Pavilion
Lautania Valley
Stranieri
Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere
Retrospettiva
di Ray Johnson “NOTHING / NOIHTNG”
Presentazione a cura
di Sandro Bongiani
con la collaborazione
dell'Archivio Ray Johnson di Coco Gordon, Colorado (USA).
Vengono presentate 6 mostre Retrospettive in coincidenza con il
tema “Stranieri Ovunque”e in contemporanea con la 60. Biennale Internazionale
di Venezia 2024
La Galleria Sandro Bongiani Arte
Contemporanea è lieta di inaugurare in
coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque”e in contemporanea con la 60.
Biennale Internazionale di Venezia 2024, presso il Pavilion
Lautania Valley a cura di Sandro Bongiani le mostre retrospettive di 6 artisti selezionati per questo
particolare evento che inizia ufficialmente il 16 aprile con l’artista
americano pre-pop Ray Johnson e proseguirà
di mese in mese fino al 24
novembre 2024 con Guglielmo Achille Cavellini, Ryosuke Cohen, Reid Wood e
infine con gli italiani Gabi Minedi e Raffaele Boemio presentando per ognuno
artista significative opere scelte appositamente per questo particolare evento
a loro dedicato. Dopo la mostra del progetto internazionale dal titolo “LiberaMente / Is Contemporary Art a Prison?” a
cura di Sandro Bongiani, presentato ufficialmente il 2 ottobre 2023 presso la
Galleria Sandro Bongiani Vrspace ecco una serie di altri importanti
appuntamenti sul tema dello straniero
ovunque, ovvero “Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere”, in
cui viene segnalata la condizione di
diversi artisti marginali attivi che in modo originale e solitario hanno
continuato a lavorare nell’isolamento
collettivo, alcuni anche per diversi decenni non curandosi minimamente del mercato e del sistema
ufficiale dell’arte producendo nel tempo opere per certi versi non conformi ai
dettami imposti dal mercato e proseguendo in un cosciente viaggio solitario e
personale. Saranno presentati, inoltre, dal 16 aprile fino al 24 novembre 2024 presso
il Pavilion Lautania Valley le retrospettive di sei artisti contemporanei: Ray
Johnson / da martedì 16 aprile a giovedì 23 maggio 2024, Guglielmo Achille
Cavellini / da venerdì 24 maggio a martedì 2 luglio, 2024, Ryosuke Cohen / dal
3 luglio a sabato 10 agosto 2024 Reid Wood / da domenica 11 agosto a sabato 14
settembre 2024, Gabi Minedi / da domenica 15 settembre a venerdì 19 ottobre
2024 e infine Raffaele Boemio / da sabato 20 ottobre a sabato 24 novembre 2024. Ad
un tema generico scelto da questa biennale abbiamo preferito segnalare
la condizione difficile e marginale attiva di 6 artisti di diverse generazioni
e latitudini del mondo costretti a
vivere da “straniero sempre”, non
semplicemente nel senso geografico del termine
ma soprattutto umano e
esistenziale. Ecco una sorta di convinta
rilettura delle proposte in atto presentati per l’occorrenza in un padiglione del tutto virtuale, con un’area immaginaria
di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley in cui sono stati coinvolti 6 artisti in altrettanti mostre retrospettive in un lucido
e suggestivo percorso, ognuno con la propria specifica personalità e intensità
creativa per una condivisione globale via web a 360 gradi in tutto il mondo a basso
contenuto di emissioni CO2.
Quella di Ray
Johnson da autentico “stranger” rimane una proposta decisamente ai margini del
sistema dell’arte ufficiale e diffusa ad ampio raggio, grazie alla capillarità
del mezzo postale in diversi paesi del mondo. Per lungo tempo è stato
considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York”
e un pioniere della performance nell'uso della lingua scritta
nell'arte visuale. Una ricerca
che accoglie persino frammenti di oggetti di vita. Ray è stato un
assiduo raccoglitore di cose “trovate e recuperate” per essere rimesse
nel circuito della comunicazione e nell’arte
restituendo a loro una nuova vita.
Le associazioni delle cose e i processi in
cui accadono realmente erano alla base della comunicazione visiva, una sorta
d’indagine
intesa come un “work in
progress” assolutamente del tutto provvisorio, che non può avere mai una definitiva conclusione.
Una
pratica per certi versi trasversale e nel contempo deviante e poco credibile
agli occhi del sistema dell’arte ufficiale, basata essenzialmente sulla
contaminazione tra i diversi strumenti espressivi: collage, fotografia, oggetti recuperati,
disegno, performance, happening e testi scritti, utilizzando
frequentemente il gioco oscuro delle
parole con una sorta di operazione, in
cui “i giochi di parole non sono solo un fatto ludico” fine a se stesso, ma
un’altra diversa possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti
e affidarsi all’invenzione e alla creatività della
parola, avvalorata
anche dalle collaborazioni attraverso l’invio
postale.
