre alla presentazione di Umberto de Paola, i contributi teorici di Marco Giovenale, Francesco Aprile e Giovanna Filippello. Nello stesso anno è presente con una sua opera nella mostra Novecento - da Pirandello a Guccione, curata da Vittorio Sgarbi al Convitto delle Arti a Noto (Siracusa).   Attualmente l’artista, insieme a nuove opere ambientali, installazioni ed opere segniche, viene coniugando la carta a nuovi materiali.  

 

Nel 2024  la Collezione Bongiani Art Museum di Salerno  gli organizza una mostra retrospettiva  a cura di Sandro Bongiani con oltre 70 opere che riassume oltre 60 anni di assiduo lavoro (1961-2023) svolto  dall’artista siciliano.

 

Il curriculum dell’artista è costellato da un’ampia bibliografia e da un corposo elenco di mostre personali e collettive che hanno avuto luogo in Italia e all’estero: Parigi, Berlino, Sydnei, Stoccolma, Helsingborg, Bagdad e New York. Sue opere figurano in vari musei e collezioni pubbliche e private: al Museo Renato Guttuso - Villa Cattolica a Bagheria (PA;  nella Pinacoteca d’Arte Contemporanea di Sulmona (AQ); al Museo Bargellini a Pieve di Cento (BO); alla Fondazione Orestiadi – Ludovico Corrao a Gibellina (TP) al Museo Bilotti di Roma; al Museo Riso – Polo Museale Regionale di Palermo; al Museum – Ezio Pagano a Bagheria, alla Pinacoteca Civica d’Arte Contemporanea di Marsala, alla Galleria Civica di San Felice Sul Panaro, al Museo Civico d’Arte Contemporanea di Messina, al Museo Civico “F. Carbone” a Godrano, al Museo d’Arte Contemporanea di Rende. Attualmente vive e lavora a Bagheria.

 

Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno