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domenica 14 aprile 2024

Pavilion Lautania Valley Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere Retrospettiva di Ray Johnson “NOTHING / NOIHTNG”

 

Pavilion Lautania Valley

Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere

Retrospettiva di Ray Johnson  “NOTHING / NOIHTNG”

Presentazione a cura di Sandro Bongiani 

con la collaborazione dell'Archivio Ray Johnson di Coco Gordon, Colorado (USA).

 

Vengono presentate  6 mostre Retrospettive in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque”e in contemporanea con la 60. Biennale Internazionale di Venezia 2024

 

La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea  è lieta di inaugurare  in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque”e in contemporanea con la 60. Biennale Internazionale di Venezia 2024, presso il Pavilion Lautania Valley a cura di Sandro Bongiani le mostre retrospettive  di 6 artisti selezionati per questo particolare evento che inizia ufficialmente il 16 aprile con l’artista americano pre-pop Ray Johnson e proseguirà  di mese in mese  fino al 24 novembre 2024 con Guglielmo Achille Cavellini, Ryosuke Cohen, Reid Wood e infine con gli italiani Gabi Minedi e Raffaele Boemio presentando per ognuno artista significative opere scelte appositamente per questo particolare evento a loro dedicato.  Dopo la mostra del progetto internazionale dal titolo LiberaMente / Is Contemporary Art a Prison?” a cura di Sandro Bongiani, presentato ufficialmente il 2 ottobre 2023 presso la Galleria Sandro Bongiani Vrspace ecco una serie di altri importanti appuntamenti sul tema  dello straniero ovunque, ovvero “Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere”, in cui viene segnalata la condizione  di diversi artisti marginali attivi che in modo originale e solitario hanno continuato a lavorare nell’isolamento  collettivo, alcuni anche per diversi decenni non curandosi  minimamente del mercato e del sistema ufficiale dell’arte producendo nel tempo opere per certi versi non conformi ai dettami imposti dal mercato e proseguendo in un cosciente viaggio solitario e personale.  Saranno presentati, inoltre,  dal 16 aprile fino al 24 novembre 2024 presso il Pavilion Lautania Valley le retrospettive di sei artisti contemporanei:  Ray Johnson / da martedì 16 aprile a giovedì 23 maggio 2024, Guglielmo Achille Cavellini / da venerdì 24 maggio a martedì 2 luglio, 2024, Ryosuke Cohen / dal 3 luglio a sabato 10 agosto 2024 Reid Wood / da domenica 11 agosto a sabato 14 settembre 2024, Gabi Minedi / da domenica 15 settembre a venerdì 19 ottobre 2024 e infine Raffaele Boemio / da sabato 20 ottobre a sabato 24 novembre 2024. Ad un tema  generico scelto da  questa biennale abbiamo preferito segnalare la condizione difficile e marginale attiva di 6 artisti di diverse generazioni e  latitudini del mondo costretti a vivere  da “straniero sempre”, non semplicemente nel senso geografico del termine  ma soprattutto  umano e esistenziale.  Ecco una sorta di convinta rilettura delle proposte in atto presentati per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley in cui sono stati coinvolti 6 artisti in altrettanti mostre retrospettive in un lucido e suggestivo percorso, ognuno con la propria specifica personalità e intensità creativa per una condivisione globale via web  a 360 gradi in tutto il mondo a basso contenuto di emissioni CO2.

 


Quella di Ray

Johnson da autentico “stranger” rimane una proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale e diffusa ad ampio raggio, grazie alla capillarità del mezzo postale in diversi paesi del mondo. Per lungo tempo è stato considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York” e un pioniere della performance nell'uso della lingua scritta nell'arte visuale. Una ricerca che accoglie persino frammenti di oggetti di vita. Ray è stato un  assiduo raccoglitore di cose “trovate e recuperate” per essere rimesse nel circuito della comunicazione e nell’arte  restituendo a loro una nuova vita.  Le associazioni delle cose e i processi in cui accadono realmente erano alla base della comunicazione visiva, una sorta d’indagine intesa come un “work in progress” assolutamente del tutto provvisorio, che non  può avere mai una definitiva conclusione.

