giovedì 4 novembre 2010

MOSTRA RETROSPETTIVA DI PAOLO SCIRPA




“La mia ombra sospesa dentro un Ludoscopio”


(di G. Bonanno –  Poema Visivo   dedicato a Paolo Scirpa)





Con.

gli occhi

rimango sospeso

a scrutare

incantato

l’ombra

del

nulla,

avido attraverso

spazi insostanziali a me ignoti,

cerco nel non luogo

di aggrapparmi a brandelli di luce.

Il viaggio tra incertezza e transitorietà

si fa ora insostenibile.

Come una dinamo la mia essenza volubile

si frantuma e si compenetra nel vuoto.

Ormai sono solo luce

e accadimento incessante,

frammento in volo

e anche energia sospesa.

Nel silenzio

più assorto

e inquieto

scopro

stupito

di esserci

anche

ora.

Giovanni Bonanno © 2010





Cattedrale di Noto, navata centrale, 2010
Collezione Bongiani Ophen Art Museum di Salerno 




" L’UTOPIA   PRATICABILE"

Presentazione di Giovanni Bonanno



L’arte, da sempre, vive la dimensione conoscitiva di diverse ricerche e scoperte che vengono “filtrate” dall’artista, confrontate e sublimate in una cosa che chiamiamo “creatività”. L’artista è essenzialmente un produttore di immagini che vengono fuori dalle nuove scoperte della fisica e di tutte le scienze in genere; deve per forza leggere in profondità, dentro una complessità del sistema socio-culturale. La produzione creativa, pertanto, risente di questi fattori a tal punto che n’è altamente condizionata, per cui, produrre al di fuori di queste coordinate non ha alcun senso. Sono sempre più convinto che l’artista di oggi ha bisogno di indagini sempre più di tipo sociologico e scientifico se vuole approdare a rilevamenti di una certa consistenza e sostanza culturale. Questo modo di procedere è stato compreso da subito da Paolo Scirpa. Tra il Settanta e gli anni Ottanta, il lavoro dell’artista siciliano si collocava già in linea con diverse ricerche e tendenze contemporanee internazionali e la sua posizione risultava autonoma e singolare rispetto alle proposte formulate in Italia da diversi personaggi dell’arte che si sono avventurati verso ipotesi altamente condizionate dal mercato, dal facile e provvisorio riscontro del momento a fini meramente speculativi. Partito da un iniziale interesse futurista e dada, si ritrova negli anni Sessanta ad approfondire le ricerche più significative di quel periodo; dai “primitivi” concetti spaziali di Fontana alle ricerche percettive di Albers e da qui al Cinetismo. Da un lato, le ricerche ottiche e percettive e dall’altro la nuova poetica del Nouveau Realisme di Pierre Restany. In più di 40 anni di ricerca, l’artista non si è mai limitato a proporci una sua visione monotona, anzi, ha indagato ad ampio raggio le diverse possibilità del fare con soluzioni assai concilianti e sorprendenti. Mi riferisco all’uso di diverse tecniche come l’incisione, la pittura geometrica di impronta ottica, la pittura al fosforo giocata sul doppio modo di percepirla, fino ai progetti utopistici nel territorio. Infatti, dopo i “Ludoscopi”, negli anni Ottanta inizia a realizzare anche una serie di progetti d’intervento nel territorio utilizzando il fotomontaggio con inserimenti di elementi artificiali nel tessuto consueto del reale. Ipotesi chiara, questa, di una ricerca d’’impronta utopistica” in cui il reale viene metaforicamente violato da segnali, interferenze e presenze al neon “dis-equilibranti”. Anche in queste nuove opere, come i “ Ludoscopi”, l’elemento visivo “destabilizzante”, proposto ora in una dimensione più amplificata, altera il normale rapporto costitutivo; nasce la sorpresa, la meraviglia, lo stupore. In definitiva, non sono altro che interferenze eversive per costringerci a riflettere, elementi provvisori che tentano di “destabilizzare” un ordine consueto e accettato per normale. In tal senso, questi accadimenti ripropongono l’esigenza di una presa di coscienza; ancora una volta l’osservatore è costretto a darsi una motivazione logica. In tutte le sue proposte di lavoro, l’artista ha immesso, sempre, questi suggerimenti di riflessione critica e di volontà morale, suggerendoci, altresì, la via più congeniale da ricercare e da percorrere senza subirla totalmente. Con i “Progetti d’intervento nel territorio” vi è la lucida esigenza di analizzare in una nuova chiave d’indagine la propria e personale visione poetica utilizzando un diverso rapporto e un’altra scala dimensionale a verifica della fattibilità della cosa proposta. Tutto il lavoro di Scirpa può ascriversi nell’ambito di un progetto più ampio che potremmo chiamare “dell’utopia praticabile”, di quell’area d’indagine “im/possibile” ai confini delle soglie disciplinari, in una sorta di fertile e felice contaminazione poetica incentrata sul dato progettuale e utopistico avviato sorprendentemente a Como da artisti di grande interesse come il grande futurista Antonio Sant’Elia, Francesco Somaini e Ico Parisi, che hanno indagato in diverso modo questa pratica ancora del tutto attuale e contemporanea. Unico appunto che sentiamo di fare ad una certa critica militante è quello di aver sottaciuto su un’altra questione di lavoro contemporanea e parallela ai progetti d’intervento; mi riferisco all’utilizzo per lungo tempo della Mail Art, che inizia almeno dal 1983 fino a tutto il 2007, che ha visto Scirpa presente ad una lunga serie di mostre internazionali, (tutto ciò è verificabile consultando i dati della monografia di M. Meneguzzo, Ed. Mazzotta), proponendo i suoi Ludoscopi e i fotomontaggi. la Mail Art è essenzialmente libertà creativa e invenzione allo stato puro, senza alcun condizionamento, senza nessuna costrizione. La Mail Art è anche contaminazione di idee, confronto e condivisione di nuove proposte, ma soprattutto grande e indefinito laboratorio sperimentale e concettuale di ricerca planetaria.

Per Scirpa, questa pratica della Mail Art è stata necessaria per sperimentare particolari modalità della sua originale ricerca; c'è il momento della libera sperimentazione delle tematiche affrontate a confronto con altre realtà del pianeta (Il laboratorio globale del Network) e anche il momento della messa in atto d'interventi sperimentati e sperimentabili di ricerca personale nel circuito dell’arte cosiddetta ufficiale. Ancora oggi, si ha il pregiudizio a considerare gli interventi nell’ambito della Mail Art come pratica del tutto secondaria o inutile, mentre noi, crediamo che per comprendere la portata reale e completa di questo artista, anche tale aspetto del suo lavoro ha bisogno di essere indagato e analizzato ampiamente.




Per il Testo Critico integrale su Paolo Scirpa visita:

http://giovannibonanno.blogspot.com/2010/10/mostra-retropettiva-di-paolo-scirpa.html





L'INTERVISTA

PAOLO SCIRPA: ALLA RICERCA DELL’INFINITO






G.B. Come nasce P. Scirpa artista, quali sono le origini della sua ricerca?

P. S. Ho iniziato a studiare pittura fin dall’adolescenza. Dopo aver completato gli studi artistici, ho soggiornato negli anni Sessanta in diverse città europee, approfondendo la conoscenza delle Avanguardie storiche e frequentando per molti anni le officine grafiche di Salzburg. È in questo ambiente culturale che incontrai Oscar Kokoschka che mi evidenziò l’importanza fondamentale dello spazio e della luce nell’opera d’arte. Da giovane ho frequentato studi di artisti e architetti, visitato mostre, musei e ambienti artistici.
L’idea che ha animato i miei dipinti e le ideazioni plastiche è stata sempre quella di una centralità ideale da cui tutto converge e diverge. Attraverso la conoscenza storico-artistica (per es. Il Manifesto di Boccioni e il Cinevisualismo) e scientifica sono passato gradualmente a tradurre questa mia esigenza, utilizzando la luce autogena quale il tubo al neon e, con l’ausilio della specularità, realizzando spazi-luce simulati all’infinito.


G.B. Per qualsiasi lavoro creativo di ricerca basta affidarsi alla sola tecnica o si deve necessariamente indagare a tutto campo prendendo in considerazione le diverse ipotesi di lavoro ?

P. S. Bisogna indagare e prendere in considerazione tutte le ipotesi che maturano in noi e intorno a noi. Sono stato da sempre affascinato ed attratto da una coscienza sperimentale, attento alle invenzioni, alle nuove tecniche. Ritengo necessario filtrare con coscienza critica ogni idea per saper cogliere nel proprio intimo quelle spinte che, tradotte in segni o immagini, determinano una propria identità.


G.B. Agli inizi qual era la situazione artistica negli anni sessanta in Sicilia?

P. S. Agli inizi degli anni Sessanta, la situazione in Sicilia, anche se considerata di buon livello, non era semplice per me. Il clima che si respirava nell’ambiente sembrava che non permettesse di veder oltre, per cui diventò necessario tenere contatti con ambienti e artisti di altre estrazioni culturali che mi portarono alla decisione di trasferirmi a Milano, città più adatta per dei contatti soprattutto europei. Oggi considero questa scelta importante e positiva, nonostante le difficoltà incontrate.


G.B. Che atmosfera culturale si respirava a Milano negli anni 70 e 80 rispetto a oggi?

P. S. Non era una situazione facile: erano anni di trasformazione sociale in virtù della contestazione in atto che si protrasse a lungo negli anni Settanta. Tutto era messo in crisi e in discussione. Si sentiva un vivo fermento culturale che permetteva il contatto con artisti considerati storici. Si avvertiva la presenza di Lucio Fontana, mancato poco tempo prima del mio arrivo a Milano; la forza del suo operare era ben presente in moltissimi artisti che l’avevano conosciuto. La sua concezione spaziale mi dava una forte spinta nel guardare fiduciosamente in avanti.  Oggi il clima mi sembra alquanto diverso. Tutto è tornato ad una serenità apparente, dove lo spirito libero e laborioso nel suo silenzio non trova facile inserimento e gli spazi culturali sono strutturati, a me sembra, in aree di potere e di mercato. Le idee delle nuove generazioni con mezzi straordinari mi sembrano spesso vivaci e sorprendenti.

G.B. Il Futurismo e l’esperienza Dadaista sono stati i due momenti essenziali del suo percorso poetico che le ha permesso di approdare negli anni settanta a importanti risultati in sintonia con tutte le indagini di ricerca internazionale. Mi dice come nasce la serie dei “Ludoscopi” e la proposta della “Megalopoli consumistica”.

P. S. Già da parecchi anni la mia pittura tendeva ad una astrazione strutturata sulla planimetria della città (la serie degli Habitat); la mia esperienza, sul terreno tracciato dal Manifesto di Boccioni, dal Dadaismo, dalla Pop Art, dal Nouveau Réalisme e perché no dalla Patafisica è andata progressivamente orientandosi verso un’attivazione dell’immagine con la creazione di composizioni visivo - polioggettuali e con l’uso di vari materiali. Nel ’72, servendomi di scatole in disuso di vari prodotti della nostra civiltà, presentai la Megalopoliconsumistica, come denuncia sociale.  Essendo la mia ricerca motivata da una forte spinta ideale ed avendo l’esigenza di esprimere nelle mie opere dei valori, sentii la necessità di rielaborare la Megalopoli consumistica,spogliando questa  artificiosa città del suo significato ironico. Le strutture primarie, già esistenti al suo interno, diventarono segni - luce al neon, una geometria di forme primarie che elaboro ancor oggi.
Nelle mie ideazioni plastiche, la luce diventa un vero strumento di scrittura spaziale dove lo spazio è la somma di diverse propagazioni luminose. Ho sperimentato varie soluzioni delle volumetrie ottiche: dal cubo al parallelepipedo, al cilindro. Ho realizzato spazi curvi che si raccordano, pozzi in cui i tubi luminosi degradano vero un abisso illusorio, strutture cubiche praticabili. Inoltre la mia ipotetica idea di illuminare con luci al neon la scalinata della cavea del Teatro Greco di Siracusa si ritrova nei cerchi concentrici dei Ludoscopi.
G.B. Contemporanei ai “Progetti d’intervento nel territorio” vi è la partecipazione a diversi progetti internazionali di Mail Art all’interno del circuito planetario, altro modo, parallelo e convergente, di fare ricerca a 360 °. Come nasce in quegli anni l’interesse per la Mail Art , e se tale esperienza, ancora in atto, è da considerarsi solo marginale rispetto ai lavori realizzati nel circuito dell’arte cosiddetta “ufficiale”.

