Collegio Fratelli Cairoli già Collegio Germanico-Ungarico
Dal
1971 il Collegio Fratelli Cairoli ospita mostre d’arte contemporanea: ad oggi
sono all’attivo oltre trecento mostre. Il promotore delle attività espositive,
il Rettore Professor Marco Fraccaro, stabilì la consuetudine del dono di un’opera
d’arte al Collegio da parte di chi esponeva: si è così formato un patrimonio di
oltre mille opere, che costituisce un vero e
proprio museo diffuso, un fattore distintivo della nostra offerta formativa e
culturale. L’arte
di ricerca e d’avanguardia hanno caratterizzato gli eventi espositivi fin dalle
origini, in particolare con la poesia visiva e la scrittura visuale. È pertanto
con grande interesse e piacere che ho accolto la proposta della mostra di
Ruggero Maggi, a sua volta poeta visuale e ricercatore in vari ambiti
espressivi della neo e postavanguardia. La sua presenza in Collegio in
occasione dell’evento “Arte sotto assedio” (maggio 2023, nell’ambito del
Festival dei Diritti Umani, “Cupe vampe: saperi vietati, diritti negati”), con
una conferenza e con l’esposizione di alcuni libri oggetto, ha stimolato questa
progettualità condivisa, che si auspica duratura, all’insegna della
sperimentazione artistica e della contaminazione culturale. Andrea Zatti
Galleria Marco Fraccaro
Sfibrate fessure
Mostra di Ruggero Maggi
A cura di Giosuè Allegrini e Cristina Fraccaro
15 giugno – 6 luglio 2024
inaugurazione sabato 15 giugno 2024, ore 17.30
Ruggero Maggi, I giardini di Kiev, 2024, inchiostro
e acrilico su metallo, 80x80x1,5 cm
Sfibrate fessure, mostra personale di Ruggero Maggi, a cura di Giosuè
Allegrini e Cristina Fraccaro, si inaugurerà al Collegio
Fratelli Cairoli dell’Università degli Studi di Pavia, con interventi di Andrea
Zatti, Rettore del Collegio, Giosuè Allegrini, storico e critico
d’arte, Cristina Fraccaro, storica dell’arte, Lorella Giudici,
storica dell’arte e docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Stefano
Schiavoni, Direttore del MAM, Museo d'Arte Moderna e della Mail Art di
Montecarotto (AN).
La galleria che ospita l’evento è intitolata a Marco Fraccaro
(1926-2008), genetista, Rettore del Collegio e promotore dell’arte
contemporanea, che la inaugurò nel 1971; ha all’attivo oltre trecento mostre
dedicate alla verbo-visualità e a tutte le forme espressive di ricerca
d’avanguardia. Per tradizione, gli artisti ospiti donano un’opera al Collegio,
divenuto così una collezione di oltre mille pezzi: un museo diffuso in un luogo
dedicato alla cultura e alla formazione.
La rassegna è rappresentativa del percorso pluridecennale di Ruggero
Maggi, che dall’inizio degli anni
Settanta si occupa di Poesia Visiva, Copy Art, Libri d’Artista, Mail Art, e,
successivamente, si è dedicato alla sperimentazione del rapporto tra arte e tecnologia
con installazioni olografiche e di Laser Art. Dal 1985 incentra la sua ricerca
sullo studio della teoria del caos, dell’entropia e dei sistemi frattali.
Stratificazioni e sedimentazioni di pensieri in cui ambiente e storia
si posano, si confrontano e si condensano, si presentano al nostro sguardo
attraverso frammenti ambientali cintati da interventi artistici, fessurazioni,
contaminazioni culturali e infine rinnovate chiavi semantiche e di conoscenza.
Nell’ultimo ciclo di opere, inedite, l’artista incide, disegna e poi
ricompone su calcinacci, carte, plastiche e materiali vari il futuro, alla
volta di un’arte universale e di pura creatività che offra processi mentali,
stimoli creativi, scambi di idee.
