Artisti afroamericani e sistema dell'arte
Sulla pagina dedicata all'arte del quotidiano Domani in edicola David Carrier scrive su uno degli argomenti più dibattuti in ambito culturale negli Stati Uniti: la scarsa attenzione che il sistema dell’arte statunitense ha dimostrato fino a pochi anni fa nei confronti dagli artisti afroamericani.
Ritratto di Demetrio Paparoni
Courtesy Archivio Tano Corallo
DOMANI
Giornale DOMANI del 7 marzo 2021 |
Artisti
afroamericani e sistema dell'arte
Sulla pagina domenicale dedicata all'arte del quotidiano Domani in edicola oggi, il filosofo e critico d'arte americano David Carrier scrive su uno degli argomenti più dibattuti in ambito culturale negli Stati Uniti: la scarsa attenzione che il sistema dell’arte statunitense ha dimostrato fino a pochi anni fa nei confronti dagli artisti afroamericani. In risposta ai complessi di colpa sempre più manifesti non c’è adesso galleria importante che non abbia artisti black o museo che non abbia già proposto mostre di afroamericani. David Carrier affronta l’argomento offendo diversi elementi di riflessione.
Nella foto in alto: Betye Saar, Smiles We Left Behind,1976 Assemblaggio, tecnica mista Courtesy Roberts and Tilton. In mostra alla Fondazione Prada, Milano, 2016.
Theaster Gates, Rickshaw for Black Bricks, 2013. © Theaster Gates. Image: Marc Tatti. Courtesy the artist. In mostra a Prada Rong Zhai, Shanghai, 2021
Nella e-mail che ha accompagnato il file con il suo l’articolo, David Carriere scrive tra l'altro: “Nella Coppa d’oro (1904) di Henry James, il Principe Amerigo, un nobiluomo colto e impoverito, sposa una giovane ereditiera americana nouveau-riche. Quando va in un negozio di antiquariato a Londra per comprare una coppa d’oro, semplicemente non riesce a vedere nulla delle persone al di sotto del suo status elevato. È come se per lui persone come un negoziante esistessero a malapena. Dal momento che James era sensibile a tali distinzioni sociali, il suo romanzo appare oggi come un commento premonitore su come la razza sia stata vista fino a poco tempo fa nel mondo dell’arte americano. Ma anch’io ero cieco”. Questo passo, che non trovate nell’articolo, riservato agli amici che ricevono questa lettera, esprime con chiarezza qual è il clima che accompagna il dibattito culturale su questo argomento. |
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Il monumento di Yinka Shonibare dedicato a David Oluwale, emigrato dalla Nigeria annegato nel fiume Aire nel 1969
Yinka Shonibare MBE, Wind Sculpture II, Yorkshire Sculpture Park, UK, 2013, 610 x 340 x 80 cm. Armatura in acciaio con vetroresina dipinta a mano. Courtesy the artist, Yorkshire Sculpture Park, Stephen Friedman Gallery, London and James Cohan Gallery, New York. Photographer: Jonty Wilde
Nella stessa pagina Angela Maderna scrive sul monumento che verrà realizzato dall'artista anglo-nigeriano Yinka Shonibare a Leeds (Gran Bretagna), dedicato a David Oluwale, emigrato dalla Nigeria in cerca di fortuna e tragicamente annegato nel fiume Aire nel 1969. Un'iniziativa inscrivibile nell'ambito delle rivendicazioni del movimento Black Lives Matter che si è sviluppato a partire dal 2012 all’interno della comunità afroamericana, impegnata nella lotta contro il razzismo. Black Lives Matter ha oggi assunto dimensioni globali e negli scorsi mesi ha fatto sì che si aprisse un dibattito sui monumenti intesi come simboli di rappresentazione di una cultura dominante. Come scrive Maderna su Domani, “Gli avvenimenti degli ultimi mesi stanno a indicare una presa di coscienza collettiva su scala globale che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica una questione con cui molti artisti contemporanei si confrontano da tempo: la visione occidentalocentrica del mondo e della storia dell’arte stessa.” |
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Segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno