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giovedì 16 ottobre 2025

Mostra Antologica di Carla Bertola “Interferenze e intrecci tra parole e immagini”

 

 

COMUNICATO STAMPA

 

COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM

Mostra Antologica di Carla Bertola

“Interferenze e intrecci tra parole e immagini

Dal 2 ottobre al 30 dicembre 2025

con 71 opere del periodo 1970-2023

a cura di Sandro Bongiani

Presentazione critica di Giorgio Moio

 

L'artista Carla Bertola

 

La Collezione Bongiani Art Museum di Salerno è lieta di presentare l’Antologica dedicata all’artista torinese Carla Bertola, dal titolo: “Interferenze e intrecci tra parole e immagini”. Un evento a cura di Sandro Bongiani con la presentazione critica di Giorgio Moio.

Sembra già un decennio da quando Carla Bertola è passata nel 2023 a miglior vita, vista la tendenza di collocarla nell’oblio, sospinta da un silenzio “precoce” e incomprensibile nonostante l’importante  attività ultra sessantennale svolta da questa interessante artista torinese.  Artista visuale, scrittrice, poeta verbovisuale-sonora e performer, ha vissuto a Torino dove è nata nel 1935, partecipando assiduamente  alle attività culturali  internazionali dagli anni ’70. Ha esposto e realizzato installazioni in molti spazi e partecipato attivamente a numerose rassegne di poesia sonora e performativa in  varie città italiane ed estere. Alla base del suo lavoro “permane la scrittura; una scrittura lineare e ermetica iniziata negli anni sessanta con un’evoluzione costante e doverosa alla fine degli anni ’70 incontrando la poesia visuale e poco dopo la poesia sonora che non ha più abbandonato. I suoi lavori visuali non potevano prescindere dalla parola sul quale non cessò mai di lavorare e sperimentare con lettere, ritagli di giornale, fili di lana colorati, linee, segni fino all’aggiunta di materiali più disparati: stoffa cucita, pellicole di alluminio fino a realizzare meravigliosi libri d’artista. Per non parlare poi di grafemi incomprensibili racchiusi tra fili di lana, sovente cuciti, a formare figure geometriche che Bertola ha chiamato Filograffiti, annunciando l’approdo, sul tramonto degli ultimi anni, anche a un accenno di scrittura asemica. La poesia visuale e ironica di Bertola -scrive Giorgio Moio- che possiamo definire un’interferenza tra la parola, segno e immagine, si compone per accumulo, associazione di vocaboli, dissociazioni, una fonetica del significante che troviamo anche nella sua poesia sonora e che viviseziona parole e segni con il ritmo e il suono creando la cosiddetta “parola che si vede”. Ovviamente a monte di tutto questo vi erano le frequentazioni con coloro che in quel periodo già operavano nel campo della poesia visiva (Arrigo Lora Totino ad esempio abitava vicino a noi, gli incontri e le partecipazioni a pubblicazioni che si occupavano sia di scrittura che di visuale in Italia e all’estero.

In questa prima mostra antologica che la Collezione Bongiani Art Museum di Salerno ha voluto dedicare a Carla Bertola viene presentata una prima completa panoramica del lavoro svolto nel tempo che ora attende, a distanza di due anni dalla scomparsa, uno studio critico accurato e una doverosa e degna attenzione da parte della critica e delle istituzioni.

Si ringrazia l’Archivio personale di Carla Bertola e Alberto Vitacchio di Torino per aver permesso la realizzazione di questa  importante antologica che riassume con 71 opere  oltre sessanta anni di assiduo lavoro.  (1970-2023).

 

 

 

 

 

Le Opere


 




La presentazione 

di GIORGIO MOIO

Frange d’interferenza tra parole e immagini

Ormai sono più di due anni che ci ha lasciati Carla Bertola, una eccellente poeta visuale e sonora che giocava con le parole: «verso cosa ? / verso chi ? / verso dove ? // Il Capo Stazione lo sa: // Il Capo fila / verso // versi ficcati di tra verso le tra versi ne / in versi one & two // Scusate se imper verso se mi verso / o ti verso un verre per brindare / all’uni verso // intanto attra verso per / scansare il per verso / e con verso con l’intro verso / a Capo retto // PuntoACapo, IL CAPO VERSO, da A.a. V.v., Sul fondo del bianco. Cinque poete verbovisuali, a cura di G. Moio, Bertoni Editore, 2021».

