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mercoledì 25 agosto 2021

Arte di sistema o Flop Art?

 

Ora vi racconto cosa succede nel magnifico mondo dell'arte contemporanea, tra arte di regime e ricerche di confine marginali attive.

 Riprendo il lavoro svolto in un seminario organizzato da Luigi Russo nel 1982 a Palermo, di una inchiesta “sociologica” volutamente provocatoria, una sorta di progetto partecipativo di un artista argentino Horacio Zabala che aveva inviato a duecento persone di ventitre paesi un foglio bianco con l’intestazione “Oggi l’arte è un carcere”. Una campionatura delle numerose risposte poi pubblicate in un volume. Dal seminario i contributi di Mario Perniola, Ermanno Migliorini, Enrico Crispolti e il filosofo  Jean Baudrillard sono stati tutti concordi  nel ritenere che l’arte  può essere anche una prigione. Il filosofo Mario Perniola per l’occasione scriveva "l'arte è un carcere, perché gli artisti sono dei carcerieri; essi tengono imprigionata la creatività che si potrebbe manifestare nella società con ricchezza di forme e di espressioni". Il carcere per le false avanguardie è la società, il suo astratto ordine pianificato. Perché questa premessa, perché l’arte proposta dal sistema culturale   ufficiale viene pianificata in funzione di un ritorno economico sia del gallerista  che  dell’artista  e anche dal curatore di turno che preferisce essere utile al sistema accettando il ruolo di  subalterna condizione. Di fatto, l'arte "ufficiale" si adatta alle tattiche e alle mode pre-confezionate producendo oggetti  spesso sciatti che la critica asservita, cerca in tutti i modi di avvalorare, dando motivazioni di vario genere a giustificare le qualità che a volte nelle opere non c’è. Anche da queste considerazioni nasce il mio interesse a utilizzare, da diverso tempo, delle “piattaforme alternative virtuali” proponendo  l’altra faccia della medaglia dell’arte; quella a lungo celata rispetto i dettami del panorama del sistema dell’arte ufficiale. Proposte e  esperienze di ricerca varie che io riassumo  complessivamente come “operazioni marginali attive”.

Viviamo ormai in un mondo uniformato e globale in cui abbiamo perso il valore della creatività e avvalorato la provocazione “tout court” fine a se stessa. Ormai si naviga a vista in un territorio sterile irto di dubbi e d’incertezze. Arte o Flop Art?, prima o poi, bisognerà mettere a nudo la grande truffa  che ci costringe a credere, in nome della contemporaneità, che tutta l’arte sia  quella che oggi viene presentata e imposta dal sistema ufficiale.  Il gesto provocatorio di Marcel Duchamp aveva un senso e una logica negli anni 20,  oggi viene imitato e utilizzato come atto formalistico e non più provocazione esistenziale. 


Comedian, La nuova opera di Maurizio Cattelan presentata ad  Art Basel Miami 2019

Di certo l’attivismo di tanti falsi profeti non ha più senso se viene ripetuto, come per esempio fa  un certo  artista con la “messa in opera”, si fa per dire, di una banana a muro. Infatti, nel 2019, si era permesso di esporre una banana vera  Comedian” con nastro adesivo a parete all’Art Basel di Miami Beach, una delle fiere più importanti del mondo di arte contemporaneacon relativa orchestrazione collaborativa dell’artista David Datuna che andava a completare la performance iniziata dall’artista Italiano dedito al facile  conformismo e alla stanca ripetizione di idee indagate già precedentemente da altri artisti.  Basterebbe vedere le opere  presentate recentemente anche alla Pirelli Hangar Bicocca di Milano con strascichi che ricordano lavori di Mimmo Paladino e persino del comasco Ico Parisi. Un’idea debole, un’operazione banale di sterile provocazione, nient’altro. Un tempo la provocazione   sconvolgeva e destabilizzava i benpensanti e i moralisti, mentre oggi, nascendo come solo pretesto ha  perso la forza distruttiva e mordente della dissacrazione per essere  docilmente assorbita e resa innocua  asetticamente come elemento  codificato fine a se stesso. Per il momento la parola d’ordine  è “Il suo valore risiede nell’idea”quella di codesto autore, appunto, è sicuramente “l’idea di azzerare tutte le idee”, facendo affiorare l’inconsistenza del pensiero divenuto vuoto e fenomeno del  giorno. Anche in questa situazione il sistema dell’arte si fa  promotore, interprete e garante del pretesto assunto a opera d’arte in quanto oggetto  svuotato a servizio del mercato ufficiale dell’arte globale. 