 

 

Una pratica per certi versi trasversale e nel contempo deviante e poco credibile agli occhi del sistema dell’arte ufficiale, basata essenzialmente sulla contaminazione tra i diversi strumenti espressivi:  collage, fotografia, oggetti recuperati, disegno, performance, happening e testi scritti, utilizzando frequentemente  il gioco oscuro delle parole con una sorta di   operazione, in cui “i giochi di parole non sono solo un fatto ludico” fine a se stesso, ma un’altra diversa possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti e  affidarsi all’invenzione e alla  creatività della parola, avvalorata anche  dalle collaborazioni attraverso l’invio postale.

Johnson ha sempre preferito lavorare su piccoli formati, precludendo così l’appoggio del grande mercato dell’arte ufficiale,  rifiutando  spesso di esporre o vendere il  proprio lavoro. Del resto,  il mercato dell’arte preferisce le grandi dimensioni e una produzione creata  appositamente per essere “mercificata” in senso commerciale. Si direbbe,  una ricerca del tutto “trasversale” rispetto alle proposte svolte in quel periodo da altri autori, che accoglie diversi mezzi espressivi con interventi che di fatto hanno creato attrito come del resto ha fatto, quasi nello stesso periodo, anche Guglielmo Achille Cavellini in Italia utilizzando la scrittura, il comportamento,  la concettualità e persino l'ironia ben sapendo che  questa era l’unica strada possibile da percorrere. Secondo lui l’arte è vita, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, e un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 29 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi  è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana di Leo Castelli.

 

 


Ray Johnson (1927-1995)

Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel Michigan, i suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit Art Institute e un'estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo Black Mountain College in North Carolina. Durante i suoi tre anni nel programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers, Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. Trasferitosi a New York nel 1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns, sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art. Nei decenni successivi, Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo assieme  la pratica artistica con la vita. Il 13 gennaio 1995 Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando in mare e annegando. Nel 2002, un documentario sulla vita dell'artista chiamato How to Draw a Bunny,  ci fa capire il suo lavoro di ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art.

 

 

Pavilion Lautania Valley 

“Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation Everywhere”

da Lunedì  16 aprile 2024 a sabato 24 novembre 2024

Retrospettiva di Ray Johnson  “NOTHING / NOIHTNG”

Presentazione di 48 opere inedite di Ray Johnson

da martedì 16 aprile a giovedì 23 maggio 2024

a cura di Sandro Bongiani 

Opening  lunedì  16 aprile 2024  ore 18:00  

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

Credits: Collezione Bongiani Art Museum

 

 

La Presentazione 

 

Pavilion Lautania Valley

Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere

Retrospettiva di Ray Johnson  “NOTHING / NOIHTNG

Presentazione a cura di Sandro Bongiani 

con la collaborazione dell'Archivio Ray Johnson di Coco Gordon, Colorado (USA).

Salerno, 5 aprile 2024

 

 


Quella di Ray Johnson da autentico “stranger” rimane una proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale diffusa ad ampio raggio, grazie alla capillarità del mezzo postale in diversi paesi del mondo. Per lungo tempo è stato considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York” e un  pioniere della performance nell'uso della lingua scritta nell'arte visuale. Una ricerca che accoglie persino frammenti di oggetti di vita. Ray è stato “un assiduo raccoglitore di cose trovate e recuperate” per essere rimesse nel circuito della comunicazione e nell’arte  restituendo a loro una nuova vita.  Le associazioni delle cose e i processi in cui accadono realmente erano alla base della comunicazione visiva, una sorta d’indagine intesa come un “work in progress” assolutamente del tutto provvisorio, che non  può avere mai una definitiva conclusione.

Una pratica per certi versi trasversale e nel contempo deviante e poco credibile agli occhi del sistema dell’arte ufficiale, basata essenzialmente sulla contaminazione tra i diversi strumenti espressivi:  collage, fotografia, oggetti recuperati, disegno, performance, happening e testi scritti, utilizzando frequentemente  il gioco oscuro delle parole, come per esempio, “SEND” riorganizzato come “ENDS”, oppure, “NO THINGS” diventato “NOTHINGS”, con una sorta di   operazione, in cui “i giochi di parole non sono solo un fatto ludico”, fine a se stesso, ma un’altra diversa possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti e  affidarsi all’invenzione e alla  creatività della parola, avvalorata anche  dalle collaborazioni attraverso dall’invio postale.