E sembra già che sia passato un decennio da quando Bertola è passata a miglior vita, vista la tendenza di collocarla nell’oblio, sospinta da un silenzio “precoce” e incomprensibile sulla sua importantissima attività artistica ultra sessantennale, alimentato da quelle stesse persone che in vita sembravano stimarla. E vanno ringraziate pochissime persone se di Carla Bertola e della sua arte ancora si parla. Una di queste persone è Sandro Bongiani, titolare di un museo virtuale di arte contemporanea ubicato a Salerno (Ophen Art Museum), il quale ha organizzato e curato questa mostra antologica sulle parole, i segni e le immagini che si dispongono lungo una settantina di opere visuali bertolane, dai primi anni ’70 fino al 2023.     

Dunque, la scrittura di Bertola ha iniziato un’evoluzione costante alla fine degli anni ’70 incontrando la poesia visuale e poco dopo la poesia sonora. Ma Carla Bertola non nasce come poeta verbovisuale né come poeta sonoro. Inizia negli anni ʼ60 del secolo scorso come poeta lineare, anzi “passatista ma non troppo”, come si definì in quegli inizi. «In realtà scrivevo già a quindici anni», mi confidò. Le prime pubblicazioni furono ospitate su riviste, erano «testi influenzati da poeti che avevo letto in precedenza: Ungaretti, Quasimodo, Gatto… cercando tuttavia una mia scrittura personale. […] Non ricordo esattamente quando scoprii il Futurismo e il Dadaismo, credo fine anni Settanta. Esplorare i loro testi fu fondamentale, mi aprì anche la strada alla poesia sonora e poésie action, che non ho mai abbandonato. Potrei, anzi dovrei, citare almeno qualche poeta verbovisuale [ad es. Arrigo Lora Totino, in particolare per la poesia sonora; Julian Blaine, Eugenio Miccini, ecc.], conosciuto in quegli anni, che fu molto significativo per la mia evoluzione» (Bertola, da Aa. Vv., Sul fondo del bianco, op. cit., p. 15).

Potremmo anche sottolineare ˗ forse senza essere smentiti ˗ che la poesia lineare di Bertola precludeva e preclude in sé tratti di “visualità” fin troppo evidenti, e soprattutto le linee guida delle sue performances sonore che poi svilupperà negli anni in giro per il mondo, con Alberto Vitacchio, compagno di una vita. Ma quale poesia lineare? Karl Marx affermava che i “filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo”.

Vale anche per il poeta? Certamente. Sono anacronistici i tempi di declamazione del loro esclusivo mondo interiore come gli ermetici o i neorealisti, descrivendo un modo autobiografico della realtà; occorre ritornare a “scoprire” la realtà che ci circonda come una sfida che la trasformi e la rinomini, mettendosi davanti alla storia, non nella storia. E come ci si mette davanti alla storia? Trasformando l’affermazione marxiana: fino ad oggi i poeti hanno scritto fiumi di parole, oceani di parole – e continuano a farlo -, ora si tratta di cambiarle, scrivendone delle nuove essendo legate a linguaggi remoti e usurati. Per realizzare parole poetiche nuove non può che soccorrerci la poesia sperimentale, di ricerca, alternativa e antagonista alla tradizione, manipolando la visione del mondo da un avvilente e remissivo sentimento di falsi feticci. In fondo che cos’è la poesia se non il rendere possibile l’impossibile?

E Carla Bertola ci riusciva benissimo. I suoi lavori visuali, a parte i disegni degli inizi, non potevano prescindere dalla parola, dai lacerti delle sue poesie lineari che, quasi sempre scritte a mano, con una grafia elegante ma anche incomprensibile, infantile, volutamente infantile, quindi spontanea, su supporti a volte alquanto strani, come i retini fotografici per la stampa che si procurava in cartolerie di qualche decennio fa, che furono l’inizio del progetto Frange d’interferenza, sul quale non cessò mai di lavorare e sperimentare, passando anche ad aggiungere ritagli di giornale, fili di lana colorati, linee, segni fino all’aggiunta di materiali più disparati: stoffa cucita su cartoncini e/o cartoni, carta colorata, pellicole di alluminio facilmente da cucire e da ripiegare in forme arbitrarie, nastri adesivi, frammenti di rametti, lettere o accenni di lettere, anch’esse spesso cucite come ricami su stoffe anche pregiate, fino a rendere alcuni lavori originali libri d’artista. E a proposito di lettere – intendo le buste con le quali spediamo materiali in tutto il mondo -, a Bertola non andava giù il fatto che molte di esse si smarrivano per strada senza mai arrivare al destinatario o che tornassero indietro dal mittente in pessime condizioni, consumate e rovinate dal doppio viaggio finendo nel cestino della carta straccia. Amando la carta in tutte le sue forme, con queste buste di ogni forma ed epoca – spesso trovate in mercatini e negozi vintage -, sfruttandone le varie cromature e il suo interno, con aggiunte di lacerti di scrittura a mano, realizzò 45 lavori assai singolari che intitolò Metamorphose of undelivered letters. Questa era Carla, un’artista piena di risorse e idee originali.