P. S. Negli anni ’80 Ray Johnson e le operazioni di Mail Art che ritengo importanti laboratori in progress di ricerca internazionale e di idee spesso sorprendentemente originali, hanno suscitato in me un interesse tuttora vivo. Le tematiche che mi venivano proposte da varie parti del mondo erano
stimolanti e le sentivo come sprone a una nuova dimensione. Avevo già l’esigenza di rapportare le mie opere di luce con l’ambiente. Il mezzo postale permetteva di comunicare con ogni parte del mondo, così nacque in me la felice idea di trasferire con il collage su semplici cartoline di architetture, panorami urbanistici, ecc, le immagini delle mie opere di luce, come messaggio di pace.
Successivamente presi in considerazione l’idea d’ingrandire tali collage, leggendoli quindi come vari progetti d’intervento nel preesistente, cosa che naturalmente ho elaborato con delle foto da me stesso realizzate.


G.B.In qualche occasione, la sua poetica di lavoro è stata letta, a sproposito, come mera e semplice ricerca percettiva disgiunta da una motivazione morale e spirituale, che secondo noi, è la componente essenziale per capire veramente tutto il lavoro svolto da lei in diversi anni. Cosa intende per infinito?


P. S. E’ vero. Il mio lavoro è anche ricerca percettiva, che, di per sè, mi sembra importante, ma la considero come un supporto fondamentale che mi consente di dare dei contenuti alle espansioni di luce. L’idea dell’infinito mi ha fatto sempre riflettere ed è stato il movente del mio operare. Quindi le profondità fittizie dei ludoscopi diventano mezzo e messaggio nello stesso tempo, come tentativo di rincorrere una bellezza ideale e l’infinito che è dentro di noi.

G.B. E’ corretto pensare che dopo la pratica dei “contenitori di luce”, “i progetti d’intervento nel territorio” e la pratica della Mail Art, con gli ultimi lavori, come per esempio, “Il teatro e il suo doppio del 2009", lei ha un urgente bisogno di confrontarsi con lo spazio del paesaggio reale e non soltanto virtuale e metafisico. Cosa ne pensa?
P. S. Per la loro stessa natura i Ludoscopi dovrebbero dialettizzarsi con uno spazio più ampio e caratterizzato, dando un respiro più profondo all’ambiente preesistente e al mondo il suo nuovo senso con una nuova architettura concettuale.Con gli ultimi lavori, come ad esempio Il Teatro e il suo doppio, ho avvertito la necessità di utilizzare nuovi materiali, marmo, legno e la realizzazione programmata al computer: una stupefacente sorpresa per me nel vedere l’eccellente risultato. Tutto questo rimane come archetipo, ma sarebbe auspicabile per me superare l’utopia per realizzare un’opera simile, dove l’idea del Ludoscopio rimane integra alla base, un nuovo monumento forse per lo spettacolo di domani, , concepito per il teatro al suo interno e contemporaneamente anche all’esterno immaginando rappresentazioni con coreografie di vaste dimensioni.

G.B. La ricerca artistica dei giovani, oggi, risulta alquanto monotona e uniformata a indicazioni collettive pre-imposte, vedi il caso eclatante del giovane cileno Ivan Navarro (Cile 1972), che ha ripetuto esattamente la ricerca sulla luce svolta in tanti anni da lei, con la presunzione di farla passare anche per sua e presentandola in un grosso contenitore culturale come quello della 53° Biennale di Venezia del 2009 (padiglione cileno), ben sapendo che tali proposte creative erano già state formulate e documentate oltre trent’anni prima. Una similitudine di intenti che ha fatto pensare, persino, ad un “omaggio” alla sua interessante ricerca piuttosto che di una nuova e seria proposta poetica. Cosa consiglierebbe ad un giovane artista che decide oggi di approdare al mondo dell’arte?

P. S. Consiglierei di praticare la manualità artistica, di approfondire la conoscenza storica e di essere a contatto diretto con altri artisti, sperimentando a costo di sbagliare, pronti a ricominciare. Vorrei raccomandare di saper cogliere nel proprio intimo quelle sollecitazioni che, tradotte in segni, determinano una propria identità e, con etica professionale, di non essere mai epigoni.                     Giovanni Bonanno









PAOLO SCIRPA/ BIOGRAPHIE



Nasce a Siracusa il 5 luglio 1934; sin dall’adolescenza studia pittura nella locale Scuola d’arte, proseguendo successivamente gli studi artistici a Palermo ed a Catania. Soggiorna negli anni Sessanta in diverse città europee, approfondendo la conoscenza delle avanguardie storiche. Frequenta per molti anni le officine grafiche di Salzburg alla Kunstlerhaus ed alla Internationale SommerAkademie fữr Bildende Kunst culturalmente animata da Oskar Kokoschka; riceve il Premio della città per la litografia e vi incontra John Friedlaender nel cui studio successivamente lavorerà a Parigi.

Nel 1965 partecipa alla IXa edizione della Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma. Nei primi anni della sua attività propende verso un espressionismo lirico già preoccupato dalla sintesi formale. Il suo impegno è di offrire un contributo umano ed artistico rispondente al proprio tempo. Nel 1968 si trasferisce a Milano dove sarà, più tardi, titolare di una Cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Tiene una sua personale nel ’69 a Milano, alla Galleria l’Agrifoglio, presentato da Vittorio Fagone, nel ’70 ad Amsterdam, Galerie De 3 Hendricken , nel ’74 a Bergamo, Galleria Fumagalli ed a Salzburg, Galleria Achleitner. In questo periodo i suoi interessi spaziano dalle ricerche del Nouveau Réalisme di Pierre Restany alla Pop Art.

Nel 1972 presenta alla mostra “L’Oggetto Posseduto”, presso la Galleria San Fedele, un’opera di denuncia sociale, ”Megalopoli consumistica”, incentrata sull’assemblaggio di una gran quantità di involucri e contenitori a perdere. Successivamente, Gillo Dorfles ne pubblica l’immagine nel suo libro “L’intervallo perduto”, edito da Einaudi. Scirpa trae spunto anche dal Manifesto Tecnico della Scultura Futurista di Boccioni, che aveva teorizzato la possibilità di impiego della luce elettrica nell’opera d’arte e si collega alle sperimentazioni dell’Arte Ottica, incentrate su valori plastici di base e su problematiche percettive. La sua ricerca si orienta verso una dimensione in cui il colore non è più dipinto, i volumi non sono più scolpiti, una dimensione in cui divengono protagonisti, immateriali e spettacolari ad un tempo, gli elementi primi della luce e dello spazio. Attorno alla metà degli anni Settanta, Scirpa avvia dunque la realizzazione di opere che vengono definite da Carlo Belloli, in un suo approfondito saggio critico, “ludoscopi”, sculture che, per mezzo di un sistema di specchi e di luci al neon e tramite il gioco combinatorio di elementi essenziali - minimali (quali triangoli, cerchi, quadrati), propongono la percezione di spazi abissali, di profondità illusorie. Opere di grande suggestione e di immediato impatto visivo: in esse la luce non è più un elemento raffigurato, ma è opera essa stessa, generata dall’interno, che crea fughe prospettiche all’infinito, “veri iperspazi-luce”, in cui “si pratica l’abolizione del limite tra il reale e l’illusorio”, come nota Corrado Maltese, che nel 1981 lo segnalerà per la Pittura sul Catalogo Nazionale d’Arte Moderna Italiana Bolaffi, edizione Giorgio Mondatori e Associati. Al posto dei tradizionali segni della pittura si ha la generazione di segni/luce, segni/colore, che ci fanno affacciare su spazi vertiginosi, virtuali.

Sono anni in cui Scirpa conosce esponenti del MAC , tra cui Bruno Munari, che scrive sul suo lavoro evidenziandone l’aspetto ludico ed entra in contatto con i gruppi dell’Arte Ottica e Cinetica, come il GRAV a Parigi o il Gruppo T a Milano. I suoi spazi virtuali sollecitano l’attenzione anche di studiosi dei rapporti tra arte e scienza, tra cui il cibernetico Silvio Ceccato, per cui ha modo di riflettere sui meccanismi del pensiero umano ed alcuni studiosi che pubblicano i suoi progetti di spazi-luce come Roberto Vacca, in un suo saggio “Progettare impatti ambientali positivi” sulla rivista VIA, Giorgio Prodi , nei suoi testi “I meccanismi della mente” sul Sole 24 ore e Carmelo Strano in “Art Reflections e Techno Art” sulla rivista Arca.

Dal 1977 sue opere sono presenti annualmente, fino al 1991, nella sezione cinetica del Salon “Grands et Jeunes d’aujourd’hui” al Grand Palais des Champs-Elysées di Parigi.

Negli anni Ottanta sviluppa i suoi primi interventi progettuali sul territorio: tramite fotomontaggi, Scirpa simula l’inserimento di monumentali ludoscopi e relative vertiginose fughe prospettiche all’interno di paesaggi, edifici, monumenti, città, siti archeologici.

Nel 1982 il Symposium de Sculpture della città di Caen (Francia) sceglie il progetto di un suo ludoscopio che viene installato in permanenza alla Bibliothèque Municipale. Nel 1983, in occasione dell’anno leonardesco, egli compie una verifica del proprio lavoro, riscontrando nel Codice Atlantico alcuni principi sulla riflessione della luce che si ritrovano nei suoi ludoscopi: cambiano naturalmente i mezzi, specchi trasparenti e luci al neon. Nel 1984 presenta due personali in Giappone a Nishinomiya Koshienguchi e ad Iida Nagano. Nel 1985 Scirpa aderisce al manifesto dedicato da Carlo Belloli alle "direttrici operative della nuova visualità", partecipando alla prima rassegna del gruppo svoltosi nelle sale di Arte Struktura a Milano ed alle successive manifestazioni di questa nuova tendenza della comunicazione inoggettiva; nello stesso anno aderisce all'associazione AST (Arte-Scienza-Tecnologia) di Roma partecipando alla mostra di Palazzo Venezia "Artisti oggi tra scienza e tecnologia" curata da Corrado Maltese e ad altre manifestazioni sullo stesso tema; segnalato da Bruno Munari, partecipa alla mostra “La cosa inventata” Seibu Art Forum Italian Fair, a Tokio Ikebukuro, Osaka, e successivamente a Milano. Nel 1986, in occasione della mostra Arte-Scienza-Tecnologia alla Biennale Internazionale di Venezia, progetta un intervento di un suo ludoscopio da inserire sulla così detta tomba di Archimede a Siracusa. Negli stessi anni tiene diverse mostre personali tra le quali alle Gallerie Arte Struktura e Vismara Arte di Milano ed al Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Nel 1987 presenta un’antologica alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Gallarate.