Nella parolaNothing” come nel collage di Jeff - scrive Coco Gordon - non c’è la lettera “I”, in cui sotto le dita del piede c’è scritto “Martin Friedman”,  a volte non scrive per tre volte la lettera “I”, oppure aggiunge “No I”  come quello spedito a  Chuck Welch. Nella mia personale esperienza con Ray  il "NO I “' l’aveva scritto in occasione della mia mostra alla CHA SOHO Gallery nel 1982 sull’invito all'opera trap per pianoforte, scrivendo su un piccolo foglietto di carta la parola “noihtng”, opponendola come regalo di compleanno per John Cage con 70 rossi pistacchi sanguinanti in carta sulla parete della Galleria. Forse provava a comunicare  nascostamente  la sua scomparsa con un “i” scrivendo “Noihtng” anche dietro la mia tshirt dicendo di  non perderla perché era molto importante… In questo modo nascosto  annunciava  già sommessamente agli amici la sua prematura scomparsa che poi realmente ha  realizzato  nel 1995 gettandosi in mare da un ponte a Sag Harbor, New York, e che la critica ha valutato come  ultima opera testimoniale e finale di questo importante artista americano.

Diceva Ray: “ho semplicemente dovuto accettare che per una necessità di vita ho scritto molte lettere e dato via molto materiale e informazioni, ed è stata una mia azione compulsiva, e mentre l'ho fatto, è diventato storia. È il mio curriculum, è la mia biografia, è la mia storia, è la mia vita”. I suoi progetti includono prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini formali, diceva: "sono interessato a cose e cose che si disintegrano o si disgregano, cose che crescono o hanno aggiunte, cose che nascono da cose e processi del modo in cui le cose mi accadono realmente. Secondo  Coco Gordon, “i suoi lavori non sono mai singole  operazione assestanti di mail art, ma nascono da piccole storie, da incontri  con le altre persone, da relazioni e  riflessioni  spontanee capaci di innescare  nuovi apporti e nuove azioni al pensiero creativo” dando così completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo di espressione  totalmente libero, al di fuori  di qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza  dal  mercato ufficiale dell’arte.

Spesso viene  associato al gruppo  Fluxus per il carattere  solitamente  minimal-concettuale dei suoi progetti; il gruppo Fluxus è stato un vivace movimento internazionale che  in quel periodo si distinse per una serie di azioni e interventi  a carattere neodadaista. Dobbiamo  segnalare che  Ray Johnson non ha mai fatto parte del  “Fluxus”,  ma ha comunque condiviso le  stesse problematiche e ”l’underground”  prettamente sperimentale con molti artisti di questo raggruppamento. Precursore  e convinto individualista. presenza enigmatica e nel contempo trasgressiva dell’arte contemporanea americana, nel 48, si era trasferito  a New York iniziando una produzione di opere geometriche  aderendo così  al  “Gruppo degli Artisti Astratti Americani”, per poi a metà degli anni '50 dedicarsi al collage, producendo centinaia di piccoli lavori che chiamò  "moticos", quasi una sorta di “Pop Art”  anticipatrice delle ricerche che a distanza di  qualche anno verranno messe in campo  con successo da Leo Castelli con il gruppo  storico americano. Non sappiamo  se era cosciente fino in fondo della portata innovativa e rivoluzionaria  che stava  apportando   all’interno dell’arte  . Oggi, a distanza di diversi anni ci appare uno dei personaggi più  originali e influenti,  e nel contempo, un  grande pioniere solitario dell’arte visuale, influenzando il futuro dell'arte e  divenendo altresì il punto di riferimento per  nuove generazioni di giovani artisti.  

