venerdì 24 luglio 2015

RUGGERO MAGGI E IL PADIGLIONE TIBET / Proroga apertura a Venezia fino al 28 agosto 2015






Tulku, le incarnazioni mistiche del Tibet
di Piero Verni e Giampietro Mattolin

I tulku sono quei maestri spirituali che scelgono di ritornare nel
mondo, esistenza dopo esistenza, per essere di aiuto agli esseri
viventi.
La tradizione di queste reincarnazioni mistiche è una caratteristica
peculiare del Buddhismo vajrayana, la forma dell’insegnamento del
Buddha diffusa in Tibet, regione himalayana e Mongolia.
Profondamente radicata nelle culture di questi Paesi, fuori però
dall’universo tibetano questa usanza è stata spesso fraintesa.
Scopo di “Tulku, le incarnazioni mistiche del Tibet” è quello di fornire
al lettore, attraverso un linguaggio semplice e chiaro, un quadro
esauriente di cosa effettivamente sia la tradizione dei tulku e di come
interagisca con le società nelle quali è presente.
Grazie anche alle numerose interviste concesse agli autori dal Dalai
Lama e da altri importanti lama buddhisti, questo libro ricostruisce la
storia, l’orizzonte religioso ed etnico, l’attuale condizione e il futuro di
questa fondamentale componente della civiltà tibetana.
Di particolare interesse inoltre, i capitoli dedicati alla vita del VI Dalai
Lama (il più eterodosso di tutto il lignaggio) e all’infanzia dell’attuale
quattordicesima reincarnazione, prima che venisse riconosciuta e
insediata a Lhasa in qualità di massima autorità del Tibet.
Da segnalare infine come dalle pagine di questo volume (sia grazie
al testo sia all’imponente apparato fotografico di cui si avvale)
emerga anche una nitida immagine del Tibet e dei luoghi in cui i tulku
esercitano la loro funzione spirituale.







PADIGLIONE TIBET, 6 LUGLIO
EVENTI ARTISTICI ED INTERCULTURALI
di Angela Zenato

La serata del 6 luglio il Padiglione Tibet ha festeggiato gli ottant'anni
del Dalai Lama all'interno di uno spazio presto rivelatosi un magico
tavolo rotondo.
La sorpresa di un ambiente tanto eclettico mi ha inserita in contesti
sempre mutevoli, passando dalle rappresentazioni quasi metafisiche
della performance di danza di Ksette, sul calar della sera, alle note
incise e potenti di Alberto Fortis all'interno, attorno al quale ho visto
trasformarsi un piccolo teatro greco dove la bellezza dell'arte e gli
animi tutti hanno espresso un'incredibile, palpabile energia dagli echi
antichissimi.
La linea conduttrice - cultura Tibetana e riflessioni interculturali - ha
seguito sentieri ed espressioni di libertà artistica significativi, portati
alla ribalta in un contesto architettonico minimale e sacro, quale
perfetto spazio di continuità tra oriente ed occidente, insomma, un
perfetto padiglione per un paese che non c'è, laboratorio di idee,
riflessioni ed esperienze da condividere!
Portare nel nostro al di qua immagini reali etniche e proporre un
confronto artistico costante ha gettato le basi per porre l'arte quale
mezzo di comunione transcontinentale, quasi fosse una preghiera di
salvezza. Tra le elaborazioni artistiche più meditative, i passi di
danza calati nell'oscurità della sera, come domande inespresse,
lungo un futuro tutto da percorrere, si muovevano accompagnati da
un'entità muta, simile nei gesti ad una sofferente creatura, estenuata,
costretta alla violenta ripetizione dei movimenti. Che in quell'acqua
possano esser cadute lacrime? Che sia una sorta di passione, di
corpo, di sacrificio scaraventato, crudo, nella petrosa realtà, in
serpeggiante silenzio, sferzando sulla pietra la vita come una frusta?
La performance ha tramutato in gesto i passi, i movimenti in piccolo
teatro, teso, racchiuso in un essenziale piazzale tinto di blu, tinto dal
cielo, dal tramonto, dal blu dell'acqua, ombreggiando e disegnando
la parete, a moltiplicarne i gesti…
Un'altra ripetizione, un'altra, identica, storia.…




FORTIS… FORTISSIMO!
di Angela Zenato

A lasciare senza parole, completamente assorbiti dalla sua forte
personalità è stato proprio Alberto Fortis, conosciutissimo cantautore
e poliedrico strumentista.
Sarà stata l'atmosfera colorata, soffusa, sfumata, il gran pubblico
appassionatissimo, raccolto nello spazio interno a semicerchio, e lo
spirito dell'esposizione del Padiglione Tibet, o tutte queste cose
assieme, ma un'ondata di magia inseguiva l'altra, con sorpresa.
Ascoltare Fortis è stato rigenerante, rivitalizzante ed inaspettato!
Quando e' arrivato in padiglione, sereno, candido, si è avvicinato al
pianoforte per le consuetudinarie "prove", ecco, sin da lì sembrava
volesse proprio farlo suonare per bene, il suo piano! Un
riscaldamento come tanti altri, ma che rendeva il timbro della
persona.
Il concerto, ho pensato, dev'essere per lui un momento metamorfico,
se dopo alcuni gentili "sì, grazie", "potremmo spostare le luci, per
favore?", è entrato in scena scatenato ed... alato! Calzava infatti un
paio di scarpe bianche con le ali: un Mercurio canoro!
Eh, certo! Effettivamente a lui non spettava forse di ricordare che gli
eventi della serata portavano con sè il messaggio profondo raccolto
nel Padiglione e quanto raggiunto, spiritualmente, anche nella sua
vita?
Certamente... esso chiedeva di essere comunicato nella maniera più
incisiva possibile: con il canto, gridandolo al mondo, con le note
poetiche che la musica può, più dell'oratoria.


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