Johnson ha
sempre preferito lavorare su piccoli formati, precludendo così l’appoggio del
grande mercato dell’arte ufficiale, rifiutando spesso di
esporre o vendere il proprio lavoro. Del resto, il
mercato dell’arte preferisce le grandi dimensioni e una produzione
creata appositamente per essere “mercificata” in senso commerciale.
Si direbbe, una ricerca del tutto
“trasversale” rispetto alle proposte svolte in quel periodo da altri autori,
che accoglie diversi mezzi espressivi con interventi che di fatto hanno creato
attrito come del resto ha fatto, quasi nello stesso periodo, anche
Guglielmo Achille Cavellini in Italia utilizzando la scrittura, il
comportamento, la concettualità e persino l'ironia ben sapendo che
questa era l’unica strada possibile da percorrere. Secondo lui l’arte è
vita, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, e un nuovo modo
di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in
modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings”
svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 29 anni dalla morte il suo lavoro
sperimentale dagli anni 60’ in poi è
considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino
originale anticipatore della Pop Art americana di Leo Castelli.
Ray Johnson
(1927-1995)
Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel
Michigan, i suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit
Art Institute e un'estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel
Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo
Black Mountain College in North Carolina. Durante i suoi tre anni nel
programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers,
Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. Trasferitosi a New York nel
1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns,
sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art. Nei decenni successivi,
Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo
assieme la pratica artistica con la vita. Il 13 gennaio 1995
Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando
in mare e annegando. Nel 2002, un documentario sulla vita dell'artista
chiamato How to Draw a Bunny, ci fa capire il suo lavoro di
ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National
Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del
Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art.
Pavilion Lautania
Valley
“Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation
Everywhere”
da Lunedì 16 aprile 2024 a sabato 24 novembre 2024
Retrospettiva di Ray Johnson “NOTHING / NOIHTNG”
Presentazione di 48 opere
inedite di Ray Johnson
da martedì 16 aprile a giovedì 23 maggio 2024
a cura di Sandro Bongiani
Opening lunedì 16 aprile 2024 ore
18:00
ORARI: tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/
E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225
Credits: Collezione Bongiani Art Museum
La Presentazione
Pavilion
Lautania Valley
Stranieri
Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere
Retrospettiva
di Ray Johnson “NOTHING / NOIHTNG”
Presentazione a cura
di Sandro Bongiani
con la collaborazione
dell'Archivio Ray Johnson di Coco Gordon, Colorado (USA).
Salerno, 5 aprile 2024
Quella di Ray Johnson da autentico “stranger” rimane una proposta decisamente ai margini del
sistema dell’arte ufficiale diffusa ad ampio raggio, grazie alla capillarità
del mezzo postale in diversi paesi del mondo. Per lungo tempo è stato
considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York” e
un pioniere della performance nell'uso
della lingua scritta nell'arte visuale. Una ricerca che accoglie persino frammenti di oggetti
di vita. Ray
è stato “un assiduo
raccoglitore di cose trovate e recuperate” per essere rimesse nel circuito
della comunicazione e nell’arte
restituendo a loro una nuova vita.
Le associazioni delle cose e i processi in
cui accadono realmente erano alla base della comunicazione visiva, una sorta
d’indagine
intesa come un “work in
progress” assolutamente del tutto provvisorio, che non può avere mai una definitiva conclusione.
Una
pratica per certi versi trasversale e nel contempo deviante e poco credibile
agli occhi del sistema dell’arte ufficiale, basata essenzialmente sulla
contaminazione tra i diversi strumenti espressivi: collage, fotografia, oggetti recuperati,
disegno, performance, happening e testi scritti, utilizzando
frequentemente il gioco oscuro delle
parole, come per esempio, “SEND” riorganizzato come “ENDS”, oppure, “NO THINGS” diventato “NOTHINGS”, con una sorta di operazione, in cui “i giochi di parole non
sono solo un fatto ludico”, fine a se stesso, ma un’altra diversa
possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti
e affidarsi all’invenzione e alla creatività della
parola, avvalorata
anche dalle collaborazioni attraverso
dall’invio postale.
