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lunedì 18 novembre 2024

UNA MOSTRA SUL FUTURISMO A ROMA TUTTA "FRU FU GNAM GNAM"

 


ODE AL PENSIERO DEBOLE
di Sandro Bongiani

 “O curatori incoronati di gramigna

mi potete dire  perché cru cu fa la sugna

perche si scioglie e poi si s’arrugna?”


Della mostra sul Futurismo che vedremo presto alla GNAM  il  Prof  Simongini, ci illumina affermando che sarà  “una mostra in cui coinvolgere un pubblico più ampio e anche i giovani. Questa nuova mostra si propone di “offrire un’esperienza innovativa rispetto alle esposizioni passate, mirando a una platea più diversificata e non limitata agli specialisti, affinché il Futurismo possa essere apprezzato in tutta la sua rilevanza storica”. Anche  la direttrice Mazzantini della Gnam  è dello stesso avviso: "il Fururismo  sarà «una mostra dal taglio pop per bambini e non esperti". Insomma un grande evento inutile,  come avevamo già immaginato, con un evento  improntato a stupire  per effetti spettacolari allo scopo di attrarre un pubblico annoiato in cerca di effetti  strabilianti che possano  rendere piacevole e diversa la giornata alla Gnam.
Non importa se il pubblico non sia preparato  culturalmente e non conosce neanche cos’é stato realmente il movimento futurista.  Per  molti curatori di oggi importa che il pubblico si diverta con   proposte disneyane come questa,  puntando su interventi  teatrali  che non fanno bene alla cultura e neanche all'arte. Le mostre che si fanno da diverso tempo in Italia come le tre precedenti Biennali di Venezia di Massimiliano Gioni, della moglie  Cecilia Alemani e quella di quest'anno di Adriano Pedrosa sono state decisamente inutili e poco serie perché hanno avuto come  unica finalità il  richiamo ricreativo e  l'intrattenimento allo scopo di  ammaliare le masse turistiche spesso incompetenti e  senza offrire realmente alcun programma serio di approdimento critico del tema di volta in volta indagato.

Risulta esemplare l’articolo del Corriere della Sera di Vincenzo Trione pubblicato recentemente ( il 1 ottobre 2024) - courtesy Corsera,  scrivendo che “
C’è bisogno di uno scatto per fare “Grandi Mostre”, affermando: (riporto quasi integralmente il suo articolo), “Non si tratta di esterofilia. Basta recarsi a Parigi, per misurare le evidenti differenze tra il sistema delle mostre organizzate in Italia e il modello francese. Un  palinsesto di esposizioni di alto livello  con  una solida esperienza, esito di anni di ricerche, rigorose e,  insieme, sorprendenti, con quadri provenienti da importanti collezioni internazionali. Insomma, mostre “definitive”,  imperdibili,  destinate a entrare negli exhibition  studies. Invece, da anni, con rare eccezioni, le nostre città sono invase da  “mostriciattole” per dirla con Federico Zeri) prodotte per le  amministrazioni pubbliche da società “ for profit”,  che,  nascondendosi dietro l’alibi pedagogico dell’alfabetizzazione visiva,  ricorrono sempre agli stessi artifici: si  ripropongono le solite celebritiers, senza  svelarne lati poco indagati,  presentando opere per lo più provenienti da un’unica fonte.  Un  modo per abdicare alla responsabilità della critica. Per rinunciare alle incertezze insite in  ogni campagna prestiti.  E’ per rimuovere la lezione di coloro che hanno insegnato a “ fare-mostre”: tra gli altri, Longhi, Lea Vergine, Celant, Settis. L’esito di questa  degenerazione culturale: la proliferazione di eventi pret-à-porter condannati a essere consumati nell’indifferenza, ordinati da curatori conniventi e privi di serietà. E’ davvero  incolmabile la distanza tra una “mostra grande” e una “grande mostra”.

 Stando a questi motivi  non ci resta che attendere per divertirsi, come  aveva scritto  il futurista Aldo Palazzeschi in una canzonetta sonora e visuale del 1910 .

Tri tri tri,
fru fru fru,
ihu ihu ihu,
uhi uhi uhi!

Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!

Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!

“i tempi sono molto cambiati,
gli uomini non dimandano
più nulla dai poeti,
e lasciatemi divertire! “