Ruggero Maggi, Sfibrate fessure – Segnalibro,
(dettaglio), 2024, disegno a china e smalti su cemento, 51x31x26 cm
Ruggero Maggi, Sfibrate fessure – Farinata,
(dettaglio), 2024, disegno a china e smalti su cemento, 41x27x32 cm
Ruggero Maggi, Sfibrate fessure – Greetings from
Ukraine, (dettaglio), 2024, disegno a china e smalti su cemento, 48x20x19
cm
Ruggero Maggi, Per essere grandi, (dettaglio),
2024, disegno a china e polimaterico su carta, 50x50x5 cm
Ruggero Maggi, Matrice, 2020, collage e vernice oro
su scheletri rettili, 50x50 cm
Ruggero Maggi, Fertile terra, (dettaglio),
2015-2020, libro oggetto, laser-cut, disegno a china su legno e luce led,
62x62x7 cm
Ruggero Maggi, Sguardofoglia, 2024, disegno a china
su carta, 21x30 cm
Nella presentazione a questo evento Cristina Fraccaro scrive: “Sfibrate fessure” è il
titolo, esteso all’intera mostra, di una serie di sette opere appositamente realizzate, fra il 2023 e il
2024, per l’esposizione al
Cairoli; si tratta di sette macerie vere
e proprie, effettivi resti di costruzione, di cemento e cotto, sui quali
l’artista interviene con sapiente e finissimo tratto a inchiostro per proporre
il tema della guerra, anche con riferimento a quella attuale fra la Russia e
l’Ucraina, una terra, qui indicata dai colori della relativa bandiera, cui è
dedicata anche l’opera “I giardini di Kiev”, 2024, su cartello metallico, assurta a logo dell’esposizione. Nelle
macerie, alla crudezza del rosso sangue e alla miseria dell’umanità soverchiata
dalla distruzione e ridotta ai minimi termini - letteralmente anche nelle
minuscole figure plastiche - Maggi aggiunge, per la condanna dei conflitti, il
ricorso all’ironia, nella “War school” o nella vendita a “Zero price” della
città bombardata…
Crocifisso su un libro aperto a pagine bianche di
innocenza, il Cristo sembra mantenere il suo potere salvifico per le
generazioni umane - nonno e nipote in miniatura -, dell’umanità che pur
continua, quasi in coazione a ripetere, a fare
guerre, mentre un’altra delle “Sfibrate fessure” presenta l’uomo, che si erge
invano fra i tormenti e in dannazione perenne, un Farinata degli Uberti
che ci rievoca gli esilii e le colpe dei
padri che ricadono sui figli.
Materiali di scarto recuperati, o offerti dal caso, e
fatti propri, riecheggiando una matrice Dada: macerie, frammenti e lacerti di
oggetti vari a cui Maggi, poeta
verbovisuale dai primi anni Settanta, spesso aggiunge segni verbali, parole di
scritte sue, o di righe e stralci da libri, anche su pagine lacerate, come
quelle confluite nel libro oggetto “Interno Grotta”, o quelle che penetrano,
quasi dita dalle mostruose unghie, ad afferrare uno spartito.
La notazione musicale è un altro linguaggio
ricorrente, di grande resa visiva e a sua volta inclusivo, alla bisogna, di
parole, per un brano cantato o per le indicazioni di interpretazione; chi vuol
lasciarsi andare alle lettura di elementi verbali o musicali si immerge in
ulteriori frammenti di senso. Componenti elettrici ed elettronici talora
infilzati agli spartiti - ma non solo ad essi - rimandano al Metanetwork, a
mezzi e mondi comunicativi frequentati da Maggi, - già protagonista della Mail
Art ai suoi albori, nonché promotore del Mail Art Day - che timbra le sue
opere “Flux Art”.
È un’arte raffinata e impegnata quella di Maggi:
contro la guerra, la dittatura, la violenta sopraffazione nei confronti di
cittadini, dissidenti, etnie, minoranze. L’artista, che già nel 2011 a Venezia istituì durante la
Biennale il “Padiglione Tibet”, dedica varie opere al mondo dei monaci e del
Dalai Lama, a favore dell’indipendentismo tibetano, secondo il principio
dell’autodeterminazione dei popoli; nel libro oggetto “Fertile Terra”, le righe
che trattano di una sorta di eroica e mistica convivenza con il dolore sono
accostate al libro di Art Therapy - l’arte stessa è salvifica - con mandala buddisti da colorare,
un antidoto alla sofferenza e ulteriore arma di resistenza per il singolo, a
fronte di un destino collettivo di lotta difficile.
