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lunedì 9 marzo 2020

I problemi della società trattati dal saggista Luigi Mazzella in modo libero con una serie di interrogativi legati a questo provvisorio momento storico










Coronavirus - Covid19



Effetto coronavirus a Salerno il giorno  8 marzo 2020





I problemi della scienza e della società  trattati con l'occhio critico e convincente di un grande saggista libero  da  qualsiasi condizionamento  come Luigi Mazzella, che con una visione personale si pone  una serie di interrogativi  legati  a questo provvisorio momento storico di cui non è facile ancora dare   delle utili certezze.






I problemi dell'attuale società / Effetto Coronavirus

Ancora un altro interessante articolo di Luigi Mazzella a proposito del  pensiero libero e dell’attuale  cupo momento del Coronavirus in Italia e nel mondo. Una riflessione libera rispetto tutte le ossessioni che ci propinano  a noi la politica e i poteri forti. Di certo una lettura della realtà diversa, per niente condizionata da fattori esterni legati al potere delle caste e delle banche. Ai lettori  lasciamo la libera interpretazione dei fatti e la personale riflessione  e convincimento di questo malaugurato momento storico globale.  Sandro  Bongiani


Il saggista italiano Luigi Mazzella




IL PENSIERO LIBERO DI LUIGI MAZZELLA
Le epidemie e le loro vittime

La drammatica vicenda del Coronavirus pone al notista politico  una serie di interrogativi cui non è facile dare risposte adeguate, senza il ricorso a un “minimo” di “dietrologia”, altrimenti detta “fantapolitica”.

Partiamo del primo interrogativo.  L’influenza virale stagionale non è un evento nuovo per l’umanità. E’ già stata protagonista nei decenni passati di vicende analoghe a quella odierna. Il rapporto tra persone contagiate, decedute e guarite è stato diverso di anno in anno  ma, nella sostanza, non molto dissimile né più grave di quello odierno. 
La prima domanda è: Perché l’eco mass-mediatica è stata così diversa? Perché si è voluto fare salire l’allarmismo sociale a vertici mai raggiunti prima? Che cosa rende “effettivamente” più grave l’epidemia attuale rispetto a tutte le altre che l’hanno preceduta?
Tentativo di risposta. Intanto una cosa certa: a causa del coronavirus, la crisi mondiale della nostra civiltà che è, nonostante tutto,  ancora “industriale” ha toccato il diapason.
Le industrie sono ferme: continuano a sopravvivere soltanto le ditte che producono disinfettanti e altri prodotti per contenere l’epidemia o beni e servizi adatti a una lunga conservazione tra le mura domestiche di cibi, oltre  quelle dei fabbricanti di cyclettetapis roulant, dei sistemi di comunicazione digitale, soprattutto per la telemedicina.
In conseguenza della crisi produttiva, il sistema economico mondiale trasmette, in un “crescendo” rossiniano,  segnali di acuto nervosismo dei mercati. Vi sono consistenti cali di titoli in Borsa, seguiti da momentanei recuperi di quotazioni perse.
L’arresto drastico e clamoroso della produzione industriale e le cadute azionarie costringeranno tanta gente a indebitarsi.  Ad avvantaggiarsene saranno solo le Banche, che, non a caso, si stanno già adoperando per “attrezzarsi” in misura adeguata. 
A tale proposito, infatti, dalla stampa di oggi si apprende  che i maggiori istituti di credito occidentali, Citigroup, JPMorgan Chase, Goldman SachsMorgan Stanley stanno studiando la possibilità di trasferire on line non solo il lavoro d’ufficio, ma anche il trading e il rapporto con i clienti. 
Sembra che anche altri istituti abbiano già chiesto  a centinaia di dipendenti di lavorare da casa in modo da poter “testare” la capacità di gestire in remoto gran parte dell’attività degli sportelli.
Sperimentazioni di questo e di altro tipo sarebbero state già fatte dalla JPMorgan Chase  nelle filiali di Londra, di New York (per la precisione: a Brooklyn) e in New Jersey. 
Dallo stesso giornale, si apprende ancora che il “lavoro da casa” sarà sperimentato anche dal Tribunale di Roma  per evitare che, a causa dell’epidemia in corso, si arresti l’attività dei pubblici ministeri per l’emissione degli avvisi di garanzia (quest’ultimo dato, pur non essendo economico, desta ugualmente qualche preoccupazione e non sorprendono, quindi, le reazioni che si sono registrate tra gli addetti ai lavori).
V’è chi ricorda che, storicamente, i “cambi di civiltà” caratterizzati dal modo diverso di produrre ricchezza sono sempre stati, sul Pianeta, altamente traumatici. Il Feudalesimo si affermò e cadde in modo cruento e con immani disastri umani. 

