mercoledì 29 aprile 2009

ABC/ - SALERNO /Artemoderna













LA POLEMICA IN CORSO: Lettera Aperta


L'ARCHITETTURA CONTEMPORANEA IN CAMPANIA



Il Crescent a Salerno










IL RENDERING:
























A proposito della nuova Architettura Contemporanea in Campania

A proposito della nuova Architettura Contemporanea in Campania



In Campania non c’è soltanto il caso eclatante dell’occupazione impropria della Certosa di Padula, vi è anche il problema da risolvere al più presto dell’Auditorium di Ravello, un mostro curvilineo immaginato dal celebre architetto Brasiliano Oscar Niemeyen, per intenderci quello che ha progettato di sana pianta Brasilia, che qui a Ravello ha innestato arbitrariamente la sua visione tutta metropolitana su un territorio che non conosce, come freddo elemento formale, poco funzionale ed estraneo all’architettura della Costiera Amalfitana. Tale architettura risulta “molto visibile” ed estranea perché interferisce con il contesto ambientale e quindi risulta alla fine un urlo non integrato nel tessuto del territorio campano. Nonostante il progetto dell’insigne autore internazionale, l’auditorium risulta decisamente brutto . Altro caso di come si può devastare la costiera è l’imminente costruzione del “Crescent” a Salerno. Progettato dal catalano Bofill, altro insigne architetto, il progetto finale pervenutoci si rivela un altro mostro che fatica a integrarsi nel contesto urbano adiacente la piazza libertà che si trova sul mare. Dalle immagini presentate ci si rende conto come il rendering (che per legge è obbligatorio) siano una simulazione falsata – come sostiene il comitato del “No Crescent”- e non rappresentano l’opera nel paesaggio in cui dovrà essere realizzata, contravvenendo, quindi, alle attuali norme vigenti in materia. Di certo la classe politica campana vola alto; mi riferisco a Bassolino a Napoli e a Vincenzo De Luca a Salerno nei confronti della modernità. Il primo attratto dall’arte contemporanea della solita confraternita dell’arte e l’altro artefice ancora più spericolato, che chiama a raccolta grosse firme dell’architettura come: Santiago Calatrava, Zaha Hadid, Jean Nuvel, David Clipperfield e Bofill a progettare una città nuova - come dice De Luca - "tutta europea", dimenticandosi volutamente la situazione ambientale del mare putrido di questa estate a Mercatello, della scarsa e inesistente ricettività turistica, della condizione “dimenticata” di certi quartieri collinari di Salerno, come per esempio, la zona sopra il Carmine abbandonata da tutti. Non illudiamoci, a Salerno i turisti non arrivano e non arriveranno, perché non bastano le fontanelle e le luci del centro cittadino. Occorrono soluzioni nuove atte a cambiare la situazione attuale. Non è possibile attuare discutibili progetti chiamando grandi architetti se poi le unità costruttive appaiono dei corpi estranei e slegati al territorio circostante. Il problema non è tanto la realizzazione dell’opera faraonica da celebrare come opera d’arte quando salvaguardare l’identità etnica, culturale di un luogo. Per questo siamo convinti che questi orribili mostri a cielo aperto, questi grattacieli anonimi, stridono fortemente con il dolce profilo assolato della collina retrostante salernitana. Lo stesso problema lo ritroviamo in un’altra opera “ Vele ” a Marina d’Arechi costruita dall’autore del discusso ponte in vetro a Venezia e reclamato come proposta di grande interesse artistico, che in verità, si rivela meno affidabile e sicuro del vecchio ponte. Un consiglio per chi va a Venezia: non fate passi falsi, non guardate la laguna, guardate intensamente i gradini trasparenti perché potreste cadere rovinosamente, come questa selvaggia cementificazione tutta europea . Giovanni Bonanno



Dibattito: Bonito Oliva e la Certosa come dessert
Di Rino Mele

Pubblicato il 5 luglio 2009 in “Cronache del Mezzogiorno” (prima e terza di pagina)

