L'opera più discussa di Maurizio Cattelan, una banana attaccata al muro con il nastro adesivo,. Intitolata 'Comedian' è stata venduta nel 2019 alla misera somma (si fa per dire), di 120.000 dollari. Davvero una pazzia, soprattutto per il compratore che ignaro si porta a casa una discutibile e inutile “sola” deperibile. Che dire, 'Comedian' del fantomatico equilibrista Cattelan è bluff, uno scherzo, una burla iconoclasta che ha spinto il pubblico a interrogarsi sul precario e discutibile sistema omologato dell’arte e sul vero valore di una operazione e di un’opera inutilmente contemporanea. Il mercato da tempo si morde la coda e lo fa con un apparato gerarchico totalitarista di gallerie a la page (ve ne sono persino dieci dello stesso gallerista sparse in tutto il mondo) che impongono qualsiasi idea che sia utile al potere culturale imperante. Che fare?
“Oggi l’arte è un carcere”
Per capire come va realmente la faccenda ripropongo per l’occasione una parte di un mio saggio del 2019 scritto per una mostra. Già da diverso tempo il filosofo Mario Perniola si era accorto del problema confessando: "l'arte è un carcere, perché gli artisti sono dei carcerieri; essi tengono imprigionata la creatività che si potrebbe manifestare nella società con ricchezza di forme e di espressioni". Il carcere per le false avanguardie è la società, il suo astratto ordine pianificato. Perché questa premessa, perché l’arte proposta dal sistema ufficiale culturale viene pianificata in funzione di un ritorno economico sia del gallerista che dell’artista e anche dal curatore di turno, che preferisce essere utile al sistema, accettando il ruolo di subalterna condizione. Di fatto, l'arte "ufficiale" si adatta alle tattiche e alle mode pre-confezionate producendo oggetti sciatti che la critica asservita, cerca di avvalorare, dando motivazioni di vario genere a giustificare le qualità che molto spesso nelle opere non ci sono. Anche da queste considerazioni nasce il mio interesse a realizzare delle “piattaforme alternative virtuali” proponendo l’altra faccia della medaglia dell’arte, quella a lungo sottintesa e celata rispetto i dettami del panorama del sistema dell’arte ufficiale. Proposte e esperienze di ricerca varie che io riassumo complessivamente come “operazioni marginali attive”.
Viviamo ormai in un mondo uniformato e globale dove nessuna cosa ha più valore ma solo un prezzo. Nel prezzo e nella sostanza consumistica ci si è illusi di ritrovare un valore. .Abbiamo perso il valore della creatività e avvalorato la provocazione “tout court” fine a se stessa. Ormai si naviga a vista in un territorio sterile irto di dubbi e d’incertezze. Arte o Flop Art, prima o poi, bisognerà mettere a nudo la grande truffa che ci costringe a credere in nome della contemporaneità che tutta l’arte sia quella che oggi viene presentata e imposta dal sistema ufficiale. Il gesto provocatorio di Marcel Duchamp aveva un senso e una logica negli anni 20, oggi viene imitato e consegnato come atto formalistico e non più come provocazione esistenziale, l’attivismo di tanti falsi profeti non ha più senso se viene perpetrato come per esempio fa un certo Maurizio Cattelan con la “messa in opera” di una banana a muro. Infatti, nel 2019, l’artista Cattelan si permette di esporre una banana vera “Comedian”, con nastro adesivo a parete all’Art Basel di Miami Beach, una delle fiere più importanti del mondo di arte contemporanea, con relativa orchestrazione collaborativa dell’artista David Datuna che andava a completare la performance iniziata dall’artista Italiano dedito al facile conformismo e alla stanca ripetizione di idee indagate già da altri precedentemente. Un’idea debole, un’operazione banale di sterile provocazione, nient’altro. Un tempo la provocazione sconvolgeva e destabilizzava i benpensanti e i moralisti, mentre oggi, pur nascendo come pretesto e gesto dissacratorio, ha perso la forza distruttiva e mordente della dissacrazione per essere docilmente assorbita e resa innocua come elemento asettico e codificato fine a se stesso. Per il momento la parola d’ordine è “Il suo valore risiede nell’idea”, questa di Cattelan, appunto, è sicuramente “l’idea di azzerare tutte le idee”, facendo affiorare l’inconsistenza del pensiero divenuto vuoto e fenomeno del giorno. Il sistema dell’arte si fa così promotore, interprete e garante del pretesto assunto a opera d’arte in quanto oggetto svuotato a servizio del mercato ufficiale dell’arte globale. Ormai tutto fa brodo. L'arte è stata uccisa ma è mantenuta in vita volutamente come merce, e anche come spettacolo, con il fruitore che fa parte a pieno titolo della messinscena, di una spettacolarizzazione globale dove esserci è importante “perché così siamo”. Un mondo realmente ribaltato al contrario, in cui gli accadimenti provvisori prendono il posto della tensione e dell’invenzioni creativa. Di M. Duchamp, sappiamo che non ha mai venduto un'opera, disprezzava il denaro ed era indifferente al successo che non ha mai assaporato in vita. L’importanza di Marcel Duchamp sta tutta nella pratica di inscenare interferenze attriti all’interno dell’avanguardia, assai poco giustificabili e lecite se proposte in questa nostra attuale contemporaneità da epigoni come Maurizio Cattelan e relativi associati (artisti curatori e mercanti) che vogliono travisare e sabotare la portata rivoluzionaria di questo importante artista. Il problema sta tutto in questo cambiamento di idee e di scopi essenzialmente mercantili. Imposto dal sistema ufficiale dell’arte, assunto a sistema globale, che ha preferito rimpiazzare la critica d’arte e assumere a proprio servizio nuove figure come i curatori, per imporre in modo più sicuro le proprie scelte. Insomma, un giustificare la produzione degli artisti scelti avvalorando il lavoro di questi di un’importanza anche estetica. È in questo passaggio e “transitorietà” da un oggetto qualsiasi in una accondiscendente valutazione estetica che si ha la valorizzazione di un oggetto feticcio qualsiasi a opera d’arte. Di fatto non esiste più la categoria dei critici d’arte come s’intendeva un tempo, ma solo una finta azione critica da parte di molti per un fine essenzialmente speculativo secondo una logica produttiva del mercato. Un tempo la storia dell’arte veniva scritta passo dopo passo, dopo altrettanti verifiche posteriori, mentre ora è già scritta, e secondo questi fantomatici personaggi, rimarrà immutabile nel tempo consegnandola definitivamente ai posteri e alla storia. Diciamo che non è proprio così come ci vogliono far credere questi signori dell’arte. Sandro Bongiani