lunedì 10 giugno 2024

Alla Galleria Marco Fraccaro di Pavia la personale di Ruggero Maggi "Sfibrate fessure", fino al 6 luglio 2024

 

 


Collegio Fratelli Cairoli già Collegio Germanico-Ungarico

Dal 1971 il Collegio Fratelli Cairoli ospita mostre d’arte contemporanea: ad oggi sono all’attivo oltre trecento mostre. Il promotore delle attività espositive, il Rettore Professor Marco Fraccaro, stabilì la consuetudine del dono di un’opera d’arte al Collegio da parte di chi esponeva: si è così formato un patrimonio di oltre mille opere, che costituisce un vero e proprio museo diffuso, un fattore distintivo della nostra offerta formativa e culturale. L’arte di ricerca e d’avanguardia hanno caratterizzato gli eventi espositivi fin dalle origini, in particolare con la poesia visiva e la scrittura visuale. È pertanto con grande interesse e piacere che ho accolto la proposta della mostra di Ruggero Maggi, a sua volta poeta visuale e ricercatore in vari ambiti espressivi della neo e postavanguardia. La sua presenza in Collegio in occasione dell’evento “Arte sotto assedio” (maggio 2023, nell’ambito del Festival dei Diritti Umani, “Cupe vampe: saperi vietati, diritti negati”), con una conferenza e con l’esposizione di alcuni libri oggetto, ha stimolato questa progettualità condivisa, che si auspica duratura, all’insegna della sperimentazione artistica e della contaminazione culturale.     Andrea Zatti

 

Galleria Marco Fraccaro

Sfibrate fessure

Mostra di Ruggero Maggi

A cura di Giosuè Allegrini e Cristina Fraccaro

15 giugno – 6 luglio 2024

inaugurazione sabato 15 giugno 2024, ore 17.30

 

Ruggero Maggi, I giardini di Kiev, 2024, inchiostro e acrilico su metallo, 80x80x1,5 cm

 

Sfibrate fessure, mostra personale di Ruggero Maggi, a cura di Giosuè Allegrini e Cristina Fraccaro, si inaugurerà al Collegio Fratelli Cairoli dell’Università degli Studi di Pavia, con interventi di Andrea Zatti, Rettore del Collegio, Giosuè Allegrini, storico e critico d’arte, Cristina Fraccaro, storica dell’arte, Lorella Giudici, storica dell’arte e docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Stefano Schiavoni, Direttore del MAM, Museo d'Arte Moderna e della Mail Art di Montecarotto (AN).

La galleria che ospita l’evento è intitolata a Marco Fraccaro (1926-2008), genetista, Rettore del Collegio e promotore dell’arte contemporanea, che la inaugurò nel 1971; ha all’attivo oltre trecento mostre dedicate alla verbo-visualità e a tutte le forme espressive di ricerca d’avanguardia. Per tradizione, gli artisti ospiti donano un’opera al Collegio, divenuto così una collezione di oltre mille pezzi: un museo diffuso in un luogo dedicato alla cultura e alla formazione.

La rassegna è rappresentativa del percorso pluridecennale di Ruggero Maggi, che dall’inizio degli  anni Settanta si occupa di Poesia Visiva, Copy Art, Libri d’Artista, Mail Art, e, successivamente, si è dedicato alla sperimentazione del rapporto tra arte e tecnologia con installazioni olografiche e di Laser Art. Dal 1985 incentra la sua ricerca sullo studio della teoria del caos, dell’entropia e dei sistemi frattali.

Stratificazioni e sedimentazioni di pensieri in cui ambiente e storia si posano, si confrontano e si condensano, si presentano al nostro sguardo attraverso frammenti ambientali cintati da interventi artistici, fessurazioni, contaminazioni culturali e infine rinnovate chiavi semantiche e di conoscenza.

Nell’ultimo ciclo di opere, inedite, l’artista incide, disegna e poi ricompone su calcinacci, carte, plastiche e materiali vari il futuro, alla volta di un’arte universale e di pura creatività che offra processi mentali, stimoli creativi, scambi di idee.


Ruggero Maggi, Sfibrate fessure – Segnalibro, (dettaglio), 2024, disegno a china e smalti su cemento,  51x31x26 cm

 
 Ruggero Maggi, Sfibrate fessure – Farinata, (dettaglio), 2024, disegno a china e smalti su cemento, 41x27x32 cm

Ruggero Maggi, Sfibrate fessure – Greetings from Ukraine, (dettaglio), 2024, disegno a china e smalti su cemento, 48x20x19 cm

  

 

Ruggero Maggi, Per essere grandi, (dettaglio), 2024, disegno a china e polimaterico su carta, 50x50x5 cm

Ruggero Maggi, Matrice, 2020, collage e vernice oro su scheletri rettili, 50x50 cm

 


Ruggero Maggi, Fertile terra, (dettaglio), 2015-2020, libro oggetto, laser-cut, disegno a china su legno e luce led, 62x62x7 cm

Ruggero Maggi, Sguardofoglia, 2024, disegno a china su carta, 21x30 cm



Nella presentazione a questo evento  Cristina Fraccaro scrive:  “Sfibrate fessure” è il titolo, esteso all’intera mostra, di una serie di  sette opere appositamente realizzate, fra il 2023 e il 2024, per l’esposizione al Cairoli;  si tratta di sette macerie vere e proprie, effettivi resti di costruzione, di cemento e cotto, sui quali l’artista interviene con sapiente e finissimo tratto a inchiostro per proporre il tema della guerra, anche con riferimento a quella attuale fra la Russia e l’Ucraina, una terra, qui indicata dai colori della relativa bandiera, cui è dedicata anche l’opera “I giardini di Kiev”, 2024, su cartello metallico, assurta a logo dell’esposizione. Nelle macerie, alla crudezza del rosso sangue e alla miseria dell’umanità soverchiata dalla distruzione e ridotta ai minimi termini - letteralmente anche nelle minuscole figure plastiche - Maggi aggiunge, per la condanna dei conflitti, il ricorso all’ironia, nella “War school” o nella vendita a “Zero price” della città bombardata…

Crocifisso su un libro aperto a pagine bianche di innocenza, il Cristo sembra mantenere il suo potere salvifico per le generazioni umane - nonno e nipote in miniatura -, dell’umanità che pur continua, quasi in coazione a ripetere, a fare  guerre, mentre un’altra delle “Sfibrate fessure” presenta l’uomo, che si erge  invano fra i tormenti e in dannazione perenne, un Farinata degli Uberti che ci rievoca  gli esilii e le colpe dei padri che ricadono sui figli.

Materiali di scarto recuperati, o offerti dal caso, e fatti propri, riecheggiando una matrice Dada: macerie, frammenti e lacerti di oggetti vari a cui  Maggi, poeta verbovisuale dai primi anni Settanta, spesso aggiunge segni verbali, parole di scritte sue, o di righe e stralci da libri, anche su pagine lacerate, come quelle confluite nel libro oggetto “Interno Grotta”, o quelle che penetrano, quasi dita dalle mostruose unghie, ad afferrare uno spartito.

La notazione musicale è un altro linguaggio ricorrente, di grande resa visiva e a sua volta inclusivo, alla bisogna, di parole, per un brano cantato o per le indicazioni di interpretazione; chi vuol lasciarsi andare alle lettura di elementi verbali o musicali si immerge in ulteriori frammenti di senso. Componenti elettrici ed elettronici talora infilzati agli spartiti - ma non solo ad essi - rimandano al Metanetwork, a mezzi e mondi comunicativi frequentati da Maggi, - già protagonista della Mail Art ai suoi albori, nonché promotore del Mail Art Day - che timbra le sue opere  “Flux Art”.

È un’arte raffinata e impegnata quella di Maggi: contro la guerra, la dittatura, la violenta sopraffazione nei confronti di cittadini, dissidenti, etnie, minoranze. L’artista, che  già nel 2011 a Venezia istituì durante la Biennale il “Padiglione Tibet”, dedica varie opere al mondo dei monaci e del Dalai Lama, a favore dell’indipendentismo tibetano, secondo il principio dell’autodeterminazione dei popoli; nel libro oggetto “Fertile Terra”, le righe che trattano di una sorta di eroica e mistica convivenza con il dolore sono accostate al libro di Art Therapy - l’arte stessa è  salvifica - con mandala buddisti da colorare, un antidoto alla sofferenza e ulteriore arma di resistenza per il singolo, a fronte di un destino collettivo di lotta difficile.