È messa a tema anche la necessità del rispetto della
natura, come nell’opera per lo stop alla
deforestazione in Amazzonia, area in cui lo stesso artista ha vissuto; un
ambientalismo consapevole di quanto l’uomo, che della natura è parte, sia quindi parte a sua volta danneggiata, a
iniziare dagli stessi indigeni qui fotografati, per arrivare a tutti gli altri
esseri umani, compresi gli assetati di profitto (di profitto tratta anche la
pagina inserita in “Il buon giardiniere”), di quella ricchezza in nome della
quale si annienta il funzionamento del sistema-natura.
Maggi è osservatore ossequioso della natura, ne
(rac)coglie elementi, ormai inermi, riscattandoli dopo la morte o il danno
prodotto dall’uomo, come avviene per la lucertola sublimata in eterna doratura.
È uno studioso tenace, affascinato dai frattali - presenti qui in alcune opere
-, dalla relazione fra arte, natura e scienza (ars sine scientia nihil est), fra caos e ordine, fra tempi
dell’origine - “Big bang poetry” - e dimensioni spazio temporali altre. È
interessato alla luce, fautrice d’ombra, al neon, al laser, all’olografia e
alle relative applicazioni per la
ricerca artistica, ma usa anche materiali naturali primigenii. È uno studioso -
come l’uomo dell’opera “Per essere grandi” - a suo agio nel percorrere, senza
che lo scarto fra natura e cultura sia di ostacolo, tutte le strade della
ricerca. “Il vero artista è il ricercatore” dichiarava Ruggero Maggi, un
“caotico casuale” intervistato da Giovanni Bonanno negli anni Novanta.
Giosuè Allegrini lo definisce a ragione homo novus e parla a suo riguardo di
umanesimo. Sete di conoscenza, di sperimentazione, di ricerca del vero che è
tale in quanto esperibile, verum ipsum
factum (la verità è nello stesso fare) di vichiana memoria; l’uomo artista
è artifex,
assegna valore alle proprie azioni e al contempo assume eticamente la
responsabilità del proprio fare.
Un’arte di verità, razionalità ed etica, quella di
Maggi, uomo libero da etichette, svincolato dalle mode; ma sono la sua
sensibilità, la sua empatica sofferenza e il suo talento a far sì che tali
componenti si esprimano appieno, catturando in
toto lo spettatore, che, pur nel godimento estetico ed emozionale, non può
sottrarsi al monito contro il disimpegno morale. Della sua arte, là dove essa
affronti aspetti tragici, e “verità scomode” Lorella Giudici (Studio Dieci,
febbraio 2023) riconosce il ruolo sociale: “aprire le menti di chi si pone in
ascolto di ciò che l’artista ha da dire”.
Non manca in mostra un omaggio a Pierre Restany
(“Dedica a Pierre, la vita è colpa dell’arte, 2019), il grande critico del
Novecento, con cui Maggi ebbe proficui scambi intellettuali e profonda amicizia
e a cui dedicò alla Biennale veneziana del 2007 la “Camera 312 - promemoria per Pierre”; per Maggi Restany è una “carismatica figura di riferimento per
diverse generazioni di liberi pensatori, di critici d’arte, di poeti e di
artisti” e nei suoi racconti lo rievoca spesso, a riprova del fatto che in lui
trova rispecchiata la propria anima di ricercatore.
RUGGERO MAGGI
Communication a distance
concept
Ruggero Maggi, Ho fatto semplicemente della morale in
azione, 2020, libro oggetto
Il titolo attribuito al presente saggio,
attinente alla rassegna di Ruggero Maggi presso la Galleria “Marco Fraccaro”,
storico spazio espositivo del Collegio Universitario F.lli Cairoli di Pavia,
prende spunto dall’omonimo libro del 1971 del critico francese Jean-Marc
Poinsot: “Mail Art: Communication a distance concept”. Ciò per evidenziare
l’attitudine e il portato artistico del pensiero creativo di Maggi che si
sviluppa sì secondo singoli progetti, diversi fra loro, ma che possiedono un
unico comune denominatore, un cammino ideale retto da universalità e
condivisione dell’azione, da decontestualizzazione e casualità creativa, da
autocoscienza popolare e progettualità etico-sociale. Dunque questo figlio
ideale di Mallarmé, cugino ipotetico di Depero, amico intimo di Pierre Restany
(questo assolutamente sì!) appartiene a quel prezioso filone Dada-Futurista,
spartiacque fra l’Arte Astratta Geometrica e l’Arte
Astratta Non Geometrica, che tanta soddisfazione ha concesso al mondo dell’arte
nel corso del ‘900.
