sabato 7 marzo 2009

A R C H I V I O O P H E N / ARTE E FOLLIA

A R T / L I T T E R A M



ARTE e FOLLIA




In occasione del trentesimo anniversario della legge Basaglia (Legge 180/78), il PD di Limbiate si fa promotore di un ciclo di iniziative culturali rivolte a suscitare attenzione verso un tema, quello della pazzia, centrale nella cultura contemporanea e soprattutto nella storia di Limbiate, sede di uno dei più grandi manicomi italiani, quello di Mombello. Una mostra di Mail Art è sicuramente un modo altro, forse poco convenzionale, di stimolare pensieri, dibattiti, emozioni sull’argomento, ma è proprio questa non convenzionalità l’elemento propulsore di riflessioni possibili. La stessa storia della Mail art, la sua ragion d’essere, i suoi meccanismi, le sue sperimentazioni tecnico-linguistiche e la sua ironia fuori dagli schemi possono addirittura suggerire punti di tangenza con il mondo della follia.
La Mail art (arte postale) è infatti una forma d’arte border line, marginale, estranea al sistema dell’arte, ma proprio per questo è più libera, autentica e foriera di arguzie intellettuali e di audaci soluzioni creative. Le opere di piccolo formato, soprattutto cartoline, francobolli, buste, lettere viaggiano per posta, sfidando ogni tipo di imprevisto, anzi, il caso, l’accidente, il disguido sono un valore aggiunto per l’opera, perché contribuiscono ad arricchirla e modificarla in modi del tutto non razionali e non calcolati. Già alcuni futuristi come Balla, Depero e Cangiullo, intuendo la portata creativa di questa leggera e semplice forma d’arte, si scambiavano idee, progetti o sperimentavano ogni tipo di produzione artistica avvalendosi di lettere, cartoline, telegrammi. La consapevolezza di creare un movimento artistico che scorre e si muove al di sotto dell’arte ufficiale, nasce però dall’esperienza anti-istituzionale del dadaismo duchampiano e di Fluxus, quando, nel 1962, l’artista americano Ray Johnson fonda la New York Correspondance School of Arts, una vera e propria rete di artisti che collaborano dando vita a processi in progress frutto di un’espressione collettiva.
In Italia la Mail Art inizia diffondersi a partire dagli anni Settanta, nel clima dei grandi cambiamenti sociali di critica antiborghese, in cui anche l’arte viene messa in discussione. Vicina all’arte concettuale nella volontà di arrivare ad una ridefinizione dell’arte, la Mail art se ne discosta rinunciando all’introversione e alla freddezza, ma proponendo una risposta sociale-relazionale e operativa: l’arte deve essere svincolata dal mercato, dalle gallerie ufficiali, dalla grande committenza e recuperare un gesto creativo che sia libero e generatore di un messaggio vero. Rispetto invece all’arte di contenuto politico sociale di quegli anni, si discosta da tematiche didascaliche e propagandistiche preferendo una forma leggera, fresca, innovativa a livello tecnico e linguistico, spesso ludica e irriverente, ma di grande forza eversiva.
La dimensione privata della corrispondenza diventa un movimento di scambio collettivo di idee che circolano, viaggiano, si muovono e smuovono pensiero. Pluralità e democrazia sono altre fondamentali caratteristiche: tutti, volendo, possono fare Mail art, non esiste il capolavoro; le opere sono costituite da elementi quotidiani, ma assemblati lasciando libero spazio alle idee più geniali senza aver la paura di incappare in giudizi o censure. Nelle esposizioni di Mail art non c’è una selezione, ma le opere di tutti gli artisti invitati sono esposte, perché ciascuna contiene un messaggio diverso ed è specchio della complessità del reale. Il meccanismo di azione è quello della catena ad invito, spesso legato ad un tema preciso.
Nel caso di questa mostra l’artista Giuseppe Denti ha invitato alcuni artisti a lavorare in modo libero sul rapporto arte e follia, indicando solo la misura del formato su cui intervenire (foglio formato A4). Se da un punto di vista tematico gli autori mettono al centro della loro riflessione l’uomo, nella sua solitudine, sofferenza e diversità, i lavori rivelano varietà nelle tecniche e nei linguaggi usati, da quelli più tradizionali a quelli più sperimentali rivolti ad una contaminazione intermediale. Tali opere possono essere suddivise in tre categorie: quelle connesse allo spirito e all’ironia della Mail Art, quelle realizzate con tecniche più tradizionali quali la pittura, il disegno e la scultura ed infine quei lavori che rientrano nell’ambito della più contemporanea Digital art.
La creatività più libera della Mail Art, in linea con certe ricerche verbovisuali, si esprime attraverso la combinazione inconsueta, il più delle volte a collage, di immagini, parole, disegni, numeri, timbri… che invita ad una lettura attenta dei molteplici segni che disvelano autonomamente e in relazione agli altri, una infinita e sottesa trama di significati.
In alcuni casi le parole unite al collage sono un messaggio breve quasi pubblicitario, un monito come nel caso di Morandi: “esci dal recinto” e “per te un nuovo mondo” o di Bonanno: “l’arte moderna è follia e vertigine” “io sono uno di voi”. In altri lavori la parola è il centro, l’artista punta contemporaneamente sull’aspetto del significante e del significato creando interessanti giochi di parole che aprono a più possibilità interpretative come nel caso dell’opera di Patrizio Vellucci e Donato Maturro in cui la frase “siamo sempre insieme separatamente non mente normalmente” scritta senza cesure rivela la sua densità di senso nella parola “mente”.
Gli ironici collage di Strada molto affini allo spirito irriverente e critico del dadaismo offrono uno spunto di riflessione più ludico per l’accesa cromia e per insoliti accostamenti e sovrapposizioni.
Anche l’aspetto materico e cromatico ci invita a scoprire piccole magie nascoste nella calibrata scelta di carte di diverse tipologie (Luc Fierens); nei raffinati interventi tecnici frutto di un sapiente uso delle potenzialità di macchine fotocopiatrici (Celeste Baraldi); nel contrasto tra materiali leggeri e pesanti come nel caso dell’opera di Galvani in cui il filo di ferro crea una trama modulare, simile alle grate di una prigione, unita alla leggerezza del tessuto chiaro e alla delicatezza della carta. Colpiscono i freschi collage di Maria Pia Fanna Roncoroni, la calibrata composizione di immagini di Hornschuh e Anna Boschi e il collage polimaterico di Ruggero Maggi. Francobolli creativi sono invece la caratteristica del lavoro di Kamperelic.
Alla seconda categoria appartengono scultori e pittori, come Caravita, Carantani, Cassaglia, Cavallotti, che partecipano all’operazione attraverso lavori realizzati con tecniche più tradizionali a testimonianza della grande apertura della Mail art, all’interno della quale ciascuno a suo modo può dare il suo contributo.
L’ultima categoria comprende artisti che si sono spinti verso le più recenti frontiere della Digital art come Eman, Daligand, Giuseppe Denti, Nicola Denti e Dany Tomasini che rielaborano immagini e fotografie attraverso la sovrapposizione di altre immagini e la compenetrazione e il contrasto di accesi colori. Queste opere pongono l’attenzione sulla sofferenza, il disagio e la complessità della mente concepita come un contenitore di infiniti mondi. Tra questi lavori colpisce quello di Nicola Denti, perché interviene su fotografie del manicomio di Mombello, protagonista latente di tutta la mostra, custode di una memoria ancora da scoprire.



Cos'è la follia?
La follia è una precipuità della malattia mentale, ossia un'aberrazione del cervello, non può avere come qualcuno, sostiene, due valenze: una creativa e una distruttiva. Da precisare che la parola"creatività" è un termine"largo", e che copre quindi un'area vastissima di fenomeni, anche quella delle arti.
Detto con parole povere, la follia, è un corto circuito del cervello e che quando accade, ha bisogno di essere urgentemente ripristinato, oppure se non lo si può ripristinare, si deve ricorrere al suo rifacimento.
Cosa oggi possibile grazie alla cono-scienza (nuove conoscenze/dna) e ad una chirurgia d’avanguardia, che cerca di renderci la vita meno amara.
Tra non molto assisteremo alla nostra completa clonazione, ritardo voluto e dovuto a delle opposizioni di carattere etico, e non come molti sostengono di carattere morale, poiché dobbiamo ricordarci che siamo un paese laico.
La verità è che l'uomo vuole vivere la sua breve o lunga vita, nel miglior modo possibile, sottoponendosi anche ad interventi lunghi e pericolosi, pur di vivere.
Nelle epoche passate, i gesti di ribellione o trasgressione erano additati a gesti di follia (malattia mentale); per le leggi vigenti, datesi dall'uomo, diverse dalle tavole dei comandamenti, ed erano ritenuti pericolosi e dannosi per lo stesso uomo e queste erano sanzionate con delle pene, quelle più severe, comprendeva anche l'eliminazione della persona.
Nelle epoche successive, la società, sollecitata dalle problematiche di salute mentale, ha incominciato ad analizzare la "follia" rivedendo anche il tipo di pena da applicare, conciliando l'eliminazione per una segregazione e una pena debilitante (flagellazione, digiuni, ecc.), questo per renderlo innocuo. Debilitazione, che inevitabilmente, portava alla morte, anche se si aveva una forte tempra.
Nel XX secolo. grazie alla maggior conoscenza (tematica) della psichiatria, intesa come filosofia, la società ha chiesto ai ricercatori, di studiare la problematica, e questi unanimemente hanno convenuto che la follia e le varie forme di depressione, sono delle "malattie" e come tutte le malattie, curabili nei modi e forme differenti.
La segregazione, in strutture protette, elettroshock e farmaci sono i metodi più adottati, poiché erano gli unici mezzi conosciuti, e che potevano portare qualche giovamento. Mentre si sono dimostrati invasivi e peggiorativi.
Negli anni 80 del XX secolo alcuni specialisti hanno adottato metodi meno invasivi (terapie di gruppo) e forme nuove: aprendo le strutture per una conoscenza della problematica; cercando di dare identità ai pazienti con la partecipazione; richiedendo o/i ravvedimenti di vecchie leggi o l'emanazione di nuove leggi.
La follia incomincia ad essere presente nel grande repertorio figurativo dell’arte come un documento, una testimonianza per informare l'aspetto doloroso: figure inguardabili, atti irrispettosi della morale, ecc.
Bosch può essere considerato un singolare interprete della follia. Ha mescolato gli esseri umani con oggetti, animali e vegetali, in una delirante atmosfera surreale.
Con un segno diverso il tema della follia, nell’arte dell’Ottocento, fa rientrare nell’ambito della sua espletazione i disturbi delle facoltà mentali.
In quel periodo, infatti, un’opinione diffusa riteneva che le passioni dell'epoca, originavano la follia.
Gericault, pur appartenente alla corrente romantica,dipinse intorno al 1822 dieci ritratti di pazzi, dei quali soltanto cinque sono giunti fino a noi, fissando sulla tela i volti di alcuni ricoverati presso l’Ospedale della Salpietère a Parigi, destinando i quadri al dottor E. J. Georget come illustrazioni per un libro o per alcune lezioni sulle malattie mentali.
La rappresentazione era di uno stanzone enorme e spoglio, riempito violentemente da una luce intensa e abbagliante che ritaglia in controluce le sagome delle pazze.
Poche sono in piedi, la maggior parte sono allineati è bloccati contro il muro, che forma una ulteriore barriera in un ambiente chiuso da grate e da cancelli.
Questa spettrale visione di un luogo destinato al ricovero dei malati di mente, voleva essere una denuncia di una condizione di violenza e disumana.
Questa era la prima denuncia fatta dall’arte, ritenuta fino a quel momento, espressiva solo di puri valori estetici.
La mostra "arte & follia" vuole continuare il viaggio intrapreso, cercando anche aggregazioni che abbiano voci che possano creare degli echi, che se accolti possano portare giovamento alla problematica.
C'è da rilevare che la malattia mentale è imputabile ed è ascrivibile ai fattori di rischio presenti nella società, che per i propri interessi ha inculcato falsi valori quali: arricchimento, sfruttamento, ecc., valori questi che ancora oggi vengono preferiti, ai veri valori morali


Approfondimento:

http://dacampo.altervista.org/arteepazzia/pittori%20pazzi.htm





lunedì 2 marzo 2009

UN ARTISTA IN COPERTINA




OPHEN VIRTUAL ART















Opera di Andrea Bonanno










Opera di Andrea Bonanno









Opera di Andrea Bonanno











VISITA LA PITTURA DI ANDREA BONANNO










A N D R E A B O N A N N O

e-mail:
bian@monrif.net


C. P. n. 69Sacile, Pn 33077Italia








ANDREA BONANNO é nato a Menfi (Ag), ma vive e lavora a Sacile (Pn) - C. P. 69 - da molti anni. Ha seguito studi universitari di pedagogia e, oltre a svolgere attività letteraria come poeta e critico, svolge pure attività artistica come pittore. Fin dal 1966 é stato presente a livello nazionale, con partecipazioni a molte rassegne che lo hanno visto vincere molti premi. All'intensa attività pittorica, nel contempo, si é affiancata quella letteraria con saggi riconosciuti di gran significato e pregio. E' stato nominato, nel 1988, Professore d' Arte Onorario in riconoscimento dei meriti culturali conseguiti per la sua attività artistica e del rilevante contributo dato dal suo operato allo sviluppo della cultura italiana. Nell'ambito della critica letteraria, sua é la nuova ipotesi esegetica della "verifica trascendentale" per la lettura critica di opere letterarie e pittoriche, intesa quale via metodologica riflessivo-verificale per la ricerca e la fondazione di un'unitarietà psicologica e trascendentale (sovrapersonale) dell'anima dell'uomo. Ha fatto parte della redazione della rivista " L'Involucro" , dal novembre 1994 fino al luglio del 1997, anno della morte del direttore Pietro Terminelli, che ha segnato pure la fine della storica rivista letteraria, pubblicando il commento alle 21 liriche de "Lo schiaccianoci" dello stesso. Ha scritto parecchi saggi di arte e di critica letteraria, interessandosi a molti poeti e scrittori italiani.








Ha pubblicato inoltre i seguenti volumi:



- L'ARTE E LA VERIFICA TRASCENDENTALE (saggio critico), Edizioni Tracce, Pescara, 1992 ( 1° Premio Città di Fano);
- PER UN'ARTE DELLA VERIFICA TRASCENDENTALE (Saggi di arte e di letteratura), Edizioni Pubbliscoop, Sessa Aurunca, 1994;
- LA POESIA DI PIETRO TERMINELLI (Monografia), Edizione L'Involucro, Palermo, 1995;
- LA VERIFICA NELL' ARTE FIGURATIVA CONTEMPORANEA ED ALTRI SAGGI, Edizione PHASAR , Firenze 2001;
- SAGGI SULLA POESIA DI MARIA GRAZIA LENISA, Edizione dell'Archivio "L. Pirandello", 2003.







Della sua attività letteraria hanno parlato:


Maria Grazia Lenisa, Pietro Terminelli, Rino Giacone, Aoristias, Italo Tomassoni, Giorgio Saviane, Giuseppe Bonaviri, Alberto Cappi, Beniamino Vizzini, Franca Alaimo,Vittoriano Esposito, Carmelo R. Viola, Luciano Cherchi , Demetrio Paparoni, Daniele Giancane, Guido Cecchi, Guerino D'Alessandro, Giovanni Ianuale, Saverio Severi, Leonardo Selvaggi, Giorgio Di Genova, Domenico Defelice, Tommaso Romano, Giovanni De Noia, Alex De Nando, Andrea Zapperi, Nunzio Menna, Dino Papetti, Carmine Manzi, Sandro Bongiani, Anna Rita Zara, Antonio De Marchi-Gherini, Gianluca Bocchinfuso, Giuseppina Luongo Bartolini, Nicola Venanzi, Silvana Folliero, Franca Valenti, Mario Meozzi, Mauro Donini, Gianna Sallustio, Lucio Zinna, Pietro Mirabile, Salvatore Porcu, Antonio Magnifico, Mariella Risi, Silvio Vitale, Giovanni Cristini, Ferdinando Banchini, Renato Greco, G. P. Tonon, Giulio Palumbo, Giovanni Occhipinti, Luigi Galli, ecc.