Scrive Rino Mele: “ Ho appena letto l’intervista di Bonito Oliva pubblicata ieri da" La Stampa", a cura di Lea Mattarella. Bonito Oliva parla dl se, giovane, come fosse Leopardi, il borgo selvaggio che l’opprimeva, e gli dava il senso estremo del vuoto. L’ho incontrato in quegli anni - dal suo paese al mio puoi parlare solo gridando, tanto sono vicini, ...mangiavamo ogni domenica insieme ma non amavo giocare con lui, non sapeva giocare, solo vincere. Altro che Leopardi. Si nutriva, dice Rino Mele, allora del suo “io” esattamente come fa oggi, con l’incosciente voglia di creare un piccolo mito nel quale collocare la sua nevrosi di appartenenza divina”.






Mele confessa di aver avuto un grande affetto e cara stima per Achille Benito Oliva, ” per la sua tagliente capacità analitica, il gusto dello spiazzamento, la capacità di mostrare le cose nello specchio capovolto dl una positiva negazione, ma non lo riconosco nell’intestardirsi in un cinismo che forse non gli appartiene e che lui esalta e dietro cui nasconde la sua anima vecchia e adolescenziale. E’ bravissimo, certo, e costruisce corridoi nuovi dell’arte, ma poi confonde se stesso con l’oggetto della sua ricerca, crede di essere la gioconda ma dimentica di farsi uno sberleffo, di mettere i baffi al suo cattivo sorriso. Intanto a Padula, proprio nei luoghi della sua infanzia - lui che certo non ha bisogno di nuovi spazi - si è divorato la Certosa” – aggiungiamo noi -da bravo e certosino costruttore di fantasmi napoletani.






Chi è Rino Mele?
Rino Mele è nato a sant’Arsenio, Sa, il 4-2-1938, insegna Storia del Teatro nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Salerno. Ha avuto incarichi di supplenze in Storia della Critica, Comunicazione visiva. Sociologia della Letteratura, Retorica e Stilistica.

Tra i suoi libri, Morte a Venezia (K Teatro,1972), Ken Russell (La Nuova Italia,1975), Il teatro di Memè Perlini (Edizioni 10/17, 1978), Scena oscena. Rappresentazione e spettacolo (Officina edizioni,1983), La casa dello specchio. Modelli di sperimentazione nel teatro degli anni Settanta (Ripostes, 1984), La scacchiera del tempo (Taide, 1985), Il corpo e l'anima. Il teatro di Pirandello (Avagliano, 1990), Tropici di carta. La fotografia (10/17, 1991), Teatro anatomico (Avagliano,1992), Agonia (Avagliano, 1994), Via della stella (Avagliano, 1994), Separazione di sera (Sottotraccia, 1994), Il sonno e le vigilie (Sottotraccia, 2000), L'incendio immaginato (10/17, 2000) dedicato alla visione del mondo e alla morte per fuoco di Giordano Bruno, Il corpo di Moro (10/17, 2001), Una montagna aspra (Plecticà, 2002), Apocalisse di Giovanni (traduzione, saggio introduttivo, Il teatro di Dio, Edizioni 10/17, 2002), La lepre del tempo e l’imperatore Federico II (Sottotraccia, 2004).


Tra gli innumerevoli saggi pubblicati, da ricordare almeno Radiofonia, l'incantesimo organizzato (1984), Le sei visioni. Spazio narrativo e testo grafico (1987), Drammaturgia sanguinetiana (1991), Il grido del cieco (1992), Il mare muto di Seneca (1994), Il corpo nudo e la macchina (1995), Il teatro di carta. Pasolini (1995), La confessione e la scena, esercizi di retorica (1996), Illato lumine. Dalle incendiate tenebre di Ovidio al silenzio bianco della Mirra di Alfieri (1998), Le mani spezzate del teatro (2002), Album di famigla di Pirandello (2002), Dove può nascondersi un attore sulla scena? (2002), Le feci, il sangue e l’azzurro fuoco del Vesuvio (2006), Nel giallo della rosa sempiterna, sulla teatralità di Dante (2006), Sanguineti, le parole col volto di cose e l’universo in miniatura (2006).





LA MOSTRA A SALERNO

artista
Katja Loher
data inaugurazione:
sabato 26 settembre 2009, ore 19.00
luogo:
Galleria Tiziana Di Caro
indirizzo:
Salerno, via delle Botteghelle, 55 – 84121
info:
+39 (0)89 9953141 –
info@tizianadicaro.it
website:
www.tizianadicaro.it
orari:
dal martedì al sabato, dalle 15.30 – 20.30 o su appuntamento
chiusura mostra:
sabato 21 novembre 2009


La galleria Tiziana Di Caro ha il piacere di inaugurare la prima mostra personale in Italia, dell'artista svizzera Katja Loher, sabato 26 settembre 2009 alle ore 19.
Dopo una formazione di carattere accademico Katja Loher ha iniziato a dedicarsi alla sperimentazione tecnologica, associandovi l'utilizzo di diversi materiali, nell'intento di indagare le relazioni tra l'essere umano e l'universo che lo circonda. Il video è il filo conduttore tra tutte le opere, ma non è quasi mai inteso come lavoro fine a se stesso, bensì è associato a strutture complesse ed articolate, come sculture o installazioni, dando vita a serie di opere che l'artista ha definito "Miniverse" e "Videoplanet", che sono i due nuclei intorno ai quali si costruisce questa mostra.
Il percorso espositivo si apre con un'installazione intitolata Red Planet (della serie Videoplanet), un video proiettato su un grande pallone di gomma che fluttua nello spazio. Il video è costruito attraverso un sistema di comunicazione che Loher chiama "videoalphabet", che rappresenta la sintesi della continua esplorazione del linguaggio, presente nella gran parte dei suoi lavori. Il "videoalphabet" è un vero e proprio codice, in cui figure umane, eseguendo studiate coreografie, riproducono una serie di simboli che, assemblati in fase di post produzione, diventano lettere dell'alfabeto, da cui l'artista fa derivare parole, quindi domande. Tali domande sono concise ed essenziali, restituite visivamente attraverso brillanti cromatismi e sobrie strutture metaforiche, e nonostante un'apparente leggerezza, rivelano una drammatica denuncia nei confronti dell'uomo e del mondo che egli ha costruito. Opere come Where is the centre of the sea, oppure Sculpting in time, realizzate in esclusiva per la mostra, fanno parte della produzione dei Miniverse, elementi di forma sferica caratterizzati da fori, che dalla superficie si sviluppano verso il centro. Guardandovi attraverso lo spettatore ha accesso a dei messaggi, trasmessi, come di consueto, attraverso il video. Per la realizzazione di queste opere Loher si è ispirata ai quattro elementi della natura, acqua, terra, fuoco, e aria, associandovi diversi materiali, come la plastica, il vetro, il legno o l'alluminio. Queste opere risultano amplificare la visione microscopica e al contempo offrono una prospettiva inconsueta allo spettatore, la visione dall'alto di un mondo quasi invisibile, denso di accezioni e messaggi. La mostra si completa con un'installazione interattiva del 2006, Peephole, "spioncino", attraverso cui lo spettatore è invitato a guardare. Questi però non riceve alcuno stimolo, in quanto non vi è nulla da vedere, l'unico segnale è dato da un leggero suono. Nel frattempo il ritratto dell'osservatore sarà proiettato su un pallone di gomma. Colui il quale vorrà guardare attraverso, perché stimolato dalla curiosità, sarà invece riflesso su un pallone visibile a tutti i presenti, ribaltando completamente il concetto più tradizionale del "voyeur".


Tutte le opere di Katja Loher sono accompagnate da musiche composte in esclusiva da Asako Fujimoto.