Nel 1990, in occasione del 125° anniversario della fondazione del Politecnico di Milano, Rossana Bossaglia lo invita a presentare al C.N.R. il suo lavoro come contributo ad un simposio patrocinato dall’UNESCO per “Nuove tecnologie ed arte - radici scientifiche dell’estetica”. Inoltre è presente a rassegne sulla Patafisica e, nel 1993 a Osaka, Foundation of Culture, alla International Triennial Competition of Painting , nel 1995, a Bologna, alle mostre “Utopie della città – La città virtuale” presso palazzo Sanguinetti e “Arte e Vita Artificiale” presso il Futur Show. Nello stesso anno presenta il suo lavoro con una mostra in occasione del convegno “Arte + Scienza – Mutamenti indotti dalle nuove tecnologie nell’arte contemporanea " presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. In alcuni ludoscopi egli idea raccordi illusori che creano uno spazio plastico curvo; in altri il raccordo seminterrato è praticabile; in altri ancora, di struttura cubica, la multispazialità è data dalle fughe prospettiche all’infinito, visibili da ogni lato, che si intersecano sulle diagonali del cubo stesso.

Nel 1996 realizza un mosaico tratto dalla elaborazione elettronica dell’ Annunciazione di Antonello da Messina del Museo di Palazzo Bellomo a Siracusa; nello stesso anno tiene una nuova personale alla Galleria San Fedele “Percorsi comunicanti”, presentato da Marina De Stasio. Nel 1998 presenta i suoi ludoscopi durante la trasmissione RAI “1 mattina” e partecipa a Bagheria alla esposizione del “Museum” - Osservatorio dell’Arte Contemporanea in Sicilia. Nel ’99 tiene un’altra personale alla Galleria Arte Struktura di Milano, “La plasticità della luce” a cura di Andrea B. Del Guercio con interpretazioni fotografiche di Giovanni Ricci. È presente a molte altre rassegne e mostre collettive tra le quali, nel 1999 a Taegu (Corea), “99 Taegu–Milano Arts Exhibition”; nel 2000 alla XIIIa edizione della Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, (Proiezioni 2000 - Lo spazio delle arti visive nella società multimediale), a Seoul (Corea), Museo d’Arte Moderna “Brera in Corea”, Proiezioni internazionali dell’Accademia di Brera nel mondo ed a Milano, su invito di Luciano Caramel, al Rotary Club Milano Scala "Ovali Rotariani"; nel 2001 alla mostra “Materia Madre 3 - Tecnologia” a cura di Claudio Cerritelli e Massimo Bignardi presso la Fondazione Torre Colombera di Gorla Maggiore (Va); a Milano all’Accademia di Belle Arti di Brera “Orizzontale vs Verticale”; a Pieve di Cento (Bo) presso il Museo G. Bargellini alla mostra “Generazioni anni 30” a cura di Giorgio Di Genova.

Completa nel 2002 il progetto di un’installazione mobile di un’opera archetipo a luci al neon del Teatro Greco di Siracusa, in scala 1/10; nel 2003, è presente a “Blu eventi” dell’Associazione Culturale l’Arco e la fonte di Siracusa ed a Cadoneghe (Pd) ad “Arte costruita”, dal Museo Umbro Apollonio di San Martino di Lupari a cura di Malek Pansera e Giorgio Segato. Nel 2004 tiene sue mostre personali alla Galleria Vismara Arte di Milano “La pittura e l’oggetto cinetico” ed alla Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti di Brera “Utopie della città” curate da Claudio Cerritelli. Nello stesso anno partecipa a Fabriano alla manifestazione “Nel segno della solidarietà” a cura di Di Domizio Durini e progetta l’ambientazione nella città di Siracusa di due opere scultoree in acciaio specchiante, i cui bozzetti erano già stati realizzati sin dal 1987, l’una ”Lo specchio ustorio” opera mobile dedicata ad Archimede, l’altra “Luce stellare” dedicata a Santa Lucia; è presente nel 2005 in Pennsylvania (U.S.A) alla VI Biennale d’Arte Sacra itinerante” La scala di Giacobbe”, nel 2006 alle mostre “Per i cento anni della CGIL” a Siracusa ed a Mantova ed è invitato al 45° Premio Suzzara “Il futuro della tradizione” a cura di Claudio Cerritelli ed alla mostra “Sicilia!” presso la Galleria del Credito Siciliano ad Acireale a cura di Marco Meneguzzo, a Milano a “Venti più cento” gli anni della Permanente, a Verona ad “Art Verona ’06”,stand Valmore Studio d’arte Vicenza che nel 2007 lo presenta a Vicenza con una personale retrospettiva e contemporaneamente alla MIArt 07 a Milano.

Paolo Scirpa ha inoltre realizzato opere per spazi pubblici e chiese ed è presente in numerose collezioni pubbliche e private. Di recente ha realizzato con i ludoscopi di luce al neon, installazioni permanenti nella Chiesa della Madonna del Divin Pianto a Cernusco sul Naviglio, Milano, progettata dall’arch.Carlo Razzini. Nella stessa chiesa per diversi anni ha interpretato con installazioni temporanee le “direttive pastorali” del Cardinale Martini.

In un periodo eclettico come il nostro che permette anche fenomeni di rivisitazione di sé o di esperienze passate, Scirpa propone oggi i suoi percorsi prospettici di spazio–luce, recuperando il linguaggio delle sue prime denunce consumistiche o quello sperimentale del mezzo elettronico, ponendo così il fruitore dinanzi a nuove esperienze su cui riflettere. La sua ricerca tende anche ad una matericità pittorica e di spazio non più simulato ma rappresentato.







Vive ed opera a Milano dove ha studio in Via Federico Chopin, 99, c.p. 20141,    tel. e fax 02-57404737
e-mail: paoloscirpa@virgilio.it








Ultima Monografia pubblicata

La monografia, appena pubblicata dalla casa editrice Mazzotta, documenta con circa duecento immagini a colori e in bianco e nero l’intensa produzione di Paolo Scirpa. Contiene un’ampia introduzione critica di Marco Meneguzzo (L’ottica dell’infinito in lingua italiana e inglese), una selezione di scritti di Paolo Scirpa e una ricca antologia critica (di Antonino Uccello, Gabriel Mandel, Vittorio Fagone, Pedro Fiori, Carlo Munari, Domenico Cara, Roberto Sanesi, Corrado Maltese, Miklos N. Varga, Demetrio Paparoni, Carlo Belloli, Marco Meneguzzo, Gillo Dorfles, Silvio Ceccato, Bruno Munari, Alberto Veca, Luciano Caramel, Annette Malochet, Riccardo Barletta, Pierre Restany, Daniela Palazzoli, Rossana Bossaglia, Carmelo Strano, Francesco Poli, Marina De Stasio, Cesare Chirici, Maurizio Vitta, Antonio Musiari, Andrea Del Guercio, Giorgio Di Genova, Flaminio Gualdoni, Francesco Poli, Claudio Cerritelli, Giorgio Seveso, Daniela Lussana, Emanuele Zucchini, Ginevra Bria, Ornella Fazzina).



LA CRITICA



Paolo Scirpa vive a Milano. Il suo lavoro è sempre stato proteso ad una ricerca interiore fuori da ogni legame di appartenenza. Dagli anni ‘70 passa da una iconografia bidimensionale alla modularità di uno spazio oggettuale che la luce e gli specchi trasformano in polioggettuale. La sua ricerca si orienta verso una dimensione in cui luce e spazio divengono protagonisti immateriali e spettacolari. L’artista è interessato a rappresentare non tanto la luce reale quanto la luce “ideale” cioè l’idea dell’infinito e per questo si serve dei mezzi a sua disposizione, tubi luminosi e specchi. Realizza i Ludoscopi, opere tridimensionali che propongono la percezione di profondità fittizie, veri iperspazi-luce in cui è abolito il limite tra il reale e l’illusorio. B. Munari ne evidenzia anche l’aspetto ludico. I suoi spazi virtuali sollecitano l’attenzione di studiosi di arte e scienza. Nel corso degli anni realizza anche grandi opere di denuncia consumistica, delle installazioni e delle pitture che sono quasi una rappresentazione bidimensionale dei Ludoscopi. Negli anni ‘80 sviluppa i primi interventi progettuali inserendo le sue voragini luminose in architetture varie. Per anni è presente al Salon Grands et Jeunes d’aujourd’hui di Parigi, poi alla IX e alla XIII Quadriennale di Roma e di recente allo ZKM di Karlsruhe e alla Neue Galerie di Graz. Inoltre sue opere sono in Musei e collezioni. E’ stato docente all’Accademia di Brera.



L’OTTICA DELL’INFINITO di Marco Meneguzzo

(…) I “Ludoscopi” sono opere tridimensionali, illuminate da elementi geometrici di neon, realizzate a partire dal 1972, - contemporaneamente, cioè, alle indagini sul consumismo - e nel corso degli anni successivi sono stati accompagnate da una serie di lavori – oli e acrilici su tela - che ne sembrano essere il ritratto, la rappresentazione bidimensionale. Sin dai primi “Ludoscopi” l’artista ha ridotto sostanzialmente a tre forme geometriche – il quadrato, il cerchio e il triangolo – tutto il suo alfabeto, e fa muovere queste forme, ripetendole all’infinito nello specchio, nello spazio: è uno spazio reale, perché l’opera è tridimensionale, la luce è generata da uno strumento luminoso, ma continua ad essere, anche, uno spazio mimetico, rappresentato, quasi bidimensionale. E, sostanzialmente, illusorio. Proprio Scirpa mi ha fatto notare recentemente, stupendosi di questo riconoscimento (conoscere di nuovo, vedere ciò che si era già visto), come nei cerchi concentrici di neon si ritrovi la forma della scalea, della gradinata del teatro antico, del teatro greco, quel teatro che lui stesso aveva visto, anzi vissuto, nella natia Siracusa, quasi fosse un imprinting indelebile, una cultura trasformata in biologia, in dna… La forma prescelta si moltiplica in una serie di traslazioni e di incroci che suggeriscono un proseguimento potenzialmente infinito nello spazio, ben oltre la reale dimensione fisica dell’opera. In questo senso, la scelta di utilizzare uno strumento luminoso vero e proprio come il tubo al neon appare naturale, perché sostenuta da una necessità interiore e ideale: si tratta infatti di una vera e propria adesione ai motivi più profondi di una ricerca che, per Paolo Scirpa, è quella della luce come elemento unificante della realtà (se fossimo un po’ più religiosi, potremmo dire “del creato”, come forse direbbe lui).



(…) Paolo Scirpa poneva, e pone, il problema addirittura trascendentale della “luce”, di cui la luce reale – ottenuta con gli strumenti che anch’egli usa – non è che un riflesso. Come a dire che ciò che gli interessa è la luce ideale, e che per affermare questo interesse, e l’importanza che quella luce ha per sé e per l’interpretazione del mondo di cui l’artista si fa tramite, è disposto a sopperire con i poveri mezzi concreti che il mondo gli mette a disposizione, fermo restando però che questi mezzi non sono che l’ombra, il rappresentato, l’imitazione, il riflesso, appunto, di quel significato più grande.

In questo senso, dunque, Scirpa appartiene in toto alla tradizione, addirittura a una tradizione medievale, quella, per intenderci, che aveva fatto della luce non tanto un’esperienza ottico-percettiva, ma mistica: si potrebbe dire allora che Scirpa è molto più vicino a Beato Angelico che non a Lazlo Moholy-Nagy! Assumendo questo punto di vista, tutta la sua attività si ricompone in un continuum che giustifica appieno, ad esempio, la coesistenza pacifica tra pittura e neon: non si tratta più, infatti, di sostituire la “cosa rappresentata” – cioè la pittura che imita la luce – con la “cosa reale” – cioè con il neon che sarebbe invece la luce vera e propria -, perché entrambe queste situazioni non fanno altro che ricordare quella luce trascendente di cui ci vuole parlare Scirpa, e di cui entrambi gli strumenti, quello della pittura e quello più tecnologico del gas surriscaldato che produce una luce fisica, non sono altro che il fantasma visibile, rappresentabile. Di più, si potrebbe forse ribaltare ancor più l’ipotesi di ricerca di Scirpa suggerendo che neppure la luce è il suo fine ultimo, ma che questo si nasconde “dietro” la luce, ed è l’idea dell’infinito. In questo modo si spiegherebbe, ad esempio, la naturalezza con cui l’artista usa la superficie specchiante, sia nel ciclo del cosiddetto “consumismo”, sia nella lunga serie dei “ludoscopi”, sia in alcuni esperimenti precedenti, dei primissimi anni Settanta, in cui dipinge su lastre d’acciaio lucidissime: del resto, lui stesso suggerisce questa lettura in più occasioni, quando ad esempio afferma, proprio in un breve testo di spiegazione dei “ludoscopi” che “l’infinito nello spazio simulato è un’idea che ha nutrito a lungo i miei pensieri e la mia dimensione interiore” (…)


FLUORESCENZE LINEARI

PAOLO SCIRPA



L'importante ricerca condotta tra il 1964 e il 2009 dall’artista italiano che ha approfondito con le sue opere le possibilità percettive fisico-illusorie della luce.

