La recente mostra di Pietro Consagra alla Collezione Giancarlo e Danna Olgiati di Lugano, intitolata La materia poteva non esserci (a cura di Alberto Salvadori) mi ha offerto l’occasione di scrivere di un astrattista italiano che è riuscito a coniugare sperimentazione linguistica e impegno sociale. La storia del gruppo Forma 1 di cui Consagra fece parte, è nota. Nel mio articolo, oltre a soffermarmi sul lavoro di quest’artista siciliano – trasferitosi da giovane a Roma e vissuto anche a Milano, oltre che negli Stati Uniti – analizzo anche il contesto sociale, politico e culturale in cui si è sviluppata la sua poetica. La cifra espressiva e formale che ha reso noto Consagra è l’invenzione di una scultura tendente il più possibile alla bidimensionalità, sottile quanto basta per reggersi in piedi e concepita in modo da non chiudere lo spazio visivo. Per ottenere questo risultato Consagra non ha considerato la scultura un blocco compatto privo di “finestre”, arrivando a definire certi suoi lavori “trasparenti”.
Ho voluto ricordare l’opposizione del Partito comunista italiano all’arte astratta, nel dopoguerra, ma anche la contrapposizione creata dal critico Clement Greenberg tra astrattisti americani e astrattisti europei con lo scopo di affermare la superiorità dell’arte americana. Come suggerisco nel mio articolo, una comparazione tra l’opera di Consagra e quella di David Smith, anch’egli impegnato a definire i canoni di una scultura frontale e bidimensionale, aiuta a comprendere più di ogni altro commento la portata rivoluzionaria delle intuizioni di Consagra.
Alla fine degli anni Sessanta Consagra elaborò la sua idea di città ideale fatta a misura d’uomo, quella che egli stesso ha chiamato “Città frontale”. Il suo desiderio di vedere realizzati alcuni di questi progetti si concretizzò nella nuova Gibellina, costruita dopo il terremoto del Belice grazie all’impegno di Ludovico Corrao che, da sindaco, immaginò una città interamente progettata da artisti. La mostra alla Collezione Olgiati include tra l’altro diverse sculture in acciaio inossidabile, alte tra cinquanta e ottanta centimetri, con una base di un metro e uno spessore di poco più di dieci centimetri, sculture che sono in realtà modelli dei suoi progetti di architettura. Tra le foto che accompagnano questa mia anticipazione trovate sia queste sculture-progetto-architettonico sia edifici che si riferiscono proprio all’esperienza da architetto-artista di Consagra a Gibellina.
Didascalie delle foto
Copertina e successive due immagini: Veduta parziale della mostra di Pietro Consagra dal titolo La materia poteva non esserci alla Collezione Giancarlo e Danna Olgiati di Lugano. Foto Agostino Osio, Courtesy Giancarlo e Denna Olgiati
Architettura di Pietro Consagra a Gibellina, Meeting, 1980-84, cemento vetro e ferro. Courtesy Archivio Pietro Consagra Milano
Architettura di Pietro Consagra a Gibellina, Teatro, 1989, cemento vetro e ferro. Foto Giacomo D'Aguanno. Courtesy Archivio Pietro Consagra Milano
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