Il primo ingrediente è rappresentato dal
concetto di “ethernal network”, elemento specifico della Mail Art, di cui Maggi
è stato fra i più rilevanti esponenti internazionali, da intendersi quale
strumento creativo costantemente aperto alla pluralità che ha saputo creare una
forte connessione fra arte e vita sulla base di un rapporto etico-estetico non
convenzionale, a sua volta mutuato dall’esperienza Fluxus e dai dettami
ispiratori neoavanguardisti di George Maciunas.
Il secondo aspetto della ricerca espressiva
di Ruggero Maggi consiste nel rifiuto delle logiche di comodo, governate da
sonnolenti intellettuali o funesti governanti, alla volta della celebrazione
del concetto di Arte Totale di wagneriana memoria, ossia un’arte che sia
contenitore e veicolo di dettami universali e dunque in grado di superare
confini, idiomi, culture, in un afflato di pluralismo e condivisione
generalizzato che consenta di rendere l’uomo per quello che è: un essere
sociale fatto di logos, pensiero e carne.
Giungiamo così al terzo elemento
caratterizzante dell’opera di Maggi: quel portato creativo teso a realizzare
una scultura sociale democratica e partecipata, antropomorfa e teosofica, cioè
improntata alla coscienza universale secondo un modellato plastico che si apra
a rinnovate prospettive di un mondo senza più sterili velleità
autoreferenziali, beceri e strumentali confini, gioghi d’inaudita e spesso
incomprensibile violenza.
La coscienza del mondo, così inteso, ha
come valore fondante il concetto di Bene Comune e dunque la costituzione di un
fronte mobile di persone, culturalmente e socialmente militanti, che anziché
prodigarsi nella mera sperimentazione di nuovi linguaggi creativi ha seguito la
strategia del contagio sociale al fine di creare una rinnovata consapevolezza
dell’essere umano e delle proprie azioni.
La ricerca di Maggi è dunque sempre di
natura comunicativa, etica e morale, in una parola: vera. La morale di Maggi è
la morale di un'azione umana che si confronta con se stessa e con l’universo
che la circonda. Il vero che si sostituisce al bello e che pone sotto la lente
magnificatrice l’equazione universale Arte-Scienza-Comunicazione-Umanesimo, che
porta ad una soluzione univoca: la consapevolezza dell’Io sociale dell’essere
umano, quell’ego razionale, emozionale e soprattutto solidale, verso di sé e i
propri simili.
Il suo linguaggio espressivo giunge così
a declinare elementi di alta tecnologia con materiali primigeni, la
sofisticazione con il primitivismo, esattamente come nel caso della mostra che
ci occupa. È peraltro storia consolidata che uno dei primi a utilizzare il
Laser e l’Olografia in arte, in Italia, fu Ruggero Maggi; lo stesso dicasi per
l’utilizzo della Teoria del Caos e i Frattali, la Copy Art e la Mail Art, di
cui è stato fra i pionieri. Un’arte quindi sintetica, interdisciplinare,
decontestualizzante e al contempo consapevolmente e profondamente vera e bella,
nel senso latino dell’accezione, quale quella profusa da Maggi, che ha sempre
lavorato per rifondare a livello antropologico l’esperienza artistica
attraverso un florilegio sperimentale di possibilità tecnologiche abbinata a
materie primarie ed elementari del nostro pianeta.
Un homo novus rinascimentale in cui
coesistono il post-aristotelismo (come bagaglio tecnico di base) e il
neoplatonismo (come intento ideale), con il fine ultimo di giungere ad uno
stato di bellezza che come già espresso non è di mera valenza estetica, bensì
una bellezza etica; la bellezza che deriva dalla scoperta del vero, dalla
scoperta della verità delle cose e degli accadimenti e che costituisce la
motivazione originaria di questa esperienza: quella di proporre un'arte diffusa
fuori dagli schemi del sistema, accessibile a tutti, che offre più che opere e
prodotti, processi mentali, stimoli creativi, scambi di idee.
Un cammino dunque quello espresso da
Maggi che si snoda attraverso il Lettrismo di Isodore Isou, la Poesia Concreta
di Belloli, la Poesia Visiva di Tola, la Scrittura Visuale di Carrega, ma anche
il concetto di partecipazione e condivisione della pratica artistica annoverato
dal Situazionismo di Guy Debord e l’Happening di Allan Kaprov, giungendo così a
Fluxus del già citato lituano-americano George Maciunas, che intendeva fondere
insieme il binomio arte-vita, ossia arte come espressione dello scorrere
continuo della vita. Da lì a Ray Johnson il passo compiuto da Maggi è breve e
con esso l’approdo ideale alla New York Correspondance School of Art (termine
coniato da Plunkett e utilizzato dallo stesso Ray Johnson), fondata nel 1962.