Ma chi è Carla Bertola? Ha vissuto a Torino dove è nata nel 1935 e deceduta nel marzo del 2023. Artista visuale scrittrice performer promotrice di iniziative culturali ha partecipato a moltissime mostre internazionali. Numerose le mostre individuali così come le performances di poesia sonora e d’azione in varie città europee oltre che in Canada Messico Brasile Cuba. È stata Artist in Residence presso il Sirius Arts Centre in Irlanda nel 2010. Con Alberto Vitacchio, ha eseguito il maggior numero di performences sonore e pièces denominate Poesiteatro. Ha pubblicato soltanto due libri di poesie lineari (almeno in Italia), I Monologhi, (SIC, 1973) e Ritrovamenti (Eureka Edizioni, 2016). I suoi libri verbovisuali libri d’artista e poesie si trovano in molti cataloghi, antologie, collezioni pubbliche e private, riviste cartacee e online («Letteratura»; «Altri Termini»; «Carte Segrete»; «Uomini e Idee»; «Anterem»; «Testuale»; «Salvo Imprevisti»; «Amenophis»; «Plages»; «D(o)cks»; «Dopodomani»; «Risvolti»; «L’Intranquille»; «Otoliths»; «Ulu-late»; «Margutte»; «Utsanga»; «Frequenze Poetiche», ecc.). Una rappresentativa selezione delle sue opere è presente al Museo della Carale di Ivrea. Tra le antologie segnaliamo Poesia Totale (Mantova, 1998); A point of View Visual ʼ90 (Russia, 1998); Libri d’Artista in Italia (Torino, 1999); International Artists’ Books (Ungheria, 2000). Ha editato e diretto dal 1978, insieme a Vitacchio, la rivista internazionale multimediale «Offerta Speciale» e la collaterale “Busta a sorpresa” che conteneva lavori originali di poeti e artisti internazionali e che in più di 50 numeri ha ospitato più di 600 autori, distinguendosi con proposte di testi di poesia sperimentale, lineare e visuale, facendo a meno degli editoriali e della critica.

Bertola non è mai stata molto incline al sentimentalismo. Lei giocava con le parole e le immagini. Anche nei suoi testi “seri” si intravedeva una vena ironica e «un’assoluta mancanza di pietà verso me stessa (a detta di un critico che mi criticava anche, meno male)». La poesia bertolana, che diventa tutt’una con quella visuale, è costellata d’ironia spensieratezza allegria; tristezza malinconia aggressive invettive, che a detta della stessa Bertola sono stati i sentimenti sui quali gli editori (italiani, naturalmente) accampavano sempre qualche scusa per non pubblicarla.

La poesia visuale di Bertola si compone anche per accumulo, associazione di vocaboli, dissociazioni, allitterazioni, calembours; una fonetica del significante che troviamo anche nella sua poesia sonora e che viviseziona parole e segni con il ritmo e il suono che incalzano ad ogni angolo del foglio che spesso viene occupato (ma sarebbe più adatto dire invaso) in tutto il suo spazio bianco, creando la cosiddetta “parola che si vede”.