Opere che sembrano delimitare uno spazio, invece ci trasportano in prospettive diverse create dal vuoto della luce [ ...] Domenico Nicolamarino


Al suo lavoro hanno dedicato saggi ed annotazioni critiche: Riccardo Barletta, Pietro Bay, Carlo Belloli, Luigi Bianco, Giovanni Bonanno, Guglielmo Boselli, Rossana Bossaglia, Domenico Cara, Luciano Caramel, Silvio Ceccato, Claudio Cerritelli, Cesare Chirici, Andrea Del Guercio, Mario De Micheli, Marina De Stasio, Gillo Dorfles, Vittorio Fagone, Ornella Fazzina, Pedro Fiori, Carlo Franza, Luca Frigerio, Carmelo Genovese, Aldo Gerbino, Flaminio Gualdoni, Annette Malochet, Corrado Maltese, Gabriel Mandel, Giuseppe Martucci, Giorgio Mascherpa, Marco Meneguzzo, Bruno Munari, Carlo Munari, Antonio Musiari, Daniela Palazzoli, Demetrio Paparoni, Francesco Poli, Pierre Restany, Roberto Sanesi, Giorgio Segato, Carmelo Strano, Luigi Tallarico, Carlo Terrosi, Maria Torrente, Antonino Uccello, Miklos N. Varga, Alberto Veca, Francesco Vincitorio, Maurizio Vitta.



L’artista ha partecipato recentemente alla Rassegna Astrazione siciliana 1945-68, con opere di trenta importanti esponenti dell'arte Astratta Italiana, a cura di Marco Meneguzzo. presso Fabbriche Chiaramontane di Agrigento.




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giovedì 26 agosto 2010

GIULIANO MAURI – “ Tra Natura, Spiritualità e Utopia ”




SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY


COMUNICATO STAMPA

GIULIANO   MAURI 

4 SETTEMBRE – 29 OTTOBRE 2010



Tra Natura, Spiritualità e Utopia

Inaugurazione sabato 4 Settembre ore 18.00

Ophen Virtual Art Gallery, Via S. Calenda, 105/D – Salerno Tel/Fax 089 5648159

e-mail: bongiani@alice.it – Web Gallery: http://www.ophenvirtualart.it/

Orario galleria Lunedì - Domenica 16 - 20


Presentazione di GIOVANNI BONANNO

“ Tra Natura, Spiritualità e Utopia ” é il titolo della mostra che lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery dedica, a circa un anno dalla morte, a Giuliano Mauri, uno dei più significativi e straordinari artisti italiani, dal secondo dopoguerra ad oggi, che per questa occasione presenta 50 opere, tra progetti grafici, installazioni ambientali e realizzazioni teatrali.

Giuliano Mauri nasce a Lodi Vecchio nel 1938. Deve la sua notorietà ai suoi numerosi poetici interventi ambientali, definiti come architetture naturali. Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1976, alla Triennale di Milano nel 1992, alla Biennale di Penne nel 1994. Operando con rami e tronchi di legno costruisce edifici fantasticamente reali. Il presupposto, legato alla naturale caducità del materiale impiegato, è che la natura riempirà i vuoti lasciati dal disfacimento del legno operando quindi una sorta di dialogo con l'artista.

Tra i suoi lavori vi sono i Mulini accarezzati da un vento immaginario, la Scala del Paradiso , il Bosco sull’isola alla sorgente del Tormo nel Lodigiano. In Germania, a Gorliz, e in Polonia, a Sgorzelec, ha realizzato gli Osservatori estimativi. Il suo più noto e suggestivo lavoro è probabilmente la Cattedrale vegetale del 2001 per Arte Sella. Nel 2001 realizza anche la scenografia della Norma nello Sferisterio di Macerata per le scene di Giacomo Andrico e la regia di Daniele Abbado. Nel 2006 costruisce la Voliera per umani nella valle dei Sospiri del Parco di Monza. Nel luglio 2008 conclude e inaugura il suggestivo Ponticello Soradore – San Vigilio a Padernello frazione di Borgo San Giacomo (Brescia). Viene realizzata nel 2010 la grande “Cattedrale Vegetale” presso il Parco delle Orobie (BG.)

A un anno dalla morte di questo interessante artista (Lodi, 29 Maggio 2009), a tutt’oggi non esiste ancora una completa documentazione del suo lavoro. Questa mostra è la premessa per una sorta di prima catalogazione online delle sue opere e anche uno speciale omaggio al suo lavoro di ricerca. La suddetta retrospettiva nasce in contemporanea all’inaugurazione collaterale della grande “CATTEDRALE VEGETALE” realizzata quest’anno alle pendici del Monte Arera, nel Comune di Oltre il Colle, in località Plassa (Grumello) a cura del Parco delle Orobie Bergamasche e del Comune di Oltre il Colle (4 Settembre 2010).



OPHEN VIRTUAL ART GALLERY Via S. Calenda, 105/D 84126 Salerno Tel. e Fax 089 5648159 www.ophenvirtualart.it bongiani@alice.it



“I SOGNI D’OROBIA”
(dedicata a Giuliano Mauri)
di G. Bonanno



Certe notti mi ritrovo a camminare

sulle pendici dell’Arera, a Oltre il Colle,

dove i sogni non sono mai di latta e neanche di pietra.

I sogni d’Orobia sono insolite apparizioni che sanno di sortilegio,

in cui il vento forte dell’ immaginario soffia prepotente.

Sono presenze assorte di favole gotiche,

che profumano ancora di aromi oscuri.

Sono delicate Cattedrali, nate per vivere il breve

e lento respiro di un’altra nuova stagione.

Sono misteriosi sconvolgimenti dell’anima,

in cui i silenzi antichi si trasformano

in neri intensi e verdi natura.





LA COSCIENZA DI UNA VISIONE UTOPISTICA

DI      GIOVANNI    BONANNO



“… PERCHÉ L’OPERA VERA CONSISTE NON NELLA SUA FORMA DEFINITIVA MA NELLE SERIE D’APPROSSIMAZIONI PER RAGGIUNGERLA”. – (ITALO CALVINO, LEZIONE AMERICANE).


In poco tempo l’uomo sta trasformando il suo ambiente in cui vive a ritmi sempre più accelerati, ormai la sfida ambientale coincide con la nostra stessa esistenza, a meno che non emerga un sentimento morale nei confronti della natura quasi dimenticata e delle sue straordinarie possibilità. Gia’ nel 1978, con il Manifesto del Rio Negro, Pierre Restany sentiva la necessità di chiedersi: “Quale tipo di arte, quale sistema di linguaggio può suscitare un simile ambiente? Di certo un naturalismo di tipo essenzialista che si oppone al realismo della tradizione realista. Il naturalismo implica la più grande disponibilità dell’artista e la più grande apertura snaturando il meno possibile. In fondo nello spazio-tempo della vita di un uomo, la natura è la sua misura, la sua coscienza, la sua sensibilità”. Si sente sempre più il bisogno, oggi, di un rapporto più intenso con la natura. Uno dei pochi artisti che ha lavorato su tale versante dell’arte è stato Giuliano Mauri che diceva: “Agli inizi del terzo millennio, nel tentato passaggio da un’epoca di ideologie nemiche a quella di ricerca di un ideale di serenità e armonia, l’uomo rivela alle sorgenti del Bisenzio un tempio della natura. Per farne un luogo più caro a tutte le popolazioni di questa valle”. L’artigiano, architetto Giuliano Mauri è un artista di non facile classificazione lui stesso si definisce un "carpentiere che costruisce scale, mulini, case, ponti, giostre, cattedrali, fiumi, isole, boschi, cieli . ”Le strutture in legno di Giuliano Mauri - diceva P. Restany - hanno la complessità dei cavalli di frisi e delle reti di profondità: sono supporti di bandiere o di pali di mulini a vento che rinviano alla nostra coscienza dell’immaginario”. Protagonista indiscusso nel panorama internazionale dell’arte contemporanea, Mauri ha lavorato con sensibilità sul confine già precario fra arte e architettura, intervenendo sul paesaggio ed elaborando i suoi progetti in base alle problematiche del luogo prescelto, costruendo “opere inutili” ma di un fascino insolito. Un'architettura “magico spirituale” - come qualcuno ha scritto - “che diventa trappola, poesia, sortilegio, capace di trasportarci dentro i confini di una natura che diventa rifugio e sogno”. Scrive Alberto Morelli: “ trovo che il suo percorso sia tra i pochi che, nell’ambito della cosiddetta arte contemporanea, abbia la capacità di emozionare ed evocare utopie possibili. La sua ricerca di contatto col vivente nella forma vegetale è di rara intensità e per nulla intellettualistica”. Tutta l’arte di Mauri nasce da una assidua frequentazione utopistica e “spirituale”, da un fecondo vento immaginifico che soffia perennemente sulle sue straordinarie installazioni, nate da un raggio nostalgico di luce gotica e destinate a condividere la natura di qualche intensa stagione. Le sue opere c’è chi l'ha chiamate semplicemente land art, altri persino architettura del paesaggio, sottolineando il confronto privilegiato con l'ambiente naturale in un processo che non si conclude con il solo intervento dell’artista e neanche con l’opera finita. Utilizzando materiali naturali, Giuliano Mauri produce architetture “provvisorie” condizionate dall’intervento lento ma incessante del tempo e della natura, legate alla naturale disfacimento dell’installazione e alla corrispondente crescita di nuova vegetazione; proprio come accade alle cosiddette “Cattedrali” in cui permane un continuo dialogo. Scomparso il 29 maggio 2009, divenne famoso soprattutto per le sue architetture naturali, realizzate con rami e tronchi di legno. Tra le sue opere più famose vi è la "Cattedrale vegetale" realizzata per «Artesella» a Borgo Valsugana nel 2001, in una radura presso "Malga Costa" in Val di Sella (Trento), e l’altra di Oltre il Colle nel bergamasco, che risulta molto più grande e affascinante. Quella realizzata nel 2001 ha le dimensioni di una vera cattedrale gotica composta da tre navate formata da ottanta colonne con più di tremila rami intrecciati, alte dodici metri e di un metro di diametro; all'interno di ognuna è stato messo a dimora un giovane carpino. La struttura ha un rettangolo di base di 82 metri per 15, un'altezza di 12 metri e copre un'area di 1.230 metri quadrati. L'opera era stata progettata alla fine degli anni 1980 e pubblicata in Germania; fu inoltre presentata alla Triennale di Milano, ma non era stata mai realizzata a causa della sua grande complessità strutturale. Osservando quest’opera è impossibile non pensare all'abbazia di San Galgano presso Siena o a qualche cattedrale francese di impronta Gotica; solo che in queste opere naturali di Mauri non c’è l’intervento architettonico e definitivo dell’uomo ma la richiesta esplicita di un contributo attivo da parte della natura affinché possa sviluppare e concludere totalmente l’evento. In Arte Sella, Mauri ha dato l’avvio alla nascita di una grande cattedrale che si concluderà tra vent’anni. Il suo intervento si è limitato a costruire dei sostegni-gabbie in legno, all’interno di queste strutture ha piantato ottanta carpini, che cresceranno (di 50 centimetri l’anno), seguendo le forme delle colonne. Con i tagli e le potature saranno adattate a formare una vera e propria Cattedrale Vegetale. Nel corso degli anni le colonne-sostegno costruite per accompagnare la crescita delle piante marciranno e lasceranno il posto ai carpini. Tra vent’anni, secondo l’artista, i carpini costituiranno una cattedrale completamente naturale. L’artista, quindi, non è il protagonista assoluto dell’opera ma cerca una collaborazione fattiva con la natura affinché l’opera possa completarsi totalmente. L’altra “Cattedrale Verde” è stata iniziata solo nel 2010, a Oltre il Colle nel Parco delle Orobie Bergamasche, in base a dei progetti che l’artista ci aveva lasciato prima di morire. Ma cos’è la «cattedrale verde»? E’ un’opera d’arte, realizzata con alberi e rami, che assumerà, appunto, la forma di una cattedrale, a cinque campate, alta da 8 a 15 metri, lunga 29 e larga 24, per 650 metri quadrati di superficie, 5 navate e 42 colonne. Tra pochi mesi si potrà vedere la struttura in legno, con le prime piante, carpini e faggi alti circa due metri. Poi la “cattedrale crescerà di anno in anno, assumendo la forma di un’architettura gotica di grande dimensione. Non sapremo mai come si presenterà alla fine dell’evento, sappiamo soltando che nel giro di una generazione o poco più, tutti i sostegni-gabbie in legno spariranno per decomposizione, a causa dell’azione incessante delle intemperie e delle stagioni; rimarranno solo i 42 alberi di faggio che piantati all’interno delle strutture dei pilastri saranno liberi di crescere e indicare con il loro allineamento l’intervento creativo dell’uomo e la collaborazione attiva e generosa della natura.
(Questa ultima opera di Giuliano Mauri che nasce da un processo del tutto spontaneo e naturale, è l’atto finale che completa e integra tutto il lavoro svolto in tanti anni da questo riservato e raffinato poeta dei nostri giorni)
                                                                                                   Giovanni Bonanno