Recensioni riguardanti i volumi pubblicati :


L' ARTE E LA VERIFICA TRASCENDENTALE SANDRO BONGIANI, in "Dialogo,n. 126, genn.-febbraio 1993;AORISTIAS, in "Artecultura", n. 1, gennaio 1993, MilanoFRANCA VALENTI, in "Arte Oggi",n. 7, febbraio 1993, Piacenza;ANTONIO MAGNIFICO, in "AZ/Arte-Cultura", gennaio-marzo 1993, Roma;MARIELLA RISI, in "Bacherontius", n. 3, marzo 1993, S. Margherita Ligure (GE);ANDREA ZAPPERI, in "La nuova Tribuna Letteraria",n. 24, aprile 1993, Abano Terme (PD);N. D., in "Club degli Autori", n. 13, maggio-giugno 1993, Cernusco sul Naviglio (MI);SILVIO VITALE, in "L'Alfiere", n. 11, giugno 1993, Napoli;GIOVANNI IANUALE, in "Il Grandevetro", n. 117, maggio-luglio 1993, S. Croce sull'Arno ;GIOVANNI DE NOIA, L'arte nelle verifiche trascendentali, in "Segnali", n. 11 del 15 luglio 1993, Benevento;DOMENICO DEFELICE, in "Il Croco", n. 11, luglio 1993, Pomezia (Roma);ANNA RITA ZARA, in "Talento", n. 4, luglio-agosto 1993, Torino;MARIA GRAZIA LENISA, in "Abruzzo Letterario", settembre 1993;ANDREA OVCINNICOFF, in "Net-Informer",ottobre 1993,Genova;CARMINE MANZI, in "Fiorisce un cenacolo", nn.7/9, luglio-settembre 1993, Mercato S. Severino (SA);NICOLA VENANZI, in "Il Tizzone",settembre 1993, Rieti;DOMENICO DEFELICE, in "Vesuv", n. 2,4 dicembre 1993, S. Sebastiano (NA); in "Bluffton Cultural"n. 23, Bluffton,Ohio, USA, 1995;SALVATORE PORCU, in "AZ/Arte-Cultura", n. 74, ott.-dicembre 1993, Roma;SAVERIO SEVERI, in "Critica Radicale", n. 2,luglio-dicembre 1993, Bologna;SILVANA FOLLIERO, La metodologia dello sguardo prospettico, in "L'Involucro", gennaio 1994, Palermo;MARIO MEOZZI, in "Reportage", 16-31 marzo 1994, Lamezia Terme (CZ);LUCIO ZINNA, in "Arenaria", nn. 25-27, genn.-dicembre 1993, Palermo;PIETRO MIRABILE, in "Spiritualità & Letteratura", n. 24, genn.-aprile 1994 , Palermo;NUNZIO MENNA, L'arte e la verifica trascendentale", in "Antologia dell' 1993 del Concorso letterario intern. "Città di Avellino", XVI Ediz., Casa Editrice Menna, Avellino, maggio 1994;PIETRO TERMINELLI, L'albero della poesia e il suo paradosso, in " L'Involucro", n.13,novembre 1994, Palermo;MAURO DONINI, in "Primi Piani", novembre 1994, Roma; in "Il Paese",14 gennaio 1995, Modena;GIOVANNI CRISTINI, in "Il Ragguaglio Librario", gennaio 1995, Milano;ALEX DE NANDO, in "Catalogo del "Premio , (NO);DANIELE GIANCANE, in "Poesia in Puglia", Ediz. Forum/Quinta Generazione, 1994, Forlì;DINO PAPETTI, in "Alla bottega", n. 2, marzo-aprile 1995, Milano. PER UN' ARTE DELLA VERIFICA TRASCENDENTALE : MARIA GRAZIA LENISA, in "Pomezia-Notizie", giugno 1994, Pomezia (Roma; SANDRO BONGIANI, in "Dialogo", n. 133, giugno-agosto 1994, Olgiate Comasco (CO);GIOVANNI DE NOIA, in "La Rosa necessaria", agosto 1994, Benevento;MARIELLA RISI, in "Bacherontius", luglio-agosto 1994, S. Margherita Ligure (GE);CARMINE MANZI, in "Fiorisce un cenacolo", n. 10, ott.-dicembre 1994, Mercato S. Severino (SA);ANTONIO MAGNIFICO, in "AZ/Arte=Cultura", ott.-dicembre 1994, Roma;PIETRO TERMINELLI, L'albero della poesia e il suo paradosso, in "L'Involucro", n. 13, novembre 1994, Palermo;SAVERIO SEVERI, in "Critica Radicale", luglio-dicembre 1994, Bologna;VITTORIANO ESPOSITO, in "Oggi e Domani", n. 12 , dicembre 1994, Pescara;G. C., in "Il Ragguaglio Librario", gennaio 1995, Milano;GUERINO D'ALESSANDRO, in "Il Tizzone", marzo 1995, Rieti;SALVATORE PORCU, in "AZ/Arte=Cultura", aprile-giugno 1995, Roma;DOMENICO DEFELICE, in "Pomezia-Notizie", n. 6, giugno 1995, Pomezia (Roma);GIANNA SALLUSTIO, in "Pomezia-Notizie", n. 6, giugno 1995, Pomezia (Roma);GIULIO PALUMBO, in "Spiritualità & Letteratura", settembre-dicembre 1995, Palermo;CARMELO R. VIOLA, in "Pomezia-Notizie", n. 3, marzo 1996, Pomezia (Roma); in "Corriere di Roma", 15 aprile 1996, Roma; in "Alla bottega", nn. 3-4, maggio-agosto 1996, Milano. LA POESIA DI PIETRO TERMINELLI : SANDRO BONGIANI, in "Dialogo", n. 139, novembre-dicembre 1995,Olgiate Comasco (CO);CARLA FIORINO, Afflato di voci, in "L'Involucro", n. 14, febbraio 1996, Palermo;RINO GIACONE, Pietro Terminelli visto da Andrea Bonanno, ivi, p. 25;ALBERTO CAPPI, Biglietto a margine del testo, ivi, p. 25;FRANCA ALAIMO, Andrea Bonanno. La poesia di Pietro Terminelli, ivi, pp.26-27;in "Mail Art Service", n. 12, giugno 1996;LUCIANO CHERCHI, Ipotesi sulla poesia di Pietro Terminelli, ivi, p. 27;MARIA GRAZIA LENISA, Andrea Bonanno verifica la poesia di Pietro Terminelli, ivi, pp. 28-31;GIOVANNI DE NOIA, La poesia di Pietro Terminelli di A. Bonanno, in "La Rosa necessaria", Kat Edizioni, luglio 1996, Benevento;in "Mail Art Service", n. 13, ottobre 1996; in "L'Involucro", n. 16, luglio 1997, Palermo;DOMENICO DEFELICE, La poesia di Pietro Terminelli di A. Bonanno, in "Pomezia-Notizie", nn. 8-9, agosto-settembre 1996, Pomezia (Roma); in "Mail Art Service", n. 14, dicembre 1996; in "L' Involucro", n. 16, luglio 1997, Palermo;N. R., in "Il Tizzone", n. 2, settembre 1996, Rieti;ANTONIO SPAGNUOLO, La poesia di Pietro Terminelli, in "L'Involucro", n. 15, dicembre 1996, Palermo; in "Mail Art Service", n. 15, febbraio 1997;GIANNA SALLUSTIO, in "L'Involucro", n. 15, dicembre 1996, Palermo;RINO GIACONE, in "Mail Art Service", n. 15, febbraio 1997; La poesia di Pietro Terminelli, in "Rassegna editoriale" della Rivista"Nuove Lettere", nn. 5-8, gennaio 1996, Napoli;FERDINANDO BANCHINI, L'interprete e il poeta, in "L'Involucro", n. 16, luglio 1997, Palermo; in "Mail Art Service", n. 17, ottobre 1997.DAVIDE ARGNANI, in "L'Ortica", n. 70, aprile-giugno 1998, Forlì.








LA VERIFICA NELL'ARTE FIGURATIVA CONTEMPORANEA ED ALTRI SAGGI,
Edizioni PHASAR, Firenze, 2001

GIOVANNI DE NOIA, Non è vero che siamo tutti artisti, in "Il Giornale d’ Italia", Roma, 3 ottobre 2001.
DOMENICO DEFELICE, in "Pomezia-Notizie", n. 12, dicembre 2001.
G. P. TONON, La verifica nell’arte figurativa contemporanea, in "Punto di Vista", n. 31, gennaio- marzo 2002, Padova.
GIOVANNI DE NOIA, Non è vero che siamo tutti artisti, in "Benevento", n. 17, 12 ottobre 2001.
BENIAMINO VIZZINI, La <>, un impegno radicale in difesa dell’arte, edito in Internet.
GUERINO D’ ALESSANDRO, in "Il Conservatore", n. 19, gennaio-marzo 2002, Bologna.
GIOVANNI DE NOIA, in "Osservatorio Letterario", nn. 25-26, Ferrara, 2002.
GUERINO D’ALESSANDRO, in "Sìlarus", nn. 221-222, maggio-agosto 2002.
MARIA GRAZIA LENISA, La verifica nell’arte figurativa contemporanea di Andrea Bonanno e quattro poesie, Edizioni Archivio Centro "Luigi Pirandello", agosto 2002 .
GIANLUCA BOCCHINFUSO, in Il Filorosso, Gennaio-giugno 2002, n. 32 - Rogliano (CS).
LUIGI GALLI, Andrea Bonanno affida all'estetica il senso più proprio dell'arte, in "Punto di Vista", Padova, n. 35, Anno X, genn. - marzo 2003.