Possiamo definire tutto il lavoro visuale della Bertola un’interferenza tra la parola e il segno, chirografie su una superficie che ha tutte le caratteristiche di un materiale tessile che ritroviamo spesso come supporto nei suoi lavori. Il punto di partenza di questo percorso artistico di Bertola, al quale ha dedicato tutta la vita – possiamo dire -, alla ricerca e alla sperimentazione nel campo della poesia lineare visuale sonora, nella performance, nel libro d’artista e nell’installazione, non può scindere dalla poesia lineare che ha incominciato a comporre sin da giovanissima e in modo naturale. Come nella poesia lineare, anche nella poesia visuale si registra un’analisi e un dettato del quotidiano privo di sentimentalismi che lasciano ampio spazio a un’abile ironia, una scomposizione e ricomposizione di un altrettanto abile gioco sprezzante che dagli anni ’80 – tenendosi abbastanza lontana dalla poesia visiva basata prettamente sul collage e ritagli di parole tipografiche come slogan, estrapolate da giornali e riviste – si palesa con l’utilizzo del colore e tecniche varie, ad esempio il frottage (tecnica antica, riscoperta dai surrealisti) o con accumuli di grosse lettere tipografiche colorate messe alla rinfusa, una sull’altra, anche su supporti di grosse dimensioni. Per non parlare poi di grafemi incomprensibili racchiusi tra fili di lana, sovente cuciti, a formare figure geometriche che Bertola ha chiamato Filograffiti, annunciando l’approdo, sul tramonto degli ultimi anni, anche a un accenno di scrittura asemica.

«Carla […] sfruttava i richiami che si generavano nell’unire un testo di poesia con l’immagine. Talvolta il testo già esisteva e veniva così adattato e spesso esaltato dall’unione con la parte visuale; altre volte il testo veniva scritto al momento di essere unito all’immagine così da divenire un nuovo lavoro visuale.

Ovviamente a monte di tutto questo vi erano le frequentazioni con coloro che in quel periodo già operavano nel campo della poesia visiva (Arrigo Lora Totino ad esempio abitava vicino a noi, gli incontri e le partecipazioni a pubblicazioni che si occupavano sia di scrittura che di visuale in Italia e all’estero» (Alberto Vitacchio, Carla Bertola parolasuonoimmagine, autoprodotto, s.d., pp. 14-15).

In conclusione, in questa mostra antologica di Carla Bertola è rappresentata tutta la sua arte, composizioni variegate e differenti: scritture volutamente “infantili” o con macchina da scrivere, o su supporti digitali e disegni figurativi con scritte amanuense, calligrafie più nobili ed eleganti, libri d’artista con pezzi di stoffa, carte colorate accartocciate, stropicciate e ripiegate, frammenti di foglie, bottoni cuciti o incollati, cerini, collage, inchiostri, chine, pastelli, pennarelli colorati dove non mancano intere pagine con scritte a mano tra linee e segni affrancati da ogni regole e schemi: una quantità di materiali per molteplici progetti, anche in piccoli formati, che attendono ancora uno studio critico accurato e profondo.

 

 


 

 

 


Collezione Bongiani Art Museum

 

Opening:  giovedì  2 ottobre 2025  h. 18:00

 

EVENTO:  dal 2 ottobre  al 30 dicembre  2025

TITOLO: Antologica di Carla Bertola, “Interferenze e intrecci tra parole e immagini” 1970-2023

LUOGO: Salerno (Italy). 

CURATORI:  Sandro  Bongiani

TESTO CRITICO: Giorgio Moio

INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D – Salerno

 

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

 

SITO UFFICIALE: https://www.collezionebongianiartmuseum.it/   

 

 

Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno 

 

lunedì 4 maggio 2020

VENEZIA, VISIONI ALTRE / COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO? | How will we live in the future?







www.visionialtre.it

COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO? | How will we live in the future?
18 maggio – 15 ottobre 2020A cura di
Adolfina de Stefani con la collaborazione di Guenda Mai

COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO? | How will we live in the future?
Gli artisti che ne fanno parte, sono i protagonisti di una nuova stagione artistica che avrà come inizio il 18 maggio 2020
VISIONI ALTRE Campo del Ghetto Novo 2918, 30121 VENEZIA.


Un’avventura che inizia con la presentazione di opere di vario genere ma tutte con un denominatore comune e che avrà il suo consolidamento con una serie di incontri e azioni che ci permetteranno di cogliere le tante sfumature del tema proposto attraverso la lente di artisti differenti, impegnati nella ricerca e nella sperimentazione su tutti i fronti.



COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO? | How will we live in the future?