Sappiamo che M. Duchamp, in vita non ha mai venduto un'opera, disprezzava il denaro  e era indifferente al successo che non ha mai assaporato. L’importanza di Duchamp sta tutta nella pratica di inscenare interferenze e attriti all’interno dell’avanguardia, assai poco giustificabili  e lecite se proposte in questa nostra attuale contemporaneità da personaggi e epigoni (artisti curatori e mercanti) che vogliono travisare e sabotare volutamente la portata  rivoluzionaria di questo artista. Di sicuro, nonostante la notorietà gran parte della società non conosce appieno  la portata reale  del lavoro di Duchamp, come per esempio  “Etant donnè”  creata nell’ultimo ventennio di lavoro, (tra il 1946 e il 1966), prima della sua scomparsa e che risulta, a  mio avviso, il testamento ufficiale di come concepire una originale creazione artistica dada. 


Sun & Sea (Marina) Padiglione della Lituania, Leone d'Oro alla 58° Biennale d'Arte di Venezia, 2019


Come possiamo accettare oggi la performance della finta spiaggia “Sun & Sea” con annessi bagnanti e figuranti in  tenuta balneare con sottofondo leggere  arie di finta  operetta che si percepivano  qualche anno fa nel padiglione della Lituania alla 58 Biennale di Venezia 2019.  L’opera Sun & Sea (Marina) affronta con leggerezza teatrale una situazione “soft”,  si rivolge ad un pubblico disponibile presentando  l’accadimento con toni ammiccanti e del tutto familiari. Decisamente una scena piacevole e ludica da Luna Park per una giornata piacevolmente spensierata da passare in modo diverso sotto il segno della finzione scenografica.

 

Manifesta12, Palermo Procession, 2018 Public performance 


Che dire poi, di una  apprezzata artista da sagra  paesana che incentra la sua pratica artistica sulla partecipazione pubblica attraverso la “spettacolarità”, coinvolgendo intere comunità sociali  in azioni performative di incontro  in cui vari media come la danza, la musica, l’azione scenica  si riversano per divenire accadimento e momento  puramente collaborativo. Ormai in arte tutto fa brodo. Di certo, l'arte è stata uccisa  ma è mantenuta ancora in vita come merce, e anche come spettacolo, con il fruitore che fa parte a pieno titolo della  messinscena, di una spettacolarizzazione globale dove esserci è importante “perché così siamo”. Un mondo realmente  ribaltato al contrario in cui gli accadimenti provvisori prendono il posto  della tensione e dell’invenzioni creativa.

Insomma, il problema sta tutto in questo cambiamento di idee e di scopi  essenzialmente  mercantili, imposto dal sistema globale dell’arte  che ha preferito rimpiazzare il critico d’arte e assumere a proprio servizio  nuove figure come i curatori, per imporre  in modo più sicuro le proprie scelte. Ora tutto è possibile, anche  giustificare la produzione  di qualsiasi artista da imporre  accreditando un ipotetico valore estetico. È in questo passaggio e “transitabilità”, da un oggetto qualsiasi in una accondiscendente valutazione estetica, che si ha la valorizzazione di un oggetto feticcio qualsiasi a opera d’arte.  Di fatto, non esiste più la categoria dei critici d’arte come s’intendeva un tempo, ma solo  una finta e innocua azione critica  da parte di molti per un fine  essenzialmente speculativo, secondo una logica produttiva  utile al mercato. Un tempo l’arte  veniva scritta passo dopo passo, dopo altrettanti verifiche posteriori, mentre ora, secondo questi fantomatici personaggi è da consegnare già alla storia. Troppi artisti, troppo mercato, troppe mostre, troppo denaro agitano gli animi  che circola  a valanga in nome dell’investimento finanziario  e della speculazione intelligente. Le ultime avvisaglie riguardano l’interessamento complice da parte del sistema dell’arte della Street Art e della Cripto Art, due fenomeni recenti da imporre per ossigenare il mercato, piuttosto che  interessarsi e sostenere, come coscientemente dovrebbe essere, su artisti e visioni di lavoro che incarnino  compiutamente  l’originalità del pensiero creativo anziché la trovata occasionale e provvisoria. Diceva Duchamp, “l’artista del futuro deve scendere in clandestinità altrimenti sarà assorbito dal mercato”. Oggi per l’artista, la ricerca e la creazione sono l’unica soluzione  se vuole sopravvivere a questa catastrofe imposta dal sistema ufficiale dell’arte, un atto di  cosciente e lucida resistenza al mercato e alle sue astratte leggi mercificatori.     Sandro  Bongiani