ALTRI SITI :
(Clicca sulla parola per accedere al relativo sito)


- Multimania: Il sito in lingua francese parla della mia pittura.

- Chez.com: Una pagina dedicata alla mia pittura con brani critici
Andrea Bonanno






PRIMA PAGINA OPHEN ART/ AAA-artisti cercasi



“AAA-artisti cercasi”

(L’Archivio Ophen – Documentazione Arte Contemporanea E Mail Art di Salerno
cerca artisti per viaggi solitari e non organizzati)
bongiani@libero.it

Perché gli artisti di oggi pensano solo di dedicarsi alla produzione di opere senza sentire il bisogno di scrivere qualche manifesto e progettare quindi nuove teorie e diverse situazioni di lavoro, come si faceva coscientemente qualche cinquantennio fa. Dopo il protagonismo delle case d’asta, delle caste e dei curatori d’arte; i critici non avendo più voglia e coraggio di criticare, come si faceva un tempo, (penso a Mallarmè, Breton, P. Restany) si sono convertiti generosamente al mestiere gratificante di “curatore”, in cui i testi sono scritti in funzione dell’organizzazione di una mostra monografica in qualche prestigioso spazio pubblico e in relazione alla pubblicazione di un corrispettivo e sostanzioso catalogo. Ora con la crisi del mercato dell’arte, il dibattito e l’interesse degli artisti dovrebbe spostarsi sui contenuti e non semplicemente nella valutazione effimera e spesso contraffatta dell’opera d’arte, intesa come semplice valutazione dell’oggetto prodotto e mercificato. Oggi vi è la necessità urgente di prendere posizione evitando che l’artista si mostri soltanto come mero produttore di oggetti, ma soprattutto, come pensatore, come certi artisti che hanno sempre posto come prioritario il momento teorico e non soltanto realizzativo. Dopo anni di programmazione a tavolino di gruppi, di eventi e di mostre orchestrate da chi trovava il modo opportuno di gestire la cultura “ingessata” in Italia, (quante mostre doppioni e a volte inutili si sono realizzate in questa penisola con i soldi dei contribuenti, quanti fiumi di denaro sono stati versati per questa promettente colonia Italica). Ora vi è l’esigenza di prospettare visioni alternative, non omologate dal mercato con una richiesta di “over produzione” alquanto eccessiva e ripetitiva di modi di fare. Dopo che il mercato è crollato e molti personaggi che sono stati per moltissimo tempo al timone di comando e ora con la nuova situazione stanno per essere sconfessati e sostituiti da altri e nuovi giovani curatori, ci saranno artisti più coraggiosi che vorranno prospettare dei viaggi solitari senza alcun stratagemma commerciale e organizzati e pianificati dall’alto. Insomma, ci sono ancora personalità indipendenti che sanno pensare con la propria testa e prospettare visioni alternative a quelle omologate di oggi? Certo, noi siamo per temperamento e per natura delle strane battone a pagamento, ci prostituiamo per il piacere di assaporare il successo; ne abbiamo visti tanti prostituirsi alle mode del momento e agli ismi più diversi pensando che il futile suc-cesso gratificante del momento poteva colmare il vuoto di una ricerca di lavoro. In questa società si vive ormai di compromessi. L’artista, il vero artista, è un “rivoluzionario”, non un “ un provvisorio eversivo “, proprio perché ci prospetta delle “visioni non concordate” e quindi, con il suo lavoro ci fa vedere l’oggetto o la cosa dall’angolo giusto, in maniera diversa, direi insolita e nuova. Ritorna fondamentale, quindi, la necessità di un’analisi rigorosa delle estetiche in campo, delle motivazioni e dei contenuti culturali. E’ indubbio che la società di oggi ha bisogno di utilizzare nuovi strumenti e nuovi modi di lettura.; senza di ciò non ci può essere ricerca e neanche futuro. Sandro Bongiani

Il CALENDARIO DELL''ARTE/ IN MOSTRA


NEWS
MOSTRE & Musei Online

CALENDARIO:
I BIT CULTURALI IN ITALIA

http://www.bitculturali.it/online/?cat=2

http://www.museionline.it/


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LA GRANDE MOSTRA





La Forma Dentro





ENNIO CALABRIA

Milano, Fondazione Luciana Matalon, Foro Buonaparte 67


La forma da dentro.

L’artista, considerato fin dagli anni sessanta uno dei maggiori protagonisti della pittura d’immagine italiana, non ha mai smesso di credere nell’atto del dipingere quale strumento insostituibile per conoscere la realtà esterna e nel contempo interna dello stesso artista, ed è testimone con forza oggi dell’attualità e della necessità profonda di questo gesto.




LA MOSTRA

L’esposizione, documentata da un pregevole catalogo e presentata da un saggio critico di Floriano De Santi, propone un’emblematica selezione di oltre trenta dipinti, tra cui alcuni degli intensi ritratti e autoritratti degli ultimi anni – produzione alla quale è tornato mirabilmente con il ciclo dedicato a Giovanni Paolo II e con la serie “Un volto e il tempo” – ed un nucleo significativo di tele recenti, per lo più di grande formato. In queste opere ogni intenzione progettuale, anche se in passato simbiotica al processo stesso del dipingere, ora cede alla pura trasposizione sulla tela, dell’intima, oscura sensibilità associativa che, da dentro, identifica il mondo esterno. è come sdraiarsi sullo schermo bianco della tela attendendo, nel farsi della pittura, le ombre della direzione e dell'immagine come destino.

In una simile poiesis scrive De Santi: "Si direbbe che nella produzione figurativa degli ultimi quattro cinque anni di Calabria il fantasma dell'immagine sgorga sulla soglia della forma spinta all'estremo, fino al privarsi del reale nelle sue molecole che un vortice spesso solleva a mulinello dalle apparenze incantevoli. Un tale linguaggio è fatto fondamentalmente per correggere, per scoprire, con quello che vede, proprio ciò che appartiene alla piccola, caduca sapienza di ogni comunicazione: il suo tempo di apparizione nella couche della propria distanza e della propria precarietà. Qui la probabilità immaginativa si sviluppa in termini inversamente proporzionali alla probabilità linguistica: dove termina la probabilità nella figura raggiunta da tutte le sue combinazioni, si apre una probabilità inventiva di significati che non è più linguistica, ma simbolica.


Chi è Ennio Calabria?




Riconosciuto dalla critica d’arte fin dal 1958 - anno della sua prima personale - come uno dei pittori maggiormente significativi della generazione emersa tra il ‘50 e il ‘60, Ennio Calabria è presto divenuto un punto di riferimento per le nuove ricerche figurative in Italia nel periodo dell’egemonia dell’arte informale con opere dalla forte impronta sociale. Lungo tutto il corso della sua quarantennale attività artistica - che include manifesti ed incisioni e caratterizzata da numerosi e prestigiosi riconoscimenti e da opere presenti in alcune tra le più importanti collezioni pubbliche e private del mondo - non ha mai rinunciato all’espressione e all’impegno civile e politico-culturale per un profondo mutamento della società. Negli ultimi anni, la forte tensione soggettiva e sociale e la complessa riflessività che lo animano, si sono materializzate in una forma linguistica di rara originalità, in una "figuratività alternativa", in una pittura della "contro-visione" che mantiene, come tema dominante, la condizione umana e soggettiva di afasia e dello stato metamorfico del reale.





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LA GRANDE MOSTRA :

ANTOLOGICA

DI VINCENZO GEMITO

A NAPOLI


























Napoli, “VINCENZO GEMITO AL MUSEO PIGNATELLI”
mostra su importante scultore tra '800 e '900
Il Museo Pignatelli di Napoli ha oaspitato la mostra 'Gemito'. L'esposizione è dedicata a Vincenzo Gemito, uno dei protagonisti della scultura europea tra Ottocento e Novecento che lavorò a Napoli tra il 1868 e il 1929. Il percorso è composto da oltre duecento opere, che vanno dalle terracotte giovanili ai bronzi della maturità, e da ottanta disegni, realizzati a penna, matita, carboncino, seppia e acquerello. Questo il ricco materiale che verra' presentato a Napoli dal 29 marzo al 5 luglio, al Museo Pignatelli e ripercorrera' il percorso creativo di Vincenzo Gemito. Le opere provengono da raccolte pubbliche e private, italiane e straniere. Le esposizioni dedicate a Gemito sono state rarissime: degne di rilievo quella del 1953 al Palazzo Reale di Napoli e la selezione presentata a Spoleto, nel 1989, nell'ambito del Festival dei Due Mondi. L'allestimento è concepito per sezioni tematiche dedicate ai soggetti ricorrenti: fanciulli ripresi dal vero, pescatori e acquaioli .