La mostra, a cura di Adolfina de Stefani con la collaborazione di Guenda Mai, è liberamente ispirata alle tematiche della 17° Biennale di Architettura di Venezia. Prendendo spunto dal significato del titolo scelto e dalle parole del curatore dell’evento veneziano: “In un’epoca nella quale «Abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale. In un contesto caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da disuguaglianze economiche sempre maggiori, chiediamo agli artisti di immaginare degli spazi nei quali possiamo vivere generosamente insieme come esseri umani che, malgrado la crescente individualità, desiderano connettersi tra loro e con le altre specie nello spazio digitale e in quello reale; insieme come nuove famiglie in cerca di spazi abitativi più diversificati e dignitosi; insieme come comunità emergenti che esigono equità, inclusione e identità spaziale; insieme trascendendo i confini politici per immaginare nuove geografie associative; e insieme come pianeta intento ad affrontare delle crisi che richiedono un’azione globale affinché possiamo continuare a vivere”. L’artista è posto di fronte ad una rinnovata responsabilità: quella dell’uomo, il suo rapporto con la natura, con l’ambiente, con la società che mai come in questo momento particolare il mondo intero sta vivendo, ed è chiamato a dare delle risposte, a delle soluzioni a dei cambiamenti se non vogliamo l’estinzione dell’essere umano sulla terra. Oltre alla pittura e ai linguaggi tradizionali, ampio risalto è dato alla sperimentazione, mediante performances e happenings in cui il variopinto e surreale mondo di oggi sarà esplorato profondamente coinvolgendo nel medesimo spazio espositivo pubblico e artisti. A partire da Adolfina De Stefani, che è l’anima di VISIONI ALTRE, abbiamo voluto raccogliere in questo lungo appuntamento tutte le esperienze degli artisti restituendo un senso di respiro nazionale e internazionale a chi ne fa parte, e in particolare a tutta la città di VENEZIA. Grazie agli artisti, che VISIONI ALTRE è potuta diventare un contenitore sinestetico di emozioni e linguaggi, sempre all’insegna di quella sperimentazione che dal dopoguerra ad oggi non ha mai smesso di affascinare chi vuole avvicinarsi all’arte contemporanea in tutte le sue espressioni.


Artisti presenti:


Alessandro Bestiani | Architetture del Paesaggio urbano 

L’artista è affascinato dalla luce, dai colori, con un profondo interesse per il paesaggio urbano, che rappresenta in tutte le sue manifestazioni. Le sue opere rimandano ai suoi stati d’animo, mutevoli che lo indirizzano ogni volta ad eseguire opere diverse, sia nella scelta dei nei soggetti che nella tecnica. Acquerello, olio, grafite, china , pastelli, matite colorate sono le tecniche che predilige concentrandosi sempre sulla ricerca di emozioni. Alessandro Bestiani nasce a Milano il 29 Giugno del 1957, la sua passione per l’arte ha inizio all’età di 7 anni quando vede per la prima volta il padre dipingere. Ha seguito per diversi anni corsi di disegno, acquerello e pittura ad olio. L’artista ha studiato a Milano dove ha vissuto e vive attualmente.




Sergio Boldrin | Storie e colori del desiderio. 

Gesto pittorico e teatrale di un artista che si muove con i colori cogliendo con l’istinto e con pennellate nervose attimi sfuggenti di una città che cambia, e che l’artista essendo veneziano di nascita subisce nel suo quotidiano il cambiamento. L’artista in città lavora da mascheraio fin da giovanissimo cogliendo tutti gli espetti culturali della sua Venezia.







Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani | “PLATANUS OCCIDENTALIS”

“Io amo molto gli alberi” ecco la frase frequente di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani artisti e performer che in questa occasione presentano “ALBERI” Quercus Ilex e Platanus Occidentalis. Ancora una volta la natura sovrasta la visione e il pensiero poetico dei due artisti. La nudità della natura, lo scheletro dell’albero diventa per gli artisti indagine sul corpo fisico e la condizione della natura stessa che opera a favore per il rinnovamento. Trattano i loro alberi come dotati dei mutevoli umori. Li trattano con simpatia, con passione, con pazienza e impazienza, e anche con ironia. Attenti e sensibili alle loro capacità di mutazione, benché dicano “L’albero è superiore ad ogni tentativo di trasformazione”, intendendo però che all’uomo non è lecito piegare gli alberi e altri viventi alle sue voglie di trasformazione. La natura umana stessa è ricca di potenzialità trasformative. 

Il sodalizio tra i due performer e artisti contemporanei Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani nasce nel 2000 ed è caratterizzato da una sorta di nomadismo operativo che li vede impegnati in una esplorazione parallela nei numerosi percorsi dell’espressione artistica. Apprezzati esponenti nello scenario della cultura artistica sia in Italia che all’estero, la loro espressione si articola attraverso la performance, l’installazione e la ricerca multimediale, con particolare attenzione alle tematiche attuali. Emergono con estrema chiarezza le azioni di carattere universale con l’intento di favorire l’incontro del grande pubblico con i linguaggi contemporanei.