- OPERA IN CORSO -
La “Cattedrale verde” sul monte Arera

Oltre il Colle – Dopo due anni di attesa è pronta la «cattedrale verde» voluta dal Parco delle Orobie. Ideata dall’artista lodigiano Giuliano Mauri (morto nel 2009), sorge in località Grumello, a circa 1.200 metri di quota, sulla strada che dalla Plassa porta alle pendici del monte Arera, a Oltre il Colle. La struttura in legno di sostegno con le prime piante, sarà già pronta entro fine agosto. La cattedrale Vegetale alta da 8 a 15 metri, lunga 29 e larga 24, per 650 metri quadrati di superficie, 5 navate e 42 colonne di rami intrecciati, alti sino a quindici metri; all’interno di ogni colonna è stato piantato un faggio. Le piante crescono cinquanta centimetri all’anno, tramite potatura annuale formeranno nel tempo una vera e propria cattedrale. Circa venti anni, la natura prenderà il sopravvento, gli artifici costruiti, per accompagnare la crescita delle piante marciranno lasciando il posto ai faggi, un’architettura interamente ecologica dove ciò che non è più necessario si corrode. Il processo, l’ideazione, la costruzione e l’evoluzione è in perenne movimento.

Ma cos’è la «cattedrale verde» o «cattedrale vegetale» che sorge in Valle Serina? E un’opera d’arte, realizzata con alberi e rami, che assumerà, appunto, la forma di una cattedrale, a cinque campate. Un connubio di arte, natura e spiritualità, voluto per valorizzare il monte Arerai. Tempo tre mesi e si potrà vedere la struttura in legno, di per sé già bellissima con le prime piante, carpini e altri alberi autoctoni, alti circa due metri. Poi la “cattedrale”, con i suoi intrecci di rami, crescerà di anno in anno, assumendo colori diversi a seconda delle stagioni».

Un percorso, quello della «cattedrale», iniziato peraltro due anni fa: era il luglio 2008 e, in località Plassa, veniva realizzato e inaugurato in grande stile il portone d’ingresso della struttura. «Ma i tempi si sono allungati. Giuliano Mauri aveva già fatto alcuni sopralluoghi e aveva in mente cosa realizzare: quelle idee ora verranno portate avanti dal figlio Roberto e da Paola Tognon.

Mauri, scomparso nel maggio 2009, divenne famoso proprio per le sue architetture naturali, realizzate con rami e tronchi di legno. Tra le sue opere più famose un’altra «cattedrale verde», quella realizzata a Borgo Valsugana nel 2001, in Val di Sella (Trento) per la manifestazione di arte contemporanea «Artesella». «Ma quella che sorgerà a Oltre il Colle sarà ancora più grande.



SCHEDA:

La «cattedrale verde» sorge in Comune di Oltre il Colle, in località Plassa (Grumello), lungo la strada che porta sull'Arera, dove si trova il rifugio «Capanna 2.000». 5 navate, 42 colonne, 1.800 pali di abete, 600 rami di castagno 6 mila metri di rami di nocciolo e 42 piante di faggio, altezza max navate 13 m
lunghezza 28.5 m, larghezza 24 m  Per la «cattedrale vegetale» non viene impiegato materiale che non sia legno e che non provenga dai boschi delle Orobie.  Pali di abete –

Nel cantiere è previsto l’utilizzo di 1.800 pali di abete.  Rami – Sono di castagno i 600 rami impiegati per costruire la «cattedrale».
Nocciolo – È stato calcolato che occorrano rami di nocciolo per la lunghezza di circa 5-6.000 metri. 
Faggio – L’opera sarà completata con la messa in posa dentro le colonne di 24 piccole piante di faggio.
Quota – La «cattedrale vegetale» si trova all’altezza di 1.345 metri.
 
Misure – Lunghezza della «cattedrale»: 28,5 metri; larghezza: 24 metri; altezza massima: 13 metri; altezza minima:  5 metri; numero delle navate: 5; larghezza navata centrale: 5,50 metri; altezza massima della navata centrale:  13 metri; larghezza delle prime due navate laterali: 4,50 metri; altezza massima delle prime due navate laterali: 8 metri; larghezza navate laterali esterne: 4 metri; altezza massima navate laterali esterne: 5 metri; numero delle colonne: 42; numero dei fusti per colonna: 8; diametro colonne: 1,50 metri.

Località La «cattedrale verde» sorge in Comune di Oltre il Colle, in località Plassa (Grumello), lungo la strada che porta sull’Arera, dove si trova il rifugio «Capanna 2.000» 

Come si presenterà alla fine? Non lo sapremo mai perché nel giro di una generazione o poco tutto il legno sparirà, decomposto dall’azione delle stagioni e delle intemperie; resteranno i 42 alberi di faggio che, piantati all’interno delle strutture dei pilastri, saranno liberi di crescere. Non più presente l’intreccio originale dei vari elementi in legno, saranno i faggi sempre più robusti a indicare con il loro allineamento la mano dell’uomo, in un processo del tutto naturale.

Il 2010 è stato scelto per il completamento e l’inaugurazione dell’opera in quanto proclamato dall’Onu Anno della biodiversità.

 


BIOGRAFIA: GIULIANO MAURI


Giuliano Mauri nasce a Lodivecchio nel 1938 e ha vissuto a Lodi fino al 29 maggio 2009). Alla fine degli anni Sessanta era venuto in contatto con i principali movimenti d'arte d'avanguardia in Italia. Gli anni Settanta lo videro come protagonista in prestazioni ambientali. I suoi video e performance sono stati mostrati in diverse gallerie: La Chiocciola di Padova, L'Alzaia a Roma, il Toselli di Milano e la Cavellini di Brescia. Nello stesso anno presenta le sue opere ai musei di arte moderna di Bologna, Modena e Varsavia. Egli ha inoltre esposto il suo lavoro alla Biennale di Venezia (1976). Nel 1978 con le sue enormi scale è presente alla mostra 'Metafisica del Quotidiano' presso il Museo d'Arte Moderna di Bologna . Nel 1980 costruisce i “Mulini a Vento” del tutto inutili. La casa “Raccoglitore dell'Uomo” è stata creata nel 1981 (Bergamo, chiesa di Sant'Agostino). L'anno seguente ha costruito l'imponente Scala del Paradiso (140m. di lunghezza e 10 m. di altezza). Questa consisteva in una serie di rami conficcati nel terreno legato alle estremità con dello spago. Lo stesso lavoro è stato anche presentato alla Galleria Mercato del Sale a Milano. Nel 1984 ha iniziato le costruzioni vegetali “Altari” sulle rive dell'Adda, a Lodi. Nel corso dello stesso anno espone “Zeppelin” alla Galleria Quanta a Milano e costruisce “La Città del sole”. Nel 1985 ha partecipato per la prima volta a 'Milanopoesia' presentando il lavoro “Accampamento padano”. A Sassello, nei pressi di Savona, costruisce “ La casa dell'Uomo”. Nel 1986 ha realizzato “La terra del cielo” nella chiesa di San Carpoforo a Milano. Nel catalogo, Vittorio Fagone definisce questa arte come 'in natura' nel senso pieno del termine. Nel 1987 ha creato ”Le Trombe del Paradiso” a Pegognaga (Mantova). Le “Spore vegetali” vengono sistemati a Villa Barzino vicino a Genova nel 1988, mentre i “Canti dell'esilio d'Occidente” a Sant'Arcangelo di Romagna. Nel 1988 ha costruito “Il Bosco” presso la sorgente del Tormo nella provincia di Lodi. L'anno successivo è presente alla rassegna “Shakti 1” di Copenaghen e nello stesso periodo partecipa a 'Milanopoesia' con “Accampamento padano 2”. Nel 1991 inizia la serie dei 'nidi' (Monteciccardo, Pesaro). Nel 1992 torna a Lodi con “ Il Campo di Duecento Pertiche” e “L'albero dei Cento Nidi”. Viene invitato alla 37a Triennale di Milano. Gli” Altari vegetali” e “Creatività” vengono creati a Borgo Valsugana (Trento). Nel giugno 1993 partecipa al 'Simposio Art in Nature' di Hannover. A Chicago viene invitato a 'Athenaeum”-Museo dell’Architettura ev del Design ( padiglione italiano). in Danimarca, a Tranekær, costruisce “Arpa Eolica” per il 'progetto Tikon'.  A Cottbuns, vicino a Dresda, realizza una grande Cattedrale Vegetale. Biennale di Penne nel 1994. Nel 1997 costruisce “Casa della memoria” a Laumier Sculpture, con bozzetti, è presente modelli e disegni presso il Museo di St Louis, Missouri, USA.Nel 1998 partecipa a “European Art and Nature Triennial” al Castello di Dragsholm, Danimarca.Nel 1999 ha creato le 'Impronte', per il Stour Valley Art Project a King's Wood, Challock nel Kent. A Sgorzelec, realizza gli “Osservatori estimativi” , FIUME NEYSA (2001). Per Arte Sella, nel 2001 nasce l’opera più nota e suggestiva di Mauri; “La Cattedrale vegetale”, in Val di Sella, composta da tre navate da 80 colonne di rami intrecciati, alte 12 metri e di un metro di diametro; all’interno di ognuna è stato messo a dimora un giovane carpino. Nel 2001 realizza anche la scenografia della Norma nello Sferisterio di Macerata per le scene di Giacomo Andrico e la regia di Daniele Abbado. Nel 2003, davanti alla Triennale di Milano espone La sfera “Zenobia” costruita per la mostra dedicata al romanzo di Calvino "Le città invisibili" da Giuliano Mauri con quattromila rami di castagno intrecciati e collocata di fronte al palazzo della Triennale. Nel 2004, realizza la “Passerella di gelsomini sul fiume perduto”, con legno e piante di gelsomini. Nel 2006 costruisce la “Voliera per umani” nella valle dei Sospiri del Parco di Monza. Nel luglio 2008 conclude e inaugura il suggestivo Ponticello Soradore – San Vigilio a Padernello frazione di Borgo San Giacomo (Brescia) . Nell’ambito di Territoria #3 inaugura a Luogomano “l'Anfiteatro della Val di Bisenzio”, presso il Complesso Artistico Contemporaneo del Comune di Cantagallo. “L’Anfiteatro è stata una, se non l’ultima opera da lui realizzata. Sempre nel 2008 realizza I due ponti presso il Castello di Padernello (BS), rispettivamente di 50 e 30 metri, sembrano avere un aspetto quasi fantasmagorico: la rete di legno che si innalza dal passaggio è un intrico magico che non si isola dallo spazio circostante ma sa trasportare il visitatore dentro i confini di una natura diventata leggendaria, un sogno di evasione dalla realtà e rifugio nel passato. Da tempo in dialisi, muore a Lodi il 29 maggio del 2009.