È messa a tema anche la necessità del rispetto della natura,  come nell’opera per lo stop alla deforestazione in Amazzonia, area in cui lo stesso artista ha vissuto; un ambientalismo consapevole di quanto l’uomo, che della natura è parte,  sia quindi parte a sua volta danneggiata, a iniziare dagli stessi indigeni qui fotografati, per arrivare a tutti gli altri esseri umani, compresi gli assetati di profitto (di profitto tratta anche la pagina inserita in “Il buon giardiniere”), di quella ricchezza in nome della quale si annienta il funzionamento del sistema-natura.

Maggi è osservatore ossequioso della natura, ne (rac)coglie elementi, ormai inermi, riscattandoli dopo la morte o il danno prodotto dall’uomo, come avviene per la lucertola sublimata in eterna doratura. È uno studioso tenace, affascinato dai frattali - presenti qui in alcune opere -, dalla relazione fra arte, natura e scienza (ars sine scientia nihil est), fra caos e ordine, fra tempi dell’origine - “Big bang poetry” - e dimensioni spazio temporali altre. È interessato alla luce, fautrice d’ombra, al neon, al laser, all’olografia e alle relative applicazioni per  la ricerca artistica, ma usa anche materiali naturali primigenii. È uno studioso - come l’uomo dell’opera “Per essere grandi” - a suo agio nel percorrere, senza che lo scarto fra natura e cultura sia di ostacolo, tutte le strade della ricerca. “Il vero artista è il ricercatore” dichiarava Ruggero Maggi, un “caotico casuale” intervistato da Giovanni Bonanno negli anni Novanta.

Giosuè Allegrini lo definisce a ragione homo novus e parla a suo riguardo di umanesimo. Sete di conoscenza, di sperimentazione, di ricerca del vero che è tale in quanto esperibile, verum ipsum factum (la verità è nello stesso fare) di vichiana memoria; l’uomo artista è artifex, assegna valore alle proprie azioni e al contempo assume eticamente la responsabilità del proprio fare.

Un’arte di verità, razionalità ed etica, quella di Maggi, uomo libero da etichette, svincolato dalle mode; ma sono la sua sensibilità, la sua empatica sofferenza e il suo talento a far sì che tali componenti si esprimano appieno, catturando in toto lo spettatore, che, pur nel godimento estetico ed emozionale, non può sottrarsi al monito contro il disimpegno morale. Della sua arte, là dove essa affronti aspetti tragici, e “verità scomode” Lorella Giudici (Studio Dieci, febbraio 2023) riconosce il ruolo sociale: “aprire le menti di chi si pone in ascolto di ciò che l’artista ha da dire”.

Non manca in mostra un omaggio a Pierre Restany (“Dedica a Pierre, la vita è colpa dell’arte, 2019), il grande critico del Novecento, con cui Maggi ebbe proficui scambi intellettuali e profonda amicizia e a cui dedicò alla Biennale veneziana del 2007 la “Camera 312 - promemoria  per Pierre”; per Maggi Restany è una “carismatica figura di riferimento per diverse generazioni di liberi pensatori, di critici d’arte, di poeti e di artisti” e nei suoi racconti lo rievoca spesso, a riprova del fatto che in lui trova rispecchiata la propria anima di ricercatore.  




RUGGERO MAGGI

Communication a distance concept

  

Ruggero Maggi, Ho fatto semplicemente della morale in azione, 2020, libro oggetto

 

Il titolo attribuito al presente saggio, attinente alla rassegna di Ruggero Maggi presso la Galleria “Marco Fraccaro”, storico spazio espositivo del Collegio Universitario F.lli Cairoli di Pavia, prende spunto dall’omonimo libro del 1971 del critico francese Jean-Marc Poinsot: “Mail Art: Communication a distance concept”. Ciò per evidenziare l’attitudine e il portato artistico del pensiero creativo di Maggi che si sviluppa sì secondo singoli progetti, diversi fra loro, ma che possiedono un unico comune denominatore, un cammino ideale retto da universalità e condivisione dell’azione, da decontestualizzazione e casualità creativa, da autocoscienza popolare e progettualità etico-sociale. Dunque questo figlio ideale di Mallarmé, cugino ipotetico di Depero, amico intimo di Pierre Restany (questo assolutamente sì!) appartiene a quel prezioso filone Dada-Futurista, spartiacque fra l’Arte Astratta Geometrica e l’Arte Astratta Non Geometrica, che tanta soddisfazione ha concesso al mondo dell’arte nel corso del ‘900.

Il primo ingrediente è rappresentato dal concetto di “ethernal network”, elemento specifico della Mail Art, di cui Maggi è stato fra i più rilevanti esponenti internazionali, da intendersi quale strumento creativo costantemente aperto alla pluralità che ha saputo creare una forte connessione fra arte e vita sulla base di un rapporto etico-estetico non convenzionale, a sua volta mutuato dall’esperienza Fluxus e dai dettami ispiratori neoavanguardisti di George Maciunas.

Il secondo aspetto della ricerca espressiva di Ruggero Maggi consiste nel rifiuto delle logiche di comodo, governate da sonnolenti intellettuali o funesti governanti, alla volta della celebrazione del concetto di Arte Totale di wagneriana memoria, ossia un’arte che sia contenitore e veicolo di dettami universali e dunque in grado di superare confini, idiomi, culture, in un afflato di pluralismo e condivisione generalizzato che consenta di rendere l’uomo per quello che è: un essere sociale fatto di logos, pensiero e carne.

Giungiamo così al terzo elemento caratterizzante dell’opera di Maggi: quel portato creativo teso a realizzare una scultura sociale democratica e partecipata, antropomorfa e teosofica, cioè improntata alla coscienza universale secondo un modellato plastico che si apra a rinnovate prospettive di un mondo senza più sterili velleità autoreferenziali, beceri e strumentali confini, gioghi d’inaudita e spesso incomprensibile violenza.

La coscienza del mondo, così inteso, ha come valore fondante il concetto di Bene Comune e dunque la costituzione di un fronte mobile di persone, culturalmente e socialmente militanti, che anziché prodigarsi nella mera sperimentazione di nuovi linguaggi creativi ha seguito la strategia del contagio sociale al fine di creare una rinnovata consapevolezza dell’essere umano e delle proprie azioni.

La ricerca di Maggi è dunque sempre di natura comunicativa, etica e morale, in una parola: vera. La morale di Maggi è la morale di un'azione umana che si confronta con se stessa e con l’universo che la circonda. Il vero che si sostituisce al bello e che pone sotto la lente magnificatrice l’equazione universale Arte-Scienza-Comunicazione-Umanesimo, che porta ad una soluzione univoca: la consapevolezza dell’Io sociale dell’essere umano, quell’ego razionale, emozionale e soprattutto solidale, verso di sé e i propri simili.

Il suo linguaggio espressivo giunge così a declinare elementi di alta tecnologia con materiali primigeni, la sofisticazione con il primitivismo, esattamente come nel caso della mostra che ci occupa. È peraltro storia consolidata che uno dei primi a utilizzare il Laser e l’Olografia in arte, in Italia, fu Ruggero Maggi; lo stesso dicasi per l’utilizzo della Teoria del Caos e i Frattali, la Copy Art e la Mail Art, di cui è stato fra i pionieri. Un’arte quindi sintetica, interdisciplinare, decontestualizzante e al contempo consapevolmente e profondamente vera e bella, nel senso latino dell’accezione, quale quella profusa da Maggi, che ha sempre lavorato per rifondare a livello antropologico l’esperienza artistica attraverso un florilegio sperimentale di possibilità tecnologiche abbinata a materie primarie ed elementari del nostro pianeta.

Un homo novus rinascimentale in cui coesistono il post-aristotelismo (come bagaglio tecnico di base) e il neoplatonismo (come intento ideale), con il fine ultimo di giungere ad uno stato di bellezza che come già espresso non è di mera valenza estetica, bensì una bellezza etica; la bellezza che deriva dalla scoperta del vero, dalla scoperta della verità delle cose e degli accadimenti e che costituisce la motivazione originaria di questa esperienza: quella di proporre un'arte diffusa fuori dagli schemi del sistema, accessibile a tutti, che offre più che opere e prodotti, processi mentali, stimoli creativi, scambi di idee.