Elena Greggio, Sogni e inquinamento.

Visioni/previsioni del futuro, intesi come conseguenza dei cambiamenti climatici e della sovrappopolazione (e il relativo impatto ambientale). Una serie di lavori a metà tra il sogno inteso sia come "desiderio" di conservazione dell'ambiente, sia come "visione onirica" e l'inesorabile impatto della realtà nel quotidiano. Un tempo, al centro della sua produzione c'era la figura umana, soggetto che ha completamente abbandonato in questa fase creativa per dare respiro a territori e paesaggi ideali, desertici o antropizzati. I suoi lavori sono caratterizzati dall’utilizzo della carta, sia essa pregiata e sottile come quella di gelso o di riso, sia essa di recupero, come ad esempio uno scarto di stampa serigrafica/tipografica o una pagina di quotidiano. Elena Greggio è nata a Padova nel Dicembre del 1973. Si è diplomata in Architettura al Liceo Artistico nel 1991 e Laureata a pieni voti in Pittura, all'Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1995. Sì è specializzata in Architettura d'Interni e In Fashion Design. Vive e Lavora a Padova, dove si dedica alla Pittura e alle tecniche incisorie, quali linoleografia e xilografia. Espone ed ha esposto in: Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Austria, Bosnia Herzegovina, Cile e Portogallo.




Giulio Malfer | COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO

Se lo chiedi oggi, alle persone recluse nei loro appartamenti, ti risponderanno che vorrebbero vivere nè più nè meno come prima dell’arrivo della peste anno 2019. Questa è la massima speranza per quando tutto sarà superato. La nuova ripresa dopo la grande paura. Tutto dovrà tornare come prima più di prima per cancellare la memoria di quello che abbiamo vissuto. E poi… Ci ritroveremo sempre più chiusi dentro il nostro respiro. Obbligati alla solitudine dal distanziamento sociale. Costretti a una mobilità, controllati da un’app algoritmica. Semplici spettatori di una natura che rinasce. Un pianeta che non abbiamo voluto capire e che prosegue la sua vita oltre noi. E’ quello che abbiamo visto in questi giorni. Abbiamo avuto la fortuna di vedere il futuro, come uno sciamano, sotto l’effetto di sostanze allucinogene, vede la sorte che incombe. Giulio Malfer è nato a Rovereto Italy. Studia Agraria all’Università di Padova e Architettura all’Università di Firenze, dove frequenta il corso di fotografia alla Scuola Internazionale “f 64” e, sempre a Firenze, frequenta il corso di fotografia di moda diretto da Leonardo Maniscalchi.




Elisabetta Marchese |Nero ma non troppo

L’artista analizza il colore delle tenebre che in questo momento particolare è diventato il colore della paura, del sospetto, della tragedia. Nella società il NERO è simbolo di paura , di tristezza , depressione , stati d’animo che comunque fanno parte dell’esistenza. Il NERO è il colore più intrigante . Invita a riflettere. Elisabetta Marchese si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia con una tesi su Alberto Burri . Il suo percorso artistico continua con una ricerca tra composizione e texture, tra differenti supporti fino ad arrivare al collage sempre accompagnato a tradizionali tecniche pittoriche quali le tanto amate velature e l’antica tecnica dello “sfregasso”. La tecnica che predilige rimane sempre il disegno : una linea nera su un foglio bianco da dove tutto ha inizio. Negli ultimi due anni ha esposto le sue opere a Berlino, Monaco, Milano. Questa personale a Venezia segna un importante punto di consapevolezza per un nuovo venire .




