John M. Bennett / EXPERIMENTAL VISUAL
POETRY
Testo critico di Giovanni Bonanno
John
M. Bennett (b.
1942, Chicago) è un poeta visuale americano sperimentale in cui la
scrittura, il suono, la poesia fonetica e la performance si relazionano in una sorta di poetica “asemic” in cui il
consueto concetto di poesia lineare
si evolve e viene sovvertito in
direzione di una visione sperimentale, accogliendo di
fatto umori e ricerche nuove nell’ambito
della scrittura, del suono e della parola. Una forma poetica che come scrivono
Sinclair Scripa / Tara Verheide “incapsula
il caos che caratterizza la nostra esperienza di e in questo mondo, dandogli
una forma e presenza nelle parole, fonemi, lingue”. Del resto, lo stesso
John B. Bennett conferma che “in un certo senso tutto è il caos; il mio
lavoro è un modo per cercare d’incanalare in qualche modo quel caos in forme
che risuonano con me. Così le poesie sono piccoli
pezzi di caos. La realtà è caos, ma ha senso se
si può vedere dalla giusta prospettiva”.
L’asemic writing”, ovvero la scrittura asemantica è il campo
privilegiato di Bennett, il luogo
occasionale in cui molti elementi, apparentemente in attrito,
convergono in una sorta di flusso
visivo, di affioramento casuale, di emersione data per oggettiva che oggettiva non potrà mai essere. Una sorta di evidenziamento
semantico “aperto”, senza parole che hanno un solo significato, libero
da qualsiasi costrizione prefissata. La “scrittura asemantica”, infatti, nasce come una forma di scrittura
poetico/letteraria formata essenzialmente dall’utilizzo di parole inventate con
un conseguente significato nascosto.
Nonostante non ci sia un contenuto semantico specifico,
è comunque capace di coinvolgere diversi campi di ricerca
lasciando un varco aperto per l’interpretazione e l’invenzione. Insomma, una
scrittura dotata di segno, ma senza significato e tuttavia, senza perdere la
possibilità di creare altro senso. John
M. Bennett appartiene a questa particolare e privilegiata area di ricerca in
cui la libertà e la metafora multi-strutturata di significato si condensa in lacerti di senso ambiguo dandogli una presenza apparentemente in forma di scrittura,
di immagine o di parola. Bennett, non de/scrive poesie lineari, secondo
Sinclair Scripa, “usa la poesia come mezzo di comprensione per creare ciò che non può
essere compreso e cosa non può esistere”, e quindi, l’uso della parola
scritta e verbale come mezzo per suggerire emotivamente dell’altro rispetto al consueto.
Collocatosi da diversi decenni in
quell’area di esperienza che io chiamo “dell’arte
marginale”, In 50 anni di attività
poetica, ha saputo rigenerarsi con una sorprendente varietà di proposte. Inoltre,
come editore alternativo e ha pubblicato più di 400 libri e libretti di
poesia, ognuno molto diverso dall’altro.
Richard Kostelanetz lo definisce “l’autore seminale della mia generazione”,
in grado di relazionarsi proficuamente con le avanguardie storiche del
novecento e con personaggi interessanti
come per esempio André Masson, Max Ernst, Henri Michaux, Paul Klee, fino ad
rigenerarsi nelle “asemic writings” (“scritture asemantiche”) con una scrittura “universale”
capace di
suggerire nuove e diverse interpretazioni possibili. Non
essendoci una corrispondenza logica fra significante e significato che
caratterizza la scrittura convenzionale, si determina nella sua opera un’assenza di significato, una
sorta di “vuoto
semantico” che l’artista colma in parte con una figurazione apparentemente ludica e ingenua,
una sorta di ibrida e fluida “scrittura poetica”, suggerendoci di colmare tale vuoto con una interpretazione
personale che necessariamente deve coinvolgere la sfera cognitiva,
culturale e emotiva.
La sua è una scrittura che considero “d’interferenza relazionale” con l’intenzione ben precisa di
annullarne la completa leggibilità e per
definirsi come lettura autonoma, proprio
perché riposta in profondità nelle nostre menti inconsce. Del resto,
anche le performance verbo-sonore seguono questa logica espressiva caratterizzata volutamente da un
atteggiamento di attrito, come lui stesso afferma, apparentemente compulsivo di
tipo psico-balbettio poetico. Una scrittura creativa, quindi, che
fonde testo e segno grafico per divenire in definitiva anche lacerto d’immagine al limite della figurazione o della scrittura
grafica.
Penso alle serie di opere presenti
in questa mostra personale con la presenza di piccoli esseri o ri/tratti giocosi nati dalla
provvisorietà della scrittura e del
caso. Frammenti di una scrittura
decantata che si da a nuova vita. Presenze lievi e “insostanziali” che vanno a
definirsi provvisoriamente su concreti e reali cartoni di imballaggio
recuperati e resi possibili, segni che si definiscono nella dimensione più
oscura e precaria dell’esistere svincolate da un normale e consueto senso
logico. Perché è nel caso e solo nella dimensione “aperta
del fare” che l’espressione poetica può esistere e manifestarsi scavalcando la comprensione univoca della lettura linguistica decodificata; così, solo
così un testo poetico può essere interpretato in
modo personale, liberando la mente e rincorrendo a diversi significati plurimi che derivano da ciascun accordo e simbolismo grafico.
Dobbiamo sottolineare, infine che
l'orizzonte delle proposte di Bennett coincide anche con le assidue
collaborazioni tra artisti e poeti contemporanei di diverse latitudini (collab works), diventata ormai una consuetudine consolidata. Rimane una costante
ricerca in campo per mettere a confronto
mondi e modalità operative differenti. Nel corso degli anni ha collaborato
con molti artisti americani e stranieri,
tra le assidue frequentazioni dobbiamo segnalare il contributo di Tom Cassidy, Mc Murtagh, CMB, Jim Leftwich, Sheila, Baron, il
nostro Lancillotto Bellini e tanti altri poeti internazionali. Diretto discendente del Dadaismo e
della scrittura sperimentale, viene presentata
in questa mostra
personale la poetica di ricerca di questo importante artista americano con 71 lavori
degli ultimi tre anni (2014 - 2016). L’evento
vuole essere anche un doveroso omaggio
alla visione del non-sense e dell’objet trouvé diffusa dal Dadaismo di cui
nel 2016 è ricorso il centenario, (1916-2016).
Giovanni Bonanno
Dic. 2016
LE OPERE:
poetic poems
Nessun commento:
Posta un commento