Katja Loher è nata a Zurigo nel 1979. Vive e lavora tra Basilea, New York e Pechino. Diplomata nel 2004 in Arte e Media presso l’Università di Arte e Design di Basilea attualmente vive e lavora a Pechino grazie al Iaab - International Exchange & Studio Program Basel, una residenza d’artista della durata di un anno. Tra le sue mostre personali ricordiamo nel 2009 Videotellurium Motion II, Galapagos Art Space, Dumbo, New York (USA), nel 2008 A.I.R. ONE, Substitut, Berlino (Germania), nel 2007 Pool installation, Galapagos Art Space, New York e nel 2006 Where Ever you may be, The Artist Network Gallery, Soho, New York. Tra le mostre collettive recenti nel 2009 TINA B, Festival of contemporary Art, Praga (Cecoslovacchia); Biennale Chongqing (Cina); Dialogue of the Generations, Kunsthalle, Palazzo Liestal (Svizzera).



PRESS RELEASE

artist:
Katja Loher
exhibition opening:
saturday 26 September 2009, h. 19.00
location:
Galleria Tiziana Di Caro
address:
Salerno, via delle Botteghelle, 55 – 84121
info:
+39 (0)89 9953141 –
info@tizianadicaro.it
website:
www.tizianadicaro.it
opening times:
tuesday to Saturday, 15.30 – 20.30 or by appointment
exhibition closing:
saturday 21 November 2009


Galleria Tiziana Di Caro is delighted to announce Swiss artist Katja Loher’s first Italian solo exhibition, opening Saturday 26 September at 19.00.


Following formal training, Katja Loher started to experiment with technology, using diverse materials in order to investigate the relationship between the human being and the universe around him. Video is the thread connecting all her work. Rarely employed on its own, her use of video is usually integrated within complex and thoroughly developed structures such as sculptures and installations, giving life to a series of works called "Miniverse" and "Videoplanet", the two focus points around which this exhibition is set up. The exhibition sequence starts with an installation called Red Planet (from the Videoplanet series), a video projected on a big weather balloon fluctuating in midair. The video is put together through a communication system the artist calls "videoalphabet", which represents the synthesis of her ongoing exploration of language as featured in most of her works. "Videoalphabet" is a code where human figures, captured in specific poses, represent a series of symbols which, in post-production, are assembled into letters of the alphabet with which the artist forms words and questions. Such questions are concise and basic, visually rendered with strong chromatics and understated metaphors which, notwithstanding an apparent lightness, outline a dramatic statement against man and the world he has set up.
Works such as Where is the centre of the sea, or Sculpting in time, created expressly for this exhibition, are part of Miniverse, a series of spherical elements featuring holes on their surface which develop towards their centre.
Looking through the holes, the viewer is presented with a series of messages displayed, as usual, through video. For these works, Loher was inspired by the four natural elements, water, earth, fire and air, to which she associated materials such as plastic, glass, wood and aluminium. These work amplify the microscopic vision, at the same time offering an unusual perspective to the viewer, a view from above of an almost invisible world, packed with messages and meanings.
The exhibition wraps up with a 2006 interactive exhibition, Peephole, through which the viewer is invited to peep. But the viewer will see nothing, as there is nothing to see, only a soft sound to be heared. Meanwhile, the viewer’s image will be projected on a rubber balloon. Thus, whomever will be peeping, not resisting curiosity, will actually be put in view for all to see, completely turning around the conventional concept of "voyeurism".

The soundtrack of all Katja Loher’s works is by Asako Fujimoto.

Katja Loher was born in Zurich in 1979. Lives and works between Basel, New York and Beijing. Diploma dept. of Art and Media Art, Art Academy Basel, FHBB HGK in 2004, currently lives and works in Beijing thanks to Iaab - International Exchange & Study Program Basel. Solo shows (selected): 2009 Videotellurium Motion II, Galapagos Art Space, Dumbo, New York (USA); 2008 A.I.R. ONE, Substitut, Berlin (Germany); 2007 Pool installation, Galapagos Art Space, New York; 2006 Where Ever you may be, The Artist Network Gallery, Soho, New York. Current group shows (selected): 2009 TINA B, Festival of contemporary Art, Prague (Checkoslovakia); Biennale Chongqing (China); Dialogue of the Generations, Kunsthalle, Palazzo Liestal (Switzerland).

Nessun commento:

Posta un commento