Giovanni Pinosio |Con un filo di Voce

Giovanni Pinosio è un giovane artista veneziano con alle spalle quei necessari studi Accademici che gli permettono di muoversi con sicurezza tra “le belle arti”, privilegiando tra queste il disegno e la scultura. O meglio, una sua originalissima fusione tra il piano del disegno e la tridimensionalità della scultura che egli realizza mettendo in campo, nella costituzione della “figura”, elementi complessi come vuoto e immaterialità. Immaginiamo la grafite della matita che scorre sul foglio bianco a comporre porzioni ibride di figura - è l’uomo al centro della ricerca, un uomo maschile ma sessualmente non caratterizzato. Compaiono tracce di un tronco, ora di una mano che vibra - e quel gesto viene replicato occupando lo spazio - ora soltanto un moncone di una gamba. Sostituiamo ora la grafite con del filo di ferro e proviamo a ricostruire quella figura. L’immagine ritrova sé stessa nello spazio, acquisendo però una tridimensionalità rarefatta, metafisica. Il nostro corpo è denso involucro di carne che appoggia sullo scheletro portante. Pinosio, con le sue opere, rovescia il dentro e il fuori: è lo scheletro in fil di ferro a formare la figura, mai realmente compiuta. Ibrida anch’essa. Mentre l’interno della figura non c’è. È “vuoto”. Il vuoto rappresenta una sfida in questa sua concezione di scultura, perché l’ambiente entra nel corpo dell’opera, creando un indistinto con lo spazio. O meglio, ambiente, spazio e tempo sono fusi insieme, saldati alla figura. Processo mentale e artistico che sta caratterizzando molti autori contemporanei.



Liubov Pogudina | ‘’universale ICONA ‘”

L’artista propone una serie di copie di dipinti di icone di diversi autori eseguite seguendo fedelmente regole di un’arte antica sviluppatasi in epoca bizantina, il cui centro principale era Costantinopoli, e con il trascorrere del tempo, la varietà di stili e di tipologie artistiche si ampliarono in Russia, e nel resto del mondo ortodosso. Le opere dell’artista ci rimandano a questo particolare mondo bizantino con opere dipinte su tavola eseguite seguendo il dettame delle icône antiche sia nell’uso dei supporti che nei cromatismi in particolare il richiamo della doratura elemento importante per la rappresentazione delle immagini sacre. Nata in Russia e da molti anni vive in Italia. La sua attività artistica è iniziata nel 2002 con il " Gruppo Artistico di Spinea". Ha frequentato i corsi per cinque anni facendo disegno, dipinti ad olio ed acquarello. Si è diplomata al Liceo Artistico di Venezia. Ha conseguito il diploma in "Arti visive e Discipline dello Spettacolo - Indirizzo di pittura" dell' Accademia di Belle Arti di Venezia e nel 2016 consegue la laurea nella stessa materia. Dal 2009 segue lezioni sulle Icone bizantine e russe con l’insegnante iconografa Michela Giordani.




Massimo Puppi | “FRAMMENTAZIONI”

Scrivo come so scrivere, dipingo come so dipingere, penso come so pensare”: sta qui, forse in questa affermazione, in questa dichiarazione di intenti scarna, sincera, spontanea, convinta, il cuore pulsante e generoso di un fare artistico che non è solo fare pittorico ma una quotidiana continua raccolta di pensieri, scritti, immagini, materiali che danno vita ad un luogo della mente e un laboratorio creativo affollato di ingredienti e in questo caso frammentazioni di spazi aperti e chiusi. L’artista si dedica ad una costante e appassionata ricerca che si snoda lungo i percorsi della memoria e del quotidiano, del passato e del presente. Massimo Puppi nato a Venezia il 6 gennaio 1956. Dopo essersi diplomato all'Istituto Statale d'Arte di Venezia, si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove frequenta il corso di pittura del maestro Emilio Vedova. Lasciata l'Accademia, trova altri stimoli per la sua formazione alla Scuola Internazionale della Grafica di Venezia, dove segue il corso di tecniche sperimentali tenuto dal maestro Riccardo Licata. Risale al 1973 la sua prima mostra personale ospitata alla galleria Segno Grafico di Venezia. Dal 1980 al 1985 il "silenzio assoluto": un periodo di ripensamento sull'arte contemporanea, preludio di una scelta radicale che lo porta ad allontanarsi dall'attività espositiva e a rifugiarsi nel proprio studio. Gli anni che seguono sono dedicati ad una costante ed appassionata ricerca e sperimentazione di un linguaggio personale che si snoda lungo i percorsi della memoria e del quotidiano, del passato e del presente. Una lunga fase di silenzio costruttivo destinata oggi a sfociare in un ritorno sulla scena pittorica. Nel 2008 Vive e lavora a Venezia.