La Vita di Vincenzo Gemito

DALLA RUOTA DEGLI ESPOSTI ALLA STRADA

- Convento dell'Annunziata, ruota degli esposti, notte d'estate nel 1852. Una suora sonnecchia quando gli lasciano, caldo di nascita, un bambino dall'altra porta della griglia. Scrive la curatrice della mostra Denise Pagano: «Entrava così nel mondo Vincenzo Gemito, lasciando avvolte nel mistero le sue origini. Venne adottato da una coppia di umili condizioni e la sua vita fu la strada, come quella dei tanti coetanei ai quali si accompagnava nei vagabondaggi quotidiani e nei giochi infantili. Tra verità e leggenda si narra che ancora piccolo si affacciasse alla bottega di uno sbozzatore e, affascinato dal mestiere, iniziasse il suo apprendistato presso la bottega di Emanuele Caggiano, prima, e presso quella di Stanislao Lista, poi. Da questi apprese i rudimenti dell’arte e colse nel leone ferito - destinato alla base del monumento della Vittoria - che con scatto istantaneo si volge nel tentativo di liberarsi dal ferro che lo ha colpito, la rottura da ogni vincolo accademico».


DA NAPOLI A PARIGI E RITORNO


- Importante per Gemito è anche il periodo trascorso a Parigi a partire dai Settanta dell'Ottocento in cui frequentò artisti e intellettuali d'Oltralpe. «Nei legami che lo scultore privilegiò - scrive sempre la Pagano - emerge quello con Jean Louis Meissonier, da sempre considerato figura deleteria per lo sviluppo dell’arte gemitiana. In realtà, a me pare che Gemito dipendesse da Meissonier più sul piano umano e sociale che non su quello artistico. Con Meissonier lo scultore condivideva l’acuto spirito di osservazione e l’attaccamento al lavoro. Da lui ricavò, di certo, l’attenzione e la cura per il dettaglio, ma in realtà Gemito restò sempre un isolato, che perseguiva una strada individuale. Non intese il valore rivoluzionario del movimento impressionista, ma in ciò non fu poi molto diverso da tanti suoi compagni. Fu colpito solo da alcune immagini femminili di Manet e dalla ricerca di movimento condotta da Degas nelle sue sculture di ballerine. Quest’ultimo condivideva con Gemito l’interesse per il disegno, la sperimentazione di nuove tecniche, le pose in tempi lunghi e in posizioni scomode, che esprimessero le fasce muscolari sottoposte a sforzi, fissate nel movimento dell’azione. Dell’incontro con Auguste Rodin viene dato conto nel relativo saggio in catalogo. A Rodin era accomunato dall’amore per il disegno, per il modellato robusto, per la resa del temperamento nei ritratti, per i riferimenti al linguaggio classico, così come fu colpito dalle allusioni simboliche delle quali l’ arte di Rodin era pregna. Ritornato a Napoli, Gemito affrontò le due prove più impegnative della sua carriera: la commissione del Carlo V per il prospetto del Palazzo Reale di Napoli e quella del Trionfo da tavola...». Sposò poi Anna Cutolo, donna bellissima, esaltata anche nelle rime di Salvatore Di Giacomo, la quale in passato era stata modella ed amante di famosi artisti, che ne avevano dipinto con estrema poesia e realismo le splendide forme. Ciò scatenò in Gemito un’accesa gelosia ed un feroce rancore verso tutti i colleghi che l’avevano ritratta, tra cui anche Domenico Morelli. Da allora la sua vita fu a lungo segnata dalla follia, fu ricoverato in una casa di cura, da cui fuggì per ritirarsi a vivere come un eremita nella sua casa di via Tasso, alternando momenti di crisi a giornate di lucidità. Alla fine riuscì a guarire ed a ritornare con accresciuta lena a forgiare piccole sculture in materiali preziosi.

INFO - Museo Pignatelli Riviera di Chiaia, 200. Tel. 848 800 288-attivo ad apertura della mostra. Orari: tutti i giorni dalle 9 alle 14; venerdì e sabato 9-20; martedì chiuso Biglietti: integrato: 6 euro, ridotto: 3. Organizzazione e promozione Civita; catalogo Electa Napoli



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LA GRANDE MOSTRA:

BEATO ANGELICO A ROMA





ANNUNCIAZIONE DI BEATO ANGELICO (Part).

Roma - Beato Angelico - L'alba del Rinascimento
MUSEI CAPITOLINI
Palazzo dei Caffarelli
Piazza Del Campidoglio 1 (00186)



La più grande mostra dedicata al Beato Angelico in Italia, dopo quella del 1955 in Vaticano e a Firenze, presenta un’esauriente selezione di opere dai più importanti musei italiani e stranieri, alcune delle quali mai esposte in passato, che documentano la lunga e feconda attività dell’artista a conclusione delle celebrazioni per il 550° anniversario della sua morte.

“Beato Angelico. L’alba del Rinascimento” presenta diverse opere mai esposte in passato, dal Trittico della Galleria Corsini di Roma alla predella della Pala di Bosco ai Frari, restaurati per l’occasione.Attraverso un’esauriente selezione di opere provenienti dai più importanti musei italiani e stranieri, l’esposizione documenta la lunga e feconda attività di fra’ Giovanni da Fiesole, dalla giovinezza, ispirata alle più squisite eleganze tardogotiche (ad es. la Tebaide degli Uffizi e la Madonna di Cedri del Museo di Pisa), fino all’ultima fase romana, (ad es. il Trittico della Galleria Corsini o la predella della Pala di Bosco ai Frati). Sono visibili per la prima volta la predella di Zagabria (Stimmate di san Francesco e Martirio di san Pietro martire), l' Annunciazione di Dresda (riassemblata nel XVI secolo), il frammento con San Giovanni Battista di Lipsia Art, Yale University Art Gallery.


Visita:
http://www.italica.rai.it/argomenti/storia_arte/beatoangelico/index.htm

http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=27323&IDCategoria=1&MP=true

visita il blog

ARCHIVE OPHEN - ART EXHIBITIONS - CONTEMPORARY ART E MAIL ART

domenica 15 febbraio 2009

LA POLEMICA IN CORSO






 Padula e l'Arte Contemporanea






La Certosa di San Lorenzo - Padula



LA POLEMICA A P/ARTE

“PADULA E LA CERTOSA
DEL GRANDE DOMATORE DI PULCI”



Dopo l’articolo di Rino Mele pubblicato su Cronache del Mezzogiorno il 5 luglio del 2009 e i due articoli da noi pubblicati sul nostro blog di Exibart, si accende improvvisamente a fine estate il dibattito sulla malaugurata questione della Certosa di Padula. Lo stesso Rino Mele confessa: “da alcuni anni la Certosa diventata spettacolo di se stessa, artificio luminoso, è stata occupata nella sua parte più nobile ed essenziale, quella che gira intorno al grande chiostro - le sue ventiquattro celle come le ventiquattro ore del giorno - dall’adolescenziale iattanza di un critico che, avendo permesso a molti suoi artisti di pensare in quelle celle le loro opere, decide di non muoverle più di lì, di mettere a queste opere piedi di pietra e d’infeudare quelle celle alla sua vanagloria”. Dopo Rino Mele è la volta del polemico Vittorio Sgarbi che se la prende giustamente con l’artefice di questa brutta storia, Achille Bonito Oliva, che con arroganza tutta sua, ha ridotto questo spazio storico noto per soddisfare il raccoglimento e la preghiera, ad un aggrovigliato e confuso deposito di opere d’arte d’avanguardia di poco valore. Dall’avvicinamento a Dio attraverso la preghiera e il silenzio si è passati a l’urlo meschino di un profanatore come è Achille Bonito Oliva, tipico menestrello salernitano, disposto a tutto purché possa mettere in mostra le sue doti di affabulatore di pulci. Il quotidiano Cronache del Mezzogiorno a firma di Peppe Rinaldi ha provato a chiedere recentemente un parere a Vittorio Sgarbi che come sua abitudine si è manifestato, con un fare alquanto indignato, dicendo: “pensavo fosse risolto il problema, è uno schifo affidare un posto così ad un magliaro”, riferendosi ovviamente al critico A. B. Oliva. Dopo Francesco Sisinni, Rino Mele e poi anche noi che avevamo evidenziato il fatto allo scopo di non farlo passare nel silenzio più totale, oggi, il problema della Certosa di Padula sta diventando un dibattito a carattere nazionale. Noi ne siamo contenti. ” L’anno scorso - aggiunge Sgarbi - facemmo un esposto contro quello scandalo, quello schifo, quella vergogna che stravolge un luogo come la Certosa concepito con un gran senso dell’ordine frutto di una secolare cultura ed ora rovinato dall’ incompetenza.”, e poi, “ la verità è che s’inquina un posto meraviglioso con prodotti di un mercato, tra l’altro singolare e grottesco”, riferendosi ai provvisori simulacri proposti da diversi artisti di area sperimentale. Con il caldo e l’afa di quest’estate, all’improvviso si accendono i riflettori su questa bella e grandiosa Certosa, forse per tentare di salvarla dalle grinfie feroci e indegne di questo avvoltoio e domatore di pulci poco rispettoso del passato e anche del nostro presente. Giovanni Bonanno




Dibattito: Bonito Oliva e la Certosa come dessert
Di Rino Mele
Pubblicato il 5 luglio 2009 in “Cronache del Mezzogiorno” (prima e terza di pagina)

Scrive Rino Mele: “ Ho appena letto l’intervista di Bonito Oliva pubblicata ieri da" La Stampa", a cura di Lea Mattarella. Bonito Oliva parla dl se, giovane, come fosse Leopardi, il borgo selvaggio che l’opprimeva, e gli dava il senso estremo del vuoto. L’ho incontrato in quegli anni - dal suo paese al mio puoi parlare solo gridando, tanto sono vicini, ...mangiavamo ogni domenica insieme ma non amavo giocare con lui, non sapeva giocare, solo vincere. Altro che Leopardi. Si nutriva, dice Rino Mele, allora del suo “io” esattamente come fa oggi, con l’incosciente voglia di creare un piccolo mito nel quale collocare la sua nevrosi di appartenenza divina”. Mele confessa di aver avuto un grande affetto e cara stima per Achille Benito Oliva, ” per la sua tagliente capacità analitica, il gusto dello spiazzamento, la capacità di mostrare le cose nello specchio capovolto dl una positiva negazione, ma non lo riconosco nell’intestardirsi in un cinismo che forse non gli appartiene e che lui esalta e dietro cui nasconde la sua anima vecchia e adolescenziale. E’ bravissimo, certo, e costruisce corridoi nuovi dell’arte, ma poi confonde se stesso con l’oggetto della sua ricerca, crede di essere la gioconda ma dimentica di farsi uno sberleffo, di mettere i baffi al suo cattivo sorriso. Intanto a Padula, proprio nei luoghi della sua infanzia - lui che certo non ha bisogno di nuovi spazi - si è divorato la Certosa” – aggiungiamo noi- da bravo e certosino costruttore di fantasmi napoletani.



Chi è Rino Mele?Rino Mele è nato a sant’Arsenio, Sa, il 4-2-1938, insegna Storia del Teatro nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Salerno. Ha avuto incarichi di supplenze in Storia della Critica, Comunicazione visiva. Sociologia della Letteratura, Retorica e Stilistica.
Tra i suoi libri, Morte a Venezia (K Teatro,1972), Ken Russell (La Nuova Italia,1975), Il teatro di Memè Perlini (Edizioni 10/17, 1978), Scena oscena. Rappresentazione e spettacolo (Officina edizioni,1983), La casa dello specchio. Modelli di sperimentazione nel teatro degli anni Settanta (Ripostes, 1984), La scacchiera del tempo (Taide, 1985), Il corpo e l'anima. Il teatro di Pirandello (Avagliano, 1990), Tropici di carta. La fotografia (10/17, 1991), Teatro anatomico (Avagliano,1992), Agonia (Avagliano, 1994), Via della stella (Avagliano, 1994), Separazione di sera (Sottotraccia, 1994), Il sonno e le vigilie (Sottotraccia, 2000), L'incendio immaginato (10/17, 2000) dedicato alla visione del mondo e alla morte per fuoco di Giordano Bruno, Il corpo di Moro (10/17, 2001), Una montagna aspra (Plecticà, 2002), Apocalisse di Giovanni (traduzione, saggio introduttivo, Il teatro di Dio, Edizioni 10/17, 2002), La lepre del tempo e l’imperatore Federico II (Sottotraccia, 2004).

Tra gli innumerevoli saggi pubblicati, da ricordare almeno Radiofonia, l'incantesimo organizzato (1984), Le sei visioni. Spazio narrativo e testo grafico (1987), Drammaturgia sanguinetiana (1991), Il grido del cieco (1992), Il mare muto di Seneca (1994), Il corpo nudo e la macchina (1995), Il teatro di carta. Pasolini (1995), La confessione e la scena, esercizi di retorica (1996), Illato lumine. Dalle incendiate tenebre di Ovidio al silenzio bianco della Mirra di Alfieri (1998), Le mani spezzate del teatro (2002), Album di famigla di Pirandello (2002), Dove può nascondersi un attore sulla scena? (2002), Le feci, il sangue e l’azzurro fuoco del Vesuvio (2006), Nel giallo della rosa sempiterna, sulla teatralità di Dante (2006), Sanguineti, le parole col volto di cose e l’universo in miniatura (2006).


LA POLEMICA
Padula e l’incertezza della Certosa

Ancora un altro appello sofferto da parte di Sisinni, ex dirigente generale del Ministero per i Beni Culturali contro le installazioni di Arte Contemporanea nella splendida Certosa di San Lorenzo di Padula, rispolverando l’antica e spinosa questione dell’uso inappropriato del complesso monumentale utilizzato, a suo parere, in modo improprio con mostre di arte dal fiato corto, come per esempio “Natura e Arte in Certosa: Ortus Artis e fresco bosco”, manifestazione ideata e curata da Achille Bonito Oliva, terminata l’ 8 gennaio 2009, occupando gli spazi interni e il suo parco secolare con sculture, opere pittoriche, fotografie, installazioni, performance, mettendo in scena eventi di grande spettacolarità teatrale poco confacente allo spazio espositivo utilizzato. Opere che per certi versi offendono la dignità di questo monumento celebre, profanato diverse volte con proposte “aculturali". Bisogna -dice Sisinni- restituire alla Certosa, (la più bella d’Europa) il suo vero valore, inoltre, auspica che il territorio di questa zona del Salernitano ritorni ad essere Lucano, infatti, da sempre Sisinni è favorevole ad un passaggio del Cilento e Vallo di Diano nei confini della Basilicata, tornando alla “Grande Lucania”, aggiungendo, “la Certosa ci appartiene”.

http://www.comune.padula.sa.it/davedere/certosa/certosa.htm


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Amo, per stupirti ti uso " Il Condom sul Crocifisso".





"Un'altra grande porcata al silicone"

Polemica a Napoli: “ Pan !!! per stupirti ti uso il Condom sul crocifisso “
Stato di emergenza, esposta un’altra pseudo arte contestata da eiculatio precocis.“Quando manca l'ispirazione artistica, si tenta di far parlare di sé anche con operazioni artistiche di pessimo gusto". E' il commento del sindaco di Napoli, Rosa Iervolino Russo parlando dell'opera esposta, un crocifisso velato da un condom, al museo Pan che ha suscitato aspre polemiche. Un pezzo bollato come «uno sconcio». L'assessore Oddati chiamato in causa si giustifica ingenuamente dicendo: sono del parere che un'opera d'arte non si giudica moralmente, come dice Achille Bonito. Caro B.O.A. Ormai troppi personaggi vivono nella completa confusione giustificando tutto ciò che si produce. L'opera incriminata si chiama "Sacred Love", creata da “XXXXXXXXXX XXXX” (per non fargli ulteriore pubblicità), nessuna censura, ma qui manca proprio l'arte, mentre regna sovrano il pessimo gusto.

Pan, primo piano, sezione Emergency Room. Qui, appoggiato al battiscopa c'è il crocifisso avvolto nel condom.Una immagine proiettata sulla parete, in un quadratino, a dieci centimetri di altezza dal pavimento. Eccolo il Cristo della discordia. L'opera intitolata «Sacred Love » quasi invisibile nel grande salone dedicato all'arte Emergenziale o all’ arte “abortista”partorita in tutta fretta e destinata a non sopravvivere, proprio perché manca la creatività e l’invenzione. Inoltre, al Pan vi sono esposte, sotto un cartello con una scritta «The more they are mentioned the more their powers multiply» (più lo dici più il potere aumenta» ci sono tre statue a grandezza naturale. Statue in gesso, come quelle che si vendono dai grossisti nei pressi dei cimiteri. C'è Padre Pio trasformato in uno degli «Incredibili », c'è la Madonna-Batman e c'è Gesù-Superman. Il pseudo artista napoletano di oggi, utilizza il video sia come medium privilegiato che come una delle possibili vie di elaborazione in termini estetici della realtà.

“ Sacred Love” è un’altra porcata creata sfruttando la religione e l’inganno. L’artista, per farsi pubblicità ha cercato di provocarci, ma l’arte non è provocazione ma visione e poetica personale. L’arte può essere ironica ma mai semplicemente polemica, perché denuncia la sua “impotenza” e l’impossibilità di svelarsi in senso compiuto. Questi sono i giovani artisti di oggi che sono stati allevati con la pubblicità, i pannolini sempre asciutti e una overdose al giorno di cartoni animati alla corte delle tivù commerciali e nazional-popolari; questi credono che basti utilizzare un preservativo per preservarsi. Sciocchezze, quando manca la poesia e la capacità di sognare nascono le riduttive provocazioni di oggi e le inutili brutture infantili di questi sedicenti burattinai da luna park.

Sandro Bongiani

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relitti ancora dimenticati in quella civilissima Parma.



Le sue opere sono presenti in molte piazze di Milano

Dopo un'esposizione in piazza Duomo nel 1974 le sculture di Carlo Ramous vennero danneggiate durante il trasporto. L'autore fece causa al Comune di Parma. Da 35 anni i relitti delle opere giacciono ancora abbandonati nei magazzini comunali in queste condizioni.





Carlo Ramous. è stato uno dei protagonisti dell’arte d’avanguardia italiana del Novecento come lo sono stati scultori come Arnaldo e Giò Pomodoro, Andrea e Pietro Cascella, Alik Cavaliere, Luciano Minguzzi, Marino Marini, Agenone Fabbri e il grande Francesco Somaini . Le sue opere sono esposte al Moma di New York, a Roma, a Venezia, in Giappone. Le sue forme in metallo abbelliscono piazza Miani e piazza della conciliazione a Milano, oltre ad altre numerose vie del capoluogo lombardo. Creazioni di Ramous anche negli ospedali di Pordenone e di Como e tante scuole in Italia. Sono da 35 anni, purtroppo, nei magazzini comunali di Parma diversi relitti ferrosi, quelle che furono un tempo sculture, giacciono ora abbandonati e ammassati in un’area all’aperto dietro il cimitero della Villetta. Dal 1974, quando un’esposizione di Ramous venne ospitata nel cuore della città ducale: in piazza Duomo vennero allestite, imponenti, alcune gigantesche strutture. Tra le pietre millenarie di cattedrale e battistero, forme metalliche da avanguardia , le uniche opere plastiche, che si integravano perfettamente con l’architettura Gotica della Piazza Duomo di Milano. Grandi sculture cariche di fascino e struggente bellezza; forse il periodo più importante e creativo di questo grande artista ancora non perfettamente considerato e valutato. Poi venne il momento di spostarle. Arrivarono le gru, le caricarono su appositi mezzi e le portarono ai magazzini comunali. Ma qualcosa andò storto: le sculture subirono danneggiamenti durante il trasporto. Non si sa di quale entità, ma l’autore considerò responsabile il Comune di Parma e intentò una causa contro l’amministrazione, chiedendo il risarcimento dei danni. Più di una volta mi parlò di questo scempio perpetrato alla sua scultura . La delusione diventava affronto, ingiustizia, inaspettata tristezza. Da allora sono passati 35 anni. Carlo Ramous , morto nel 2003, le sue opere, ancora, giacciono come relitti arrugginiti, considerati di alcun valore tra le erbacce del posto. Non si riconoscono più le singole sculture, in quell’ammasso di ferrivecchi. Purtroppo, non ho saputo come è finita questa triste storia. Sicuramente all’Italiana come tutte le cose che succedono in questo piccolo e malandato paese provinciale. Pensate, queste opere, oggi, potevano essere nei più grandi musei del mondo, come fanno sfoggio, per esempio, le opere di Calder, e si ritrovano abbandonate, mal ridotte e disconosciute , in attesa dell’ultimo viaggio in discarica o forse in fonderia.
L’ultimo omaggio che gli hanno dedicato risale al giorno della sua morte pubblicato sul il Corriere della Sera con un testo di Pierluigi Panza:
“ Dopo una lunga malattia è morto lo scultore Carlo Ramous. Nato a Milano il 2 giugno del 1926, aveva studiato al liceo artistico di Bologna e poi all' Accademia di Brera nella scuola di Marino Marini. La sua avventura artistica si è sviluppata in gran parte sotto la Madonnina, sebbene sue opere siano conservate anche al Moma di New York, a Roma, Venezia e in vari musei d' arte moderna in Italia. Con Pomodoro, Sassu, Cascella e Mirò fu tra i protagonisti della scultura italiana del Novecento. La sua prima personale risale al 1956, alla Galleria «Il Milione». Partecipò poi a Biennali di Venezia e Quadriennali di Roma. Nel 1972, in via Sassetti, costruì un parallelepipedo di granito sormontato da alcune bandiere di metallo brunito, simboli della vittoria per la libertà. E' «I caduti dell' Isola», monumento per i partigiani del vecchio quartiere. La scultura all' aperto più nota e riuscita resta «Il gesto per la libertà» di piazza Conciliazione: ben ideato, si giustappone linguisticamente alle facciate eclettiche dei palazzi. Realizzò poi «Il gesto della mano» in viale Marche, la «Finestra nel cielo» in piazza Miani e la «Ballata nel plenilunio» in via Forze Armate. Scolpì anche la facciata di alcune chiese e aveva progettato la nuova porta per il tempio civico di via Torino. Il suo sogno era che Milano gli realizzasse uno spazio museale.”

Il nipote dell'artista: "Ora le rivoglio"Il nipote dello scultore Carlo Ramous, che si occupa dell'opera dello zio, dice: "Avevo ormai rinunciato a cercarle, ore le rivorrei perché abbiano giusta collocazione". Sono sempre rimaste abbandonate nei magazzini comunali.

Antonio Ramous sta facendo una ricerca in Internet per trovare libri sull’opera di suo zio. E’ il nipote di Carlo Ramous, uno dei protagonisti dell’avanguardia artistica italiana del Novecento. Così, per caso, incappa in un articolo appena pubblicato su Repubblica Parma. E non crede ai propri occhi: le sculture di suo zio perdute da più di trent’anni, che aveva ormai rinunciato a cercare, sono state ritrovate. “Non potevo crederci, quando l’ho visto mi è andato il sangue il cervello. Ma non sto incolpando nessuno – dice Antonio Ramous, violoncellista che vive a Roma e si occupa della tutela dell’arte dello zio - E’ solo che sono anni che le cerco e ho sempre sbattuto contro un muro di gomma. Nessuno aveva idea di dove fossero, ho contattato davvero un sacco di persone. Tutti gli assessori, in completa buona fede, mi dicevano che se ne erano occupate le giunte precedenti. Alla fine, ci avevo davvero rinunciato”. Ma come è possibile che gigantesche strutture in metallo siano cadute nell’oblio? Nel 1974. Il Comune di Parma organizza un’esposizione di Carlo Ramous in piazza Duomo, dove vengono esposte grandi sculture di metallo poste su pesanti piedistalli di cemento. Poi, qualcosa va storto e nasce un contenzioso tra l’artista e l’amministrazione comunale. Le versioni sulle cause sono discordanti: c’è chi ricorda che le sculture avessero subito danneggiamenti durante il trasporto e per questo Ramous avesse chiesto il risarcimento dei danni.

Carlo Ramous è morto nel 2003. Negli ultimi cinque anni il nipote Antonio e la curatrice dell’opera dell’artista hanno cercato in ogni modo quelle sculture che sapevano disperse a Parma. “Tutto inutile, non c’è stato verso – dice Antonio – adesso che le avete trovate vorrei riaverle. Ora tornerò alla carica . Sia chiaro, voglio solo che quelle sculture abbiano la giusta collocazione, che sia riconosciuto il loro valore, che non rimangano lì abbandonate. Mi piacerebbe che venissero restaurate e magari esposte proprio a Parma. Certo, una grande mostra a Parma, potrebbe essere il giusto modo per farsi perdonare . Sicuramente, si dovrà fare qualcosa per far conoscere meglio questo grande artista al grande pubblico dei non addetti ai lavori, perchè, Ramous è una delle figure più importanti nel panorama internazionale della scultura moderna.
Giovanni Bonanno

L'OPERA SCELTA PER VOI




LA PALA D'ALTARE PETROBELLI
San Michele, Blanton Museum di Austin


Paolo Veronese: La pala d'altare Petrobelli.