-Visita: MOSTRA RETROSPETTIVA
http://www.ophenvirtualart.it/mostra.php

-BIOGRAFIA E CRITICA DI GIULIANO MAURI
http://www.ophenvirtualart.it/presentazione.php  






giovedì 19 agosto 2010

CALENDARIO STAGIONE 2010/2011



SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY


LA NUOVA GALLERIA VIRTUALE ITALIANA CON L'ARTE A PORTATA di MOUSE





Calendario 2010/2011

MOSTRE VIRTUALI


-Settembre - Ottobre /Mostra Personale di GIULIANO MAURI

-Novembre - Dicembre / Mostra Personale di PAOLO SCIRPA

-Gennaio - Febbraio / Mostra Personale di CLEMENTE PADIN

-Marzo - Aprile / Mostra Personale di VINCENZO NUCCI

-Maggio - Giugno / Mostra Personale di MARCELLO DIOTALLEVI

-Luglio - Agosto - Settembre / Collettiva, “Area di Confine 2011, dentro e fuori l’avanguardia”, con la partecipazione di 15 artisti contemporanei.





martedì 11 maggio 2010

ARTECONTEMPORANEA/ La Galleria Tutta Virtuale



OPHEN VIRTUAL ART GALLERY


LA NUOVA GALLERIA VIRTUALE ITALIANA CON L'ARTE A PORTATA di MOUSE


Movement: Contemporary Art
Art Moderne
Photography
Video Artist
Mail Art

Salerno, Italy
Address: Giovanni Bonanno, Via S. Calenda 105/D 84126 Salerno (Italia).

Phone: 089 56 48 159
Fax: 089 56 48 159

Contact-Directors/Staff
Giovanni Bonanno - Director
Sandro Bongiani - Co-Director
e-mail: bongiani@alice.it / bongiani@libero.it

- PIANETA MAIL ART: http://www.ophenvirtualart.it/mail_art.php

-RIFERIMENTO:  Profilo su blogspot, Exibart, Saatchi-gallery, Artween.







WEB: OPHEN VIRTUAL ART GALLERY


Nasce una nuova galleria on-line di Arte Contemporanea con l’arte a portata di mouse.



Ophen Virtual Art Gallery è la galleria on-line di Arte Contemporanea. Un nuovo spazio espositivo in continua evoluzione che propone un’ampia scelta di artisti in “Permanenza Virtuale Con/Temporanea”, è un’opportunità unica per tutti coloro che vogliono godere l’emozione dell’arte contemporanea.

Lo spazio di Ophen Virtual Art Gallery, dinamico e in continuo aggiornamento, di alta qualità in grado di garantire valore artistico ed estetico, con la presenza assidua degli artisti contemporanei selezionati nel web, intende offrire un nuovo modo e una risposta concreta ad una esigenza sempre più avvertita dal pubblico dell’arte, colmando, altresì, il divario e lo spazio esistente tra la presentazione museale dell’opera d’arte e la presenza personale in galleria.

Alzek Misheff, Ruggero Maggi, Anna Boschi, Vittore Baroni, Andrea Bonanno, Vincenzo Nucci, Roberta Fanti, Vittorio Baccelli, Franco Longo, Bruno Cassaglia, Nicolò D'Alessandro, Bruno Sapiente, Giovanni Bonanno, Gabriele Jardini, Giuseppe Celi, Lorenzo Cleffi, Raffaella Formenti, Lancillotto Bellini. Artisti affermati insieme a selezionati artisti emergenti si ritrovano in Ophen Virtual Art Gallery: nuovo spazio espositivo on-line che propone un’ampia scelta di opere di qualità. Attraverso un accurato lavoro di ricerca, selezione e coinvolgimento degli artisti, la nuova galleria on-line punta sia su giovani emergenti che possono trovare una seria opportunità di lancio e visibilità, sia sui grandi nomi dell’Arte Contemporanea che credono nel progetto Ophen e desiderano condividere le loro emozioni con un pubblico più ampio e sensibile. Fruibile in qualsiasi momento e luogo, Ophen Virtual Art Gallery diviene un’opportunità unica per tutti coloro che desiderano avvicinarsi al mondo dell’arte in un modo nuovo, e condividere l’emozione dell’arte contemporanea di oggi.



"LA GALLERIA TUTTA VIRTUALE"

L’Archivio Ophen Documentazione d’Arte Contemporanea è stato creato nel 1989 a Como da Giovanni Bonanno, artista e critico d’arte. Dopo 20 anni nasce "Ophen Virtual Art Gallery"

“La Galleria tutta Virtuale” di OPHEN VIRTUAL ART GALLERY è un vero spazio virtuale, che permette al visitatore di godere delle opere esposte. L'Archivio Ophen è uno dei primi archivi di arte contemporanea digitali che apre ora le sue porte virtuali con un vero vernissage online. Protagonisti sono diversi artisti italiani e stranieri selezionati, che espongono le loro opere proprio attraverso lo spazio Ophen Virtual Art Gallery dove possono far conoscere meglio la loro arte e le loro esperienze di lavoro, con l’ obiettivo essenziale di promuovere e valorizzare gli artisti contemporanei selezionati presenti nel panorama nazionale e internazionale e anche artisti ancora poco conosciuti, prospettando ipotesi ed esperienze di lavoro di un certo interesse e ipotesi alternative rispetto al panorama ufficiale dell’arte nella varietà delle loro forme espressive, portandoli all’attenzione del pubblico specializzato, di appassionati, critici, collezionisti e mercanti d’arte. La Galleria Virtuale è uno spazio sempre aperto, non ha una superficie fisica è solo virtuale, si trova idealmente a Salerno ed è visibile 24 ore su 24.




Opere in permanenza virtuale dell'Archivio Ophen Virtual Art Gallery

- Artists Represented

■Ruggero Maggi

■Anna Boschi

■Roberta Fanti

■Giovanni Bonanno

■Nicolò D'Alessandro

■Gabriele Jardini

■Andrea Bonanno

■Lorenzo Cleffi

■Luciano Caruso

■Ray Johnson

■Vittorio Baccelli

■Franco Longo

■Giuseppe Celi

■Alzek Misheff

■Bruno Sapiente

■Vittore Baroni

■Bruno Cassaglia

■Lancillotto Bellini

■Raffaella Formenti

■Vincenzo Nucci




MOSTRE VIRTUALI SVOLTE

Calendario Stagione 2009/2010


■Settembre / MOSTRA COLLETTIVA: TRE ARTISTI A CONFRONTO da venerdì 11 settembre a sabato 31 ottobre 2009


■Novembre / MOSTRA VIRTUALE di RUGGERO MAGGI da sabato 14 novembre a domenica 10 gennaio 2010


■Gennaio / MOSTRA VIRTUALE di LORENZO CLEFFI da martedì 26 gennaio a domenica 14 marzo 2010






■Maggio / MOSTRA VIRTUALE   di  FRANCO LONGO


dal 29 maggio al 29 agosto 2010

sabato 10 aprile 2010

ARTE CONTEMPORANEA/ MOSTRA PERSONALE DI FRANCO LONGO




SPAZIO OPHEN
VIRTUAL ART GALLERY

 
" LA MOSTRA TUTTA VIRTUALE "



UNO SPAZIO VIRTUALE SEMPRE APERTO  



"LA MOSTRA TUTTA VIRTUALE" è' un vero e proprio spazio digitale, che permette al visitatore di godere delle opere esposte. E' l'Archivio Ophen, fra gli archivi di arte contemporanea digitali che apre ora le sue porte virtuali con un vero vernissage online. Protagonisti diversi artisti Italiani selezionati, che espongono le loro opere proprio attraverso le pagine del sito, dove possono far conoscere meglio la loro arte e le loro esperienze.
 
Opere in permanenza virtuale dell''Archivio Ophen Virtual Art di Salerno: Ruggero Maggi, Roberta Fanti , Giovanni Bonanno, Nicolò D'Alessandro, Anna Boschi, Lancillotto Bellini. Luciano Caruso, Vittore Baroni, Ray Johnson, Raffaella Formenti, Vittorio Baccelli, Gabriele Jardini, Andrea Bonanno, Lorenzo Cleffi, Franco Longo, Giuseppe Celi, Bruno Sapiente, Alzek Misheff, Vincenzo Nucci.





MOSTRA PERSONALE

DI




"LE  METAMORFOSI  DEL  SILENZIO"









da sabato 29 Maggio a domenica 29 agosto 2010




(La mostra presenta nelle tre sale della Galleria una selezione di 31 grandi opere tra dipinti, grafiche,sculture e video dell’artista salernitano)




Presentazione


“LE METAMORFOSI DEL SILENZIO”
di Giovanni Bonanno




Parlare di Franco Longo non è semplice perché l’artista campano si trova a condividere una weltachaung del tutto originale rispetto alle proposte spesso effimere e omologate di tanti artisti contemporanei di oggi. L’arte per Longo non è da considerare mera rappresentazione descrittiva o semplice riporto superficiale della realtà visibile, l’arte è emozione, ricerca ossessiva; questo l’aveva già capito un po’ di anni fa anche Francis Bacon quando diceva: “sono un pittore figurativo e penso che non si possa più fare illustrazione perché la fotografia e il cinema la fanno meglio”.

Artista solitario e introverso, in diversi anni ha saputo scandagliare gli anfratti più nascosti e imprevedibili della realtà, con una rappresentazione di esseri e cose che volano e cadono dentro un vuoto pneumatico che assorbe o rimanda indietro avanzi e scarti di immagini frammentate che si definiscono provvisoriamente nello spazio metaforico dell’opera. Sono visioni abissali svelate con apparizioni di lacerti di memoria in uno spazio inconsistente, anemico, ossessivo e nel contempo anche malinconico. Scrive Rino Mele ” cadere per Longo anche sfuggire, l’esito mancato di un’evasione” e poi, “ la caduta è salvezza e perdizione” . I suoi “viaggiatori “ anonimi di un tempo tutto provvisorio vagano dentro il nulla e si definiscono sulla soglia di un limite dentro uno spazio atemporale e insostanziale.

