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domenica 29 agosto 2021

L’Afghanistan / quando la guerra entra in casa in forma di tappeto islamico afghano

 


 

  






Demetrio Paparoni    






DOMANI





Su Domani  di oggi  l'Afghanistan con i tappeti  islamici da combattimento in un testo di David Carrier, inoltre, alcuni articoli di Demetrio Paparoni.




Quei tappeti da combattimento afghani

 L’Afghanistan è il tema del giorno. Non potrebbe essere diversamente, viste le terribili notizie e immagini che ci giungono da quei luoghi tornati nelle mani dei talebani. Sulla pagina dedicata all’arte del nostro quotidiano oggi il filosofo e critico David Carrier scrive della mostra From Combat to Carpet: The Art of Afghan War Rugs al Museum of International Folk Art (MOIFA), una divisione del Dipartimento degli Affari Culturali sotto la guida del Board of Regents for the Museum of New Mexico. L’esposizione itinerante, curata da Enrico Mascelloni e Annemarie Sawkins, presenta più di 40 tappeti tessuti realizzati a mano negli ultimi quarant’anni, molti dei quali con iconografie legate alla guerra. A fare questi tappeti, poi venduti in Pakistan, ma anche in Europa e in America, sono donne e bambini afghani. I motivi e i soggetti raffigurati sono ben lontani da quelli rassicuranti presenti nei tappeti tradizionali. Vi ritroviamo infatti armi, elicotteri, carri armati, vedute di città attraversate da mezzi militari, mine, ritratti di Ahmad Shah Massoud, il capo militare assassinato da Al-Qaeda nel 2001, o di Amānullāh Khān, il sovrano dell'Afghanistan dal 1919 al 1929. Non mancano tappeti che mostrano l’attacco dell’11 settembre a New York City. Ce n’è anche uno con un planisfero che mette al centro l’Afghanistan (nella foto).


“Si dice che i tradizionali tappeti islamici siano come oasi nel deserto.” Scrive tra l’altro Carrier. “Si stendono a terra e si può immaginare di sdraiarsi su un rigoglioso giardino che cresce sontuosamente, circondato da una vegetazione lussureggiante. Questa è una delle ragioni per cui da tempo i tappeti affascinano gli occidentali che non sanno nulla dell’arte del mondo musulmano. I loro tessuti decorativi trasmettono attraverso la vista e il tatto una sensazione di tranquillità. Ma se mettiamo un tappeto di guerra sul muro come se fosse un quadro, così come accade in questa mostra, o sul pavimento, dove di solito si trovano i tappeti decorativi, ci ritroviamo immediatamente in una zona di combattimento. A meno che non siamo commercianti d’armi, è improbabile che la scena risulti rilassante. A guardare invece i tappeti di guerra appesi alle pareti è come se i combattimenti in Afghanistan ci avessero seguito fino a casa per perseguitarci.”




 Per altro verso la memoria non può che andare ad Alighiero Boetti e a Francesco Clemente che in Afghanistan hanno lavorato. L’articolo non riguarda gli arazzi con planisferi politici fatti realizzare da Boetti dal 1971 al 1993 in Afghanistan e in Pakistan, ma un cenno qui mi è d’obbligo. Boetti fece inserire dalle ricamatrici afghane i motivi delle bandiere dei vari Stati all’interno dei confini dei territori nazionali.  Nelle diverse versioni di questi planisferi che seguirono è possibile rilevare di anno in anno i cambiamenti geopolitici attraverso il variare dei confini e delle bandiere. Boetti inserì nei suoi arazzi anche frasi in farsi. In Pakistan fece realizzare dei tappeti con temi astratti e figurativi.


Didascalie delle foto
  • Copertina: Tappeto afghano che raffigura una moneta da cento dollari, lana annodata. Realizzato attorno al 2001
  • Tappeto con mappa del mondo, lana annodata. Realizzato nell’Afghanistan occidentale prima del 1989
  • Tappeto afghano con ritratto di Amanullah Khan, lana annodata.  Realizzato prima del 1985
  • Tappeto afghano con mappa dell'Afghanistan, lana annodata. Realizzato a Baghlan prima del 1998
  • Tappeto afghano con paesaggio urbano con ponte sul Bosforo, lana annodata. Realizzato nell’Afghanistan occidentale nella prima metà degli anni '80
  • Tappeto afghano che raffigura la Moschea Malabar e Victoria Street a Singapore, lana annodata. Realizzato nell’Afghanistan occidentale prima del 1998




e poi, alcuni  articoli di Demetrio Paparoni su Domani


Il senso religioso di Andy Warhol


Famoso a livello mondiale come colui che ha portato nell’arte l’estetica dell’effimero e dei beni di consumo, teneva rigorosamente nascosta la sua vita privata e il legame con le sue radici cattoliche


I musei ipocriti uccidono l’arte. L’autocensura nel «caso Guston»














Dopo l’omicidio di George Floyd, la mostra sul pittore che ha rappresentato la banalità del male con i cappucci del KKK è stata rimandata, per evitare una discussione troppo complicata. I critici sono insorti per difendere la libertà dell’arte


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Segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno