Ora vi racconto cosa succede nel magnifico mondo dell'arte contemporanea, tra arte di regime e ricerche di confine marginali attive.
Riprendo il lavoro svolto in un seminario organizzato da Luigi Russo nel 1982 a Palermo, di una inchiesta “sociologica” volutamente provocatoria, una sorta di progetto partecipativo di un artista argentino Horacio Zabala che aveva inviato a duecento persone di ventitre paesi un foglio bianco con l’intestazione “Oggi l’arte è un carcere”. Una campionatura delle numerose risposte poi pubblicate in un volume. Dal seminario i contributi di Mario Perniola, Ermanno Migliorini, Enrico Crispolti e il filosofo Jean Baudrillard sono stati tutti concordi nel ritenere che l’arte può essere anche una prigione. Il filosofo Mario Perniola per l’occasione scriveva "l'arte è un carcere, perché gli artisti sono dei carcerieri; essi tengono imprigionata la creatività che si potrebbe manifestare nella società con ricchezza di forme e di espressioni". Il carcere per le false avanguardie è la società, il suo astratto ordine pianificato. Perché questa premessa, perché l’arte proposta dal sistema culturale ufficiale viene pianificata in funzione di un ritorno economico sia del gallerista che dell’artista e anche dal curatore di turno che preferisce essere utile al sistema accettando il ruolo di subalterna condizione. Di fatto, l'arte "ufficiale" si adatta alle tattiche e alle mode pre-confezionate producendo oggetti spesso sciatti che la critica asservita, cerca in tutti i modi di avvalorare, dando motivazioni di vario genere a giustificare le qualità che a volte nelle opere non c’è. Anche da queste considerazioni nasce il mio interesse a utilizzare, da diverso tempo, delle “piattaforme alternative virtuali” proponendo l’altra faccia della medaglia dell’arte; quella a lungo celata rispetto i dettami del panorama del sistema dell’arte ufficiale. Proposte e esperienze di ricerca varie che io riassumo complessivamente come “operazioni marginali attive”.
Viviamo ormai in un mondo uniformato e globale in cui abbiamo perso il valore della creatività e avvalorato la provocazione “tout court” fine a se stessa. Ormai si naviga a vista in un territorio sterile irto di dubbi e d’incertezze. Arte o Flop Art?, prima o poi, bisognerà mettere a nudo la grande truffa che ci costringe a credere, in nome della contemporaneità, che tutta l’arte sia quella che oggi viene presentata e imposta dal sistema ufficiale. Il gesto provocatorio di Marcel Duchamp aveva un senso e una logica negli anni 20, oggi viene imitato e utilizzato come atto formalistico e non più provocazione esistenziale.
Comedian, La nuova opera di Maurizio Cattelan presentata ad Art Basel Miami 2019
Di
certo l’attivismo di tanti falsi profeti non ha più senso se viene ripetuto,
come per esempio fa un certo artista con la “messa in opera”, si fa per
dire, di una banana a muro. Infatti, nel 2019, si era permesso di esporre una
banana vera “Comedian” con nastro adesivo a parete all’Art Basel di
Miami Beach, una delle fiere più importanti del
mondo di arte contemporanea, con relativa orchestrazione
collaborativa dell’artista David Datuna che andava a
completare la performance iniziata dall’artista Italiano dedito al facile
conformismo e alla stanca ripetizione di idee indagate già precedentemente da
altri artisti. Basterebbe vedere le opere
presentate recentemente anche alla Pirelli Hangar Bicocca di Milano con
strascichi che ricordano lavori di Mimmo Paladino e persino del comasco Ico
Parisi. Un’idea debole, un’operazione banale di sterile provocazione,
nient’altro. Un tempo la provocazione
sconvolgeva e destabilizzava i benpensanti e i moralisti, mentre oggi,
nascendo come solo pretesto ha perso la
forza distruttiva e mordente della dissacrazione per essere docilmente assorbita e resa innocua asetticamente come elemento codificato fine a se stesso. Per il momento la
parola d’ordine è “Il suo valore
risiede nell’idea”, quella di codesto autore, appunto,
è sicuramente “l’idea di azzerare tutte le idee”, facendo affiorare
l’inconsistenza del pensiero divenuto vuoto e fenomeno del giorno. Anche
in questa situazione il sistema dell’arte si fa promotore, interprete e
garante del pretesto assunto a opera d’arte in quanto oggetto svuotato a
servizio del mercato ufficiale dell’arte globale.