Anna Zinato Il viaggio

La varietà contrastante di espressione nelle forme di Anna attraverso la pittura è più evidente a qualsiasi osservatore con le astratte accentazioni trovate attraverso i pezzi sensoriali della velocità del paesaggio. L'occhio umano è in grado di visitare il modo in cui il veloce si muove tra l'immobilità e la luce. Questo crea un effetto sulla percezione da parte dell'occhio mentre osserva paesaggi in movimento, forse percepiti dal movimento di treni o automobili. Le distanze accelerate di passaggio attraverso vari terreni, mentre lo spettatore è fermo mentre il ritratto è in movimento, sono parenti in modo univoco rispetto ai viaggi su treni o automobili. Anna Zinato è un'artista multidisciplinare con sede a Toronto e Venezia. L’artista ha iniziato a dipingere all'età di diciassette anni e non si è mai fermata, anche quando è diventata madre di due figlie. Nata e cresciuta a Venezia, che ha influenzato il suo piacere per l'arte che la circondava. Ha esposto selezionato al Carrousel du Louvre el 2014, Salone Internazionale dell'Arte a Parigi, Francia. Le sue opere sono conservate in collezioni private in Italia, Canada, Svizzera, Cina e Stati Uniti.




Andrea Zuppa, Maridaje

“Maridaje” è una parola della lingua spagnola che viene usata per indicare l’abbinamento ideale tra vino e pietanza. Spesso gli addetti ai lavori ricercano i giusti abbinamenti giocando sull’armonia o il contrasto del gusto. Chi si accomoda a tavola non deve altro che godere delle scelte proposte, ne può essere felice o infastidito. In analogia al significato di questo termine la serie MARIDAJE che l’artista propone raccoglie alcune opere che ha realizzato tra il 2017 e il 2019 dove l’obiettivo è la ricerca della giusta armonia e/o contrasto tra gli ingredienti di un dipinto: colore, forma e composizione; sottraendo volutamente l’opera ai significati più immediati, e scegliendo per questo un linguaggio puramente informale ed astratto. Le opere hanno ispirato il poeta Francisco del Moral a comporre alcuni versi che sottolineano l’ulteriore maridaje: quello tra soggetto e osservatore. Nato nel 1973, si laurea in Architettura allo IUAV VENEZIA nel 2001. Da sempre è interessato al disegno, alla grafica ed in particolare alla pittura ad acquerello e con tecniche miste. Durante gli studi universitari frequenta corsi di dIsegno e pittura. Nel 2007 conosce Yuliana Manoleva che lo introduce nei suoi corsi ad un nuovo modo di considerare ed usare l’acquerello. Continua tutt’ora la sua formazione frequentando corsi workshop in Italia e all’estero. Partecipa ad estemporanee e mostre collettive in particolare con la Galleria Città di Padova. Ha curato le illustrazioni e la grafica di copertina di varie pubblicazioni. I suoi soggetti spaziano dal figurativo all’astratto ma con una continua e costante ricerca di una nuova espressività che lo caratterizzi. Durante tutto i periodo saranno dedicate serate ad eventi collaterali quali musica, poesia, video, performance. ART Nigt “ CONVIVIO “ di Giuliana Cobalchini, apertura serale in collaborazione con cà Foscari e il Comune di Venezia. Data da destinarsi 26 giugno 2020 ore 19.00 Andrea Zuppa - Maridaje Francisco del Moral Manzanares leggerà alcuni frammenti poetici sull’opera di Andrea Zuppa. Sabato 29 agosto 2020 ore 19.00 Giulio Malfer “A future memoria” Sabato 5 settembre 2020 ore 19.00


Con l’occasione sono stati invitati 13 artisti a rappresentare la complessa personalità di Dorothea Tanning attraverso il lungo operato di artista e poetessa. Gli artisti invitati sono: Mirta Caccaro, Andrea Dal Broi/Nicolò Andreatta, Adolfina de Stefani, Barbara Furlan, Barbara Cappello, Anna Laura Longo, Antonello Mantovani, Sabina Romanin, Ricci Rossella, Claudio Scaranari, Marilena Simionato, Moreno Ugo, Fanny Zava. Sabato 19 settembre 2020 ore 18.00 Elena Greggio : Sogni e inquinamento Sabato 3 ottobre 2020 ore 18.00 

Alessandro Zanini e Laura Spedicato presentano ABISSO – un fine settimana, di  Dorothea Tanning

Liubov Pogudina | ‘’universale ICONA ‘”

Data da definirsi. Carla Bertola e Alberto Vitacchio A due Voci

Data da definirsi. Nicola Frangione – video ACTION VIDEO POETRY

Federico Costanza - Poesia Sonora data da destinarsi

Nicola Bertoglio performance data da destinarsi.

A tutti gli artisti gli sarà data la possibilità di essere protagonisti per un’intera settimana dove è possibile organizzare una presentazione mirata al proprio lavoro personale presente in galleria.



Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno