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domenica 18 maggio 2014

PREMIATO A ROMA, IN CAMPIDOGLIO CARLO IACOMUCCI


PREMIATO A ROMA, IN CAMPIDOGLIO, IL 14 MAGGIO

Carlo Iacomucci “Marchigiano dell’anno”

 

Il riconoscimento assegnato dal Centro Studi Marche che da trent’anni porta alla ribalta i personaggi che hanno fatto conoscere la nostra regione in Italia e nel mondo. L’artista, che ora vive a Macerata, è uno dei principali continuatori della prestigiosa tradizione della Scuola del Libro di Urbino.

 


  Il pittore e incisore urbinate Carlo Iacomucci è uno degli otto “Marchigiani dell’anno”.  Ha ricevuto  il prestigioso riconoscimento  mercoledì  14 maggio, a Roma, nella sala Protomoteca del Campidoglio.  Il premio è stato istituito nel 1984 dal Centro Studi Marche “Giuseppe Giunchi” di Roma per esaltare la “marchigianità” e il senso di appartenenza a una regione conosciuta e apprezzata per operosità, intraprendenza e spirito di iniziativa. Ogni anno il Cesma (Centro Studi Marche) porta alla ribalta i marchigiani sparsi in un po’ ovunque, in Italia e nel mondo, che si sono distinti nei settori della cultura, dell’economia, dell’arte, della ricerca e dell’imprenditoria.

  


 
Carlo  Iacomucci è originario di Urbino, ma da anni vive e lavora a Macerata. E’ uno dei maggiori artisti viventi che porta avanti la prestigiosa tradizione della Scuola del Libro di Urbino dove negli anni Trenta si sono formati Fiume, Brindisi, Ciarrocchi e tanti altri che hanno segnato le vicende artistiche del nostro Paese.

    


 
Carlo Iacomucci è uno degli eredi di questa grande tradizione, tanto che si definisce più incisore che pittore. Usa con straordinaria abilità la tecnica dell’acquaforte usata come forma espressiva fin dal Medio Evo (quando si utilizzata l’acido nitrico) proprio perché non soggetta a regole ferree e quindi consente all’artista di liberare al massimo la propria creatività. Da quarant’anni fonda la sua ricerca di base sul dilemma fra vero e falso, fra sogno e realtà. Si esprime attraverso il segno che diventa anche “personaggio” o “sentinella della natura”. Con il colore, invece, fa vibrare le corde del sentimento e stimola le emozioni. Poi usa i simboli come l’onnipresente aquilone di pascoliniana memoria. L’aquilone inteso come simbolo di libertà e di speranza. Oppure l’utilizzo delle tracce o gocce: sette pennellate o spazi bianchi intesi come “movimenti ventosi nello spazio”. Sette come i colori della luce.