Johnson ha sempre preferito lavorare su piccoli formati, precludendosi  così l’appoggio del grande mercato dell’arte ufficiale,  rifiutando  spesso di esporre o vendere il  proprio lavoro. Del resto,  il mercato dell’arte preferisce le grandi dimensioni e una produzione creata  appositamente per essere “mercificata” in senso commerciale, e quindi, poco interessato a tale situazione. Si direbbe,  una ricerca del tutto “trasversale” rispetto alle proposte svolte in quel periodo da altri autori, che accoglie diversi mezzi espressivi con interventi che di fatto hanno creato attrito come del resto ha fatto, quasi nello stesso periodo, anche Guglielmo Achille Cavellini in Italia utilizzando la scrittura, il comportamento,  la concettualità e persino l'ironia ben sapendo che  questa era l’unica strada possibile da percorrere. Ray, non amava tanto essere chiamato un mail artista, e neanche essere considerato il pioniere della  Mail Art, ma pensava di poter creare un nuovo gruppo  di lavoro “Pre Pop Shop”  tra Black Mountain e Pop Art. Secondo lui l’arte è vita, del resto, anche la parola “Moticos” utilizzata molto spesso deriva dalla parola osmotic, una specifica qualità caratterizzata da una reciproca influenza, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, atteggiamenti e realtà culturali, insomma, un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 29 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi  è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana.

 

Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno

venerdì 8 marzo 2024

Ray Johnson 16 marzo – 4 maggio 2024 - Blum Gallery, Los Angeles

 

 

ENG




 

 

Ray Johnson

March 16 – May 4, 2024

BLUM GALLERY - Los Angeles

Opening reception: Saturday, March 16, 5–7pm

 

 

 

 

Ray Johnson, Rene d'Harnoncourt Dollar Bill, 1970, Mixed media collage on board, 20.5 x 29.25.
 

 

BLUM is pleased to present Los Angeles’s first solo exhibition of work by Ray Johnson—seminal Pop Art figure, early conceptualist, and pioneer of mail art.

Johnson's preferred medium was collage, that quintessentially twentieth-century art form that reflects the increased (as the century wore on) collision of disparate visual and verbal information that bombards modern man. Johnson integrated texts and images drawn from a multiplicity of sources, from mass media to telephone conversations. Ranging from 1954 to 1994, the collages and sculptures comprising this presentation tell the story of Johnson’s career, from his early encounters with New York’s avant-garde to the end of his life. Leaving his hometown of Detroit, Michigan, in 1945 to study at Black Mountain College in North Carolina—widely known for its influence on future generations of artists as well as distinguished faculty such as Josef and Anni Albers—Johnson thereafter moved to New York City in 1949 where he quickly became an active participant in the downtown art scene. Over the next forty-some years, he would become a pillar for this important period in American art, involving himself with Andy Warhol’s Factory, spearheading mail art with the conception of the artist network called the New York Correspondence School, and much more.

An art history savant with an uncanny ability to recall and connect an encyclopedic wealth of information, Johnson made  work that conveys the vast nature of the human experience as viewed through the pinhole of the artist’s own dynamic life. The works on paper on view here are emblazoned with the artist’s celebrated “moticos”—the term, an anagram for osmotic, that Johnson coined for the deconstructed, black glyphs that function as signifiers in the artist’s widely referential visual language. Initially brought forth from the clutter of pop culture’s runoff—such as promotional images of James Dean, Elvis Presley, or department store models—Johnson would cannibalize his early works by cutting them up and reworking them, often referencing his art-world contemporaries in the work's final title. In this exhibition, the artist has paid homage to members of his cohort, such as Jasper Johns, Robert Rauschenberg, James Rosenquist, Mark Rothko, and more.

The exhibition’s two sculptures, Untitled (Paddle with Bunnyheads and Mickey (1986–c.1994) and Untitled (Block with Bunny and Screw) (not dated), will make their first-ever public debut here. Bearing the artist’s signature drawing of a bunny head—the image that the artist used as a universal portrait or catchall to depict and unite otherwise disparate individuals—these objects can be understood as anointed by Johnson’s symbol and, thus, brought into the fold of the artist’s trove of meaningful things or ideas. An early practitioner of performance art akin to the style of Fluxus or Allan Kaprow’s happenings, Johnson would use objects such as cardboard boxes, wooden spools, or hotdogs to create temporal performance events that he called “nothings.”

In what many later considered his final performance work, on January 13, 1995, Johnson was witnessed diving off a bridge in Sag Harbor, Long Island, and backstroking out to sea. His body was later found, and it was determined that he had drowned. After his death, an extensive archive of Johnson’s work was found, meticulously organized in his home. Due to the unconventional and secretive nature of the artist’s practice during his lifetime, larger-scale exhibitions exploring and situating Johnson’s practice were near impossible. Posthumously, with exhibitions such as this one, Johnson can be understood as one of the major artistic innovators of the second half of the twentieth century.


Ray Johnson Biography

Ray Johnson (b. 1927, Detroit, MI; d. 1995, Sag Harbor, NY) was a seminal pop art figure in the 1950s, early conceptualist, and mail-art pioneer. He studied at the Detroit Art Institute, MI and spent a summer in a drawing program at Ox-Bow School in Saugatuck, MI, an affiliate of the Art Institute of Chicago, IL before matriculating to Black Mountain College, NC. Johnson has been the subject of numerous exhibitions at museums and institutions, including The Morgan Library & Museum, New York, NY (2022); Art Institute of Chicago, Chicago, IL (2021); School of the Visual Arts, New York, NY (2019); The Institute of Contemporary Art, Boston, MA (2015); The Museum of Modern Art Library, New York, NY (2014); Berkley Art Museum, Berkley, CA (2012); Hessel Museum of Art, Bard College, Annandale-on-Hudson, NY (2012); National Museum of Contemporary Art, Oslo, Norway (2003); Whitney Museum of American Art, New York, NY (1999), and many more. Johnson’s work is represented in the permanent collections of the Art Institute of Chicago, Chicago, IL; Berkley Art Museum, Berkley, CA; Denver Art Museum, Denver, CO; Hammer Museum, Los Angeles, CA; Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington, D.C.; Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles, CA; Metropolitan Museum of Art, New York, NY; Museum of Modern Art, New York, NY; National Gallery of Art, Washington, D.C.; Philadelphia Museum of Art, PA; San Francisco Museum of Modern Art, CA; Tate Modern, London; Walker Art Center, MN; Whitney Museum of American Art, New York, NY; and many more. 

 

 

ITA

Ray Johnson

16 marzo – 4 maggio 2024

BLUM GALLERY - Los Angeles

Inaugurazione: sabato 16 marzo, ore 17-19

BLUM è lieta di presentare la prima mostra personale a Los Angeles del lavoro di Ray Johnson, figura fondamentale della Pop Art, concettualista precoce e pioniere della mail art.

Il mezzo preferito di Johnson era il collage, quella forma d'arte per eccellenza del ventesimo secolo che riflette la crescente (con il passare del secolo) collisione di disparate informazioni visive e verbali che bombarda l'uomo moderno. Johnson ha integrato testi e immagini tratti da una molteplicità di fonti, dai mass media alle conversazioni telefoniche. Dal 1954 al 1994, i collage e le sculture che compongono questa presentazione raccontano la storia della carriera di Johnson, dai suoi primi incontri con l'avanguardia di New York fino alla fine della sua vita. Lasciando la sua città natale di Detroit, Michigan, nel 1945 per studiare al Black Mountain College nella Carolina del Nord, ampiamente noto per la sua influenza sulle future generazioni di artisti e su illustri docenti come Josef e Anni Albers, Johnson si trasferì successivamente a New York City nel 1949 dove divenne rapidamente un partecipante attivo alla scena artistica del centro. Nel corso dei successivi quarant'anni, sarebbe diventato un pilastro di questo importante periodo dell'arte americana, collaborando con la Factory di Andy Warhol, guidando la mail art con la concezione della rete di artisti chiamata New York Correspondence School, e molto altro ancora.

Esperto di storia dell'arte con una straordinaria capacità di ricordare e collegare un'enciclopedica ricchezza di informazioni, Johnson ha realizzato opere che trasmettono la vasta natura dell'esperienza umana vista attraverso lo stenopeico della vita dinamica dell'artista. Le opere su carta qui esposte sono decorate con i celebri “moticos” dell'artista, il termine, un anagramma di osmotico, che Johnson ha coniato per i glifi neri decostruiti che funzionano come significanti nel linguaggio visivo ampiamente referenziale dell'artista. Inizialmente nati dal disordine dei prodotti della cultura pop - come le immagini promozionali di James Dean, Elvis Presley o i modelli dei grandi magazzini - Johnson cannibalizzava i suoi primi lavori tagliandoli e rielaborandoli, spesso facendo riferimento ai suoi contemporanei del mondo dell'arte in titolo finale dell'opera. In questa mostra, l'artista ha reso omaggio ai membri della sua coorte, come Jasper Johns, Robert Rauschenberg, James Rosenquist, Mark Rothko e altri.