Nella parola “Nothing” come nel collage di Jeff - scrive Coco
Gordon - non c’è la lettera “I”, in cui sotto le dita del piede c’è scritto “Martin Friedman”, a volte non scrive per tre volte la lettera
“I”, oppure aggiunge “No I” come quello
spedito a Chuck Welch. Nella mia personale
esperienza con Ray il "NO I “'
l’aveva scritto in occasione della mia mostra alla CHA SOHO Gallery nel 1982
sull’invito all'opera trap per pianoforte, scrivendo su un piccolo foglietto di
carta la parola “noihtng”,
opponendola come regalo di compleanno per John Cage con 70 rossi pistacchi
sanguinanti in carta sulla parete della Galleria. Forse provava a comunicare nascostamente
la sua scomparsa con un “i” scrivendo “Noihtng” anche dietro la mia tshirt
dicendo di non perderla perché era molto
importante… In questo modo nascosto annunciava
già sommessamente agli amici la sua prematura scomparsa che poi
realmente ha realizzato nel 1995 gettandosi in mare da un ponte a Sag
Harbor, New York, e che la critica ha valutato come ultima opera testimoniale e finale di questo
importante artista americano.
Diceva Ray: “ho
semplicemente dovuto accettare che per una necessità di vita ho scritto molte
lettere e dato via molto materiale e informazioni, ed è stata una mia azione
compulsiva, e mentre l'ho fatto, è diventato storia. È il mio curriculum, è la mia biografia, è la mia storia, è la mia vita”.
I suoi
progetti includono prestazioni concettualmente elaborate che si
occupavano di relazioni interpersonali e disordini formali, diceva:
"sono interessato a cose e cose che si disintegrano o si disgregano,
cose che crescono o hanno aggiunte, cose che nascono da cose e processi del
modo in cui le cose mi accadono realmente. Secondo Coco Gordon, “i suoi lavori non sono mai
singole operazione assestanti di mail
art, ma nascono da piccole storie, da incontri
con le altre persone, da relazioni e
riflessioni spontanee capaci di
innescare nuovi apporti e nuove azioni
al pensiero creativo” dando così
completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo di
espressione totalmente libero, al di fuori di qualsiasi
schema imposto e prefissato dal potere culturale e di
conseguenza dal mercato ufficiale dell’arte.
Spesso
viene associato al gruppo Fluxus per il carattere solitamente
minimal-concettuale dei suoi progetti; il gruppo Fluxus è stato
un vivace movimento internazionale che in quel periodo si distinse
per una serie di azioni e interventi a carattere neodadaista.
Dobbiamo segnalare che Ray Johnson non ha mai fatto
parte del “Fluxus”, ma ha comunque
condiviso le stesse problematiche e
”l’underground” prettamente sperimentale con molti artisti di
questo raggruppamento. Precursore e convinto individualista.
presenza enigmatica e nel contempo trasgressiva dell’arte contemporanea
americana, nel 48, si era trasferito a New York iniziando una
produzione di opere geometriche aderendo
così al “Gruppo degli Artisti Astratti Americani”, per
poi a metà degli anni '50 dedicarsi al collage, producendo centinaia di
piccoli lavori che chiamò "moticos", quasi una sorta di
“Pop Art” anticipatrice delle ricerche che a distanza di qualche anno verranno messe in
campo con successo da Leo Castelli con il gruppo storico
americano. Non sappiamo se era cosciente
fino in fondo della portata innovativa e rivoluzionaria che
stava apportando all’interno dell’arte .
Oggi, a distanza di diversi anni ci appare uno dei personaggi più originali e influenti, e nel
contempo, un grande pioniere solitario dell’arte visuale,
influenzando il futuro dell'arte e divenendo
altresì il punto di riferimento per nuove generazioni di
giovani artisti.
Johnson ha
sempre preferito lavorare su piccoli formati, precludendosi così
l’appoggio del grande mercato dell’arte ufficiale, rifiutando spesso
di esporre o vendere il proprio lavoro. Del resto, il
mercato dell’arte preferisce le grandi dimensioni e una produzione
creata appositamente per essere “mercificata” in senso commerciale,
e quindi, poco interessato a tale situazione. Si direbbe, una ricerca del tutto “trasversale” rispetto
alle proposte svolte in quel periodo da altri autori, che accoglie diversi
mezzi espressivi con interventi che di fatto hanno creato attrito come del
resto ha fatto, quasi nello stesso periodo, anche Guglielmo Achille
Cavellini in Italia utilizzando la scrittura, il comportamento, la
concettualità e persino l'ironia ben sapendo che questa era l’unica
strada possibile da percorrere. Ray, non amava tanto essere chiamato un mail
artista, e neanche essere considerato il pioniere della Mail Art, ma pensava di poter creare un nuovo
gruppo di lavoro “Pre Pop Shop”
tra Black Mountain e Pop Art. Secondo lui l’arte è vita, del resto, anche
la parola “Moticos” utilizzata molto spesso deriva dalla parola osmotic,
una specifica qualità caratterizzata da una reciproca influenza, uno
scambio fra individui, una compenetrazione di idee, atteggiamenti e realtà
culturali, insomma, un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido
e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le
azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a
distanza di 29 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in
poi è considerato dalla critica parte
integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art
americana.
Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno