SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
Via S. Calenda, 105/D – Salerno
“L’UNIVERSO DENTRO TRA LUCE E COLORE”
Mostra Personale di 
ALESSANDRA ANGELINI
Opere 2000 - 2016
a cura di Giovanni Bonanno
Dal 20 ottobre al 8 gennaio 2017
Inaugurazione: Giovedì 20 ottobre 2016, ore 18.00
Ophen Virtual Art Gallery 2.0, Via S. Calenda, 105/D – Salerno
Tel/Fax 089 5648159
e-mail: bongiani@alice.it
Web Gallery: http://www.collezionebongianiartmuseum.it
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
L’UNIVERSO DENTRO TRA LUCE E COLORE
Presentazione  di 
Giovanni Bonanno
La visione poetica dell’artista Alessandra Angelini  si colloca sul crinale della
sperimentazione  tra musica e universo. Tutte
le sue opere potrebbero essere intitolate “Sinfonie di luce”,  oppure “Accenti”,  proprio perché condividono la ricerca metodica
della luce  che nell’apparizione si fa  forma e armonia.  Nel corso di diversi  decenni di ricerca  l’artista  pavese ha sperimentato  un procedimento di
analisi del tutto nuovo che fa affidamento sulla sperimentazione in divenire. Una  particolare weltanschauung strettamente legata
alla  scienza e alla tecnologia  con un  conseguente rapporto prioritario   tra
musica, luce e colore,  elementi da sempre
presenti nella sua ricerca  secondo  criteri di contaminazione tra sperimentazione
tecnica e cognizione scientifica. Attraverso le grafica, la pittura e le opere
fotografiche e plastiche, l’artista stabilisce un rapporto prioritario tra il
tempo musicale e quello del colore-luce, in uno spazio “immaginato” in cui le
onde sonore e le onde luminose si definiscono  come presenza  provvisoria nel visibile.     
I luminogrammi, ovvero le “pitture di luce”, infatti,  nascono 
 proprio dall’intuizione a
far emergere in uno spazio  metaforico
l’emozione creativa secondo uno schema intimamente interiore in cui i segni di
luce  si compongono e si condensano in
brani visibili di tipo musicale.  In siffatta
 pratica si utilizza
lo scatto fotografico con fonti di luce in movimento con segni di luce che si
rincorrono e si sovrappongono creando inaspettate situazioni emozionali. Frequentemente l’artista lavora in studio ascoltando brani
musicali di  Mozart, disegnando e dipingendo
nello spazio  sinfonie cosmiche, secondo
un interiore suggestione, che evidenziate nella 
lievità della  luce e del
movimento si definiscono in forma di presenze.  “Un
segno - aggiunge Martina Cognati - in
qualche misura più primario, a
mezza via fra cose e parole, presenza e significazione. Segno, il suo, da
vedere ma anche da fare in una
prassi ininterrotta” del provare e sperimentare materialmente nel contatto
con le cose”.  
La creazione per Alessandra
Angelini è come la metafora del tuffatore di Paestum;  sprofondare verso l’ignoto per poi far emergere,  carichi di umori particolari e  in una dimensione “altra”,  brani  ricomposti di cose  proprio 
come accade con la musica. Insomma,  una ricerca dell’armonia nascosta, del mistero
delle cose indagato utilizzando nuovi modi di  “sondare l’invisibile”  e le  emozioni 
in modo inaspettato.  Secondo l’artista
pavese, bisogna pensare all’arte come a un territorio di perenne
trasformazione,  una prova dopo l’altra, preferendo alla bisogna diverse
tecniche; dalla  xilografia al plexiglas,
dalla tempera ai  legni fino all’uso delle  fibre ottiche, e del wood, in una
ininterrotta e incessante  riformulazione
“di momenti” in cui la luce si  definisce
provvisoriamente “in accenti” di segni e campi cromatici in perenne variazione.
In una recente intervista
 del 2014 
l’artista chiarisce  il suo particolare
metodo di lavoro confermando:  “spaziare tra diversi media è come poter
esprimere il proprio pensiero in lingue diverse, così non ci sono, nel mio
immaginario, linguaggi o tecniche privilegiate. 
All’origine del mio lavoro penso ci sia la combinazione tra pensiero,
emozione e azione. Uno stesso pensiero creativo può trasformarsi su un foglio
di carta, su una tela, su un file e assumere “forme” inaspettate; può diventare
scultura ed entrare ogni volta in un rapporto diverso con lo spazio. Può
addirittura danzare nello spazio. E in questo caso il gesto, il colore/segno diventa musica
visiva”.
In un’epoca segnata
dalla velocità  accelerata del vivere, l’artista
 Angelini preferisce  i tempi lenti di ricerca, di riflessione  e di contatto
diretto con le cose.  Da questo particolare
procedere, nel corso degli anni sono nati diversi  cicli di ricerca tutte legate  e variamente declinate ad una matrice comune. Praticamente
un indagare correlato tra intervento pittorico, grafico e plastico, sempre per
giustapposizioni di variazioni di ricerca. Del resto, il colore ha un suo modo tutto
particolare di esistere; si rivela con la luce con cui   ha un rapporto prioritario e da questa
relazione  nascono  svariati cambiamenti e mutevoli effetti.  Le proprietà emozionali di ciascun colore
determinano momenti diversi che ci suggeriscono sensazioni e emozioni particolari.
Un colore inteso come essenza variabile della luce che attraverso la
sperimentazione di tecniche e materiali diversi  risulta lo strumento più idoneo  per sondare il mistero delle cose alla
ricerca del senso e del limite. Nella serie degli Alberi celesti, per esempio,  l'artista 
dialoga con lo spazio ambientale con stampe xilografiche su piallacci in
legno,  qui il colore   con l’utilizzo del metacrilato e i materiali
plastici termoformati  s’insinua dentro
il dato reale trasformandosi  in un
diverso apparire carico di leggerezza e trasparenza, in un rapporto profondo
con lo spazio. Di certo, la sperimentazione per Angelini è momento fondante d’indagine
conoscitiva, di approfondimento del rapporto emozionale alla ricerca della
metamorfosi, del viaggio  e  dell’ignoto. 
Una ultima
considerazione “non marginale”, riguarda la serie di libri d’artista creati in
questi anni, che non è “un universo estraneo”, 
una produzione assestante rispetto alla ricerca del  colore e della luce, ma  indagine integrante  di tutto il lavoro svolto da questa importante
artista.  Dal 2000 in poi, sono nati
diversi libri al di fuori degli schemi tradizionali,  tra testo scritto e  grafica utilizzando diverse tecniche
espressive, dai  disegni a inchiostro di
china alla xilografia o all'acquatinta, al procedimento serigrafico,
all'eliografia fino alle  elaborazioni
digitali dell’immagine fotografica, e 
ultimamente, anche all’uso dell'incisione su foto polimeri  in cui bisogna  esporre la lastra ai raggi ultravioletti o
alla luce del sole per avere una  conseguente stampa. Insomma, una sorta di “ibridazione
dell’immagine” ottenuta dall’uso di tecniche diverse e apparentemente
incompatibili  che ha permesso all’artista
di ricreare un magistrale universo poetico in cui il  dialogo con la poesia diventa del tutto spontaneo
e naturale. Da questa insolita “messa in opera” sono nati momenti creativi di
alta qualità sospesi tra leggerezza e vibrazione, come  nell’opera “Il giardino è aperto”, del 2015,
che si presenta come un  libro complesso legato
alla costruzione di un pensiero. Una visione 
ancora decisamente “trasversale” che accoglie nel contempo frammenti
grafici, coloristici e a volte persino  frammenti materici. Lo sguardo “verso
l'infinito  dell'universo” diventa una
sorta di viaggio continuo e sfuggente alla ricerca dell’essenza  e della sostanza. Gli accenti  e gli universi dentro ora possono definirsi
come presenze “insostanziali”,  nate
dalla madre luce nel rapporto più  profondo  e vero tra 
esperienza personale, scienza e natura.         Giovanni  Bonanno  






 
 
 