Le due sculture della mostra, Untitled (Paddle with Bunnyheads and Mickey (1986–c.1994) e Untitled (Block with Bunny and Screw)(non datato), faranno qui il loro primo debutto pubblico. Portando il disegno caratteristico dell'artista di una testa di coniglio - l'immagine che l'artista ha usato come ritratto universale o contenitore per rappresentare e unire individui altrimenti disparati - questi oggetti possono essere intesi come consacrati dal simbolo di Johnson e, quindi, portati nell'ovile del tesoro dell'artista di cose o idee significative. Uno dei primi praticanti di performance art simile allo stile di Fluxus o agli avvenimenti di Allan Kaprow, Johnson utilizzava oggetti come scatole di cartone, bobine di legno o hotdog per creare eventi di performance temporali che chiamava "niente".

In quella che molti in seguito considerarono la sua performance finale, il 13 gennaio 1995, Johnson fu visto tuffarsi da un ponte a Sag Harbor, Long Island, e nuotare a dorso in mare. Il suo corpo è stato successivamente ritrovato e si è stabilito che fosse annegato. Dopo la sua morte fu ritrovato un vasto archivio del lavoro di Johnson, meticolosamente organizzato nella sua casa. A causa della natura non convenzionale e segreta della pratica dell'artista durante la sua vita, mostre su larga scala che esplorassero e situassero la pratica di Johnson erano quasi impossibili. Postumo, con mostre come questa, Johnson può essere considerato uno dei maggiori innovatori artistici della seconda metà del XX secolo.

 

Biografia di Ray Johnson

Ray Johnson (nato nel 1927, Detroit, MI; morto nel 1995, Sag Harbor, NY) è stato una figura fondamentale della pop art negli anni '50, uno dei primi concettualisti e un pioniere della mail-art. Ha studiato al Detroit Art Institute, MI e ha trascorso un'estate in un programma di disegno presso la Ox-Bow School di Saugatuck, MI, una filiale dell'Art Institute of Chicago, IL prima di immatricolarsi al Black Mountain College, NC. Johnson è stato oggetto di numerose mostre presso musei e istituzioni, tra cui The Morgan Library & Museum, New York, NY (2022); Art Institute of Chicago, Chicago, IL (2021); Scuola di Arti Visive, New York, NY (2019); L'Istituto di Arte Contemporanea, Boston, MA (2015); Biblioteca del Museo di Arte Moderna, New York, NY (2014); Museo d'arte di Berkley, Berkley, California (2012); Museo d'arte Hessel, Bard College, Annandale-on-Hudson, NY (2012); Museo Nazionale d'Arte Contemporanea, Oslo, Norvegia (2003); Whitney Museum of American Art, New York, NY (1999) e molti altri. Il lavoro di Johnson è rappresentato nelle collezioni permanenti dell'Art Institute of Chicago, Chicago, IL; Museo d'arte di Berkley, Berkley, California; Museo d'arte di Denver, Denver, CO; Museo dell'Hammer, Los Angeles, CA; Museo Hirshhorn e Giardino delle sculture, Washington, DC; Museo d'arte della contea di Los Angeles, Los Angeles, CA; Metropolitan Museum of Art, New York, NY; Museo di Arte Moderna, New York, NY; Galleria Nazionale d'Arte, Washington, DC; Museo d'arte di Filadelfia, Pennsylvania; Museo d'Arte Moderna di San Francisco, California; Tate Modern, Londra; Centro d'arte Walker, Minnesota; Whitney Museo d'Arte Americana, New York, NY; e molti altri. 

 

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 https://www.blum-gallery.com/exhibitions/ray_johnson

 

Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno (Italy).