Un cammino dunque quello espresso da Maggi che si snoda attraverso il Lettrismo di Isodore Isou, la Poesia Concreta di Belloli, la Poesia Visiva di Tola, la Scrittura Visuale di Carrega, ma anche il concetto di partecipazione e condivisione della pratica artistica annoverato dal Situazionismo di Guy Debord e l’Happening di Allan Kaprov, giungendo così a Fluxus del già citato lituano-americano George Maciunas, che intendeva fondere insieme il binomio arte-vita, ossia arte come espressione dello scorrere continuo della vita. Da lì a Ray Johnson il passo compiuto da Maggi è breve e con esso l’approdo ideale alla New York Correspondance School of Art (termine coniato da Plunkett e utilizzato dallo stesso Ray Johnson), fondata nel 1962. Nonostante nel 1973 lo stesso Ray Johnson in un afflato di creatività, d’impronta dadaista (la stessa cosa fece nel 1924 Tristan Tzara con il movimento Dada), avesse dichiarato la Mail Art morta, in realtà essa prosperò e si espanse sempre più. Ruggero Maggi ne è tutt’oggi la prova vivente come Paulo Bruscky in Brasile, Clemente Padin in Uruguay, come lo sono stati Edgardo Antonio Vigo, Shozo Shimamoto, Joseph Beuys, Daniel Spoerri, Guglielmo Achille Cavellini, il mitico GAC, di cui Maggi è fecondo e illuminato successore.

Ruggero Maggi, poi, con Progetto Amazzonia, Mail Art Snake, Progetto Ombra e con i vari altri formidabili progetti artistici via via coniati, da Padiglione Tibet a Padiglione Birmania, a Padiglione Ucraina, per giungere all’odierna rassegna espositiva “Sfibrate fessure”. Essa rappresenta un’efficacissima sintesi del passato trascorso e al contempo di autocoscienza popolare verso tutti gli “ismi” condizionanti del mondo, procede con una rinnovata stratificazione tangibile di riflessioni, pensieri, in cui ambiente e storia si posano, si condensano e si sovrappongono presentandosi al nostro sguardo attraverso frammenti ambientali cintati da interventi artistici, fessurazioni, contaminazioni culturali, alla volta di rinnovate chiavi semantiche e di conoscenza.

La causa scatenante, del resto, è nota: c’è stata una frattura fra l’uomo e l’ambiente, fra l’uomo e la storia, fra l’uomo e la sua stessa essenza, che non può essere ricucita con mezzi convenzionali. Ecco perché Maggi ha spesso affrontato situazioni e temi legati al destino profondo dell'Uomo, al suo ruolo ed alla sua funzione sul pianeta, soppiantando così i canoni tradizionali dell'Arte, specie di carattere mimetico e decorativo. Ecco perché qui Maggi incide e disegna e poi ricompone nel segno disegnato e inciso sui calcinacci delle case, sulle carte, sulle plastiche, su materiali vari, un futuro nuovo, restituendo al contempo una purezza paragonabile ad un anno zero della cultura, come agli albori dell’umanità, come una volta si incideva sulla scorza dell’albero e della pietra. L’occhio diviene così la nuova mano che incide una materia che si è formata per successive accumulazioni, divenendo essa stessa un’entità antropomorfa.

Ciò che genera Ruggero Maggi, attraverso una sovrapposizione pittorico/scultorea su di un frattale materico/ambientale, è una visione “omotetica interna”, ossia una visione indotta che si adagia ineludibilmente su di noi; la pelle diventa così una membrana sensoriale con la quale l’essere umano si mette in relazione empatica con tutto ciò che lo circonda. Una sorta di frattali etico-ambientali che si trasformano in un’immensa accumulazione di passati immagazzinati con lo scorrere del tempo.

Impegnando la spiritualizzazione della materia e la materializzazione dello spirito, l’artista giunge così a proporre un’arte come via di conoscenza, come matrice degli eventi della storia dell’uomo. Lo spazio della pura visione diviene così il luogo della coscienza, delle eterne germinazioni e della conoscenza, producendo rinnovati effetti di consapevolezza che consentano, a loro volta, di decifrare l’indecifrabile manoscritto del mondo, alla volta di un Rinnovato Umanesimo.   Giosuè Allegrini

 


Il catalogo presenta foto di Marco Valenti. La grafica è di Gabriele Albanesi. Traduzioni di Alessia Grinfan.

 Mostra realizzata con il supporto della Fondazione della Banca del Monte di Lombardia

 Inaugurazione sabato 15 giugno, ore 17.30

Visitabile giovedì, venerdì e sabato dalle 17.00 alle 19.00

15 giugno - 6 luglio 2024

www.collegiocairoli.it

Piazza del Collegio Cairoli 1, Pavia

0382 23746

 

Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno

 

 

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