Domanda finale. E’ solo “dietrologia” ritenere che con il sistema mass-mediatico in proprie mani si possa utilizzare l’occasione di un’epidemia e del terrore che essa provoca per dare un colpo mortale al sistema industriale e rafforzare il capitalismo finanziario, come ultima spes di sopravvivenza?
C’è un secondo interrogativo e una seconda domanda.  Se è vero ciò che riportano giornali e radio televisioni che Donald Trump si sia fortemente irritato per le ossessive notizie sulla diffusione del virus nel mondo propalate dai mass-media non soltanto statunitensi è proprio fuori logica ritenere che il Presidente Nord-americano, ben sapendo (per averlo sperimentato sulla propria pelle) che il sistema informativo tradizionale,  quasi tutto in mano del sistema bancario (che lo considera, probabilmente non a torto, suo nemico) abbia voluto lanciare ai suoi avversari politici un messaggio molto significativo; facendo “capire di aver capito” e quindi di non volersi limitare a dare il solito “contentino” e “pannicello caldo” ai suoi concittadini, come fanno, con parole più o meno simili, i titolari delle tradizionali istituzioni di vertice?
E può sembrare un “semplice  caso” che il Presidente nord-americano, a differenza di ciò che è avvenuto in Italia (con solerzia da taluno considerata persino eccessiva), non ha disposto la conduzione seriale di test (che negli Stati Uniti d’America sono stati veramente pochi, suscitando le critiche, peraltro prevedibili, di tutta la gauche occidentale), al fine, non dichiarato ma intuibile, di non voler fare il gioco degli avversari?
La possibilità di un risvolto non “medico” di tutto ciò che sta avvenendo nel mondo nel nome del “coronavirus” è un’idea meno “fantapoltica” di quanto possa sembrare a prima vista. 
L’epidemia in corso consente, infatti, di sperimentare, per un prolungato periodo  (di reale emergenza o soltanto di misure precauzionali), la possibilità di far cambiare radicalmente le abitudini della gente, riducendo la sua presenza in luoghi di lavoro produttivo comune e o di consumo collettivo nonché i contatti interpersonali (diradandoli drasticamente). 
Lo stile di vita dei cittadini, anche dopo la fine dell’epidemia, non sarà verosimilmente più lo stesso  che si era sviluppato nella civiltà industriale. 
Esso favorirà quel ritorno all’ “arroccamento” e alla chiusura in “compartimenti stagni” che fu proprio del feudalesimo e che potrebbe tornare utile anche alla rinascita di quel medioevale fenomeno socio-economico nella sua “modernissima” e “avveniristica” (secondo i suoi fautori) versione finanziaria.
V’è chi prevede che nella società del capitalismo monetario il lavoro dell’Uomo non sarà necessario, come lo è nell’era industriale, perché basteranno il denaro e la robotica a produrre reddito (per chi, naturalmente, ne abbia già a sufficienza). 
In altre parole,  l’essere umano nell’economia esclusivamente monetaria (così  come il servo della gleba del Medio-Evo) svolgerà un ruolo “robotico” di calcolo e compilazione di moduli che lo terrà fuori da ogni partecipazione individuale (e psicologica) rilevante nel contesto produttivo dei beni; i dipendenti delle banche saranno a stretto contatto con strumenti digitali ma essi li useranno, per così dire “impersonalmente”, come i servi della gleba lavoravano con l’aratro e con la falce. 
Intanto nel mondo, a parte Trump (e probabilmente Johnson, ma i segnali non vi sono ancora)  i leader politici resteranno in surplace. E molti di essi certamente senza loro danno. 

Terzo interrogativo e ultima domanda. E’vero che il problema richiama alla mente il verso oraziano (Desinet in piscem mulier formosa superne) ma è proprio “dietrologia” pensare che, grazie all’allarme mediatico, sapientemente orchestrato dai mass-media, Giuseppe Conte, in Italia, abbia ottenuto, in primo luogo, di poter restare in sella, per la desistenza di Matteo Renzi e di “Italia viva”  dal proposito di disarcionarlo e, in secondo luogo, di giungere fino al termine della legislatura per il rinvio del referendum sul provvedimento che prevede la riduzione dei parlamentari?
E che, in Francia, Emmanuele Macron possa beneficiare dei limiti alla circolazione delle persone per le settimanali incursioni dei gilet-gialli?

Domanda finale. Fino a quando durerà la politica di promuovere stati di “depressione” tra i cittadini (e, secondo alcuni medici, per conseguenza inevitabile, anche di “abbassamento dei livelli di difesa immunitaria”)? Per tutta la durata dell’epidemia o fino a quando i mass-media decideranno, su precisa direttiva di chi detiene o condiziona la proprietà, di “ridimensionarla”, scrivendone e parlandone con termini meno angoscianti? 






BIOGRAFIA / Luigi Mazzella, nato a Roma, scrittore e giornalista, Vice Presidente emerito della Corte Costituzionale, Avvocato Generale dello Stato emerito, Ex Ministro per la Funzione Pubblica e grande saggista. E’ autore di importanti volumi  di saggistica contemporanea, come per esempio,   il saggio  socio-politico trattato nel volume  “Il decennio nero degli Italiani”- Avagliano 2018,  Europa crash” (Armando Curcio editore) ed “Europa mia” (Avagliano), fino a trattare il saggio cinematografico come  nel “50 film da rivedere, per riflettere ancora” – Ist. Cult. Mezz. 2018”, oppure,  “Federico Fellini, il visionario realista” – Ist. Cult. Mezz. 2018,  fino a opere di raffinata  narrativa come “La complicità del perdono” – Marsilio 2016 e “Vissi d’arte” – Avagliano – 2018, “Elogio del pensiero libero” (ed. Genesi editore).



Luigi Mazzella / Biografia