Il Caso:
” L’arte tagliata a pezzi come carne da macello ”
Alla Lisson Gallery, dopo più due secoli viene riunita una Pala del Veronese

Dal 10 febbraio al 3 maggio 09 in una mostra allestita alla Dulwich Picture Gallery di Londra è possibile visitare e ammirare ( per la prima volta dal 1780), un dei più importanti lavori del grande Paolo Veronese, la Pala Petrobelli, opera dipinta per i fratelli Petrobelli dall’artista veneto attorno al 1565. la Pala, era stata portata fuori dall’Italia durante le guerre napoleoniche e poi, sciaguratamente fatta a pezzi e divisa in quattro parti. Un pezzo era finito alla National Gallery di Edimburgo, una alla National Gallery di Ottawa, una alla Dulwich Gallery di Londra. L’ultima è stata la raffigurazione di San Michele (foto) conservata al Blanton Museum di Austin. Questa è l’occasione giusta per vedere l’opera tutta intera e ricomposta come prima.


San Michele





















LA PALA PETROBELLI DI PAOLO VERONESE RICOSTRUITA




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IL CRISTO VELATO DI G. SANMARTINO



Napoli/ Il Museo Cappella Sansevero
Cristo velato






MUSEO CAPPELLA SANSEVERO
Riapre la Cappella Sansevero



Situato nel cuore del centro antico di Napoli, il Museo Cappella Sansevero è un gioiello del patrimonio artistico internazionale. Creatività barocca e orgoglio dinastico, bellezza e mistero s’intrecciano creando qui un’atmosfera unica, quasi fuori dal tempo.



Tra capolavori come il celebre Cristo velato, la cui immagine ha fatto il giro del mondo per la prodigiosa “tessitura” del velo marmoreo, meraviglie del virtuosismo come il Disinganno ed enigmatiche presenze come le Macchine anatomiche, la Cappella Sansevero rappresenta uno dei più singolari monumenti che l’ingegno umano abbia mai concepito.






Chi è l'autore dell'opera?


Giuseppe Sanmartino (Napoli, 1720Napoli, 1793) è stato un scultore italiano
è una delle maggiori personalità artistiche del Settecento italiano, ricordato principalmente per il Cristo velato, scultura in marmo realizzata nel 1753 per la cappella dei principi di Sangro di Sansevero a Napoli, Santa Maria della Pietà, meglio nota come Cappella Sansevero o "Pietatella". Capolavoro della scultura europea del Settecento (tanto che Antonio Canova avrebbe voluto esserne l'autore), la statua rappresenta Cristo che giace esanime su un giaciglio e poggia il capo su due cuscini; il suo corpo appare mirabilmente velato da un tessuto finissimo (da cui il nome della scultura), talmente ben reso da non sembrare scolpito nel marmo ma reale. La magistrale resa del velo, che si deve al virtuosismo fuori del comune dell'artista, ha nel corso dei secoli dato adito ad ipotesi, popolari e non (e comunque non verificate), secondo cui il principe committente, il famoso scienziato e alchimista Raimondo di Sangro, avrebbe insegnato allo scultore la calcificazione del tessuto in cristalli di marmo.




VISITA IL MUSEO CAPPELLA SANSEVERO

-Visita il Museo
http://www.museosansevero.it/cappellasansevero.html

-Photo Gallery
http://www.museosansevero.it/photogallery.html

-Web Tv
http://www.museosansevero.it/webtv.html

Museo Cappella SanseveroVia Francesco De Sanctis, 19/2180134 – NapoliTel./fax: +39 081.5518470

(info@museosansevero.it
http://www.museosansevero.it/





IL DIBATTITO IN CORSO

















IL DIBATTITO IN CORSO

Il Mercato, l’arte e gli artisti mancati

L’ultima idea geniale del momento è di Charles Saatchi, quella di cercare il prossimo artista da scoprire attraverso un reality show sulla Bbc il nuovo Michelangelo dalla trovata a tutti i costi, dopo il decadente imbalsamatore in formaldeide (Damien Hirst) e il ludico lunaparchista Jeff Koons, che dubitiamo assai sull’intensità e la profondità del lavoro prodotto in questi anni, ma completamente d’accordo sulle grandi qualità manageriali di questi due personaggi, visto che con oggetti poco significativi e decisamente banali arrivano a venderli a suon di milioni di euro, (16 per l’esattezza per J. Koons). Non male. Anche Damien Hist con il vitello d’oro, “The Golden Cald” che consiste in un esemplare di vitello immerso nella formaldeide, incoronato da un cerchio d’oro massiccio, con le corna e gli zoccoli gettati nell’oro a 18 carati, incassato in un acciaio senza macchia e placcato in oro e scatola di vetro. Venduto il 16 settembre a Londra a 13 milioni, prima della controversa mostra a Versailles. Certamente il vitello d’oro è per chi l’ha venduto e non per l’acquirente. Hirst, alcuni mesi prima di questa crisi finanziaria aveva capito qualcosa più di noi e si era fatto programmare in tutta fretta una mega asta di oltre 200 opere, incassando 111 milioni di sterline, vendendo gran parte dei cadaveri in mostra. Di certo aveva capito che la situazione stava cambiando e che non si potevano più ottenere prezzi eccessivi come prima. Ormai siamo in piena emergenza, la crisi economica sta disarmando quasi tutti, credo che non ci sarà più un mercato dell’arte drogato. Il mercato dell’arte per diversi anni è stato come quello finanziario; corrotto, adulterato, senza regole e spesso con proposte deboli. Un’arte programmata , nata morta che la propaganda e la pubblicità l’ha resa attraente e desiderabile, proprio come certe donnine di strada che vanno a battere con il vestito della festa. Anche i curatori, (curatori e non più critici) e i media, si sono comportati in questi anni pressappoco come certe società finanziarie che oggi si trovano al tracollo e grattano ossessivamente i rimasugli del barile. Per anni, si è omesso volutamente la vigilanza dei prodotti artistici, di controllare cosa si produce e se sono di qualità; tutti erano d’accordo, galleristi, curatori e collezionisti. Direi una grande famiglia di idolatri votati al vitello d’oro. In questi anni questa macchina infernale ha triturato di tutto e dal niente ha prodotto ricchezza e potere. Ora con la crisi si ritorna a qualche decennio prima, alla selezione e il controllo del mercato, (si spera), un mercato più interessante rispetto a quello sclerotizzato di alcuni mesi fa. Robert Hughes nei suoi “Art essay” trasmessi da Channel 4 ha attaccato Hirst, accusandolo per il suo lavoro alquanto banale e anche per un rapporto fittizio e superficiale con la natura, affermando che le opere di questo pseudo artista sono state gonfiate in modo esagerato allo scopo di produrre ricchezza, perché le sue trovate, non sono opere ma semplici carcasse di animali già nate morte e che stanno letteralmente marcendo nella putrida formaldeide . Hughes, non se la prende soltanto con l’artista/mercante di se stesso (Hirst). Di sicuro, questo sarà un anno difficile, l’anno cinese della mucca e non proprio della mucca pazza, sicuramente problematico e incerto, ma farà emergere i veri valori che ci sono in campo e la qualità dell’opera che prevarrà di certo sulle trovate e sui successi effimeri del momento. E’ proprio nei periodi di recessione e di povertà che i migliori artisti emergono prospettando visioni nuove che in prospettiva si consolideranno vincenti.

Quali saranno gli artisti che emergeranno?
Saranno, forse quelli “di partito preso” che invocano ripetutamente il ritorno alla pittura o quelli che ripetono formule e visioni già collaudate, e poi, emergerà un nuovo grande artista come auspica C. Saatchi, visto che da qualche anno ne siamo orfani, ovvero, ci sarà un altro grande P. Picasso che catalizzerà l’attenzione e metterà a scompiglio il sistema dell’arte, e inoltre, sarà in grado di attivare campi di ricerca ancora non indagati? Già qualche rampante gallerista, fa dei nomi di possibili e futuri nuovi personaggi dell’arte. Noi, stiamo con i piedi per terra, aspettando giustamente di vedere ciò che faranno gli stessi artisti. Anche Massimiliano Gioni, curatore degli eventi della Fondazione Trussardi di Milano è convinto che in questo periodo di austerity planetaria ci sarà un ritorno; non alla pittura ma ai materiali poveri, che secondo lui, ben rappresentata dalle sculture viventi fatte di soli gesti di Tino Sehgal, la crisi della finanza immateriale rappresentata da un’arte ovviamente immateriale. Noi non siamo completamente daccordo con Gioni, non siamo per un ritorno alla pittura e alla figurazione se nasce dal recupero nostalgico, come non siamo disposti ad assecondare in senso estremistico l’improvvisazione tout court e la provocazione più bieca. La convinzione che abbiamo è che se non si ha niente da dire, se non vi è alla base del lavoro un bisogno personale e una nuova visione di ricerca, ciò che si fa diventa inutile e sarà relegato nella peggior pattumiera tutto ciò che di stupido e di banale abbiamo prodotto. Sandro Bongiani