Sappiamo che M. Duchamp, in vita non ha mai venduto un'opera, disprezzava il denaro e era indifferente al successo che non ha mai assaporato. L’importanza di Duchamp sta tutta nella pratica di inscenare interferenze e attriti all’interno dell’avanguardia, assai poco giustificabili e lecite se proposte in questa nostra attuale contemporaneità da personaggi e epigoni (artisti curatori e mercanti) che vogliono travisare e sabotare volutamente la portata rivoluzionaria di questo artista. Di sicuro, nonostante la notorietà gran parte della società non conosce appieno la portata reale del lavoro di Duchamp, come per esempio “Etant donnè” creata nell’ultimo ventennio di lavoro, (tra il 1946 e il 1966), prima della sua scomparsa e che risulta, a mio avviso, il testamento ufficiale di come concepire una originale creazione artistica dada.
Sun & Sea (Marina) Padiglione della Lituania, Leone d'Oro alla 58° Biennale d'Arte di Venezia, 2019
Come possiamo accettare oggi la performance della finta spiaggia “Sun & Sea” con annessi bagnanti e figuranti in tenuta balneare con sottofondo leggere arie di finta operetta che si percepivano qualche anno fa nel padiglione della Lituania alla 58 Biennale di Venezia 2019. L’opera Sun & Sea (Marina) affronta con leggerezza teatrale una situazione “soft”, si rivolge ad un pubblico disponibile presentando l’accadimento con toni ammiccanti e del tutto familiari. Decisamente una scena piacevole e ludica da Luna Park per una giornata piacevolmente spensierata da passare in modo diverso sotto il segno della finzione scenografica.
Manifesta12, Palermo Procession, 2018 Public performance
Che dire poi, di una apprezzata artista da sagra paesana che incentra la sua pratica artistica
sulla partecipazione pubblica attraverso la “spettacolarità”, coinvolgendo
intere comunità sociali in azioni
performative di incontro in cui vari
media come la danza, la musica, l’azione scenica
si riversano per divenire accadimento
e momento puramente collaborativo. Ormai
in arte tutto fa brodo. Di certo, l'arte è stata uccisa ma è mantenuta ancora in vita come merce, e
anche come spettacolo, con il fruitore che fa parte a pieno titolo della messinscena, di una spettacolarizzazione
globale dove esserci è importante “perché così siamo”. Un mondo realmente ribaltato al contrario in cui gli accadimenti
provvisori prendono il posto della
tensione e dell’invenzioni creativa.
Insomma, il problema sta tutto in questo cambiamento di idee e di scopi essenzialmente mercantili, imposto dal sistema globale dell’arte che ha preferito rimpiazzare il critico d’arte e assumere a proprio servizio nuove figure come i curatori, per imporre in modo più sicuro le proprie scelte. Ora tutto è possibile, anche giustificare la produzione di qualsiasi artista da imporre accreditando un ipotetico valore estetico. È in questo passaggio e “transitabilità”, da un oggetto qualsiasi in una accondiscendente valutazione estetica, che si ha la valorizzazione di un oggetto feticcio qualsiasi a opera d’arte. Di fatto, non esiste più la categoria dei critici d’arte come s’intendeva un tempo, ma solo una finta e innocua azione critica da parte di molti per un fine essenzialmente speculativo, secondo una logica produttiva utile al mercato. Un tempo l’arte veniva scritta passo dopo passo, dopo altrettanti verifiche posteriori, mentre ora, secondo questi fantomatici personaggi è da consegnare già alla storia. Troppi artisti, troppo mercato, troppe mostre, troppo denaro agitano gli animi che circola a valanga in nome dell’investimento finanziario e della speculazione intelligente. Le ultime avvisaglie riguardano l’interessamento complice da parte del sistema dell’arte della Street Art e della Cripto Art, due fenomeni recenti da imporre per ossigenare il mercato, piuttosto che interessarsi e sostenere, come coscientemente dovrebbe essere, su artisti e visioni di lavoro che incarnino compiutamente l’originalità del pensiero creativo anziché la trovata occasionale e provvisoria. Diceva Duchamp, “l’artista del futuro deve scendere in clandestinità altrimenti sarà assorbito dal mercato”. Oggi per l’artista, la ricerca e la creazione sono l’unica soluzione se vuole sopravvivere a questa catastrofe imposta dal sistema ufficiale dell’arte, un atto di cosciente e lucida resistenza al mercato e alle sue astratte leggi mercificatori. Sandro Bongiani
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