Franco Longo non accetta la pura astrazione delle cose ma vuole condividere la dimensione metafisica e precaria della realtà. L’uomo o i relitti che ne vengono fuori si ritrovano risucchiati provvisoriamente in una geometria asettica e relativistica senza tempo, in una dimensione dichiaratamente disumanizzata e inquieta. Scrive Michele Bonuomo: “ ogni accenno descrittivo, ogni ipotesi di narrazione appena intuita si frantuma in schegge di altre immagini: in nuove ipotesi per un racconto, che ha un inizio non fa mai seguire un finale prevedibile, il finale è sempre aperto…”. Il volo e la caduta negano la materialità delle cose; sono segni insostanziali di un profondo malessere svelato solo in parte come momento provvisorio dell’esserci. Franco Longo è un autentico visionario che mette in moto le diverse dimensioni del silenzio, dell’apparire e dell’incosciente salto nel vuoto. Nella sua opera tutto diventa mutazione e brivido, con questi esseri anonimi e ibridi che vagano, tentano invano un ipotetico volo e ripetutamente vengono assorbiti dentro un vuoto opprimente che diventa nello stesso tempo sudario e anche vertigine. Sono queste, le “metamorfosi del silenzio” in cui l’apparire di ombre e di fantasmi, l’assenza di gravità e persino la tragica sospensione incarnano la dimensione più sofferta e precaria della nostra povera e inquieta esistenza.









L'opera di Franco Longo


“Per Franco Longo la pittura è ancora un" luogo dello spirito", dove la malinconia e il mistero hanno diritto ad abitare.. La malinconia è tutta proiettata nella difesa di una disciplina - quella pittorica per appunto- che vive, silenziosa, l'orgoglio della sua identità...
La malinconia di un solitario è fatta di misteri, di silenzi, di rumori e di urla senza suoni... in solitudine il vizio della pittura persiste... si è trasformato nella vita stessa.” Michele Bonuomo, 1988





Il flamenco sulla neve
di Rino Mele



Questa sua nuova mostra è un segno di straordinaria maturità, i pochi oggetti che segnano le due stanze della Galleria si fingono indicatori di un percorso ma, nella neutrale e assoluta autoreferenzialità, cancellano il sistema di rapporti cui pur alludono. Ogni quadro di Franco Longo chiede tutto lo spazio per sé, piccola -imprecisa- enciclopedia che unisce la linea dell'inferno e quella della salvezza. Come leggere questi quadri che tendono alla soppressione dell'immagine, esaltandola fino alla contaminazione con graffi materici, schegge, dolorose ferite? Bisogna partire dallo sfondo, è esso lo schermo da cui ha origine l'immagine e nella quale chiede di finire sciogliendosi, addormentandosi nello scomporre i propri elementi e scandirne il suono. Longo è attratto dal surrealismo, il liquido misterioso che circonda la figura ed evocandola ne nasconde il volto, quel vibrare violento, l'inconsistente terrore, un perturbante addolcito nel suo contrario e si nasconde nella pace delle forme. Il surrealismo è il reale che sprofonda, e morde, avvicinando maschere come se non gli appartenessero e quelle maschere chiama con nomi che ubbidiscono a spostamenti inattesi e salvifici. Il surrealismo spinge sulla pietrosa riva dell'arte nuove e inattese nominazioni delle cose, le scambia nel limite di un gioco e, allontanando i nomi dalla pretesa di essere oltre la loro voce, precipita gli oggetti in una vertigine religiosa e visionaria. Il pittore surrealista è un rabdomante e un indovino. Ha davanti a sé un divino alfabetiere, scambia la "R" di rondine con la "B" di bandiera e inventa il linguaggio profondo che ogni bambino prima di nascere già preme nelle lune della madre e nel sangue, quel linguaggio della metafora permette allo scolaro di scrivere che le bandiere garriscono, e al poeta che la rondine s'apre al vento. 2002




Il cavallo è un leone e parla
 di Rino Mele


Ormai da vent'anni Franco Longo è tra i protagonisti della ricerca pittorica che dal Sud si muove con sguardo acuto verso le più taglienti esperienze statunitensi ed europee, un lavoro aspro, chiuso tra conoscenza attenta dell'arte e della storia e consapevole ansia di precederle.

I lavori che allo Spazio Figliolia presenta sono legati al mito e al sacro, al muoversi del tempo (vibrazione, fibrillazione, spasmo) che queste categorie suggeriscono: in che modo la fissità delle figure sacre(mitiche e storiche) si avvicinano e si sottraggono al nostro sguardo? I miti greci e l'apparizione del sacro nella figura di Cristo si fondono e pongono all'artista questo tema del tempo, del movimento che l'accompagna: l'oscuro modo di presentarsi dell'immagine carica del dolore di Dio. Tra i quattro Vangeli canonici, quello di Marco sembra il più vicino all'istanza greca, al chiarore accecante dell' irraccontabile.

Non so se Franco Longo abbia letto per intero quel Vangelo (sono pochi gli italiani ad averlo fatto), certo potrebbe-a scavarci dentro- trovarvi delle suggestioni nuove, come suggerisce Dennis R. MacDonald nel suo The Homeric Epics and the Gospel of Mark. Penso, ancora alle sue struggenti e bellissime Resurrezioni, a una variante di questo evento, Sulphur (encausto, foglia d'argento su canapa) in cui Cristo, stracciato nella carne, sale tra un attendamento di figure geometriche e riflette la sua ombra su un cielo turbato, lontano, giallo. La presenza dei fantasmi della geometria occupa anche lo spazio bianco, evanescente, di The Spirit of trascendency (caolino, foglia d'oro su canapa). Poi, di grande rilievo, il suo Chirone (inchiostro, carbone, su carta) trasformato in più oscura pena, il cavallo che regge il suo volto d'uomo ora ha zampe di leone.

Mi piace fermarmi su un'altra tela, Suspension, sospensione della caduta, quel capovolgersi nella vertigine, trovare all'improvviso la terra, il suolo, la superficie della stanza come cielo. Ma il blu del cielo si è trasferito sul corpo di chi cade, il pavimento è rosso, e grida.



FRANCO LONGO
Suspension.
The horse is lion and speaks
by Rino Mele


Franco Longo has been for twenty years now, among the protagonists of the pictorial study which from the South is moving with a penetrating gaze towards the sharpest States and European experiences, a hard work, closet between a careful knowledge of Art and History and an aware eagerness to precede them. The works he is presenting at “Spazio Figliolia Gallery”, are link ed to the myth and the sacred, to the time moving (vibration, fibrillation, spasm) that these categories suggest: how does the fixedness of the sacred figures (mithical and historical) Comes nearer or gets out of our to the artist this theme of the time, of the movement which accompanies it: the obscure way the image burdned with Christ’s suffering appears. Among the four canonical Gospels, St. Mark’s one Seems the closet to the Greek motion, to the dazzling glimmer of the unmentionable. I do not know if Franco Longo readthat Gospel in full (there are few italiano who have done it), but – digging into it – he might find new fascinations, as it is suggested by Dennis R. MacDonald in his “ The Homeric Epics and the Gospel of Mark”. I still think of his aching and wonderful”Resurection”, to version of this same event, “Sulphur”(encaustic, Silver foil on hemp) in Which Christ, torn in his flesh, goes up among a tentage of geometrical figures and reflects his shadow on a troubled, far, yellow sky. Thew presence of geometry ghosts occupies also the white, vanishing space of” The Spirit of trascendency” (Kaolin, golden foil on hemp). Then, of great importance, his “ chirone” (ink, charcoal, on paper) turned in a more obscure sorrow, the horse holdimg his man face, now has got lion paws. I like to stop on another painting, “Suspension”, suspension from a fall, an overturning in the dizzeness, suddenly finding the land, the round, the room surface as a sky. But the blue of the sky has moved on the body of the one who is fallino down, the floor is red, and is crying out.


FRANCO LONGO:  Malinconia della musa



Dipingerle, queste parole

La pittura di Franco Longo. Il suo modo tenero di spingere il colore sul supporto fino a farlo vivere. L’attrazione della superficie, quel trasfigurarsi in onde. Il disegno viene dopo, la linea non è il limite entro cui il colore si adagia ma, al contrario, serve a frenarne la forza, a contenere la sua natura di fuoco, l’accensione di una vita che si raddoppia nello specchio del foglio, della tela.

Il lavoro di rappresentazione nasce in lui da una precisa forma, la linea che si spezza nel volo, l’elmo della dea, che cade, un’idea spesso legata al mito, l’aquila di Giove, Sisifo che si ripete, Orfeo che si gira e non trova Euridice, ritenta lo sguardo nel nulla. E, poi, il fascino del trasmutare: chissà in quale lungo sogno dell’infanzia Longo si è incontrato con Ovidio e gli ha chiesto di raccontare le sue storie meravigliose, ha ascoltato i racconti estatici delle Metamorfosi che ora non smette di riprendere e dipingere rinnovandoli.

Così l’ambiguità si esalta feconda. ”Ma perché voi, sirene, avete penne e zampe d’uccello, con volto di fanciulla ?” chiede Ovidio. E Longo, sedotto da un manierismo che si ricuce su stesso in una spirale di motivi, sembra voler rispondere al poeta romano. Così, le sue figure vivono d’acqua e di sale, volano oltre il precipizio in cui egli le caccia. Trasmutare, trasfigurare, trasducete, ricostruire l’ansia di un vento lontano, materno. La sua pittura manieristica. Penso all’influenza che ha avuto su di lui il XVI secolo e in particolare alcune opere tra cui l’Autoritratto allo specchio del Parmigianino.

“Vi fece una mano che disegnava, un poco grande, come mostrava lo specchio”, scrive Vasari. Ed, ecco anche per Franco Longo, realismo e deformazione vanno insieme, inseguono la luce che divora le forme. La sua pittura nasconde anche una sua dolce patologia, una nevrosi superba, un’ossessione didattica: come se un uomo, dormendo, sognasse anche l’interpretazione del sogno in cui è immerso e pretendesse poi di dipingere quest’ultima e non il racconto onirico e le sue immagini: c’è in Franco Longo un bisogno eccessivo a razionalizzare, un’ansia a trarre i concetti dalle figure e a nasconderle dietro di essi. Anche quest’ultima mostra scava in quel desiderio sbarrato, la finestra accennata sul muro, che s’apre contro chi pretende di aprirla. Mi fermo a guardare ancora il suo Orfeo, una foglia d’oro, strisce di bitume, l’azzurro intenso di un corpo e un celeste lontano nel suo richiamo, e segnali rossi come ferite. E’ il discorso con la morte, l’Ade chiuso come il morso di un cane, la vana richiesta di tornare. Euridice non può parlare, né rispondere con un cenno, non sa più nella nebbia in attraversabile cosa sia il suo corpo, il ventaglio fresco delle dita, l’acquorea consistenza degli occhi, i suoni della voce.    Rino Mele








Visita la Galleria Virtuale:







Sala 1: Grandi Opere  









FRANCO LONGO
Umore acqueo, 2008
mixed media on canvas
100x100 cm.




Franco Longo
Chaman, 1993
encaustique sur soie
(encausto su seta nera trasparente + condensatori elettrici)
150x150 cm.
MUSEE MUNICIPAL DE SAINT-PAUL -FRANCE - 1994 00x200 cm.






FRANCO LONGO
Icarus, 2009
pigmenti, foglia argento su lino
230x200 cm.








FRANCO LONGO
Transmutation  2006
mixed media on canvas
60x80 cm.












FRANCO LONGO Sciaman, 2009
pigments, feuille d'or sur toile
100x80 cm.  








FRANCO LONGO
Infrared, 2007
mixed media on table
180x120 cm.










FRANCO LONGO
Senza titolo, 2001
pigmenti, bitume su carta intelata
60x80 cm.










FRANCO  LONGO
Transfiguration Spirit  2007
foglia oro, pigmenti su tela
170x200cm.









FRANCO LONGO
Mimesi, 2009
watercolor on paper - (arches)
30x25 cm.








 
 
 
FRANCO LONGO
Sephirot, 2008
encausto su tela
200x160 cm.










FRANCO LONGO
Arbor Vitae 2001
pigmenti, foglia oro su tela
80x100 cm.










FRANCO LONGO
Corpus  2004
mixed media on linen
80x60 cm. 