Nonostante nel 1973 lo stesso Ray Johnson in un afflato di creatività,
d’impronta dadaista (la stessa cosa fece nel 1924 Tristan Tzara con il
movimento Dada), avesse dichiarato la Mail Art morta, in realtà essa prosperò e
si espanse sempre più. Ruggero Maggi ne è tutt’oggi la prova vivente come Paulo
Bruscky in Brasile, Clemente Padin in Uruguay, come lo sono stati Edgardo
Antonio Vigo, Shozo Shimamoto, Joseph Beuys, Daniel Spoerri, Guglielmo Achille
Cavellini, il mitico GAC, di cui Maggi è fecondo e illuminato successore.
Ruggero Maggi, poi, con Progetto
Amazzonia, Mail Art Snake, Progetto Ombra e con i vari altri formidabili
progetti artistici via via coniati, da Padiglione Tibet a Padiglione Birmania,
a Padiglione Ucraina, per giungere all’odierna rassegna espositiva “Sfibrate
fessure”. Essa rappresenta un’efficacissima sintesi del passato trascorso e al
contempo di autocoscienza popolare verso tutti gli “ismi” condizionanti del
mondo, procede con una rinnovata stratificazione tangibile di riflessioni,
pensieri, in cui ambiente e storia si posano, si condensano e si sovrappongono
presentandosi al nostro sguardo attraverso frammenti ambientali cintati da
interventi artistici, fessurazioni, contaminazioni culturali, alla volta di
rinnovate chiavi semantiche e di conoscenza.
La causa scatenante, del resto, è nota:
c’è stata una frattura fra l’uomo e l’ambiente, fra l’uomo e la storia, fra
l’uomo e la sua stessa essenza, che non può essere ricucita con mezzi
convenzionali. Ecco perché Maggi ha spesso affrontato situazioni e temi legati
al destino profondo dell'Uomo, al suo ruolo ed alla sua funzione sul pianeta,
soppiantando così i canoni tradizionali dell'Arte, specie di carattere mimetico
e decorativo. Ecco perché qui Maggi incide e disegna e poi ricompone nel segno
disegnato e inciso sui calcinacci delle case, sulle carte, sulle plastiche, su
materiali vari, un futuro nuovo, restituendo al contempo una purezza
paragonabile ad un anno zero della cultura, come agli albori dell’umanità, come
una volta si incideva sulla scorza dell’albero e della pietra. L’occhio diviene
così la nuova mano che incide una materia che si è formata per successive
accumulazioni, divenendo essa stessa un’entità antropomorfa.
Ciò che genera Ruggero Maggi, attraverso
una sovrapposizione pittorico/scultorea su di un frattale materico/ambientale,
è una visione “omotetica interna”, ossia una visione indotta che si adagia
ineludibilmente su di noi; la pelle diventa così una membrana sensoriale con la
quale l’essere umano si mette in relazione empatica con tutto ciò che lo circonda.
Una sorta di frattali etico-ambientali che si trasformano in un’immensa
accumulazione di passati immagazzinati con lo scorrere del tempo.
Impegnando
la spiritualizzazione della materia e la materializzazione dello spirito,
l’artista giunge così a proporre un’arte come via di conoscenza, come matrice
degli eventi della storia dell’uomo. Lo spazio della pura visione diviene così
il luogo della coscienza, delle eterne germinazioni e della conoscenza,
producendo rinnovati effetti di consapevolezza che consentano, a loro volta, di
decifrare l’indecifrabile manoscritto del mondo, alla volta di un Rinnovato
Umanesimo. Giosuè
Allegrini
Il catalogo presenta foto di Marco Valenti. La grafica è di Gabriele
Albanesi. Traduzioni di Alessia Grinfan.
Mostra realizzata con il supporto della Fondazione della Banca del
Monte di Lombardia
Inaugurazione sabato 15 giugno, ore 17.30
Visitabile giovedì, venerdì e sabato dalle 17.00 alle 19.00
15 giugno - 6 luglio 2024
www.collegiocairoli.it
Piazza del Collegio Cairoli 1, Pavia
0382 23746
Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno