BEN  VAUTIER: Les  limites de la veritè 
«Occorre
avere sempre due idee, una per distruggere l’altra».  Georges Braque 
   Nel 2015,
per l’ottantesimo compleanno di  Ben  Vautier (18 luglio 1935),  lo
Spazio Ophen Virtual Art Gallery 2.0  di Salerno gli organizza  
un  progetto internazionale a cura di Giovanni  Bonanno, con una
importante mostra collettiva  dal titolo “Ottanta Ben Vautier” presentando
102 artisti contemporanei di diversa nazionalità, mentre  il Museum
Tinguely  di Basilea, quasi contemporaneamente,  gli dedica
la sua più importante retrospettiva in Svizzera.
Ben Vautier è
nato a Napoli nel 1935, ha trascorso la giovinezza tra Napoli, Francia,
Turchia, Egitto, Grecia e Svizzera, per poi approdare e stabilirsi
definitivamente a Nizza nel 1949.  Inizia il suo percorso artistico
all'inizio degli anni cinquanta con  una serie di lavori  astratti
per poi, nei primi anni Sessanta  condividere la poetica dadaista di 
Marcel Duchamp. Alla fine degli anni Cinquanta è in contatto con il gruppo dei
Nouveaux Réalistes e con gli artisti
dell’École de Nice - César, Arman, Yves Klein.  Verso
il 62’  conosce Gorge Maciunas e si avvicina al movimento neodadaista
Fluxus, condividendo la poetica e diventando ben presto  un
 esponente di primo piano di questo  interessante movimento
artistico. Proprio negli anni 60’  l’artista francese
 teorizza il concetto "per cambiare l'arte bisogna cambiare l'ego",
una  riflessione estetica, critica ed autocritica  condotta
principalmente attraverso i suoi "lavori  ed (anche) con i testi
teorici, performances  conferenze,  ecc. Un“enfant  terrible” che utilizza e si appropria di tutto
quello che trova; da questo momento in poi Ben incomincerà  a firmare
qualsiasi cosa approdando ben presto ad una sorta di  pittura ad acrilico
su fondi neri, combinando scrittura infantile e disegni  fumettistici.
Negli anni
80, superata l'ondata concettuale, Ben Vautier  inventa per la nuova
tendenza pittorica il termine "Figuration Libre", introducendo nei
suoi lavori la componente figurativa. Gli anni Novanta sono determinati da una
serie di lavori all'insegna della contraddizione  e della provocazione
sviluppando il concetto di “arte totale” inteso come atto creativo che
sconfina  volutamente nella vita. Infatti, con le opere scritte l’artista
intuisce che la parola è il fulcro di un’idea  che si fa dubbio e anche
riflessione. Brevi frasi  con una grafia dal tratto infantile e apparentemente
elementare  sono essenziali per suscitare 
nel fruitore una sorta di riflessione,  resa ancora più
significativa perché  immessa nel circuito dell’arte ufficiale; pertanto,
il gesto dell’artista e la sua firma, sono determinanti per  rendere 
importante qualsiasi azione consueta come la scrittura.
Una scrittura
dal tratto decisamente  ingenuo, deprivata  dall’eleganza e dalla
propria fisicità. Una poetica in cui parole, aforismi, scritte, metafore,
 ci spingono  per un attimo a pensare.  In ciò, Ben mette in
discussione ogni possibile confine riguardo a cosa s’intende per opera d’arte,
perché - secondo lui - non c'è differenza tra
ciò che è e non è arte. Tutto è arte e la vita è arte, per cui,
tutti possono fare arte. Per l’ultimo esponente dell’Ecole de Nice, tutta la
sua intera produzione ruota attorno al non detto, al rebus ancora da decifrare,
alla cosa non completamente svelata. Compila  concetti  in cui manca
sempre una parte, un pezzo necessario che  il fruitore deve aggiungere per
dare un senso e un significato al concetto espresso. Praticamente, è la messa
in forma di un flusso diarroico e incessante di parole rese con una 
semplice grafia su tutto ciò  che trova; quasi delle riflessioni personali
e dei commenti tra scrittura ed elementi fumettistici. Un pensiero “
apparentemente privo di limiti che si posiziona  sempre sull’azzardo, sul
crinale provvisorio del completo azzeramento dei valori”, come giustamente ci
suggerisce Georges Braque: «Occorre avere sempre due idee, una per distruggere
l’altra»,  non accettando a priori alcuna certezza.
I continui sconfinamenti del linguaggio artistico, le
sue  improvvisate  e spericolate scorribande e provocazioni, I
suoi  assemblages trasformano e dissacrano spesso  gli oggetti comuni
in una sorta di horror vacui carico di  ironia e di  non-sense. Ben,
mette in discussione ogni limite, ogni confine, in un gioco spericolato  e
pericoloso, innescando possibilità nuove  alla parola. Frasi come: “crèer
c'est douter e douter c'est crèer…”, ("creare è dubbio e dubbio è
creare ..."),
oppure, "Tout est possible", "tout est ego"  arrivando, persino, a rifiutare
 anche questo  suo stesso compleanno, scrivendo: “Je hais les
anniversaires”, ci  fanno  capire  che tutto è 
ribaltamento, “senso del non senso” e anche casualità e improvvisazione.
L’oggetto manipolato dall’artista alla fine diventa testimonianza di un
pensiero apparentemente privo di confini, perché  – secondo Ben -  “non
esiste limite all’arte, perché non c’è né inizio né fine, né dentro, né fuori,
né vuoto, né pieno né tempo, né spazio… il limite dell’arte è l’artista che lo
decide..”
Ben  Vautier ci appare oggi come “l’enfant
 terrible”, perché come dice Max Ernst: “L'art est un jeu
d'enfant », nel gioco
sistematico e incessante dell’azzeramento dei valori, di  tutto ciò che
sembrerebbe essere collocato fuori dalla porta e non può far parte  dal
mondo   dell’arte.  Secondo  Ben  Vautier  “il
valore”  è qualcosa che nasce dalla relazione tra un oggetto e il
soggetto che lo esamina. Pertanto, la “creazione di valore”  è tutto
ciò che ha una relazione con la vita umana. Scoprire il valore  vuol
significare dare rilievo a cose che non erano mai state notate prima e renderli
evidenti secondo  l’accadimento della contraddittorietà; la cosa formulata
un secondo prima, un attimo dopo  viene completamente negata e
contraddetta.  E’ questo che Ben Vautier ha inteso fare per tanti lunghi
anni,  coinvolgendoci  con la sua visione poetica infame
“dell’attrito e della riflessione”  in cui parole, aforismi,
scritte, metafore e frasi apparentemente senza senso, immesse all’interno del
sistema ufficiale dell’arte, ci spingono  a riflettere e  anche a
 dubitare  delle nostre certezze  che in  un attimo possono
trasformarsi in cenere. 
5 dic. 2015                                                                    Giovanni  Bonanno

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