Franco Longo
Il Canto di Orfeo, 2006
pigmenti, resine, foglia oro, bitume su tavola










Franco Longo
Disarcionamento di Bernardino della Ciarda, 1995
mixed media on table
dittico 300x250 cm.
archivio Franco Longo
dittico







 



Franco Longo
Disarcionamento di Bernardino della Ciarda, 1995 (particolare)
mixed media on table
dittico 300x250 cm.
archivio Franco Longo
dittico


 



 

Franco Longo
Voila l'eau d'eros, 1981
olio su tela
300x200 cm.
archivio Franco Longo





Sala 2: Grandi Opere








FRANCO LONGO,
Rubedo, 2005
mixed media on canvas
60x80 cm












FRANCO LONGO
Il centauro Nesso e Deianira, 2008
mixed media on canvas
150x185 cm.










FRANCO LONGO,
 Volo radente, 2005
acrylic on canvas
50x60 cm.


 











FRANCO LONGO,
 “The dream of love on the hypotenuse“,  2008
acrylic on canvas,











FRANCO LONGO,
“Sulphur“, 2004
mixed media on linen,
60x80,











FRANCO LONGO ,
“Shadow“, 2006
charcoal on paper,
56x76,










FRANCO LONGO,
"Astolfo sulla Luna"  2009
 pigmenti, foglia argento mecca su tela
230x350 cm.










 
FRANCO LONGO,
Suspension, 2006
pigmenti, resine su tela
200x150 cm.










FRANCO LONGO,
Corpus Hermeticum
mixed media on canvas
100x150cm.










FRANCO LONGO,
 “Apollo e Daphne“, 2006
 alkyd on canvas,
150x200,







Sala 3:  Grandi Opere di Grafica,
 di scultura e Video d'artista







GRAFICA:






FRANCO LONGO,
Coniunctio Spirituum,  2008
watercolor on paper,
cm 20 x 30 









Franco Longo
Eteocle e Polinice, 2007
blak indian ink
20x32 cm.








Franco Longo
Antiprotonica, 2008
ink on paper
20x25 cm.



 


 
 

 
Franco Longo
Mortificatio, 2007
blak indian ink, watercolor
20x32 cm.








Franco Longo
Arbor vitae, 2008
blak indian ink
20x32 cm.








FRANCO LONGO
La caduta degli angeli, 2009
Ink, watercolor, pastel on paper
30x30 cm.

 







FRANCO LONGO,
“Resurrection“, 2004
 ink, charcoal on paper mounted on canvas,
 60x80,







SCULTURA:





FRANCO LONGO,
Spirito del vuoto, 2005
ferro  220x50 cm.









FRANCO LONGO,
Corpus, 2003
(caolino) stiacciato
80x100 cm.








FRANCO LONGO,
Spiritus temporis, 2001
ferro, bitume
220x100 cm.







VIDEO:









FRANCO LONGO, Opus - Mostra Milano









FRANCO LONGO,  Labyrinthus










FRANCO LONGO,  Trasmutation











FRANCO LONGO,   Tempo imparziale 











FRANCO LONGO, What you are thinking











FRANCO LONGO,  Death is died











FRANCO LONGO,  Motus











FRANCO LONGO, Aqua permanens










FRANCO LONGO, Sulphur










FRANCO LONGO,  Pink  noise










CHI E'  FRANCO  LONGO ?





Note Biobibliografiche/ BIOGRAPHY

FRANCO LONGO


Curriculum vitae

Franco Longo nasce a Salerno il 18 dicembre del 1945, consegue il diploma di laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli ed è docente di Discipline Pittoriche e Percezione Visiva presso il Liceo Artistico di Salerno.

Nel 1965 allestisce una mostra personale presso la Galleria La Seggiola di Salerno.

1965 Collettiva al Peristilio Teatro Verdi Salerno

1968 Pietro Lista – Franco Longo , Alterazione per un suicidio, happening - Club Universitario di Cava dei Tirreni. Dall’happening viene tratto il film omonimo realizzato

da Pietro Lista e Franco Longo

Nel 1969 allestisce una mostra personale alla Galleria Einaudi 691.

Nel 1973 partecipa alla II Rassegna Incontri Internazionali d'Arte, presso l'Azienda di Soggiorno e Turismo di Salerno. Realizza il disco Tempo Imparziale, LP 33, con testo critico di Filiberto Menna.

Nel 1975 é invitato alla X Quadriennale d'Arte, La Nuova Generazione, Palazzo delle Esposizioni, Roma, nell’ambito della quale, attraverso materiali multimediali, enuncia la citazione HIC ET NUNC, e definisce l’attraversamento spazio/tempo mediante una proiezione continua.

Installazione di una mostra personale presso la Galleria Taide di Mercato San Severino, Salerno. Partecipa a Full Time a Reggio Calabria.

Partecipa alla Rassegna Napoli Situazione 75, introduzione al catalogo di G. Pedicini; cfr. Enrico Crispolti, Arti visive e partecipazione sociale, Bari, De Donato, 1980.

Nel 1976, in occasione del XIX Festival del Cinema di Salerno, realizza a Cava de’ Tirreni l'happening Non c'è più firmamento, da cui viene tratto il film La stella di vetro.

Nel 1977 allestisce al Lavatoio Contumaciale di Tomaso Binga, in Roma, un environnement Sublimazione, il Tempo dell'irreversibile.

Continuando il suo lavoro sull’ uso del video, dà vita ad una nuova serie di Video-tapes, tra cui Spazio Fluido, presentati in occasione della mostra personale alla Galleria La Seggiola di Salerno.

Partecipa all’ Arte Fiera di Bologna, con la Galleria La Seggiola di Salerno, nel 1978.

Nel 1979 personale alla Galleria Taide, Salerno, video installazione.

Arte Fiera di Bologna, Installazione in piazza della Costituzione di un telone di cm 1500x200 recante la scritta WHAT YOU ARE THINKING IN THIS MOMENT IS ART.

Nel 1981 è segnalato da Filiberto Menna nel Catalogo Bolaffi Arte Grafica n.11.

Partecipa all'Expo Arte di Bari con la Galleria Taide di Salerno.

Nel 1982 partecipa alla Rassegna Spazio Video, presso l’EPT di Salerno.

Allestisce la mostra personale presso lo Studio Trisorio di Napoli, Sogno d’amore sull’ipotenusa, con testo critico di Antonio d’Avossa.

Partecipa a Differenza Video, Rassegna Internazionale di video d'artista, presso lo Studio Trisorio di Napoli.

Nel 1983 è presente alla Rassegna Spazio Video II, Palazzo S.Massimo, Salerno.

In settembre partecipa all’Annual Living Room Video Festspiel ‘83, Salling, Danimarca.

In ottobre partecipa a Video C.D.83, Cankarjev Dom, Ljubliana, Yugoslavia.

Nel 1984 allestisce al Castello Arechi di Salerno, la mostra personale Amor Sacro, amor profano, testo critico di Rino Mele.

Partecipa alla Rassegna L'Immaginario Tecnologico, Museo del Sannio, Benevento.

E’ a cura di Rino Mele il testo sulle opere video: Franco Longo La pittura trasferita, Studio Trisorio, Napoli.

Nel 1985 partecipa ad Art Media, Rassegna di Estetica del Video, Università agli studi di Salerno.

Nel 1986 è invitato alla Rassegna U-Tape, Palazzo dei Diamanti, Ferrara.

Nel 1989 allestisce nell’ Auditorium S.Giovanni di Dio di Salerno, una mostra personale con la pubblicazione del volume, Vizio e malinconia della pittura di Michele Bonuomo, Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano.

Nel 1990 MASP, Galleria La Seggiola 1965, Sào Paulo, Brasile.

Collettiva Gallery il Portico Cava dei Tirreni, (SA).

E’ del 1992 Artifex , mostra personale presso l’Auditorium S.Giovanni di Dio, Salerno.

Libro dei Versi e delle Figure, 1992, Avagliano Editore, Cava de’ Tirreni.

E’ del 1993 Solfuro di mercurio, mostra personale presso il Tempio di Pomona, Palazzo Arcivescovile, Salerno.

Nel 1994 è invitato presso il Musée Municipal de Saint-Paul, dove allestisce una mostra personale con presentazione in catalogo di un testo poetico di André Verdet: Prestiges d’une peinture.

Rino Mele, Via della stella, disegni di Franco Longo, Avagliano Editore, 1994.

Nel 1996 allestisce una mostra personale presso il Lazzaretto, ex Ospedale S. Maria della Pace, Napoli, col patrocinio della Regione Campania e del Comune di Napoli. Catalogo-monografia a cura di Rino Mele e Massimo Oldoni.

1997 Nell’ambito della XIII settimana per i Beni Culturali, Soprintendenza Archeologica di Salerno, nella Villa Romana di Sava di Baronissi, Salerno, mostra La discesa agli inferi, di Franco Longo e Pietro Lista.

Nel 1999 allestisce a Villa Carrara, Salerno, La cripta e il cielo, mostra patrocinata dal Comune di Salerno, Catalogo Ripostes con versi e testo critico di Rino Mele.

2000 Arte sulla Passione, Convento San Francesco Giffoni Valle Piana (SA).

2000 Con…fronti CerAmici, Chiesa Sant’ Apollonia, Salerno.

2000 Artisti per il Kossovo, Galleria d'arte Paola Verrengia, Salerno, 2000.

2001 “XI Scientific week "MUSIS" University La Sapienza Rome, Lavatoio Contumaciale Roma.

Nel gennaio 2002 allestisce la mostra personale Corpus, presso lo STUDIO 34, Salerno, catalogo con testi di Rino Mele. Pubblicazioni settimanali di disegni, in collaborazione con il quotidiano Roma il Salernitano. In agosto-settembre partecipa alla rassegna Furore dolce dell’arte, con testo di Rino Mele, Costa d’Amalfi.

2002 Percorsi creativi STUDIO 34, Salerno

2003 A cura dell’Università degli Studi di Salerno, mostra alla Galleria Il Catalogo di Salerno Apparizione della nave.

Partecipazione alla rassegna Immagini & Scene, a cura dell’associazione Compagnia Scenidea, presso la Chiesa di S.Apollonia, Salerno.

Nell’ambito del Civita Festival 2004 presenta a Civita Castellana la video installazione Labyrinthus a cura della cattedra di Estetica dell’Università di Salerno.

Hypegallery Milano, HISS-PUNCH-OUT - WHITE NOISE, dicembre 2005.

Galleria Selezioni d’Arte, Salerno, Suspension, aprile 2006

Hypegallery Berlino, Hypersensivity, settembre 2006

Aprile 2007 Mostra personale, Malinconia della musa – Compagnia delle indie Salerno
Maggio 2007 collettiva – Eterno femminino – Hotel Convento S.Michele Salerno

Agosto 2007 Il Castello Sospeso Metamorfosi di Terre e Fuoco Scuderie del Castello di Castellabate (SA) Dicembre 2007

2007 Oro, Incenso e Mirra, Ex Mattatoio, Agropoli (SA)

2008 ANTICO CONVENTO DELLO SPIRITO SANTO

Aprile 2008 ISAMENNA “Ex: maestri ed allievi” Mostra storica a cura di Cristina Tafuri

Chiesa Sant’Apollonia Salerno

Marzo 2008 OPUS - B ART musicbargallery MILANO

Settembre 2008 trasmutazioni – punto&virgola caffetteria art Salerno

2009 MUSEMUSEO Franco Longo - Astolfo sulla Luna ANTICO CONVENTO DELLO SPIRITO SANTO

Gennaio 2010 MUSEMUSEO Pellezano (SA) ANTICO CONVENTO DELLO SPIRITO SANTO Presentazione Calendario Gutenberg 2010 - Angeli a cura di Rino Mele













VISITA: Opere Franco Longo
http://www.francolongo.com/


e-mail franco.longo@alice.it